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La Mega è forse la gara di MTB più folle del pianeta, per lo meno tra quelle a cui tutti i comuni mortali possono partecipare. Quest’anno la qualifica è andata bene, sono arrivato 11° e parto quindi in 4° fila (lettera D).
La partenza è tutto in questo tipo di gare, ma buttarsi a 100 all’ora sulla neve del ghiacciaio non è proprio una passeggiata, soprattutto quest’anno che la neve non è continua e ci sono moltissime zone di pietra. Un conto è cadere sulla neve, un conto esplodere sulle pietre. Son due cose molto diverse…
Per questo motivo il ghiacciaio quest’anno mi incute molto timore. La neve è dura, veloce, ma se cadi e finisci sulle pietre sei finito.
La sveglia suona alla 5:30, alle 6:15 devo essere alla funivia per l’imbarco. Stranamente, nonostante l’ora non ho assolutamente sonno: l’adrenalina comincia già a scorrere nelle vene.
Ci schieriamo sulla griglia, la procedura è lunga perchè devono chiamare uno per uno i 350 partenti, che sono tantissimi! La tensione sale, tutti i riders studiano la prima parte del percorso: meglio i macigni o la neve? Sulla neve il rischio di cadute di massa è alto, ma è più veloce e comunque anche le pietre, grosse come palle da bowling, non sono proprio una passeggiata.
La mia tattica è partire sulla destra, sulle pietre ed eventualmente scendere sulla neve se non ci sono troppi rider per terra.
Ore 9:15 Alaaaarma! Da dietro la montagna, come abitudine, arriva l’elicottero, fa il consueto giro del ghiacciaio e si ferma stazionario sopra la partenza. Parte la musica, l’adrenalina scorre a fiumi tra tutti i riders schierati sul Pic Blanc. Si alzano le fettucce, il delirio ha inizio!
Punto la mia linea, ma nonostante la 4° fila, il traffico davanti non è poco. E’ il delirio, sul ghiaccio in molti cadono, sulla terra rotolano macigni grossi come una casa. Dalle foto non rende, ma il primo tratto è bello ripido! Cerco di controllare la bici sui macigni, non va male, evito riders kamikaze che arrivano a destra ed a sinistra. Nevaio, prendo velocità, entro a fuoco in una pietraia, rischio di esplodere, poi di nuovo neve. “Però, la neve non è male” nonostante il caldo è bella dura, tiene bene, si possono mollare i freni.
Inizia la stradina, un rider si ribalta davanti a me, lo evito per miracolo. Cavolo però, la neve qui è una figata! Mi accodo ad un rider veloce, sfrutto la scia. Ci mettiamo “a cupolino”, ormai pedalare è inutile, data la velocità frulleremmo a vuoto.
Inizia ora il secondo pezzo ripido, davanti a me un campo di battaglia: un sacco di rider sono per terra, ci sono bici sparpagliate sul percorso. E’ un campo minato! Parto, cercando una zona libera, ma gli ostacoli (ovvero i riders sdraiati) sono in continuo movimento perchè scivolano sul ghiaccio.
Non devo cadere e soprattutto non devo travolgere nessuno, biker o bici, perchè significherebbe un volo rovinoso, data la velocitò. Zigzago, per quello che la velocità mi consente ed evito al pelo una bici rimasta in mezzo alla neve, o forse la travolgo passandoci sulle ruote, chissà, ma non mi ribalto e questo è quello conta.
Finalmente il tratto ripido è finito, sono vivo! Di nuovo a cupolino e giù a bomba sul ghiaccio. Eh si, sul ghiaccio, perchè sfortunatamente passo sulla sinistra, in un tratto sempre all’ombra, dove la neve è ghiaccio vivo. I riders davanti a me si sdraiano, le bici rimangono in mezzo alla neve. Boh, è la fine! Mollo i freni, la bici si intraversa. Piede a terra, continuo a prendere velocità.
Evito le bici per terra, ora una curva. Non c’è modo di affrontarla a questa velocità, per esplodere fuori dalla pista sulle pietre meglio buttarsi a terra sulla neve e provare a rallentare piantando il manubrio nel ghiaccio. Limitiamo i danni, vah! Mi sdraio, rallento, ma sono in piena traiettoria e da dietro mi travolgono. Uno, due, tre, quattro riders sulla schiena. Uno vola oltre di me, gli altri si schiantano uno contro l’altro. E’ un’ammucchiata selvaggia!
Via, via, via di qua! Mi rialzo dolorante e scappo via da quel carnaio, sentendo dietro di me il rumore dei riders che si schiantano ancora l’uno contro l’altro. Valuto i danni, la bici sembra a posto, le ossa pure. Ho qualche graffio, ma sono in grado di proseguire.
Mi butto a bomba sul ghiacciaio, che nonostante il ghiaccio vivo tiene piuttosto bene, prendendo qualche jolly su alcune canaline.
Ultimo tratto di neve battuta, pedalo a più non posso fino a mulinellare e poi mi metto a uovo. Boh, non è andata poi così male! Il ghiacciaio è passato e credo di averlo affrontato piuttosto bene, caduta a parte.
Finisce il ghiacciaio ed inizia il singletrack. Davanti a me, con la coda dell’occhio vedo la testa del gruppo: sono davanti! Il problema è che sono già abbastanza bollito e la gara è appena cominciata.
Qui non si scherza, il livello è alto. Il rider davanti a me va come un missile, fatico a tenere il passo. Per la prima volta in 4 anni mi ritrovo ad affrontare la Mega con strada libera, senza trovare tappi o rallentamenti. Non male, ma le braccia e le gambe sono a pezzi già prima dell’Alpe!
Sono abbastanza fuori giri, mi pianto un paio di volte sul pedalato e mi sorpassano, il cambio non funziona bene e mi sembra di aver bucato, ma la gomma è gonfia. Eppure la bici è strana, qualcosa deve essere successo nella caduta sul ghiacciaio…
Inizia il lunghissimo pedalato, la catena salta… Cavolo, si deve essere piegato il forcellino nella caduta oppure si è svitato il deragliatore. Regolo quindi il cambio, ma la situazione non migliora più di tanto e la bici sembra frenata, ma forse sono io bollito, boh.
Pedalo, pedalo, passo alcuni rider, altri mi passano… Il cambio sgrana in continuazione. Ma quanto dura il pedalato? Comunque la ruota posteriore ha qualcosa che non va, appena inizia la salita su strada ci do un’occhiata.
Arriva la salita, via la maschera, blocco l’ammortizzatore e si sale. Do un’occhiata dietro, per capire che cosa è successo: lo sgancio del perno posteriore è aperto. “Ecco il problema!” lo chiudo e riparto. Rimetto la mascherina, tolgo il blocco, abbasso la sella e via verso OZ. Davanti a me nessuno, solo un nuvolone di polvere che si sta già dissolvendo.
Devo spingere per recuperare! Spingo, ma la bici è strana… La ruota dietro balla, non riesco a fare le curve, cado un paio di volte: si è riaperto il perno?
Proseguo nel bosco con le radici: si, la ruota ha qualche problema o comunque si è rotto qualcosa. Mi sorpassano, la bici sembra piegarsi a metà ad ogni curva.
Curva a gomito, esco dal tracciato, mi fermo e controllo cosa può essere successo: lo sgancio rapido del perno non c’è più, anzi il perno sembra non esserci più. Che faccio? Comunque in qualche modo devo scendere, quindi proseguiamo.
Inizia quindi un lungo calvario… Da un lato devo andare piano per non spaccare tutto, dall’altro dentro di me non voglio neppure perdere troppe posizioni. Inutile comunque chiudere i rider dietro di me, non sarebbe sportivo visto che sono rallentato da un problema meccanico.
Scendo come posso, la bici è inguidabile, Cado in alcune curve e su delle contropendenze… Sull’asfalto recupero alcune posizioni, ma poi le riperdo di nuovo sul sentiero. Quando diamine finisce?
Finalmente l’arrivo, rettilineo finale, ultima curva ed il finish. Sono 70°: incredibile!
Tolgo il casco, scendo dalla bici, guardo la ruota: è rimasto solo mezzo perno, la ruota si muove tantissimo, non so come ho fatto a scendere in queste condizioni!
Arrivano i miei amici, mi dicono che sul pedalato ero nei 50… Un vero peccato per il perno, però d’altronde sono comunque riuscito a terminare la gara con un buon piazzamento, quindi non posso lamentarmi. Devo veramente ringraziare la bici e la ruota che hanno tenuto fino alla fine!
Vincitore della gara quest’anno è stato Remi Absalon, seguito da Thomas Lapeyrie e da Yoann Barelli. Italiani come sempre molto pochi, nonostante la vicinanza dell’Alpe d’Huez al confine. Colpa della concomitanza di La Thuille sicuramente, ma anche di un certo timore che abbiamo nei confronti delle avalanche, soprattutto della Mega e della sua mass start dal ghiacciaio.
Qui di seguito altre foto scattate dall’elicottero da Hoshi Yoshida, non perdetevele!
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