Ore 9 di Venerdì: Finale Ligure, posteggio di Final Pia. Chi direbbe mai che siamo ad ottobre? Qui in Liguria sembra di essere in piena estate: sole, 25°C, spiagge con gli ultimi coraggiosi bagnanti. Quale mix migliore per l’ultima gara del circuito Superenduro?
Per questo motivo abbiamo deciso di abbandonare la città, abbandonare il grigiume ottobrino, lo smog, il traffico, la nebbia di Torino e di staccare la spina, prenderci una giornata di vacanza e venire qui a Finale con un giorno di anticipo. Eh si, quello di provare la gara oggi alla fine è solo un pretesto: i percorsi li conosciamo già, li abbiamo già provati, ma ci serve una scusa per mettere a tacere la nostra coscienza!
… e poi un ripassino non fa di certo male! Un giro per vedere come sono state posizionate le fettucce e se ci sono cambiamenti dell’ultimo minuto è sempre utile, giusto per non ritrovarsi nella direzione sbagliata durante la speciale.
Un giro, solo un’occhiata… Certamente! Alla fine concludiamo la giornata con 12 discese… Qui i sentieri sono come le ciliege: uno tira l’altro e quando cominci non riesci più a smettere.
Sono le 18 di sera, ormai è quasi buio. Ci cambiamo, un’aperitivo in centro dove incontriamo altri amici. Decidiamo di prenderci una pizza sul lungomare, il sole sta tramontando dietro la Caprazoppa, il famoso monte che da il nome ad uno dei più celebri sentieri di Finale.
Doccia in camper e poi a dormire, da veri atleti quali non siamo!
Sabato, sveglia con comodo. Inutile ammazzarsi di discese anche oggi, facciamo una rapida ricognizione di alcune speciali, anche se la stanchezza del giorno prima si fa ancora sentire. Guido male, sbaglio linee che fino al giorno prima mi venivano alla perfezione. Per girare così, meglio riposarsi: la gara sarà lunga, arrivarci già stanchi non è una buona idea! Senza contare che per me sarà particolarmente dura: negli ultimi due mesi, dopo 4 settimane di stop per l’infortunio alla caviglia ho fatto due soli giri pedalati. La forma fisica è a zero, domani ci sarà da soffrire!
Un po’ di manutenzione alla bici, giusto per sistemare i danni dei giorni scorsi ed un po’ di messa a punto per il prologo cittadino. Gomme a 4 bar, ammortizzatore gonfiato a 250PSI per rendere la bici più rigida possibile: saranno 30 secondi a fuoco!
Ore 18, sull’imbrunire parte il prologo che da il via a quest’ultima gara del circuito Superenduro 2012. Un brevissimo circuito cittadino sul pavè. Tre rettilinei in cui dare tutto, due tornanti a gomito, alcune gimkane tra le transenne. Niente di particolarmente difficile, ma a sdraiarsi sul pavè ci vuole poco. Per fortuna non commetto particolari errori, ma i risultati la dicono lunga sulla mia forma fisica. 182°, in una prova dove conta solo quanto pedali… Vabbè, lo sapevo già: le mie velleità di classifica sono nulle, sono qui solo per divertirmi e mettermi alla prova.
Doccia veloce, cena presto, ricca di carboidrati e un po’ di proteine.
Sveglia sul presto, grazie anche alle campane che alle 7 del mattino cominciano a suonare in continuazione. Il camper è a 50 metri in linea d’aria dal campanile ed il frastuono tirerebbe giù dal letto chiunque!
Abbondante colazione, vestizione e via, diretti verso la partenza che avverrà alle 9. 500 persone sono tante, la gara sarà particolarmente lunga, per cui per evitare che gli ultimi finiscano al buio la scelta di anticipare la partenza rispetto al solito è obbligata.
Davanti a me parte Mattia Moraschi (Life Cycle), ex compagno di squadra dell’anno scorso, con cui condividerò la sofferenza dei trasferimenti. Dietro di me Strancar Primoz (Orbea-Geax), uno sloveno che pedala come un disperato e so già che verrà a riprendermi nelle speciali, soprattutto in quelle più pedalate. Poco importa, quando e se arriverà cederò strada, come è giusto che sia.
Il primo trasferimento è tranquillo. I tempi non sono larghissimi, ma salendo con un ritmo medio si arriva su con quei 5-10 minuti di anticipo utili per cambiare il casco e riprendere fiato. 3-2-1 Via! Parte la PS1, il Dolmen. Pedalo poco, voglio andare di conserva… La gara è lunga, se do tutto qui alle ultime speciali avrò i crampi. In compenso guido discretamente, anche se alcune linee fettucciate all’ultimo minuto mi fanno perdere tempo. Non è bello trovarsi davanti una fettuccia in punti dove fino al giorno prima si poteva passare…
Arrivo in fondo, cambio casco e via a buon ritmo verso la PS2. Il tempo di trasferimento non è tanto, quindi salgo spedito. Due bicchieri di sali al volo al ristoro e via, su verso la PS2. In realtà tanta fretta non era neppure necessaria, visto che arrivo su con quasi 10 minuti di anticipo. Parte la PS2, un mix di tratti velocissimi, rilanci, curve al limite dell’aderenza ed un finale spacca braccia. Guido discretamente, ma le gambe non sono in forma, le sento benissimo: sui rilanci e sui pezzi sconnessi la fatica comincia a farsi sentire.
Di nuovo la stessa salita, stavolta più corta e con più tempo a disposizione. Ne approfitto per assalire il ristoro e mettere qualcosa tra i denti. Fa caldo, con le protezioni addosso si fa la sauna e siamo appena a metà gara. Servono sali e qualcosa da mettere sotto ai denti per non andare in crisi o avere i crampi. Parte la PS3. Il primo pezzo è veramente divertente: una serie di roccioni da prendere a tutta, senza esitazioni. Guido bene, abbastanza pulito. Qui è facile commettere errori e cadere rovinosamente, ma per fortuna non è il mio caso! Inizia il pedalato ed inizia l’agonia: non vado avanti… Gambe zero, pedalo tutto seduto con la sella alta in una speciale dove pedalare è più importante di scendere bene. Lo sloveno mi sorpassa, io però ne approfitto e mi accodo, seguendolo a trenino. Non guida tanto meglio di me, però pedala 4 volte di più e quindi fa la differenza. Lo seguo fino all’ultimo tratto pedalato, dove come un’Husquarna 125 accelera e scompare, in una nuvola di polvere.
Ancora scioccato dall’accelerazione dello sloveno, supero in traguardo, cercando di capire dove nasconda il motore. Come fa a scattare in questo modo alla fine della speciale? Rimango deluso: nessun trucco, nessun motorino nascosto, solo tanta gamba ed allenamento!
Arriviamo al controllo orario, 5 minuti e via, si riparte verso la PS4. Il trasferimento questa volta è più tirato, quindi non c’è tanto tempo da perdere. Pedalo a buon ritmo, visto che devo tenermi 2-3 minuti per cambiare il casco. Inizia la PS4: il primo tratto è tutto salita. Un lunghissimo singletrack tutto da pedalare, con alcuni passaggi su gradoni di roccia che ti spezzano le gambe. Pedalo, pedalo, non finisce più. Quando ti sembra di essere arrivato in cima ecco che compare un’altra rampa. Il cuore sale, il fiatone si fa sempre più intenso. La vista si annebbia, ma quanto dura questa salita? Finalmente arriva la catasta sulla destra, il mio riferimento che mi indica che la salita è finita, ma non la sofferenza. Le gambe già provate dalla pedalata devono ora affrontare un lungo traverso tra gradoni di roccia, contropendenze e veloci curvettine insidiose: non c’è un secondo di respiro per le povere gambe, alcuni gradoni da saltare sono quasi 1 metro di altezza e all’atterraggio le gambe bruciano dallo sforzo. Il bello è che non siamo neanche a metà! Arrivano ora i tornantini: ho passato delle ore a provarli: nose press, linee creative, antici. Avevo tutta una mia tattica per affrontarli. Arriva il primo, anticipo sulla sponda, nose press in movimento per girare la bici sulla sponda e lo supero in maniera perfetta. Il secondo pure, ma la vista è sempre più annebbiata… Arriva il 3°: sbaglio tutto… Quello che doveva essere un ampio nose press a 180° si rivela uno stitico sollevamento della ruota posteriore… Il cervello è annebbiato, mi invento delle linee che si rivelano assolutamente inutili e controproducenti, che mi obbligano a mettere i piedi a terra. Sbaglio tutto e all’ultimo tornantino riesco pure a scalare sul 22 invece che abbassare il reggisella: un vero disastro… Cerco di riprendermi, non capisco più come mi chiamo. Lascio correre la bici ma ad un certo punto scivolo su una roccia, rimbalzo su un’altra ed esplodo, battendo con il ginocchio su un pietrone. Per fortuna le ginocchiere fanno il loro lavoro, riparto conscio però di aver fatto letteralmente schifo in questa speciale.
Trasferimento per la PS5: i Ponti Romani. Un bellissimo sentiero da fare durante un’uscita domenicale con gli amici, ma che come ultima risalita della Superenduro significa solo una cosa: crampi e sofferenza! Non è un caso che Finale sia la gara più dura del circuito, i Ponti Romani come ultima risalita sono la ciliegina sulla torta. Ed immancabile ecco che arriva un principio di crampo, proprio sulla gamba che ho battuto sulla discesa precedente, complice anche uno leggero stiramento. Barretta a rapido assorbimento ed acqua a gogo. Sciolgo le gambe camminando un pezzo ed il crampo rientra. Meglio non forzare comunque, decido di fare buona parte del sentiero a piedi e di tenere le ultime energie per la Briga, l’ultima speciale.
Dopo un’ora di fatica ecco finalmente l’inizio della PS5. Mi preparo, sono cotto ma la barretta mi ha ridato un po’ di energie. 3-2-1: via! Parto grintoso, forse un po troppo. Vedo il pubblico in prossimità di un saltino che prendo a velocità sostenuta, per fare un po’ di show. Peccato che quel saltino vada assorbito, altrimenti arrivi troppo forte nella curva dopo e rischi di esplodere… Appena mi accordo dell’idiozia che ho fatto, tiro i freni ma rallentare sulle pietre tonde è difficile. Vedo una canalina, decido di buttarmici dentro e tentare di girare lo stesso: o la va o la spacca. Per fortuna va tutto abbastanza liscio e dopo aver giocato un intero mazzo di jolly, riesco ad uscire indenne dalla curva. Pericolo scampato! La speciale prosegue rocciosa, devastante per braccia e gambe… Sono stanco, guido male, è la bici che guida me e non io che guido la bici. Linee creative, un paio di salvataggi in extremis ed arrivo al pezzo finale pedalato. Decido di dare tutto, crampi o non crampi. Pedalo il più possibile, ma le gambe non girano ed il pezzo pedalato non finisce mai. Lo sloveno ha già passato poco prima: chissà a che velocità è passato in questo tratto pedalato?
Arrivo in fondo: la gara ormai è finita, sono sopravvissuto, l’ho finita e di questo devo essere contento, ma rimane comunque l’amaro in bocca di aver potuto fare molto di più, se solo avessi avuto una forma fisica migliore.
Alla fine comunque saranno molti i ritiri: più di 100 persone, molte delle quali hanno mollato al 4° ed al 5° trasferimento, quando la fatica comincia a farsi sentire. D’altronde si sa Finale Ligure è una gara dura e se non sei allenato non solo non fai un buon risultato, ma rischi anche di non arrivare al fondo.
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