[Race Insider] Sauze d’Oulx colpisce ancora!

Chi ha seguito il Race Insider dell’anno scorso (qui il link) forse si ricorda della gara sfortunata della passata stagione. Caviglia slogata, una foratura, 40 minuti di penalità e vari problemi meccanici hanno reso la gara dell’anno scorso un vero calvario. L’intento di quest’anno era di rifarmi, cercando di portare a casa almeno un discreto piazzamento, ma la fortuna non è stata dalla mia parte e la maledizione di Sauze d’Oulx anche quest’anno ha colpito…

Day 1: sabato

Ore 9 di Sabato, l’aria è frizzante qui a Sauze d’Oulx. Nonostante siamo ancora in estate, il termometro segna 6 gradi e con l’umidità della pioggia caduta ieri il freddo si fa sentire. In fondo è abbastanza normale: Sauze è in mezzo alle montagne e, nonostante non sia altissima di quota, le alte vette che la circondano la mantengono sempre al fresco, anche d’estate.

Se l’anno scorso la gara di Sauze è stata un po’ diversa, quest’anno si è ritornati sul format tradizionale delle Superenduro PRO: gara su due giorni, con 3 speciali il sabato pomeriggio e 4 la domenica a cui si sarebbe aggiunta la Supermountain, quest’anno con un format un po’ diverso dall’avalanche dell’anno scorso. Per il 2014, l’ultima speciale non prevede più la mass start, ma una partenza scaglionata in base ai distacchi. Hai 2 secondi dal rider davanti a te in classifica? Parti 2 secondi dopo di lui. Se lo sorpassi sai di guadagnare una posizione in classifica, se ti passano sai di perderla. In questo modo il primo che arriva in fondo vince tutta la gara. Un formato un po’ meno adrenalinico, ma comunque coinvolgente, soprattutto se hai la fortuna di partire con distacchi non eccessivi e di poter lottare “corpo a corpo” per la tua posizione.

Tutte le speciali si sviluppavano su soli 3 percorsi, da ripetere più volte. La lunga stagione estiva ha messo a dura prova i sentieri del bike park di Sauze, che risultano belli scavati e polverosi. Una gara per niente facile insomma, poco pedalato (500m il sabato e 200m la domenica), ma estremamente fisica. Le pessime condizioni dei tracciati mettono a dura prova le braccia dei riders e lo spesso strato di sabbia non aspetta altro che la tua ruota davanti ci passi dentro per farti scivolare. Le mani ti bruciano, la bici chiede pietà ma le lunghe speciali non ti danno molto spazio per rifiatare.

Purtroppo i percorsi sono stati fettuciati solo il giovedì prima della gara e, non avendo quest’anno nessuna possibilità di andare su durante la settimana, ho potuto provare i percorsi solo in parte il weekend prima della gara. Sabato mattina decido di fare una ricognizione su tutti e 3 i tracciati delle speciali: non essendo moltissimi, in mezza giornata si fa tutto tranquillamente.

Provare prima della gara non è mai una buona idea, ma almeno un giro per vedere la parte alta del tracciato andava fatta, giusto per capire dove passare. Peccato però che le pietre di Sauze vadano poco d’accordo con i miei copertoni e, a seguito di una leggera stallonatura su di una contropendenza, la gomma sgonfia impatta su di una pietra aguzza e si taglia. “Porca miseria, manca 1 ora alla partenza!” Non ci voleva. Scendo a piedi, tanto manca poco. Provo a riparare la gomma con una toppa, ma c’è un altro taglio e il lattice non tiene. Il tempo scorre, ormai è tardi: ci butto dentro una camera e via, non ce la faccio a smontare di nuovo tutto e mettere una gomma nuova. Gonfio a 2,5 bar e via, parto per la prima speciale con la seggiovia.

3-2-1: VIA! Inizia la prima speciale, prime due curve, lungo rettilineo. Sento una botta sul cerchio posteriore, azz speriamo in bene… Niente da fare, tempo 200m e la gomma è a terra. Non ci credo… Neanche è iniziata la gara! Scendere sul cerchio non è il caso, a piedi ci vorrebbe troppo tempo. Che fare quindi? Niente, camera d’aria nuova e via. Smonto tutto velocemente, tolgo la vecchia camera e rimetto la nuova. Inizio a gonfiare, ma sento subito uno sfiato, la gomma non sale di pressione. Maledetta pompetta, proprio adesso ti dovevi rompere? L’aria esce da una guarnizione probabilmente rovinata. Inizia il calvario… Gonfio, ma non appena la gomma sale di pressione esce tutta l’aria. Allora rigonfio con attenzione, ma appena devo far di nuovo forza per raggiungere una pressione accettabile di nuovo si sgonfia. Dannazione! Il tempo ed i minuti passano inesorabilmente. Ad un certo punto riesco a raggiungere una pressione accettabile, almeno da non devastare il cerchio. Riparto con cautela, ma ho perso un eternità: vedo passare il numero 160, mentre io ho il 90.

Arrivo a fine PS, ora bisogna risalire in cima pedalando: il tempo limite non è tanto, 40minuti per ritornare a Rocce Nere. Io però ho ancora la gomma sgonfia, le alternative sono due: o mi ritiro o trovo una pompetta e provo a continuare. Un mio compagno di squadra mi presta la sua, con la promessa di restituirgliela in cima. Questa funziona, porto la gomma alla durezza della pietra (evitiamo ogni rischio di future pizzicate!), mi preparo e riparto.

Guardo l’ora: mancano 10 minuti alla mia partenza… “Che cosa?!? 10 minuti? Boh, giro la bici e me ne vado, ne ho già avuto abbastanza per oggi”.

C’è però un problema: la pompa. Non posso lasciare il mio compagno di squadra senza pompa. E se buca? Non posso mollare, devo andare su. Ecco che inizia quindi la cronoscalata. Casco integrale, guanti e ginocchiere addosso, pedalo a più non posso in salita. Sono un bagno di sudore, affannato, ma devo cercare di ridurre al minimo i danni. Arrivare in tempo è umanamente impossibile, ma devo cercare di contenere il ritardo. Salgo, salgo a più non posso ed arrivo in cima in 20 minuti. Un tempone sicuramente, ma sono comunque 10 minuti in ritardo. Lascio la pompetta al mio amico e parto, senza neanche rifiatare.

Inutile descrivere le condizioni in cui sono partito… Dopo la cronoscalata a tutta, ho ancora il fiatone e le gambe stanche. La PS2 è chiamata “La più lunga del mondo” ed il nome è tutto un programma. 17-20 minuti di discesa senza un minuto di tregua, con tanti tratti da pedalare, sezioni guidate ed una parte centrale in mezzo a radici e polvere che ti distrugge le mani.

Parto conservativo: ho già perso 10 minuti, inutile andare a tirarsi il collo, devo solo arrivare in fondo. Ormai la ps e la gara sono andate. Conservativo è però relativo: con la carogna che ho addosso non scendo certo piano, così raggiungo e sorpasso diversi riders. Non chiedo neanche strada ed approfitto di arrivare in un tratto comodo per sorpassare. Arrivo in fondo bello bollito, però l’adrenalinica discesa mi ha fatto passare del tutto la voglia di tornare a casa, quindi decido di continuare la gara seppur in fondo alla classifica. E’ pur sempre un utile allenamento.

Breve tratto pedalato, poi si sale in seggiovia fino a Sportinia e alla partenza della PS3 Flight to Bali.

La Flight to Bali è sempre stata una dei miei trail preferiti, peccato che quest’anno sia veramente devastata e piena di buche. Ad ogni modo anche se non al 100% è pur sempre un bellissimo sentiero, flow e guidato al punto giusto, ma con alcuni passaggi veramente divertenti.

Scendo abbastanza bene, anche se la stanchezza nelle gambe dopo la cronoscalata e la relativa discesa senza recupero è molta. Arrivo in fondo senza commettere grossi errori, ma non ho spinto certo al limite.

Finisce così, con l’amaro in bocca, la prima giornata di gara.

Day 2: domenica

La domenica si parte la mattina presto e sono in programma 4 prove speciali più la Supermountain. I percorsi sono gli stessi del giorno precedente: faremo come prima il “The Goat”, poi la “Flight to Bali”, quindi “La più lunga del mondo” e poi di nuovo la “Flight to Bali”. Il tutto salendo con gli impianti, pedalando quindi solo la risalita che porta dalla fine de “La più lunga del mondo” fino alla seggiovia (ca 200m di dislivello).

La PS4 “The Goat” è sempre insidiosa con i suoi scavatissimi tornanti iniziali, ma poi è piuttosto facile e scorrevole. Dura poco, è vero, ma devi scendere a tutta ed ogni errore si paga caro.

E’ ora quindi della PS5 Flight to Bali. Stavolta non mi risparmio e cerco di scendere veloce. Effettuo alcuni sorpassi e non commetto troppi errori. Anche se le ho provate poco sto imparando a conoscere le speciali. Al prossimo giro potrò andare a tutta!

Dopo la PS5 c’è il controllo orario e la possibilità di sfruttare l’assistenza meccanica del proprio team. Per fortuna la bici è a posto, la gomma a 3 bar tiene e quindi mi limito ad un rapido lavaggio ed ad una oliatina alla catena.

Doppia seggiovia e siamo di nuovo in cima a Rocce Nere per la PS6 “La più lunga del mondo”.

Il primo tratto in cresta è stupendo, non fossi in gara ti fermeresti ad ammirare il panorama. Ad ogni modo qui sei contro il cronometro e sul crestino non devi far altro che pedalare a testa bassa. Così faccio: anche se sono tra gli ultimi ci do dentro come se stessi lottando per il podio. In fondo è questo lo spirito delle compezioni, o sbaglio?

A questo giro, ben più riposato del giorno prima, scendo meglio. Guido più pulito ed effettuo numerosissimi sorpassi. Ogni volta che raggiungo un rider e lo passo mi sento nuove energie, in fondo quando inizi a sorpassare tante persone significa che tanto male non stai andando. La speciale è comunque lunga e lo sbaglio è dietro l’angolo. Sul pratone pieno di pietre e polvere prima della seggiovia di Jovenceaux, complice anche la polvere del rider davanti a me, ecco l’errore: finisco in una sponda di sabbia, scivolo e vado ad incastrarmi tra le fettucce. Non cado, ma devo scendere dalla bici, sgarbugliarmi e ripartire. Un vero peccato, ero sceso molto bene.

Speciale finita e si risale in seggiovia per la PS 7, di nuovo la Flight to Bali. A questo giro la conosco bene, quindi decido di scendere a tutta. Guido bene senza errori la prima parte, ma ad un certo punto sento le pedivelle girare a vuoto: è caduta la catena. Vabbè, colpa mia: ho commesso un errore di guida atterrando malamente sulle radici, già tanto che non ho pizzicato di nuovo (ho sentito il cerchio toccare ed in quel momento un brivido mi ha percorso la schiena!). Mi fermo un secondo e rimetto la catena sulla corona, quindi riparto.

Spingo per recuperare il tempo perso, effettuo un paio di sorpassi. La ps sta per finire, ma intravedo ancora un rider davanti a me. Lo devo passare prima della fine, quindi spingo ancora sull’acceleratore, se non che ad un certo punto il disastro. Una pietra vagante in mezzo alla sabbia incrocia la mia ruota anteriore, la fa girare di 90° e mi catapulta in mezzo ad un rock garden fatto di pietre aguzze. Rotolo e mi schianto, ad ogni giro sento le pietre che impattano sul gomito, sulla spalla e sul bacino.

Mi rialzo. Cerco di capire come mi chiamo e dove sono. Breve check: tutto sembra in ordine, tutto si muove. Dolori vari a parte non sembro essermi rotto. Recupero la bici, riparto con una gamba dolorante. Nel frattempo mi han passato in due, ma comunque sono intero ed arrivo in fondo.

Che fare a questo punto? La coscia fa molto male e non riesco a pedalare. E’ solo una contrattura muscolare, al massimo uno stiramento, ma ad ogni pedalata vedo le stelle. Forse meglio ritirarsi… Però non ci si può tirare indietro ad una ps dalla fine. Decido quindi di risalire e di provare ad arrivare in qualche modo alla fine della gara.

Il format della Supermountain di quest’anno è divertente, soprattutto se hai distacchi contenuti con gli altri concorrenti. Con tutto il ritardo cumulato a causa della foratura però sono molto indietro ed i rider prima di me sono rispettivamente a 3minuti, a 6 minuti ed a 10. Sarà insomma dura recuperarli…

Partono prima le donne, poi i primi degli uomini. Davanti la lotta è serrata, i distacchi ravvicinati fanno formare degli spettacolari trenini di riders in lotta tra loro. Io però sono dietro, molto indietro e devo aspettare un’eternità. Mentre aspetto il mio turno cerco di scaldare la gamba dolorante.

Ad un certo punto tocca a me. Parte il rider prima di me e dopo 3 interminabili minuti ecco il mio turno. Parto, pedalando a tutta. La gamba calda non fa troppo male, quindi cerco di spingere. Pedalo tanto, guido non troppo bene per la stanchezza, ma dei riders davanti neanche l’ombra: 3 minuti sono effettivamente un’eternità.

Arrivo verso il fondo ed ecco che intravedo il mio compagno di squadra che partiva davanti a me. Lo passo senza problemi e dopo breve riveno il rider a 6 minuti. Mi prendo bene, magari riesco a riperendere anche quello a 10! Beh, forse sto un po’ esagerando: 10 minuti su di una speciale da 15 totali sono tantissimi ed ovviamente non ce la faccio a recuperare anche il 3°, che arriva 1 minuto prima di me.

Arrivo in fondo, stanco per la discesa a tutta, ma comunque soddisfatto. Anche se tra gli ultimi, sono comunque arrivato in fondo e sono comunque davanti ai numerosi riders ritirati. Chiudere una gara anche in mezzo a mille inconventienti, cadute, rotture e ritardi è in fondo una vittoria, almeno dal punto di vista personale.

Alla fin fine anche tra mille inconvenienti sono riuscito a finire anche quest’anno Salice, ma forse è meglio programmare un viaggio a Lourdes per l’anno prossimo per evitare che la maledizione si ripeta!

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