Pioggia, nuvole, neve. La Thuile non ha accolto nel migliore dei modi i 450 riders che si sono dati battaglia nella prima tappa italiana delle Enduro World Series.
Se in paese fa freddo, ai 2650m di quota del monte Belvedere, punto di partenza della lunghissima PS Superkappa, la situazione è decisamente peggiore: la pioggia caduta nei giorni scorsi è diventata neve ed in cima è tutto bianco. Si prospettano condizioni estreme per la gara, visto anche che le previsioni non sono delle migliori, almeno per i giorni di prova.
I sentieri di La Thuile sono stupendi. Difficile dire quale PS sia più bella delle altre, ognuna ha le sue caratteristiche. La PS1-4 è eterna, un lunghissimo percorso con ogni tipo di terreno. Si parte dalla cima in mezzo ad un paesaggio lunare, si passa poi alle distese di rododendri della parte centrale per poi entrare nel bosco con numerosi tratti rocciosi e tappeti di radici. 20 minuti di discesa senza tregua, con un lunghissimo strappo centrale tutto da pedalare e delle insidiosissime pozze di fango in cui tirare la facciata è un’attimo.
Per tutti i 4 giorni di gara il meteo ha sbagliato miseramente. Giovedì e venerdì avrebbe dovuto diluviare, ma freddo a parte non è caduta una goccia d’acqua. Sabato e domenica avrebbe dovuto far bello, ma si sà, in montagna il tempo cambia in un attimo e passi dal sole al diluvio in un istante. E così, a 30 minuti dalla partenza dei primi concorrenti, ecco che arriva la nuvoletta fantozziana in cima al monte Belvedere.
La temperatura cala drasticamente e dal cielo viene giù di tutto: grandine, pioggia e poi neve. Pedaliamo sotto il diluvio con 5° di temperatura, zuppi d’acqua e congelati. I prati sono allagati, trasformati in acquitrini. …e pensare che i primi sono scesi con l’asciutto!
Arriviamo in cima congelati. Nessuno si sarebbe aspettato condizioni simili ed in gara non sei attrezzato come durante un giro in montagna. Ci ripariamo nella gabbiotto dell’arrivo della seggiovia, dove un timido termosifone è preso d’assalto da decine di bikers infreddoliti.
Parte la speciale. Mani e piedi sono congelati, i guanti sono zuppi. Non mi aspettavo la pioggia, quindi non ho portato un paio di guanti di scorta. L’obiettivo di questa discesa è arrivare in fondo senza troppi danni, sono troppo ghiacciato per pensare a guidare bene.
Parto, con la mascherina addosso. Mai errore fu più grosso: nonostante il Marsh Guard (parafango anteriore, ndr) tempo pochi metri e non vedo più nulla. La pioggia è fitta e la mascherina si bagna in un lampo. Cerco di intravedere qualcosa, ma finisco fuori traccia in mezzo alle pietre. Devo togliere questa maledetta maschera, ma staccare le mani dal manubrio qui è impensabile. Ancora alcuni metri, poi un breve tratto di prato. Stacco una mano dal manubrio, sfilo la mascherina e la metto sul collo: ora si che si ragiona!
Dopo un primo tratto roccioso, la speciale diventa un sentiero in mezzo ai prati di alta montagna. Se con l’asciutto il tracciato era abbastanza scorrevole, con la pioggia i prati si inzuppano, si allagano e per andare avanti si deve pedalare in continuazione. Le pietre sono viscide ed il forte vento è insidioso sui tratti esposti.
Il vero problema è però il freddo: tempo pochi minuti e le mani inzuppate di acqua gelida si bloccano. Riesco a malapena a tenere il manubrio, ma le dita, oramai insensibili, non riescono a comandare il manettino del cambio ed il comando del Reverb. Per il reggisella mi arrangio usando il palmo della mano. E’ rischioso, ma è l’unica soluzione. Cambiare le marce è invece quasi impossibile, cerco quindi di tenere un rapporto che vada bene un po’ per tutto.
Ormai è solo sopravvivenza! Affronto i tratti di fango con cautela, ma in maniera efficace. In molti si ribalteranno a causa della ruota anteriore che sprofonda nella melma. Molto importante è leggere la traiettoria, cercando di indovinare che cosa si nasconde sotto l’acqua torbida. Spesso è un terno al lotto, provi una linea, sperando di non trovare la voragine. E’ un mix di abilità e di fortuna.
Superate le pozze d’acqua ci aspetta un tecnico passaggio su di un pietrone. In prova l’ho studiato per bene, arrivando ad affrontarlo in maniera molto efficace con una linea tutta esterna. In prova sembri un campione, ma in gara è tutto diverso. Sei stanco, bollito dai 12 minuti di discesa che hai appena affrontato e quindi manchi di lucidità. Arrivo sul passaggio, titubante sulla tenuta della roccia. Gomme infangate, lastrone di pietra viscido: un bel mix, una situazione in cui devi essere deciso e lasciar correre. Io invece freno, le ruote scivolano, sgancio i piedi e finisco pancia sulla sella. Mollo i freni, cerco di arrivare sotto in qualche modo, scomposto come un sacco di patate, ma non cado, quello è importante. Mi sono giocato un bel jolly, ma sono passato indenne!
Ora ci aspetta un lunghissimo muro da pedalare, sembra non finire mai. Ci arrivi già stanco dalla fisicissima sezione precedente e devi pedalare, pedalare, pedalare. Il cuore in gola, ti sembra di morire soffocato ma tu devi pedalare e spingere sui pedali. Il peggio però arriva dopo, appena scollini, quando il debito di ossigeno si fa sentire e devi cercare di non esplodere sullo stretto ed insidioso singletrack.
Ci si butta ora nel bosco, il peggio è passato ma anche la sezione finale non è da sottovalutare. Veloce, sabbiosa e piena di radici e curve a gomito. Oramai sei cotto, ma non devi sbagliare. Sbagliare significa perdere preziose energie nel migliore dei casi, cadere e magari spaccare qualcosa nel peggiore.
Le gambe bruciano, ma stringi i denti. Ultimo pedalato, ultime curve, ultimo scatto ed ecco il traguardo!
Se qualcuno mi dovesse chiedere qual’è la speciale che più rappresenta l’enduro gli risponderei: “Superkappa”.
Una è andata, ma ci mancano ancora due prove speciali. Senza neanche togliere il casco dalla testa (tanto piove) ci dirigiamo verso il lungo trasferimento pedalato che porta alla PS2. Prima della salita però approfitto di un tubo dell’acqua per sciacquare la bici e togliere il fango, soprattutto dalla trasmissione. Una bella oliata con il flaconcino di olio monodose che mi sono portato e sono pronto per la salita e la prossima speciale.
La salita è lunga, a tratti piove a tratti smette. Per lo meno non fa il freddo che faceva in cima, qui ci saranno 10-15° e pedalando non si sta neppure male. Un bel the caldo al ristoro poco prima della partenza per scaldarci ed inizia la PS2.
La PS2 è diversa dalla Superkappa (PS1-4). Il terreno è soffice sottobosco, a tratti sabbioso, in un continuo zigzag tra gli alberi. C’è quasi nulla da pedalare, bisogna solo guidare bene e non farsi tradire dal terreno morbido.
Controllo orario, verifica e pulizia della bici e si riparte per la PS3. Stavolta si sale tutto in seggiovia, niente pedalato.
Dopo il primo tratto tecnico si può riprendere fiato nel tratto centrale, per prepararsi al meglio alla seconda parte di discesa ed alla lunga rampa pedalata che conduce agli ultimi ripidi prima del traguardo. Ultima sezione nel pistino da dual slalom e si arriva di fronte alla zona paddock in un vero bagno di folla.
La PS è veramente divertente, soprattutto il tratto centrale nel bosco, subito dopo la prima seggiovia, con alcuni passaggi che se conosci riesci a prendere a cannone.
Se Sabato il meteo è stato inclemente, domenica ci concede una tregua. Al Monte Belvedere non piove, c’è nebbia e fa freddo, quello si, ma almeno non piove.
Dopo i prati iniziano gli acquitrini, ancora più scavati di ieri. Alcune zampate quà e là e passo, sono molto contento di averli superati indenne.
Pedalato: di nuovo mi sembra di morire su quelle due rampe assassine. Spingo sui pedali a tratti in piedi, a tratti seduto. Discesa nel bosco, ora più scavata che mai. Poi il tratto finale, bello asciutto e polveroso, l’ultimo pedalato ed il gazebo dei cronometristi.
Tutta un’altra discesa rispetto a ieri. Sopra ho finalmente potuto guidare e gestire come volevo il Reverb ed il cambio. Sotto la stanchezza di ieri si è fatta sentire, soprattutto sul pedalato dove mi sono reso conto di essere più stanco, ma tutto sommato è andata bene.
Rapido passaggio dalla zona paddock (senza però poter ricevere assistenza) e si risale per la PS5. La PS5 riprende al 90% la PS3, per poi deviare prima delle rampe in un ripido singletrack che zigzaga nel bosco. Molto fisico questo tratto finale!
Bivio PS3-5: affrontando un sorpasso a filo del paletto delle fettucce, mi butto nel fisicissimo zigzag nel bosco. Cerco di guidare bene nonostante la stanchezza e raggiungo un altro rider. Aspetto un attimo di trovare il momento giusto (qui lo spazio per passare non c’è) ed appena capita l’occasione sorpasso. Ultimo tratto di drittone nel bosco, gli alberi ti schizzano di fianco a velocità fotonica, ed ecco il traguardo.
Che male alle mani! Il tratto finale era veloce, ma bello bucato. Anche questa PS è spettacolare!
Finita la 5, ci aspetta un lungo CO di ben 2 ore, necessario per consentire a tutti i concorrenti di finire la PS5 prima che i primi inizino la 6 ed evitare così pericolose sovrapposizioni, visto che il primo tratto delle due PS è comune.
Tutti ne approfittano per sistemare le bici, provate dalle lunghissime speciali e di pulirle dal fango, in modo che siano al 100% per l’ultima discesa. Sono molto contento (ed in parte anche sorpreso) di non aver avuto problemi meccanici. Sicuramente preparare per bene la bici prima della gara è molto importante ed ha dato i suoi frutti.
Dopo l’interminabile CO si risale in seggiovia, con le gambe fredde per la lunga attesa forzata. Bisogna fare un buon riscaldamento prima di partire, la PS è lunga, estremamente fisica e con tanto pedalato.
Un lunghissimo tratto di fango profondo tutto da pedalare ti cucina le gambe, obbligandoti a pedalare sempre in piedi per non impuntarti nelle pozze. Una tortuosa serpentina giù nel bosco ti cucina invece le braccia, obbligandoti a dar fondo a tutte le energie rimaste.
Ed i risultati? Alla fine finirò 128° e devo dire di essere piuttosto soddisfatto, considerato il livello dell’evento. Ho guidato bene, pulito, sono stato regolare nelle diverse speciali e questo ha pagato.
Continuo ad essere fermamente convinto della mia idea: vale molto di più un 128° posto in una gara come La Thuile, che un podio di una gara regionale dove non c’è nessuno veramente forte.
Ammetto candidamente che non sapevo di questo trucchetto fino a due giorni fa, quando nel…
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