Quando mi è stato proposto di gareggiare a Pogno con una bici a pedalata assistita sono rimasto abbastanza basito: una gara con una bici elettrica? Cos’è questa blasfemia?

In fondo sono abbastanza un purista. Per me una gara è una gara, non è un giro con gli amici. La gara deve essere un evento che mette alla prova i bikers, cercando di stabilire qual’è il migliore in una data specialità. La gara insomma per sua natura è qualcosa di selettivo, una sfida. A maggior ragione una gara enduro, che ha come obiettivo mettere alla prova i bikers su percorsi lunghi e su discese impegnative, deve presupporre un certo livello di impegno fisico.

Se non sei allenato o non sei pronto tecnicamente, semplice non partecipi alla gara. Ti alleni, cerchi di migliorare le tue abilità di guida e poi quando sei pronto ti iscrivi. Magari parti dal basso, parti dalla categoria promo di una gara regionale, per poi salire progressivamente di livello, quando vedi che migliori e stai progredendo. In fondo, non è questo il bello dello sport? Porsi degli obiettivi, dei traguardi, impegnarsi e raggiungerli. Per uno l’obiettivo può essere vincere la coppa del mondo, per un’altro chiudere una gara di enduro in versione completa.

In quest’ottica insomma la bici elettrica mi puzzava di forzatura… E’ un po come il doping, una scorciatoia per raggiungere senza sforzi un obiettivo che altrimenti richiederebbe mesi di allenamento e duro lavoro.

La curiosità però è una brutta bestia. Tutti parlano di bici a pedalata assistita, sono sempre di più i produttori che propongono biciclette pensate per usi gravity. …e allora, perchè non prendere la palla al balzo? Approfittando di un periodo pieno di gare, decido di prendermi una domenica alternativa e di provare questa fantomatica bici elettrica. Come andrà? Basterà la batteria per finire la gara? Come si comporterà in discesa? Quanto mi aiuterà in salita? Andrà tutto in cortocircuito in mezzo al fango?

La bici: Haibike XDURO FS RX 27.5

Cominciamo subito con la presentazione della bici: la Haibike XDURO FS RX 27,5.

La bici è una full 120-120mm, insomma un po’ sottodimensionata per un uso enduro. Il telaio è in alluminio, appositamente adattato per ospitare il pacco batterie ed il motore Bosch.

L’allestimento è di medio-bassa gamma: abbiamo una trasmissione slx, freni Deore, e molti componenti marchiati X-duro o XLC (manubrio, reggisella, pedivelle).

Per chi non lo sapesse XLC è il marchio dei componenti del gruppo Winoira, di cui Haibike fa parte.

Non si tratta di componenti di altissima gamma, ma d’altronde si tratta di un modello di bici non troppo costoso nella sua categoria, considerando comunque che il prezzo è determinato dal motore e dal pacco batterie, per niente economici.

Le sospensioni sono affidate a Fox per quanto riguarda l’ammortizzatore posteriore, con un Fox Float CTD della serie evolution (senza Boost Valvle) che tutto sommato faceva il suo lavoro.

Qualche problema invece con la forcella: una Reba Solo Air da 120mm e perno passante da  15mm. La forcella perdeva aria e mi sono ritrovato a doverla gonfiare prima di ogni speciale.

Sicuramente il peso elevato della bici non aiuta la povera Reba, che oltre a sopportare il rider, deve anche sostenere il motore e la pesante batteria.

La forcella mi è parsa insomma drasticamente sottodimensionata, anche considerando l’utilizzo che sono andato a fare della bici.

Le ruote da 27,5″  sono invece montate su una coppia di mozzi XLC, utilizzano raggi DT da 2.0 di sezione costante e cerchi DT Swiss 466d Disc. Una scelta orientata al prezzo ed alla robustezza.

Completano il montaggio poi una coppia di Nobbi Nic Performance 2.25, decisamente sottodimensionati per una gara enduro e poco performanti sul morbido terreno di pogno, che avrebbe richiesto qualcosa di più enduristico per poter guidare bene.

La pedalata assistita

Passiamo ora al cuore della bici: il motore elettrico e la batteria. Il motore è un Bosch Midmount Performance 36 Volt, 250 Watt. E’ in grado di erogare fino a 250W di potenza e si alimenta con una potente batteria al Litio da 36V e 400Wh di capacità.

Per chi non lo sapesse, il sistema di pedalata assistita funziona in maniera piuttosto semplice.

Il sistema è dotato di una serie di sensori in grado di leggere la velocità e la cadenza. In base a quanto si pedala agile, il sistema eroga una certa potenza sulla corona anteriore, alleggerendo quindi la pedalata.

La bici insomma non sale da sola, si deve comunque pedalare. Ovviamente il livello di fatica è nettamente inferiore rispetto ad una bici tradizionale, così come la velocità di percorrenza della salita decisamente superiore.

Per intenderci la sensazione che si è che ci sia qualcuno che ti spinge sulla schiena. Tu pedali, è vero, ma la pedalata è leggera, non fai praticamente sforzo.

Il livello di potenza erogata dal motore è regolabile su 5 diverse modalità: più si sta bassi di potenza, minore il consumo di corrente e si ha maggior autonomia.

A causa della normativa vigente, la velocità della bici è limitata a 25km/h. Quando si raggiunge questa velocità il motore smette di dare potenza e si deve spingere solo con le proprie gambe se si vuole andare più forte.

Tutta l’elettronica, la velocità, le varie modalità di erogazione della potenza sono visualizzate su un ampio (ma molto esposto) display sul manubrio. L’utilizzo è estremamente facile ed intuitivo, sia per quanto riguarda i comandi ed i pulsanti, sia per quanto riguarda l’utilizzo in pedalata, dove non si deve fare nient’altro che pedalare normalmente.

Un sistema molto avanzato e studiato sicuramente, ma purtroppo estremamente pesante: la bici pesa ben 21kg. Qui di seguito componentistica e geometrie:

 

 

 

 

 

La gara

Nel circuito piemontese enduro 360 c’è un’apposita categoria per le bici elettriche. Si tratta della categoria promozionale e-bike, che percorre un giro ridotto. Nel caso di Pogno abbiamo fatto solo le PS 1-2, facendo una singola risalita.

Sinceramente mi aspettavo di fare tutta la gara completa, quindi già programmavo strategie su come utilizzare al meglio la batteria sia in salita che in speciale, per arrivare a fine gara senza rimanere a secco. Sono rimasto quindi un po’ deluso alla notizia che avremmo fatto solo il giro promo, anche perchè la PS3 di Pogno è uno dei miei sentieri preferiti.

Partiamo in fondo al gruppo, quindi lo start per la nostra categoria è previsto alle 13:45. Poco male, almeno abbiamo tempo per fare una paio di prove con le bici e cercare di capire come funzionano. In realtà è tutto talmente semplice che c’è ben poco da provare: si pedala come su una bici tradizionale.

Dopo diverse ore di attesa è finalmente giunto il nostro turno: partiamo in coda alla categoria promo ed affrontiamo la risalita di circa 500m che porta alla prima speciale. La salita è quasi tutta asfaltata e la bici elettrica da il meglio di sé: saliamo senza fare particolarmente sforzo a 25km/h, superando decine di bikers lungo il percorso. Devo dire che la situazione era piuttosto imbarazzante: superare tantissimi corridori che faticano ed arrancano in salita grazie al motore elettrico ti fa sentire abbastanza in colpa ed a disagio, ti senti uno po’ come uno che sta barando.

Il motore elettrico ti aiuta moltissimo: nonostante salissi in modalità eco (quella che eroga meno potenza ed assicura una maggiore autonomia), l’affaticamento era minimo. L’unico problema è il vento: salendo così forte si prende più freddo, quindi bisognerebbe vestirsi di più.

La salita passa insomma in fretta, 40 minuti e siamo in cima.Abbiamo ancora un sacco di tempo a disposizione (il trasferimento era di 1h20), quindi chiacchieriamo, andiamo a vedere le partenze e facciamo alcune prove su sterrato del motore.

Nonostante la modalità turbo sia quella che più mi sembrava adatta alle speciali, noto che l’erogazione di potenza è troppo brutale: la gomma tende a pattinare sul fango, quindi decido di passare in modalità Sport (la penultima), per avere meno coppia alla ruota ed evitare brutte sorprese sulle contropendenze o sul bagnato. La scelta si rivela ottimale, perchè il problema della e-bike è che non ha l’acceleratore che ti permette di dosare la potenza: quando tu pedali, il motore spinge sempre allo stesso modo, poco importa se la ruota perde trazione. Sul fango o sulla neve non riesci quindi a fare quel lavoro di modulazione della forza impressa sui pedali che ti permette di evitare di pattinare. Lo stesso succede sulle salite tecniche. Questo problema si sente soprattutto quando si utilizzano le modalità Turbo e Sport.

Manca poco alla prima speciale. Faccio gli ultimi controlli del caso e noto una cosa: la forcella è molle. Prendo al volo la pompetta, mancano pochi secondi alla partenza. Controllo: ha perso ca 40-50psi di pressione! La rigonfio al volo, lascio la pompetta a quelli dietro di me e parto in extremis.

Il primo scatto è sconcertante: la bici parte come un fulmine, sollevando terra quasi come una moto da cross. Spettacolare, mai partito così a razzo in una speciale! L’entusiasmo dura però solo pochi secondi: dopo 4-5 pedalate il motore si stacca, addio pedalata assistita. Che è successo? Guardo il conta chilometri: ho superato i 25km/h.

Sinceramente non ho mai fatto caso alle velocità che prendo in discesa: quando scendo sono concentrato sul percorso ed il Garmin sta nello zaino. Oggi scopro una cosa nuova: in un rilancio si va ben oltre i 25km/h.

Bene, finita la spinta del motore tutto devono fare le gambe. Spingo sui pedali con decisione, la bici è molto pesante ed è difficile farla accelerare.

Iniziano le curve, cerco di prende confidenza con la bici, ma è difficile. Il mezzo è pesante, difficile da guidare nelle strette curve in rapida successione di Pogno. Con una bici da 21kg non puoi guidare attivo, non puoi pompare le cunette ed assorbire le gobbe, non puoi fare bunny hop per superare gli ostacoli. La bici fa un po’ quello che vuole lei, devi buttarti dritto sugli ostacoli e fare attenzione sui dossi in cui la bici tende a saltare via.

La guida è insomma estremamente fisica, devi domare la bici, non hai un mezzo agile, maneggevole e scattante con cui volare tra le curve e gli ostacoli. Nonostante conosca i percorsi, non riesco a seguire le traiettorie che avevo studiato con la mia bici da enduro, non riesco a stare alto nelle curve come vorrei, un paio di volte mi pianto. Poco male comunque, grazie al motore elettrico, anche se perdi velocità in una curva recuperi facilmente: ti bastano poche pedalate e sei subito a 25km/h.

Il grosso problema riscontrato e’ stata poi la sella, che non si poteva abbassare più di tanto a causa del tubo sella interrotto. Serve obbligatoriamente un telescopico su questa bici, scendo infatti con la sella ad altezza stomaco, il che rende molto difficile mantenere una posizione di guida bassa ed avanzata.

Arriva finalmente l’ultimo rilancio, una lunga strada tutta da pedalare. Esco sulla strada, do di nuovo due pedalate e zac, ecco i fatidici 25km/h. Game over, ora ci devo dare dentro solo di gambe. Spingo in piedi sui pedali fino a raggiungere i 45km/h, ma la bici è un macigno senza il motore. Ultimo tratto di speciale, radici. Ultimo salto, bruschissimo fine corsa ed arrivo alla fine.

Bah, che fregatura… Questa storia del limite dei 25km/h è un bel pacco. Con la spinta del motore raggiungeresti velocità folli sui rilanci, ma se si stacca a 25 all’ora ti trovi solo a rilanciare una bici pesante come una portaerei e tutto il vantaggio del motore va a farsi benedire.

Breve trasferimento, risalgo la ripida rampa sterrata senza neanche alzare la sella (tanto fa quasi tutto il motore) ed inizia la PS2.

Il primo tratto della PS2 è tutto da pedalare, un lunghissimo rilancio in falsopiano da fare a tutta. Parto, come prima con un’accelerazione da motogp. Faccio la primissima curva ed ecco li i 25km/h: game over di nuovo. Faccio tutto il rilancio in piedi sui pedali, spiengendo a più non posso. La bici è pesante, faccio una fatica bestiale, il pedalato non finisce più. Mi manca il telescopico per sedermi sul finale e sciogliere un po’ le gambe. Finalmente la discesa. La PS2 è più adatta alle bici elettriche: meno curve in successione, diversi rettilinei. Mi trovo decisamente meglio, anche se commetto un paio di errori in curva a causa della perdita di aderenza della ruota davanti: il Nobbi Nic non tiene molto…

Arriva un tratto pedalato a ca 2/3 di PS, stavolta posso apprezzare la spinta del motore elettrico essendo sotto i 25km/h. Non male, almeno una volta mi tornano utili tutti questi 7kg di zavorra. Arriva quindi il pietrone, l’unico passaggio tecnico in PS. Lo affronto normalmente, saltando sulla sinistra. Peccato che i 120mm della Reba  poco apprezzino il trattamento e, complice forse anche la perdita di pressione durante la speciale, mi regalano un brusco fine corsa. Nessun problema, la bici con il suo peso è stabile, non mi scalcia via. Mi rialzo sui pedali per lo scatto finale. Come sempre i 25km/h arrivano subito, ma questa volta in sentiero è in leggera discesa ed il peso della bici non si sente più di tanto.

Finisce la speciale, rapido trasferimento e finisce la gara. E’ stata una rapida rush, ho ancora voglia di farmi un paio di discese ma è tardi.

Bici elettriche e gare enduro

Devo essere sincero, l’esperienza non mi ha entusiasmato.

Sono arrivato in fondo quasi per niente stanco, per nulla soddisfatto. Quando finisci una gara enduro di solito sei stremato, non capici come ti chiami, ma sei contento di aver dato il 100% durante la gara, di aver dosato le energie in maniera corretta lungo le speciali, di aver guidato in maniera ottimale.

La sensazione di oggi era invece diversa… Ho fatto lo stesso percorso (seppur accorciato) degli altri, ma non è stata la stessa cosa. Già il fatto di aver usato un ausilio esterno (il motore) per le risalite mi lascia dell’amaro in bocca. Non è questo l’enduro che piace a me. Per quanto possa essere sotto certi aspetti divertente è un’altra specialità.

E della bici che dire? Sicuramente 120mm sono troppo pochi per una gara di enduro. Ci sono bici con più escursione, con montaggi più adatti a questo utilizzo, ma il vero limite di queste bici è il peso. Puoi spendere anche 7000€, ma le bici elettriche restano pesanti. Questo significa avere dei mezzi poco agili, impacciati, che non ti permettono di guidare come vorresti in discesa.

Il bello della bici da enduro è volare sugli ostacoli, ollare pietre a radici, saltare da una curva all’altra nelle serpentine in rapida successione. La bici elettrica con i suoi 21kg è un pachiderma. Scendere, scende senza problemi, ma non ti da la stessa adrenalina e la stessa sensazione di leggerezza e libertà che ti permette di avere una bici enduro tradizionale, una bici che fa tutto quello che vuoi senza quasi sforzo.

Insomma, sono convinto che le e-bike siano dei mezzi sicuramente interessanti in molti ambiti, soprattutto in quello turistico. Permettono di raggiungere posti e sentieri in maniera ecologica ed a contatto con la natura, consentendo anche a persone non sportive di vivere il nostro bellissimo sport. Sicuramente l’evoluzione tecnologica porterà interessanti sviluppi, con motori più piccoli e batterie più leggere, ma verrà sempre a mancare uno degli aspetti fondamentali della bicicletta: la soddisfazione di arrivare in cima con le proprie forze.

Le e-bike a mio giudizio non sono dei mezzi per fare enduro, soprattutto da un punto di vista agonistico. L’enduro è tutt’altro, l’enduro è fatica in salita e divertimento in discesa. La bici elettrica non è enduro, ma può essere un buon mondo per passare una giornata a contatto con la natura pur senza avere un particolare allenamento.

 

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