C’è chi cavalca ancora il drago del capitalismo verso una fine miserabile ormai certa per questo sistema sociale, infischiandosene del prossimo e del pianeta al solo scopo di mantenere una crescita di utili che gli consenta di essere competitivo e di continuare a restare in sella al suddetto drago… e c’è chi da decenni fa impresa con etica e responsabilità, costruendo un marchio di assoluto riferimento per il settore outdoor, leader indiscusso a livello di qualità e di appeal.
Sto parlando di Patagonia, brand che dalla fondazione nel 1973 ha legato il suo destino a quello della salvaguardia del pianeta e all’attivismo ambientalista, ben distante dal meschino greenwashing con cui attualmente le aziende si lavano la coscienza e soprattutto tentano di costruirsi un’immagine pulita agli occhi dei consumatori sensibili al tema ma al contempo poco attenti.
Quello di Patagonia è da sempre un attivismo vero, reale e concreto. Questo approccio raggiunge l’apice in questi giorni, con la notizia di oggi che la famiglia Chouinard, proprietaria del marchio Patagonia noto sopratutto per l’abbigliamento outdoor ma impegnato in diversi settori, ha ceduto a titolo gratuito l’intera proprietà dell’azienda a due associazioni no profit impegnate nella tutela dell’ambiente.
La famiglia Chouinard resterà nel consiglio di amministrazione e Ryan Gellert manterrà il ruolo di CEO, ma “il pianeta è ora l’unico azionista” della società, citando le parole del fondatore Yvon Chouinard. Resterà attivo anche il programma “1% per il pianeta”, che sta destinando da anni l’uno per cento degli utili della società alle associazioni ambientaliste. Tutti gli utili che non verranno reinvestiti nell’azienda, saranno a disposizione delle due organizzazioni per la tutela dell’ambiente che ora risultano proprietarie del marchio più famoso e apprezzato del mondo outdoor.
No, purtroppo il mondo non sta cambiando, ma la scintilla di uomini coraggiosi, altruisti e determinati come Yvon Chouinard, un vero essere umano prima che un imprenditore, rappresenta una flebile speranza per il futuro dell’umanità e del pianeta Terra. Di seguito le sue parole:
“Non ho mai voluto essere un uomo d’affari. Ho iniziato come artigiano, producendo attrezzatura per l’arrampicata per me e i miei amici, per poi dedicarmi all’abbigliamento tecnico. Da quando abbiamo iniziato a toccare con mano i danni del riscaldamento globale e della distruzione ecologica, scoprendo anche la grandezza del nostro impatto, in Patagonia ci siamo impegnati a cambiare concretamente il modo di pensare e di fare business. Se fossimo riusciti a fare la cosa giusta, guadagnando al contempo abbastanza per pagare le bollette, avremmo potuto influenzare positivamente i clienti e altre aziende, e forse cambiare il sistema.
Siamo partiti dai nostri prodotti, utilizzando materiali e tessuti che fossero i più responsabili possibili. Abbiamo donato l’1% delle nostre vendite, ogni anno. Siamo diventati una B Corp e una Società Benefit certificata in California, scrivendo i nostri valori nello statuto aziendale, in modo da preservarli. Più di recente, nel 2018, abbiamo cambiato il nostro scopo aziendale in: siamo in business per salvare il nostro pianeta.
Stavamo facendo del nostro meglio per combattere la crisi ambientale, ma purtroppo non era sufficiente. Dovevamo trovare delle alternative che ci permettessero di destinare più risorse alla lotta contro questa crisi, mantenendo però intatti i valori dell’azienda.
A dire il vero, abbiamo capito che non c’erano opzioni valide. Così abbiamo deciso di creare la nostra.
Un’opzione era quella di vendere Patagonia e donare tutti i soldi. Ma non potevamo avere la certezza che la nuova proprietà avrebbe tenuto fede ai nostri princìpi e avrebbe continuato a lavorare con i nostri colleghi e le nostre colleghe nel mondo.
Un’altra strada era quella della quotazione in borsa. Ma che disastro sarebbe stato. Anche società quotate con le migliori intenzioni sono messe sotto pressione per generare profitti nel breve periodo, a discapito della responsabilità nel lungo periodo.
A dire il vero, abbiamo capito che non c’erano opzioni valide. Così abbiamo deciso di creare la nostra.
Al “going public” abbiamo preferito il “going purpose”. Invece di estrarre valore dalla natura e trasformarlo in profitti per gli investitori, useremo la prosperità generata da Patagonia per proteggere la vera fonte di ogni ricchezza.
Ecco come funziona concretamente: il 100% delle azioni con diritto di voto viene trasferito al Patagonia Purpose Trust creato per tutelare e proteggere i valori dell’azienda, mentre il 100% delle azioni senza diritto di voto va all’Holdfast Collective, un’associazione non profit che si dedica a combattere la crisi ambientale e a difendere la natura. Questi finanziamenti arriveranno direttamente da Patagonia. Ogni anno i profitti dell’azienda, una volta reinvestiti internamente, verranno ridistribuiti sotto forma di dividendi, e contribuiranno alla lotta contro la crisi climatica.
Sono passati quasi 50 anni da quando abbiamo fondato Patagonia e abbiamo iniziato il nostro esperimento di business responsabile, ma siamo solo all’inizio. Se vogliamo sperare di avere un pianeta vivo e prospero, e non solo un’azienda viva e prospera tra 50 anni, è necessario che tutti noi facciamo il possibile con le risorse che abbiamo. Questo è un nuovo modo che abbiamo trovato per fare la nostra parte.
Nonostante la sua immensità, la Terra non ha risorse infinite ed è chiaro che abbiamo superato i suoi limiti. Ma il nostro pianeta è anche resiliente. Se ci impegniamo, possiamo ancora salvarlo.” _ Yvon Chouinard
La seconda bici in alluminio di Atherton Bikes è la S.150. Eccovi tutti i dettagli.…
EXT presenta la Vaia, la sua forcella a steli rovesciati a doppia piastra di cui…
Abbiamo le gare di XC, di Downhill, di Enduro, ma nessuna di All Mountain. Con…
Della serie "front cattive", eccovi la Kona Honzo in acciaio di Livijus75, con tanto di…
Mondraker presenta la Arid Carbon, una gravel con telaio in carbonio, la prima del marchio…
Quando si parla di gare di MTB XC, Nino Schurter è indubbiamente il più grande…