Perdersi per ritrovarsi

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Not all those who wander are lost…



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Riecheggia nella mia testa questa frase, tratta da un poema uscito dalla magica penna di un tale J.R.R Tolkien.

Con questo verso nella testa, abbandono casa in sella alla bici, destinazione più o meno nota.

Più o meno nota perché oggi prendo tempo per me e nessun altro. Oggi è il giorno che divento errante ma non sono perduto.

Sento una strana forza dentro di me, una sana energia positiva…da quanto tempo non facevo una cosa simile?

Tanto, troppo. Correva l’anno 2004 o 2005, i gps non erano così diffusi, le mie nozioni di cartografia potevano essere paragonabili alle nozioni di fisica nucleare che può avere il centravanti della nazionale di calcio. Guardavo le cartine sui siti che andavano per la maggiore all’epoca per chi viveva e vive nella mia zona, alle pendici delle prealpi comasche (uno su tutti, il mitico Rupabiker) e mi lanciavo “a memoria” di quello che avevo visto sul pc: non ricordo quante volte sono salito da Mendrisio al Generoso cercando vanamente una delle discesa indicate in quel sito senza mai riuscire a imboccarne una!

A distanza di 10 anni, ho voglia di tornare alle origini. Niente gps, niente itinerario preconfezionato da seguire su un display. Nessun vincolo d’orario, io, solo, con la mia bici; nessun amico che mi aspetti o che si faccia aspettare (questo difficile perché sono oltremodo lento) in cima alla salita o in fondo alla discesa.

Solo una vaga idea dei sentieri che dovrò percorrere, qualcuno già percorso e qualcuno invece da scovare ex novo. È una splendida giornata di luglio, domenica. Con quattro colpi di pedale mi ritrovo alla partenza della storica funicolare Como-Brunate.

 

Not all those who wander are lost…sarà la frase di tolkeniana memoria, sarà questo stato da nirvana che pervade il mio corpo, sarà che non ho un cazzo da fare, ma sento la testa leggera, molto leggera. Forse troppo leggera perché mi sono pure dimenticato la macchina fotografica! Nell’estasi dell’attesa avevo già sognato di comporre queste righe con foto degne di uno Sterling Lorence in erba, invece viaggio con uno stramaledetto aifono che ha la durata della batteria paragonabile ad uno scatto di Bolt.

Amen, proverò con le parole a rendere le immagini che si presenteranno ai miei occhi, lasciando che l’immaginazione di chi perderà qualche minuto a leggere queste righe faccia il resto.

La tratta Como-Brunate in funicolare e la successiva cavalcata per la dorsale del triangolo lariano è uno degli itinerari più famosi del panorama del mountain biking italiano, o quantomeno nel nord-italia.

In giornate terse come quella odierna, seguendo le pendenze della strada, la vista spazia da ovest a est, regalando qualche scorcio della caotica e affollata pianura padana. Così puoi scorgere il gruppo del Rosa stagliarsi a ovest sull’arco alpino, volgere lo sguardo verso le torri dei grattacieli milanesi sullo sfondo appenninico, proseguire per la vista sui laghetti brianzoli per poi trovarsi a guardare le montagne della Valassina e Valsassina, nonchè l’onnipresente e inconfondibile sagoma del Grignone.

 

 

Con gli occhi pieni di questo spettacolo visto credo decine se non centinaia di volte, e che ogni volta mi regala lo stesso effetto di riabbracciare una persona cara che non vedo da tempo, continuo a pestare sui pedali fino ad arrivare alla sella al di sotto del Boletto. Pochi metri prima del cambio di versante, sulla destra si imbocca un sentiero in costa che gira attorno al versante sud-est del Boletto. Un sentiero in terra battuta, un po’ esposto che vi porterà ad ammirare meglio il panorama delle prealpi lecchesi, lasciando alle spalle l’onnipresente figura massiccia del Rosa, fino a portarvi alla Bocchetta di Molina.

 

 

 

 

Dalla bocchetta di Molina si percorre poi  uno dei sentieri più belli di tutto il triangolo lariano, il famosissimo sentiero dei faggi. Un sinuoso single track in costa immerso in una faggeta silenziosa (consiglio la visita autunnale) che mi porterà all’ultimo tratto noto e di cui ho memoria, la discesa verso l’alpe di Lemna.

 

 

 

Una breve ma intensa discesa in puro stile freeride come si intendeva qualche anno fa, un sentiero multilinea multiradice multiroccia multiscassato che termina nella bucolica Alpe di Lemna. Arrivato all’alpe comincerà la ricerca, l’obbiettivo di questa giornata priva di tecnologia e tracce preconfezionate: trovare il collegamento tra l’abitato di Lemna e Montepiatto passando per Molina prima e Piazzaga poi.

Comincia qui, dopo la visione fiabesca dell’alpe di Lemna (una bolla d’acqua, cavalli allo stato brado e un alpeggio tipicamente montano seppur la quota sia tutt’altro che elevata) l’infinita sequenza di errori.

 

 

Seguire le indicazioni della Strada Regia che ti fanno scendere per una scalinata e trovare in fondo un cartello che ti indica di risalire. Risalire, tornare alla piccola piazza della chiesa e fermarsi a chiedere indicazioni scoprendo che ormai anche i “locals” hanno perso memoria dei vecchi sentieri, fatto salvo un tipico comasco doc sull’ottantina, che con la gentilezza e cordialità che ci contraddistingue, a bocca mezza serrata e facendo ampi gesti con mani nodose simili alle radici dei faggi appena calpestate, mi indica la strada corretta. Imbocco finalmente il sentiero, in corrispondenza di una piccola cappella, che dall’abitato di Lemna mi porterà all’abitato di Molina regalandomi un nuovo scorcio del mio tanto amato lago che non avevo mai visto e che mi riempirà il cuore di un emozione che solo chi nutre un profondo amore per la propria terra potrà capire.

Arrivato all’abitato di Molina si consuma la seconda ricerca, il sentiero che dovrebbe portarmi alla frazione di Piazzaga. Come prima, la ricerca diventa frenetica, una serie infinita di mulattiere imboccate e poi abbandonate e il piacevole ritorno alle origini. Chiedo indicazioni alle prime persone…tombola, sono russi, che culo. Secondo tentativo, spagnoli! Mica lo sapevo che Molina era diventata meta di turismo internazionale. E se è vero che tre è il numero perfetto, al terzo tentativo trovo l’informazione. E mi tocca tornare indietro! In corrispondenza della chiesa di Molina, caricherò la bici in spalla per raggiungere la mulattiera da cui si dovrebbe staccare il sentiero che sto cercando. Salendo per la scalinata, incontro una simpatica vecchietta alle prese con i panni da stendere che mi augura buona fortuna con una tipica espressione dialettale: ”Fioeu, in du’è che te se dre andà? Sa va no de le cun la bicicleta!!! Stag atent da minga burlà giò”.

L’impedimento dettato dalla bici sulle spalle mi impedisce, secondo tradizione, di dare una vigorosa grattata alle zone basse in segno di profonda accettazione dell’augurio. Sorrido alla vecchietta e proseguo speranzoso. Quando ormai le forze cominciano a venir meno, vedo finalmente una palina con l’indicazione della località Piazzaga. Ci sono riuscito! Ho trovato il benedetto collegamento tra Lemna e Montepiatto.

 

Il traverso verso Piazzaga purtroppo non si rivelerà perfetto…alcuni tratti esposti e con rocce perennemente coperte da una patina di scivolosissima umidità mi costringeranno a portare la bici a mano più di quanto avessi preventivato, ma il tratto finale del sentiero mi regalerà un sorriso a 64 denti catapultandomi nella vita rifiorita della minuscola frazione di Piazzaga.

Mi fermo sulla rampa dell’ultima salita (bici a spinta o in spalla) che mi porterà alla strada che collega Piazzaga a Montepiatto: mi sale una sorta di malinconia, sapendo che ora non avrò molte altre possibilità di sbagliare sentiero, perdermi per ritrovarmi e soprattutto per trovare qualcosa di, per me, nuovo.

Ma questa giornata…sento già che sarà un dolce ricordo! La sensazione di essere tornato indietro di 10 anni, quando tutto era all’inizio, quando non avevi un gps che ti guidava e ti evitava  ravanate pazzesche! Sia chiaro, sono un gran utilizzatore del gps, ma per una volta provate nella vostra vita a “perdervi”. Prendete una zona che conoscete sommariamente e cercate da soli un sentiero di cui avete sentito parlare. Sbagliate, sbagliate, chiedete consigli e sbagliate ancora fino a che non riuscirete. Per una giornata, fate dell’uscita in bici un concentrato metaforico della vita: una sequenza di errori, non voluti, una serie di ostacoli da superare per raggiungere la vostra meta. Disperatevi perché sarete costretti a risalire per una discesa appena fatta e rallegratevi per la discesa che troverete. Partito alle 9 del mattino, rientravo col treno delle 19.30. Per fare un giro di 5 ore sono stato in giro 10. Ma le emozioni di oggi, la mia terra, il mio lago, le mie montagne, la mia gente, i miei errori! Oggi è come se avessi vissuto due volte dall’energia che sento ancora nell’animo.

Ah, se volete ricalcare le mie orme, sugli itinerari qualcosa probabilmente troverete. Se non trovate nulla, stampatevi una carta del triangolo lariano (la trovate sul sito della comunità montana del triangolo lariano) e segnatevi le località in ordine: Como – Brunate – Dorsale – Lemna – Molina – Piazzaga – Montepiatto – Blevio – Como. Volutamente non ho dato indicazioni dall’abitato di Montepiatto a Blevio, ma qui si nasconde un piccolo tesoro di un sentiero nascosto, fatto di curve, pietre, radici, un paio di salti con finale da townhill per l’abitato di Blevio. Cercatelo… e Buon divertimento!

 

Not all those who wander are lost!

P.S. questo racconto risale alla piovosa estate del 2014, le foto sono della ripetizione (senza più errori!) rifatta recentemente con un paio di Bonobi che si sono prestati per le foto!

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