I marchi di biciclette investono somme importanti nelle competizioni. Per alcuni il marketing significa solamente dare le proprie bici ad un team e sperare che vinca (vedere Pinarello nella bici da corsa), per altri un atleta occupa quasi tutta la campagna marketing. “Win it on Sunday, sell it on Monday”, così fa un detto che indica che se si vince, si vende.
Il problema è la scarsa tracciabilità degli investimenti, nel senso che è molto difficile ruscire a capire quanto le vendite siano effettivamente influenzate dai risultati agonistici. Ultimamente c’è chi preferisce l’atleta influencer a quello che fa i risultati, una su tutte Canyon ed Emily Batty. La canadese è ormai lontanissima dalle migliori: ieri ha chiuso a 10 minuti dalla prima, ai mondiali della Val di Sole è stata addirittura doppiata.
Lo stesso si potrebbe dire della Kate Courtney degli ultimi due anni, che non ha più trovato la forma migliore ma ha una visibilità enorme perlomeno in patria, dove il New York Times e il Washington Post le dedicano lunghi articoli di approfondimento.
Poi però ci sono le icone, due su tutti: Nino Schurter e Greg Minnaar. Due leggende della mountain bike con un palmares da record. Anche qui, però, ci sono dei distinguo da fare. Mentre Nino è conosciuto anche dai bambini (ne so qualcosa), Minnaar è un nome che alle nuove generazioni non dice niente. Troppo riservato e serio rispetto agli youtuber che spopolano sui telefoni dei teenager. Non che Schurter sia un clown, ma è più attivo sui social del collega sudafricano e la sua Spark è anche una bici che si vede molto in giro, mentre le bici da DH sono diventate delle mosche bianche. Proprio la downhill è forse la disciplina più difficile da quantificare in termini di ritorno sull’investimento, perché si tratta di brand awareness (far conoscere il marchio) più che promozione della singola bici.
Entrambi gli atleti conoscono però bene la forza delle immagini e come fare contenti gli sponsor.
Quanto contano veramente le competizioni nelle vostre decisioni di acquisto? Fatecelo sapere rispondendo al sondaggio:
La "genialata" è stato il mono, da 11 a 12V...praticamente con un solo dente in più, inifluente per il quasi totale di noi,visto che già l' 11v ha una copertura del 500%, han fatto si che tutti o quasi se lo portassero a casa, d'altronde ad un certo livello nessuno offre la possibilità di 11 o 12v a prezzi finali diversi...e devono per forza far cosi, altrimenti il mercato si stagna, come lo fu per le '26...non potendo sviluppare un altro formato ruota, sviluppano tutto ciò che può essere obbiettivo per far cambiar una mtb...
Io della mia son contento, ma già ora non si trova tutto come ricambio e piano piano sarà destinato a sparire o relegarsi a categorie basiche e si dovrà per forza di cose passar ad altro.
La realtà professionistica è troppo diversa dalla mia. Loro la bici non la pagano. Ne cambiano caratteristiche a seconda del percorso. Hanno capacità tecniche e fisiche a cui non riesco ad avvicinarmi. E non ultimo sono spesso vincolati da ragioni di marketing che impone loro l'uso di certe cose a prescindere dall'effettiva utilità (che non vuol dire che un qualcosa di non utile sia dannoso).
X tutte queste ragioni scelgo in funzione del prezzo ovviamente e delle mie esigenze e non guardando Schurter & Co.
[/quote]Concordo al 100%
Sono 2 anni che non faccio gare ma ricordo che spesso mi fermavo a chiacchierare dei vari mezzi e componenti e per me questo è molto più "influenzante" delle gare dei pro (che pure seguo molto)