Stem
Lo stem, o pipa, o attacco manubrio, è quel componente che lega il cannotto della forcella al manubrio.
Una volta scelto il telaio e il manubrio è lui a poter far variare la nostra posizione in sella in modo importante. Come possiamo immaginare avere un attacco manubrio lungo significa avanzare col peso. Viceversa una misura inferiore risulterà in una guida più raccolta e più arretrata.
Non è un segreto infatti che per una guida discesistica sia da preferirsi un attacco manubrio con misure veramente risicata, fin’anche a scendere sotto i 50mm. É però vero che anche in xc le misure si stanno riducendo (contestualmente ad un leggero allungamento del telaio) per far fronte alla necessità di guidare sul tecnico o per superare più facilmente i salti e i passaggi difficili presenti nelle XC odierne.
In generale gli attacchi manubrio da 130mm sono ormai quasi spariti e misure come 100-90-70 sono ormai lunghezze che anche in xc stanno prendendo sempre più piede.
Parliamo solo di lunghezza perché l’altezza (data dai gradi di inclinazione o dalla differenza tra centro manubrio e centro serraggio su cannotto), rispecchia perfettamente quanto scritto riguardo all’altezza del manubrio e, come anticipato nelle precedenti puntate, è facilmente variabile attraverso gli spessori sotto lo stem stesso.
Se risulta istintivo intuire come cambi la posizione in sella in fase di pedalata, non è così rapido capire le stesse durante la guida.
La differenza sostanziale è data dallo spostamento laterale che ha il nostro manubrio durante la rotazione. Uno stem più lungo creerà uno spostamento laterale maggiore. Questo fa sì che muovere il manubrio risulterà più lento e macchinoso perché dovremo applicare più forza e il movimento risulterà decisamente più lento. Per contro la stabilità sul dritto risulterà maggiore poiché avremo, a parità di larghezza di manubrio, un braccio maggiore tra la nostra manopola e il centro del cannotto. Ecco quindi che gli impulsi provenienti dal terreno che tentano di variare il nostro senso di marcia, verranno più facilmente contrastati dalle nostre braccia.
Fin qui tutto semplice, sullo stretto l’attacco corto aiuta, sul dritto aiuta un attacco più lungo. E sulle curve veloci?
Ebbene qui, dove a rigor di logica dovremmo avere un mix delle due peculiarità, abbiamo invece un comportamento totalmente diverso. Qui diventa fondamentale essere il più possibile carichi sull’anteriore e precisi nella guida. Ecco che l’attacco manubrio lungo patisce la distanza dal cannotto. La stabilità sul dritto vantata prima diventa un’arma a doppio taglio. Se infatti la linea dovrebbe infatti rimanere più stabile, diventa più faticoso rimanere in curva. La bici cercherà infatti di raddrizzare la linea e portarci fuori. Questa è una peculiarità anche delle ruote più grosse (o più pesanti). Ecco perché, a ben vedere, le 29 tendono ad avere, a parità di taglia e utilizzo, attacchi manubri più risicati.
La precisione di guida data da un manubrio vicino al centro di rotazione, aiuta inoltre a gestire al meglio queste fasi di curve in velocità nelle quali, di solito, risulta più difficile mantenere una linea rotonda se priva di appoggi.
Un attacco corto permette inoltre di caricare molto di più l’anteriore, e quindi di attuare una guida più aggressiva, non solo per la distribuzione dei pesi. L’offset limitato infatti, sposterà molto più in avanti la nostra percezione di ribaltamento. Più il manubrio sarà sopra alla forcella e più potremo spostarci in avanti caricando l’anteriore e senza spostare mai il peso oltre la stessa. Ipoteticamente con un attacco diretto e verticale (tipo forward geometry) tutto il carico viene trasmesso alla ruota e non a generare una coppia “ribaltante” come con attacchi manubri avanzati. Ci sono però rovesci della medaglia, e infatti il movimento del manubrio risulta totalmente innaturale e “blocca” la classica inclinazione del corpo che si può avere in curva rendendo la guida completamente diversa e rendendo difficile il cambio di direzione. Come sempre quando guadagniamo da una parte, perdiamo da un’altra.
L’attacco manubrio è inoltre un componente “forte” nel sistema del ponte di comando. Difficile dunque parlare di rigidità o altre caratteristiche di questo tipo. Sicuramente sarà molto più rigido di qualunque manubrio noi si possa montare e dovremo quindi sceglierlo in base alle nostre esigenze di peso, resistenza (rompere una pipa è davvero difficile ma possibile… e se rompiamo quella sono dolori veri) e geometrie.
Le pedivelle
Su questo componente la rigidità è invece un aspetto fondamentale. Oltre alla trasmissione della pedalata, in cui comunque la rigidità ha la sua funzione, è in curva (soprattutto su quelle veloci) e sul tecnico che la rigidità (soprattutto laterale) si fa sentire. Una maggiore rigidità significa maggior precisione di guida perché, come ricordiamo spesso, se le braccia guidano la ruota anteriore, le gambe caricano e comandano il posteriore.
Pedivelle che flettono rendono meno efficaci le spinte classiche di una guida attiva. Non pensiate inoltre che pedivelle meno rigide possano essere più confortevoli sullo scassato perché, per la maggior parte, le flessioni arrivano sull’asse laterale, vanificando di fatto un eventuale assorbimento degli urti (di cui parlavamo, ad esempio, sui manubri da 25.4 rispetto ai più rigidi OS)
Veniamo ora alla caratteristica più importante delle pedivelle, e cioè la lunghezza.
Pedivelle più lunghe permettono di spingere rapporti più lunghi anche se costringono la gamba ad un escursione maggiore. Fisicamente la potenza è il lavoro svolto in un unità di tempo. Il lavoro è invece dato dalla coppia espressa per l’angolo di rotazione effettuato. Infine la coppia non è altro che la forza impressa dai nostri piedi sui pedali per la lunghezza della pedivella (braccio).
In pratica, lasciando costante nell’equazione della potenza tutti i parametri e variando solo la misura delle pedivelle, vediamo come all’aumentare di queste, aumenti la potenza espressa. In pratica la stessa marcia potrà sembrarci più “leggera” con pedivelle più lunghe. C’è da dire che nell’equazione reale dobbiamo valutare anche il cinematismo della gamba e il fatto che i nostri muscoli lavorano meglio ad alcuni angoli che ad altri. Per questo non esistono pedivelle da 30cm e tra una misura e l’altra la variazione è così lieve.
Per prima cosa, nella scelta della giusta lunghezza dobbiamo sempre andare a considerare l’utilizzo che vorremo fare della bici e la nostra propensione. Se siamo rider che amano spingere marce lunghe una pedivelle leggermente più lunga ci potrà aiutare poiché, comunque, non arriveremo mai a frequenze troppo elevate. Se siamo rider che viaggiano leggeri e amiamo viaggiare a frequenze alte possiamo valutare pedivelle più corte per facilitarci la vita a “frullare”.
Nella guida la scelta è invece decisamente legata all’altezza del mov. centrale. Se questo è infatti rasoterra, non potremo utilizzare pedivelle troppo lunghe. Stessa cosa se contiamo di utilizzare la bicicletta su terreni particolarmente scassati.
Per qualcuno inoltre sarà importante poter pedalare in curva, a bici inclinata senza problemi di interferenza col terreno. Ecco che anche qui la lunghezza delle pedivelle ci darà dello spazio utile.
In linea generale su discipline molto discesistiche in cui la luce a terra e la necessità di pedalare su terreni disastrati è da preferirsi ad un’efficenza sulla lunga distanza opteremo per pedivelle più corte. Su discipline in cui invece la pedalata è da favorire dovremo andare a giocare maggiormente con questo componente. Dovremo capire come lavora meglio la nostra gamba, se preferiamo frullare o spingere rapporti pesanti, se amiamo poter pedalare in tutte le condizioni o vogliamo privilegiare la cadenza e la costanza sul liscio piuttosto che la libertà sul tecnico. Dobbiamo anche sempre valutare l’altezza del nostro cavallo affinché le misure non diventino eccessive per la nostra lunghezza di gamba in un senso e nell’altro. Inutile che una persona alta 1.50 con il 36 di piede utilizzi pedivelle da 185 o che un rider di 2 mt con il 47 opti per delle 165 se pur su una bici da discesa. Insomma, come per larghezza manubrio ecc, il fattore antropometrico diventa spesso discriminante e la prima valutazione da effettuare per, quantomeno, restringere il campo.
Ingrediente segreto: Voi prima di tutto
L’unico ingrediente segreto in un bike check è sempre lo stesso. A costo di diventare ripetitivi vogliamo inculcarvi che quello che va bene all’amico, al campione, all’esperto del gruppo può non andare bene per voi, non piacervi, non essere insomma la soluzione migliore per il vostro stile di riding. Valutate quindi l’acquisto di un componente solo dopo una prova, dopo aver provato le sensazioni che la differenza di dimensioni e rigidità hanno sulla vostra guida.
PS: Non perdete nella sezione Raida come Mangi il report di Sestri levante, primo corso della stagione 2014, svoltosi lo scorso week end!! Domenica on line, proprio mentre altri rider staranno cavalcando le proprie bici sui sentieri liguri per il secondo appuntamento!!
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