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Questa storia vogliamo raccontarla diversamente da come descriviamo solitamente i primi approcci con una bici nuova, perché i giorni passati a provarla sono stati prima un viaggio e solo dopo un test. Qualche settimana fa, Giant ha presentato una nuova trailbike da 140mm, e lo ha fatto in modo diverso dalla maggior parte delle altre case. Solitamente le aziende danno un’anteprima delle bici nuove alla stampa, che mantiene il segreto fino al lancio ufficiale. In questo caso invece, Giant ha lanciato la bici ed i suoi dettagli online, e solo dopo ha invitato alcuni media selezionati per un viaggio unico alle Chilcotin Mountains in Canada. È una destinazione da sogno, e la bici è stata quasi un elemento marginale in questo viaggio, almeno fino a metà del primo giorno, quando siamo scesi – letteralmente – dalle nuvole.
Il catalogo di Giant è essenziale: si tratta di un marchio prudente che non salta immediatamente sui treni delle ultime mode. La sua linea full 2016 è composta da una bici da 110mm, una da 140 ed una da 160mm, DH esclusa. Tutte usano ruote da 27.5” e non c’è nessuna sovrapposizione all’interno della gamma.
La Trance è quella che sta nel mezzo: è da anni la bici più polivalente della casa Taiwanese e quest’anno è stata rivista a fondo. Alcuni degli immancabili aggiornamenti sono l’ammortizzatore metrico e la battuta Boost. Le geometrie sono state rese leggermente più aggressive, la bielletta superiore dell’ammortizzatore è nuova e in carbonio e anche il fulcro centrale è adesso molto più basso. I link inferiori sono stati aggiornati ed il sistema Maestro ha una cinematica nuova che dovrebbe migliorare quella precedente, che non ci era piaciuta, sotto tutti i punti di vista.
E noi possiamo garantirlo personalmente, avendo provato la bici. Se dovessimo scegliere una bici sola dalla linea Giant, che sia adatta a fare di tutto, senza dubbio la Trance sarebbe la nostra scelta.
Il viaggio è cominciato con un volo, con decollo su idrovolante da Vancouver e poi superando Squamish, e ancora a Nord lungo la Whistler Valley e fino alle Chilcotin Mountains, atterrando in un lago al resort Tyax.
Per darvi un’idea di quanto sia isolato, vi diciamo solo che ci vogliono 45′ di guida su strada sterrata per arrivare ad un vecchio villaggio di minatori chiamato Gold Bridge. È il luogo più vicino in cui sia possibile trovare del cibo, e la popolazione è di sole 40 persone. I panorami delle Chilcotins sono così belli e vari che a parole proprio non riusciamo a descriverli. Picchi di colori tutti diversi sono coperti dalla neve, sotto cui spunta a tratti roccia nera. Ghiaioni, prati montani, ghiacciai, e la lista può continuare per tutto il parco protetto.
Una zona incredibilmente vasta e selvaggia, ricchissima di metalli. Negli anni ’40 e ’50 era piena di miniere. Una buona parte dei sentieri che avremmo percorso è nata come percorsi per minatori e cavalli ed è stata costruita durante la corsa all’oro. Il rame, sulle montagne, viene raccolto dallo scioglimento della neve, che lo porta giù nei laghi dove, ossidato, dà all’acqua un favoloso colore turchese. Per la prima pedalata, assieme a due guide, Adam Craig ed alcuni ragazzi di Giant, abbiamo lasciato Tyax su un idrovolante. Saremmo atterrati poco dopo in uno dei laghi appena citati in mezzo al nulla.
Siamo partiti facendo il giro del lago: il traguardo era un passo in mezzo a due grossi picchi. Nel giro di 5 minuti però, alcuni di noi hanno sbagliato un incrocio e si sono persi. Il nervosismo ha subito cominciato a salire: non è difficile in questi posti incontrare Grizzly, tanto più che non avevamo lo spray per difendersi.
Dopo aver pedalato un po’ su un fondo relativamente piano ma con del saliscendi, roccioso e paludoso con diversi guadi siamo riusciti a riunire il gruppo. Malgrado il fatto di esserci persi restavamo ottimisti: abbiamo potuto provare la bici su sentieri che ci ricordavano i percorsi xc tecnici della East Coast, che tipicamente non si trovano nei presscamp. La bici se l’è cavata egregiamente ed abbiamo notato una differenza enorme rispetto alla Trance precedente con la sua piattaforma rigida.
Nei tratti tecnici e pieni di radici abbiamo subito notato quanto la sospensione fosse plush nella prima parte della corsa, dando una grande tenuta. Sicuramente questo comportamento è dovuto in parte al nuovo ammortizzatore RockShox Super Deluxe. Giant però ha fatto la sua parte, abbassando il rapporto di leva e di conseguenza le pressioni di esercizio dell’ammortizzatore. Ad ogni modo, ricomposto il gruppo ci siamo diretti nuovamente verso il passo, anche spingendo le bici su ghiaia e neve.
Arrivati in cima, siamo stati ricompensati dalla vista idilliaca di una valle erbosa sotto di noi. Era ora di lanciarsi sugli insidiosi singletrack. Il sentiero era stretto e profondo: bisognava pensarci bene prima di ogni giro di pedali.
Ci siamo presto resi conto della ridotta altezza del movimento centrale della Trance, pochi millimetri in meno rispetto all’ultima versione. A noi è sembrata un’ottima scelta, anche se i principianti avranno bisogno di un po’ di tempo per abituarcisi. La bici è agile in velocità ma la stabilità non le manca. Ha un angolo di 67°, che non è per niente aggressivo, ma per una bici tuttofare con 140 mm di escursione e ruote da 27.5” è l’angolo giusto.
Completata la discesa, ci siamo fatti strada attraverso la valle fino ad arrivare al “Bear Paw Lodge” per una pausa. Un gioiellino: un piccolo rifugio che non è possibile raggiungere con mezzi motorizzati. C’erano acqua, snack e soprattutto caffè ad aspettarci. Un uomo dai modi gentili che sembrava arrivato dritto dritto dai tempi della corsa all’oro ha lasciato i cavalli che stava curando per scambiare con noi quattro chiacchiere. Noi abbiamo curiosato un po’ in giro prima di rimetterci in marcia.
Il tratto successivo era un mix di tutto quello che può capitare ad un biker. Salite e discese tecniche con sassi e radici, corte rampe e discese sia strette che molto larghe. Abbiamo seguito un torrente, attraversandolo una mezza dozzina di volte. In alcuni punti era molto profondo, ci arrivava ai fianchi.
Siamo arrivati all’accampamento cui eravamo diretti giusto in tempo per delle birre ed una nuotata in un lago vicino. Abbiamo messo la nostra roba ad asciugare, abbiamo cenato e fatto quattro chiacchiere prima di andare a letto. Il giorno successivo ci aspettava la seconda parte della nostra avventura, il ritorno a Tyax.
Il viaggio di ritorno è cominciato con una salita relativamente tranquilla, su un singletrack. C’erano alcune salitine ripide e qualche discesa veloce, ma tutto sommato ci siamo fatti strada facilmente verso un’altra valle. Su questi su e giù abbiamo notato con piacere quanto lavori bene il reggisella telescopico proprietario di Giant. D’altro canto abbiamo avuto qualcosina da ridire sul manubrio: ci è sembrato un po’ stretto e con un backsweep eccessivo.
Anche le ruote sono marchiate Giant e sono rigide e precise. Hanno cerchi larghi 33mm, che danno quindi una buona impronta a terra alle gomme, anche se ci chiediamo come mai non siano hookless. Grazie ai mozzi DT Swiss, siamo sicuri che anche sul lungo periodo queste ruote dureranno, ma ci sarebbe piaciuto se si fosse passati al corpetto ruota libera con 54 denti, al posto dei 36 di questi mozzi. Non dovrebbe modificare molto il prezzo della bici né delle ruote, ma un ingaggio più veloce fa la differenza su salite tecniche o in uscita da curve a bassa velocità. Certo, si può fare l’upgrade comprando un kit aftermarket, ma se si spendono 6.400 Euro per una bicicletta, ci si potrebbe aspettare che un upgrade come questo non sia necessario.
Finita la nostra breve salita, ci siamo trovati di fronte ad un altro panorama impressionante. Ci siamo fermati per qualche foto e poi ci siamo lanciati nella discesa più bella di tutto il viaggio. Un veloce singletrack si sviluppava tra i pioppi, molte delle sezioni più ripide terminavano con curve strette e su fondo smosso, costellato di rocce. È stata questa la parte del giro in cui più volte abbiamo slittato di lato ed abbiamo avuto i momenti di panico in cui aggrapparci ai freni. I Guide Ultimate si sono rivelati quindi all’altezza della situazione.
Ciò che invece ci ha veramente sorpreso è quanto vadano bene le gomme Schwalbe Nobby Nic. Abbiamo avuto una brutta esperienza con questi copertoni qualche anno fa, ma la nuova versione si è comportata alla grande in ogni situazione: fondi fangosi, smossi, erbosi, pieni di rocce o radici. Abbiamo deciso che dopo questo viaggio cercheremo di montarne una coppia sulla nostra bici personale.
La discesa apparentemente eterna stava per concludersi con… come potete immaginare, un guado. Ma si trattava dell’ultimo guado grosso del viaggio, per fortuna. L’aria si faceva più calda ed il fondo più polveroso. Sul singletrack flow e veloce la Trance si lascia portare tranquillamente in manual e wheelie all’uscita delle curve o sopra tronchi e rocce. Una caratteristica che in questo modello è migliorata, grazie al carro più corto, con 434mm (rispetto ai 439mm della vecchia versione). La nostra impressione è che le bici con carri che si avvicinano ai 430mm sono quelle col miglior compromesso tra manual facili e stabilità in velocità.
La lunghezza totale della bici è giusta ed abbiamo apprezzato il tubo orizzontale più lungo. Ci sembra però un po’ strana la scelta dell’attacco manubrio di 70mm con qualche grado di rise, noi avremmo optato per un 60mm senza rise, anche se non si tratta poi di un punto così cruciale. I rider più alti potrebbero comunque apprezzare l’attacco manubrio montato. Parlando di rider alti, notiamo che questa Trance sarà disponibile solo in 3 taglie, a differenza delle 5 dell’anno scorso. Speriamo che si stia lavorando su una versione in alluminio con qualche taglia in più. Ma torniamo al nostro trail.
Dopo pranzo ci aspettava qualche salita veramente ripida, su cui abbiamo apprezzato tanto la trasmissione SRAM Eagle. Le cambiate sono praticamente perfette, anche se nel nostro caso hanno cominciato a dare qualche problema dopo qualche impatto tra il cambio ed alcuni ostacoli colpiti sul sentiero. Con una gamma di rapporti così ampia, non c’è da stupirsi che sia un pochino più delicato di un 11v, ma il pignone da 50d ci ha veramente salvati in più di una occasione. Abbiamo bisogno di provare più a fondo l’Eagle, ma le prime impressioni sono state buone e regolando la guaina dal comando siamo riusciti a rimetterlo in sesto. Una cosa è certa: quell’intervallo di rapporti è enorme e decisamente non c’è più bisogno di un deragliatore anteriore.
Il nostro viaggio è terminato con un rientro su una larga strada forestale, fino al resort Tyax.
In due giorni non abbiamo coperto infiniti chilometri, ma sicuramente abbiamo visto un mix di terreni che difficilmente avremmo trovato su altri itinerari. Cominciando a ricapitolare le due giornate in sella, ci siamo resi conto che fra tutte le bici che abbiamo provato negli anni, la Trance è veramente adatta per questo tipo di avventure. Le nostre bici a lunga escursione sarebbero state un po’ impacciate mentre quelle più leggere sarebbero state meno divertenti. Aggiungiamo il telaio in carbonio rigido e veloce, curato nei particolari e con geometrie aggiornate e abbiamo un prodotto che ha fatto centro. Contatteremo Giant per un test di durata, ma per il momento non possiamo che confermare che la Trance è la bici più completa e polivalente che Giant abbia mai prodotto.
Photos : Sterling Lorence
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