Avete mai sentito parlare di Terlago? Difficile, a meno non che abitiate nella zona, ancor più improbabile che abbiate sentito parlare dei suoi sentieri da MTB. Terlago è un posto di passaggio, da qui passano i tedeschi che scendono al garda, eppure offre dei bellisimi giri e divertenti singletrack.
E’ proprio in questa località poco conosciuta che si svolge la prima tappa del circuito tedesco Specialized-Sram Enduro series, che sbarca oltre confine per la sua gara d’apertura. Spinto dalla curiosità, sia nei confronti della località, sia nei confronti del format di gara “alla tedesca”, decido di caricare la macchina e di raggiungere la cittadina di Terlago, a pochi chilometri da Trento e dal Garda.
Cominciamo con una piccola introduzione sul format delle Enduroseries, leggermente diverso dal nostro. Il format di gara è bene o male lo stesso del Superenduro, con trasferimenti completamente pedalati e prove speciali discesistiche, quello che però cambia è che qui non c’è un tempo di partenza prefissato ad ogni PS, ma solo un tempo massimo entro cui partire. Se tu arrivi prima, accumuli vantaggio che ti porti avanti per tutta la gara e che puoi gestire liberamente come meglio credi. I tempi di trasferimento sono insomma larghissimi, bisogna solo avere le energie per affrontare i quasi 1600m di dislivello della gara.
A differenza del Superenduro però, i percorsi di gara dovrebbero essere segreti, comunicati solo il venerdì sera e con la possibilità di provare solo il Sabato prima del prologo. In pratica il tempo per provare è estremamente ridotto e su gare che, come Terlago, non offrono la possibilità di fare risalite con il furgone, significa riuscire a malapena a fare una ricognizione delle PS cuocendosi le gambe per benino. In realtà però, come sempre accade, si tratta del segreto di pulcinella: decine di bikers, locals e stranieri erano in giro già dal giovedì prima della gara. Gira e rigira, il problema è sempre lo stesso: i percorsi segreti non esistono, lo sono solo per qualcuno.
Qui a Terlago non si può furgonare se non per brevi tratti, quindi si deve pedalare. Le salite tra l’altro sono ripide, quasi tutte su sterrato ghiaioso e richiedono moltissima energia. I percorsi sono però belli, piuttosto veloci, abbastanza intuitivi: non c’è molto che bisogna ricordare. Basta insomma una rapida ricognizione per essere pronti per la gara.
Tra prove legali e ricognizioni meno legali, arriva il sabato di gara e quindi il prologo. Il prologo qui a Terlago non è una passeggiata, si parte in salita, si affronta un’insidiosa pietraia da fare a velocità “warp”, si costeggia un fiumiciattolo, si affronta un impegnativo guado da saltare (che mieterà moltissime vittime tra gomme pizzicate e cerchi spaccati) e ci si butta a tutta, pedalando come dei disperati, lungo le vie che portano al traguardo in piazza. Una vera mini speciale insomma da 1 minuto e 30.
Come consuetudine, si parte a numeri invertiti, io ho il 5 quindi tra gli ultimi. Ne approfitto per guardare un po’ di passaggi, fare il tifo ed incoraggiare i numerosi amici e conoscenti che scendono prima di me. Arriva il mio turno, un po’ spaventato dall’aver visto numerose cadute sulla pietraia, mi avvio al riscaldamento. E’ importante partire belli caldi perchè la partenza in salita è lunga, ci vuole poco a strapparsi o ad avere problemi muscolari.
Parto, affronto la prima curva con circospezione, scalo le marce e pedalo a tutta in piedi sui pedali. Arriva la pietraia, sono un po’ cotto dal pedalato, ma incitato dal pubblico mollo i freni e mi butto a cannone in mezzo alle pietre. C’è ora il fiumiciattolo, pedalo a tutta fino a pochi metri prima del guado, lo salto e rilancio ancora sul lungo tratto di strada subito dopo. Ma quando finisce? Sono bollito, alzo la sella per sciogliere un po’ le gambe giusto pochi secondi prima dell’ultimo tratto di sentiero e della rush finale prima del traguardo su asfalto. Fine del prologo: sono soddisfatto, non è andata male.
Ore 6 del mattino di domenica 27 aprile: una musica squillante ci sveglia. E’ ora di alzarci e prepararci per la gara. Un ticchettio alla finestra ci insospettisce: piove, anzi diluvia e tutta la valle è immersa in una fitta nebbia. Sembra di essere in Scozia… Dannazione, ieri sembrava di essere in estate con 25° e la polvere sui sentieri ed oggi è arrivato l’inverno. Le previsioni l’avevano detto, ma la speranza che sbagliassero era ancora viva.
Tra l’altro son senza le gomme da fango. Ho solo le mie Specialized Butcher e Purgatory 2 bliss. Il disegno non è male, sono abbastanza tassellate ed il Butcher davanti è una gran gomma. Decido quindi di tenere questo setup, anche pensando che tutto sommato se ieri c’era la sabbia magari il terreno non è ancora così zuppo. …senza contare che trovare una gomma da fango da 27,5 qui a Terlago è un impresa impossibile, a meno di non rubarla dalla bici di qualche avversario (ipotesi che mi è anche passata per la mente).
K-way, parafango con camera d’aria sulla forcella, olio da bagnato sulla trasmissione, integrale in testa e ginocchiere addosso: si parte, sotto il diluvio, per la prima PS. Per fortuna non fa troppo freddo, tutto sommato si sta piuttosto bene.
Arrivo in cima alla prima PS con 30 minuti di anticipo. Il tempo è tanto, ho pure spinto moltissimi tratti per non affaticarmi più del dovuto. Io ed il mio compagno di squadra Andrea partiamo a trenino. Qui le partenze sono libere: grazie al chip parti nell’ordine che più preferisci, minimo 30 secondi di gap l’uno dall’altro. Se vuoi (e non c’è tanta gente) puoi anche aspettare di più, ma visto che bene o male io ed Andrea andiamo più o meno uguale, 30 secondi sono sufficienti.
Mi dicevano che la prima PS diventa viscida col bagnato, ma non mi sarei aspettato così tanto! Il terreno tiene tutto sommato bene, ma le pietre, che in prova non erano affatto un problema, sono diventate letteralmente sapone. Sulle pietraie e sulle radici fatico a tenere la bici dritta, cerco di saltare quello che si riesce, ma commetto alcuni errori finendo fuori dal tracciato e rischiando di schiantarmi contro alcune piante. Finisce la ps, non è lunga, sono ancora piuttosto lucido, ma sono consapevole di non aver fatto la scelta migliore sulle gomme: qui una mescola morbida poteva far la differenza.
Rapido trasferimento ed inizia la PS2, più pedalata e lunga della 1. Non facciamo troppe pause, vogliamo essere tra i primi a scendere per evitare che il sentiero si rovini troppo con i passaggi. Io ed Andrea partiamo come sempre a trenino. A questo giro il sentiero è migliore, non ci sono troppe pietre viscide e tutto sommato le gomme se la cavano. Guido bene, non voglio forzare, punto a spingere sul pedalato. Arrivo in fondo, alle spalle di Andrea, pochi metri davanti a me. A sto giro è andata bene.
Terzo trasferimento, terza speciale. Cerchiamo il lavaggio bici per dare una sciacquata alla trasmissione, ma non lo troviamo. Ripieghiamo quindi sfruttando una fontana: ci buttiamo dentro la bici ed almeno togliamo il grosso del fango. A tratti pedalando, a tratti spingendo arriviamo in cima alla PS3. Parto, pedalo bene nel primo tratto, affronto bene il ripido, davanti a me un secco tornante a gomito, a destra. Con la coda dell’occhio intravedo un taglio, ma è troppo tardi per prenderlo. Affronto il fangoso tornante quasi fermandomi, riparto e rilancio a tutta sul pedalato. Proseguo, la ps è facile, un paio di passaggi un po’ viscidi, ma tutto fila liscio. Ultimo tratto a tutta, finisco i rapporti disponibili sul pedalato ed affronto il salto finale senza quasi toccare i freni. Finisce quindi la PS: una goduria.
Il quarto trasferimento è bello lungo: il tempo non manca, ma sono tanti i chilometri ed il dislivello. Arriviamo in cima alla 4 abbastanza provati. Un po’ di recupero, poi ci aspetta la morte. La PS4 è infatti la peggiore: esposta a nord è viscida anche d’estate. Ci sono numerosi passaggi in contropendenza che saranno critici, molto pedalato con alcuni tratti di salita tecnica su cui riuscire a non impantanarsi sarà un’impresa. Parto, con la consapevolezza di non dover strafare, ma già alla prima curva mi incastro in una canala e finisco dritto in mezzo alle fettucce e ad una pianta. Male, molto male… Pessimo inizio. Riparto, cerco di evitare come la peste il sentiero, puntando al più grippante prato sui lati. La bici scorre male nell’erba alta, ma almeno tiene qualcosa. Qui è un continuo jolly, la bici va dove vuole lei e tenerla dritta non è facile. Arriva il punto critico: il tornante delle radici. Lo sbaglio miseramente, mi scivola la ruota anteriore in entrata e cerco di cavarmela alla bell’e meglio per non cadere. Piedi sganciati, chiappe sulla ruota dietro. Sbaglio anche la curva dopo, sono completamente cotto. Riprendo, ultime curve in contropendenza e finalmente la fine. Che disastro… In questa speciale non si stava veramente in piedi, quanto avrei voluto una gomma da fango!
Ripartiamo, laviamo la bici al campeggio lungo il percorso, quindi brevissimo trasferimento ed ultima speciale, la più ostica. Un sentiero stretto e tecnico in mezzo agli alberi, con un fondo morbidissimo ed insidioso, nessun margine di errore e pietre viscide e radici ogni tanto messe li a darti il colpo di grazia. Cerco di non strafare, qui è importante non sbagliare. Mi gioco numerosi jolly, soprattutto sui ripidi, prendo a spallate alcuni alberi ma comunque non cado. Questo è importante. Qui si punta a sopravvivere! Arrivo in fondo, ora ci immettiamo nel prologo. Le energie ci sono ancora, affronto la pietraia a velocità fotonica, rilancio lungo il fiume affronto il guado senza quasi frenare. Mi sa che son sceso meglio oggi di ieri! Ultimo rilancio a tutta, testa bassa, dai il 100% sui pedali ed ecco il traguardo!
La gara è finita, ora è giunto il momento di cambiarsi e di una doccia bollente.
Che dire della gara? Bella, ben organizzata, nonostante all’inizio sembrasse una passeggiata, la pioggia ha reso insidiosi i sentieri rendendo la competizione piuttosto selettiva. Poche le defezioni nonostante il meteo avverso, così si fa! Avrei fatto meglio la mattina a girarmi nel letto? Assolutamente no, la soddisfazione dopo 1600m e 5PS sotto la pioggia è tantissima.
Concluderò 53° tra i Pro, sono soddisfatto nonostante la scelta sbagliata delle gomme. Alla fine tutto quel drifting fa sempre scuola!
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