Le geometrie delle bici sono in continua evoluzione. Non c’è d’altronde da stupirsi: il mondo delle mountain bike è in continua evoluzione, nuove sospensioni, nuovi componenti leggeri ma robusti, cambia lo stile di riding cambiano le geometrie.
Quello che sta cambiando nel mondo dell’all mountain enduro è infatti lo stile di riding: con il boom delle gare enduro ora sono tanti i riders che cercano mezzi che offrano ottime doti di pedalabilità, ma ottime prestazioni discesistiche. Se in salita la bici che si pedala bene è sempre stata l’oggetto del desiderio di quasi tutti, quello che sta cambiando è la concezione della discesa, soprattutto nel mondo dell’AM. Una volta il “nirvana” dell’endurista era la discesa tecnica, il passaggio impestato, il tratto trialistico. Oggi si cerca più il flow, la velocità e l’adrenalina di schizzare a tutta nei boschi.
Seguendo questa nuova tendenza, le bici da all mountain ed enduro hanno subito notevoli cambiamenti geometrici. Cerchiamo di capire che cosa è cambiato e quali sono le caratteristiche di una bici all mountain-enduro “new school”.
La prima osservazione che è inevitabile fare riguarda il diametro delle ruote. Le ruote da 26″ sono ormai sparite dalle bici a media escursione ed anche le 29″ stanno progressivamente uscendo di scena dal mondo dell’enduro/all mountain.
Non lo diciamo perchè riteniamo le 27,5″ il formato ideale, ognuno ha i suoi gusti e le proprie preferenze a riguardo, ma facendo una semplice analisi di quello che sta offrendo il mercato. Le ruote da 26″ sono definitivamente morte, ed anche diverse case che avevano puntato molto sul 29″ stanno facendo marcia indietro (prendiamo l’esempio di Specialized, giusto per citare il caso più famoso).
Il motivo di questa scelta è piuttosto semplice ed il marketing ed i complotti massonici centrano poco. Da un lato una ruota più grande comporta vantaggi in termini di scavalcamento degli ostacoli e di fluidità nella marcia, dall’altro una ruota troppo grande rende la bici ingombrante, impacciata, poco rigida, è più delicata ed impedisce di realizzare un carro compatto e maneggevole.
Il 27,5″ è in fondo la via di mezzo, quel compromesso che permette di unire i vantaggi dei due formati. E’ meglio del 26″ e del 29″? Forse si, forse no, ma è il formato che tutto sommato permette una certa libertà in fase di progetto della bici e consente di definire le quote geometriche liberamente, senza vincoli di ingombro.
Uno dei valore geometrici che più sta cambiando negli ultimi tempi è la lunghezza dell’orizzontale virtuale, che per chi non lo sapesse è la misura della distanza orizzontale tra l’asse del reggisella e l’asse del cannotto della forcella (si veda la foto qui sopra).
L’orizzontale virtuale è una misura estremamente importante nella scelta della misura di una bici in quanto non può essere cambiata. Si può mettere uno stem più o meno lungo, ma le caratteristiche ed il comportamento della bici dipendono in buona parte dell’OV.
Se fino a qualche anno fa la tendenza era di creare bici corte e compatte, per ottimizzare la maneggevolezza, ora il trend di molti produttori è quello di allungare l’OV, montando allo stesso tempo una pipa più corta.
Questa tendenza riprende moltissimo quella che è la Forward geometry di Mondraker, che abbiamo tra l’altro provato qualche tempo fa (link). Se Mondraker aveva esasperato il concetto con una pipa cortissima ed un telaio ben 60mm più lungo, sono oggi molte case ad aver allungato l’orizzontale virtuale di 2-3 cm per taglia, montando allo stesso tempo una pipa più corta (anche 35-40mm).
I vantaggi di questa scelta sono molteplici: una bici più lunga è più stabile sul veloce, tende meno ad impuntarsi sul ripido ed infonde quindi più sicurezza sui tratti molto pendenti o gradonati. Anche in salita la maggior lunghezza della bici riduce la tendenza dell’anteriore a sollevarsi.
Lo svataggio è essenzialmente uno: la maneggevolezza. Una bici più lunga è meno agile e maneggevole, soprattutto nello stretto, ma su questo aspetto giocano un ruolo molto importante anche l’angolo di sterzo e la lunghezza del carro.
Nuova tendenza, soprattutto in ambito enduro, è l’angolo di sterzo sempre più aperto. I vantaggi dell’angolo di sterzo aperto sono molto simili a quelli di un triangolo principale più lungo ovvero maggior stabilità sul veloce e sul dritto, minor tendenza della bici ad impuntarsi.
Il rovescio della medaglia è invece la maneggevolezza: un angolo di sterzo molto aperto rende la bici più pigra e “macchinosa” nello stretto.
Con l’aumentare del diametro delle ruote, la posizione di guida del rider tende a trovarsi più alta rispetto al terreno. E’ una semplice questione di ingombro: a parità di escursione della forcella, con una ruota più grande il manubrio si alza da terra, il busto si trova più in alto ed il baricentro si alza.
Ecco che quindi, per compensare questo fenomeno, i produttori propongono movimenti centrali sempre più bassi.
I benefici sono legati alla minor altezza del baricentro. La bici è più stabile sul ripido, meno incline al ribaltamento. Anche in curva il cambio di direzione è più veloce e rapido, andando quindi a compensare la maggior pigrizia delle ruote più grandi. La sensazione di guida è insomma di essere più attaccati al terreno, si ha quindi molta più confidenza con la bici e stabilità.
C’è però un problema con i movimenti centrali bassi: la minor luce da terra. Poca luce da terra significa andare a toccare con facilità con le pedivelle in salita, oppure andare ad impattare con le corone contro sassi e gradoni.
Insomma, quella del movimento centrale basso è un’arma a doppio taglio.
Il comportamento in salita è essenziale per una bici da all mountain ed è per questo che la tendenza di quasi tutti i produttori è di realizzare bici con un angolo sella molto verticale.
Il vantaggio in salita è piuttosto semplice: un piantone sella verticale porta il baricentro in avanti, riducendo la tendenza della bici ad impennarsi sul ripido. Avevamo approfondito l’argomento in questo articolo: link.
Il motivo di questa scelta è legato a due fattori. Da un lato le ruote più grosse porterebbero il manubrio a trovarsi più in alto. Per compensare ciò si accorcia la scatola sterzo, per recuperare un paio di cm. Dall’altro una scatola sterzo più corta abbassa anche la posizione del busto del rider a parità di assetto dell’avantreno (spessori, angolo della pipa e rise del manubrio), aumentando il carico sulla ruota anteriore.
Quando si guida una bici più lunga si deve infatti caricare maggiormente la ruota anteriore. Grazie ad una scatola sterzo più corta ed un manubrio più basso la posizione in sella più distesa ci aiuta a distribuire correttamente i pesi. Ecco perchè ormai vediamo quasi solo manubri low o al massimo mid rise.
Diretta conseguenza del nuovo assetto geometrico del triangolo principale (angolo sella più verticale, OV più lungo, scatola sterzo più bassa) è che buona parte delle bici da all mountain enduro moderne si possono pedalare perfettamente con una forcella ad escursione fissa.
Ecco che quindi il carro delle bici moderne diventa più lungo, nonostante ci sia comunque la tendenza a realizzarlo il più corto possibile.
Un carro lungo rende la bici più stabile sul dritto, fa si che tenda ad impennarsi meno in salita, ma ne peggiora la maneggevolezza. Una bici da trail, am o enduro deve essere maneggevole e quindi, se già si allunga il triangolo principale con un OV più lungo, un carro troppo lungo renderebbe la bici troppo impacciata, un pullman da guidare nello stretto. Ecco che quindi quasi tutti i produttori cercano di accorciare la lunghezza del carro.
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