Pedaliamo. Ma in che direzione stiamo andando?

La mountain bike (inteso come mezzo ma anche come stile di vita) si sta trasformando, su questo non c’è dubbio. Del resto è una cosa naturale, in tutti gli sport c’è una evoluzione, ma con differenze sostanziali fra uno e l’altro. Mi ricordo il windsurf, ad esempio, dalla sua nascita c’è stata una evoluzione veloce prima sui materiali, poi quando questi sono arrivati ad una certa perfezione l’evoluzione si è concentrata sulle forme, spostando tutti i volumi dalla parte anteriore della tavola a quella posteriore. Da qualche anno l’evoluzione si è fermata, sia per l’ottimizzazione di materiali e forme, sia per il calo di praticanti. Situazione simile anche nello snowboard, anche qui nei primi anni c’è stata una grande evoluzione, non tanto sui materiali (mutuati dagli sci da discesa), quanto sulle forme. Si è assistito alla nascita di tavole fantasiose e bizzarre, magari solo specialistiche come la classica coda di rondine da usare solo in neve fresca, ma alla fine si è arrivati a forme più equilibrate nelle quali cambia più che altro la sciancratura a seconda delle varie specialità.

Nella mountain bike stiamo assistendo ad una evoluzione più articolata, portata avanti sia dagli appassionati, il cui numero sta crescendo tantissimo ogni anno, sia dal “marketing”, al quale siamo assoggettati ma che può, se sfruttato con cervello, portarci dei benefici per poter aumentare il nostro divertimento.

Fino a qualche anno fa sembrava che il mercato si stesse stabilizzando, con lo sviluppo del formato classico da 26” e la suddivisione ormai piuttosto chiara (come ben spiegato in un altro articolo in xc, marathon, trail, am, enduro, fr e dh. Anche i materiali stavano subendo la loro naturale evoluzione passando dall’acciaio all’alluminio al carbonio, quest’ultimo ormai usato ormai in tutte le discipline. Negli ultimi anni stiamo invece assistendo, forse impotenti ma sicuramente incuriositi, ad un ampliamento dell’offerta, specialmente sul diametro delle ruote, ma anche ad una continua evoluzione della ricerca, come ad esempio sulle trasmissioni e sui reggisella telescopici. Oltre a questo, assistiamo allo sviluppo di nuove categorie di mtb, come le fat bikes. E con la crescita delle fat bikes, ritorna ad essere usato un materiale che sembrava ormai scomparso, l’acciaio. Per non parlare delle gomme, poveri costruttori (o poveri biker, a seconda dei punti di vista) ! Prima dovevano sviluppare e produrre vari tipi di 26” per le diverse discipline, ora tutto si moltiplica esponenzialmente: 26, 650b (27.5), 29, fat da 3” a 5” e oltre, fat da 29+ …. insomma, ce n’è abbastanza da rimanere perlomeno disorientati!

Ma c’è un’altra categoria che si è evoluta alla pari e forse più delle mountain bike, ovverosia i…. biker! L’evoluzione è dovuta naturalmente al tipo di bici usate, ma non solo. La storia la conosciamo tutti, la mountain bike è nata in America per scendere da lunghi sterratoni a grande velocità, poi un po’ alla volta i biker hanno cominciato ad usare questi mezzi per andare dovunque, ma specialmente in montagna, come giustamente suggerisce il nome dato a questo tipo di bici. E cosi avanti negli anni, dalle prime gare di downhill con telai rigidi, alle gare di xc, per arrivare alle transalp e alle ormai famose (e fra un po’ abusate) gare Enduro degli ultimi anni.  Naturalmente in mezzo a questo troviamo la grande massa dei biker che si dedica semplicemente a divertenti giri con gli amici, in pianura,  in collina e sulle montagne più alte. Eccezioni a chi fa i normali giri della domenica ci sono sempre state, come ad esempio i vertriders austriaci, che da tanti anni ormai si dedicano a lunghe ore di portage per poi scendere da sentieri dove molte persone non si avventurerebbero neanche a piedi. Per entrare nella nostra realtà , anche qui sul forum, che è un po’ lo specchio della situazione italiana, c’è chi si dedica da molti anni a giri fuori della norma, come ad esempio, e non poteva essere altrimenti, il diretur Marco, che ha girato un po’ tutti i continenti con la sua mtb. Ma ultimamente stiamo assistendo anche da noi ad una ricerca dell’estremo e dell’avventura come sfida a se stessi, oltre che come mezzo per passare delle divertenti giornate in compagnia. E questo succede un po’ in tutte le regioni italiane, non è certo un fatto circoscritto a qualche singola realtà.

Voglio allora citare alcuni biker o gruppi di biker che stanno spingendo il movimento mtb italiano ai limiti, senza voler dimostrare niente a nessuno, ma solo per il puro piacere personale o di gruppo. E mi scuso subito se non citerò tutti, ma questi sono i primi nomi che mi vengono in mente.

I BdB, i famosi bikers di Brescia, che da anni predicano l’all mountain anche estremo come loro stile di vita, con ore di portage pur di evitare anche brevi tratti di asfalto, e che organizzano ogni anno tour invernali sotto bufere di neve e gelo con dislivelli che molti biker non si sognerebbero di affrontare neanche d’estate.

JAG e le sue Jaggate, con uscite invernali notturne che sfinirebbero anche un mulo.

Happykiller e la sua voglia infinita di esplorazione, ecco una suo pensieo che fa capire il suo punto di vista: “Per come sono, per dove sono, sono felice quando sudo 7 camicie di notte, nella neve, da solo, mentre tutti dormono e maledicono le strade pericolose”.

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Yoda, incredibile biker che riesce a compiere il giro del monte Bianco in 24h, quando per gli altri ci vogliono 4 giorni e partecipa ai più massacranti eventi esistenti al mondo .

Stefania Valsecchi, dalla Mongolia alle Ande, dalla traversata delle alpi in un mese alla traversata degli appennini da Ventimiglia a Reggio Calabria e non contenta continua con l’attraversamento dello stretto a nuoto e la salita all’Etna di corsa!

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Robobo e Wild, i liguri capaci di portarsi la bici in spalla per oltre 2000 metri di dislivello pur di raggiungere le cime più alte e inesplorate.

Barbonis e i cinghiali sibillini in continua esplorazione e maestri nell’arte del portage.

Lonebiker e il gruppo dei veneti, che stanno spingendo l’all mountain verso nuove dimensioni, giornate intere sotto la pioggia e la neve, nottate in tenda e trasferte in tutto il Triveneto.

Nomad42, che la passione ha in pochissimi anni trasformato in biker-fotografo-viaggiatore dalle doti eccezionali e non esita a restare in alta quota d’inverno, da solo e di notte pur di realizzare splendidi autoscatti al tramonto.

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Spa, l’incredibile Hulk, ottimo vertrider e ormai lanciato verso mete non classificabili, come dimostra il suo tentativo di ascesa con bike alle Tofane su percorso ferrato. http://www.mtb-mag.com/sulla-tofana-di-rozes-in-mtb-un-tentativo/

Nonnocarb e i suoi giri dall’alba al tramonto da 5000 m di dislivello come il giro del Similaun e il doppio Sella Ronda, nell’ultimo anno si è spinto al limite con la 24h in solitaria da 12000 m di dislivello e la conquista invernale del picco di Vallandro nella bufera, con uno dei suoi soliti autoscatti che forse rimarrà nella storia (del trash!).http://www.mtb-mag.com/diretur-vs-nonnocarb-le-sfide-impossibili/

Robi-one, compagno di merende di nonnocarb e anche lui guida di mtb, ormai famoso come “il mostro del lago ghiacciato”  http://www.mtb-forum.it/community/forum/showthread.php?t=255437  ,  il classico allievo che supera il maestro, si inventa dei giri estremi che neanche le menti più malate di “mountain bike” riuscirebbero a pensare.

Scratera, altro “ragazzo” da 5000 m di dislivello al giorno, che quando deve partecipare ad un giro da 50 km e più di 2500 di dislivello, ne aggiunge altri 50 partendo sempre direttamente da casa, e affronta  tutti i sentieri tecnici con forcella rigida e sella alta. E quando, precedendolo con una bici da enduro, ci si volta, lui è sempre li!

E ancora come non citare chi rinuncia a tanti giorni di divertimento per creare a fare manutenzione ai sentieri, solo per passione e per fare divertire gli amici, come Boavista a Varazze, i ragazzi di Deep bike a Genova, Bud e i lagunari all’Argentario, Ueppaa a Massa Marittima e Punta Ala e naturalmente tanti altri con la stessa passione.

E poi stanno nascendo nuove iniziative non competitive, con Ligamaister che, ispirato dalle famose gare a tappa unica fatte nel nord America (vedi Tour Divide) ha pensato di organizzare una cosa simile anche in Toscana. Si chiama Tuscany Trail ed è un itinerario di 600 km e 8000 m di dislivello che collega il nord e il sud della Toscana passando da sentieri, strade bianche e strade secondarie. http://www.bikepacking.it/tuscany_trail.php Non è una gara, ma un’avventura, una sfida con se stessi!

Le gare ci sono e probabilmente ci saranno sempre, ma io intendo la mountain bike in un altro modo. Nel modo in cui lo intendono tutti questi biker. Con i loro eccessi forse, ma sempre dettati dalla passione e non dal protagonismo. Questa è la direzione che sta prendendo la mountain bike. E io intendo seguirla, sperando di coinvolgere il maggior numero di biker possibili.

Chi chiede continuamente quali vie deve percorrere non impara mai a cercare e a tentare una propria via. Come può sapere qual è la sua strada chi segue sempre le strade indicategli dagli altri?  (Reinhold Messner)

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