Come promesso siamo di nuovo alle prese con le sospensioni anteriori. Questa volta si parla sempre di forcelle ma andiamo sulle escursioni maggiori.
Scorsa settimana abbiamo visto dall’xc all’all mountain, oggi vediamo cosa ci serve per enduro, freeride e discesa. Parliamo dunque di forcelle dai 160 ai 200 di corsa per 26 e 27.5, e forcelle a partire dai 140 per le 29.
Enduro
Come possiamo intuire l’abbondanza di corsa di queste forcelle si traduce nella necessità di gestire al meglio gli spostamenti di carico procurati durante la discesa. Ricordiamo infatti che l’utilizzo previsto per queste forcelle è quello di servirci al meglio possibile in discesa. I blocchi non sono più una necessità (anche se spesso possono essere comodi per chi usa la bici da enduro a tutto tondo). Riprendendo la domanda di qualcuno in risposta all’articolo della scorsa settimana siamo decisamente convinti che in questa fase la molla sia del tutto obsoleta. Le forcelle in questo segmento sono monopiastra a corsa lunga e con sistemi di assorbimento ad aria più o meno complessi (doppia camera, camera singola con molla di stacco) e sistemi di smorzamento idraulico.
Sicuramente per le aziende sono qui le forcelle più difficili da costruire. L’ideale, infatti, sarebbe una forcella che assorbe e rimane rigida come una forcella da discesa, che sia però leggera e reattiva come una Xc. Ecco che quindi il panorama di queste forcelle, anche al top di gamma, si riempe di sfaccettature, passando dalle forcelle race da 160mm di corsa per 1.80kg con perno da 15, per arrivare a forcelle anche oltre i’ 2.5 kg con pp 20 che favoriscono ovviamente un approccio più discesistico alla disciplina. Insomma se le regole del gioco, nelle altre discipline non possono cambiare più di tanto, qui ogni azienda da la propria interpretazione delle necessità dell’utente e spesso, da varie scelte apparentemente simili tra loro affinché ciascuno possa scegliere in modo più fine il proprio set-up.
In queste discipiline quindi la rigidità è un elemento davvero fondamentale. Mantenendo sempre in mente la necessità di limitare i pesi gli ingegneri delle varie case cercando sempre di andare a mantenere le strutture solide per donare precisione di guida. I cannotti “tapered” e cioè da 1,1/8 di pollice nella parte superiore e 1,5 nella parte inferiore risultano un grande aiuto in questo senso. Si vanno così ad eliminare molte delle flessioni presenti (e sono tante) tra cannotto e testa della forcella senza inspessire eccessivamente il cannotto stesso in quel punto (aggravio di peso inutile). Ecco quindi che, come per i perni passanti, anche i cannotti tapered stanno pian piano facendosi strada per diventare lo standard più utilizzato. La diatriba su steli rovesciati e steli “normali” ben sviluppata nel tech corner di questa settimana ci spiega perché, ad oggi, quasi nessuna azienda ha ancora presentato forcelle da enduro a steli rovesciati (solo x fusion ma senza gran successo). L’unica che potrebbe spiccare in questo senso è la nuova lefty supermax da 160 che, a tutti gli effetti, è veramente molto rigida pur avendo un solo braccio. Ricordiamo che è una doppia piastra con monobraccio a stelo rovesciato e mozzo prioritario (lo possiamo dire con sicurezza perché la struttura è la medesima della supermax da 130 per ruote d 29 già testata).
Quando vediamo salire il peso, così come il diametro degli steli, o del perno passante, ci aspettiamo dunque una forcella più rigida e decisamente più precisa nelle fasi di discesa scassata. Ricordiamo sempre però che questa rigidità strutturale deve essere supportata da un altrettanto buona idraulica altrimenti l’effetto viene vanificato.
Come al solito nella regolazione di una forcella si parte dal sag, quindi dal precarico. Prendendo per buono che le forcelle da enduro sono tutte ad aria, andiamo a creare il nostro precarico insufflando la giusta quantità di aria nella camera positiva, portandola dunque in pressione. Se già prima, con meno escursione, le tabelle erano per noi poco più che un’idea molto vaga del range di pressione da scegliere, con escursioni maggiori il gonfiaggio consigliato perde ulteriormente di valore. Vedremo infatti che introducendo la curva di compressione questo elemento viene ad essere falsato non di poco. Prima di tutto però dobbiamo consigliare a tutti come prendere il sag. L’errore comune che viene fatto sulle bici da enduro è quello di prendere la misura del sag come su una bici da xc, cioè seduti sulla sella in piano. Ebbene la distribuzione dei pesi di questa bici è totalmente diversa da quella di una xc, così come l’impiego e la risposta che ci si aspetta dalle sospensioni. Se prima quindi aveva senso ricercare una sensibilità della sospensione anche nelle fasi di salita e mentre si pedala in piano, adesso questo discorso diventa obsoleto e bisognerà andare a tarare la forcella perché risponda al meglio nelle fasi importanti, le discese. Ecco quindi che il sag andrà preso da in piedi, con la bici leggermente in discesa. Facciamoci aiutare da qualcuno che possa tenerci la ruota anteriore e ci faccia stare fermi in equilibrio nella posizione che noi reputiamo di assumere in una discesa liscia e scorrevole. Un settaggio fatto su base “XC” renderà la forcella presumibilmente troppo morbida, andando così a mangiare cm di corsa preziosi e costringendo il rider ad una guida più in difesa e più arretrata.
Anche la compressione gioca un ruolo enorme su queste forcelle. Le basse e le alte velocità iniziano a fare capolino su alcuni modelli più sofisticato. Come già detto più volte precedentemente la compressione serve proprio ad ampliare il range di impatti assorbibili dalla sospensione. Ecco quindi che in un ambito in cui si passa repentinamente da una zona di single track liscio in piano, ad una discesa dissestata con scaloni e salti, il range deve essere tra i più ampi possibili. Se da una parte il mio consiglio è quello di favorire il funzionamento nel secondo caso, perdendo magari qualcosa nel primo, è vero che agendo proprio sulle regolazioni di cui sopra possiamo cercare di rendere la forcella il compromesso che più si adatta ai nostri gusti.
Il ritorno gioca sempre il medesimo ruolo e spesso, proprio per via delle discese più accidentate e, teoricamente, affrontare a velocità maggiore, potremo beneficiare di una velocità di ritorno leggermente maggiore.
Veniamo alla curva di compressione. Se prima l’escursione risicata non dava modo, o quasi, di andare ad apprezzare questa caratteristica ecco che escursioni maggiori, ed utilizzi più spinti possono rendere necessario ampliare lo spettro di regolazioni in questo senso. Sulle sospensioni ad aria questa è data dal volume della camera. Ci sono più o meno sistemi per regolarla, interni ed esterni, ma normalmente è abbastanza facile da fare. Le più immediate hanno regolazioni esterne di bottom out o simili, altre hanno delle C da installare sulla cartuccia interna, nella zona di espansione della camera, per diminuirne appunto il volume.
In generale, una forcella più lineare può risultare migliore su sentieri molto scassati ma avrà problemi a incassare forti urti come salti o compressioni violente. Viceversa una forcella più progressiva rimarrà più sostenuta anche in atterraggio o in presenza di urti violenti e indesiderati (ad esempio se ad alta velocità sbagliamo linea e finiamo contro qualche ostacolo imprevisto). In base a questa regolazione andremo a variare leggermente anche il Sag. Infatti una forcella più progressiva permetterà un sag maggiore. Attenzione però che questo non è sempre positivo. Se è vero infatti che probabilmente guadagneremo qualcosa sul fronte dei piccoli urti e della sensibilità, sul ripido ci troveremo ad avere una forcella che affonda di più e tende dunque ad alimentare eventuali impuntamenti.
Per darvi un’idea i professionisti tendono ad utilizzare forcelle abbastanza lineari nella prima parte della corsa per poi diventare molto progressive negli ultimi centimetri (poi ovviamente il settaggio dipende da rider a rider e in base al percorso che stanno affrontando). Questo permette loro di utilizzare più escursione possibile ma di avere anche un margine di salvezza in caso di errore o per eventuali salti/transfer che possono essere presenti in speciale.
Sul campo
Come detto una forcella con un settaggio troppo morbido porterà ad avere una bici che tende ad infossarsi molto nelle buche, sul ripido e in frenata.
Possiamo agire in questo senso andando a chiudere le compressioni alle basse velocità, ma queste andranno ad agire in modo molto meno deciso che non un cambio di pressione (quindi di precarico). Diciamo che potremo utilizzare questa opzione come tuning fine della sospensione (magari, in ottica gare, per aggiustare il comportamente tra una speciale e l’altra) una volta che la taratura del precarico sarà azzeccata.
Per quanto riguarda la curva di compressione possiamo accorgerci facilmente di cosa abbiamo bisogno considerando che la forcella deve essere utilizzata tutta in caso di impatti violenti. Se alla fine di una discesa senza grossi impatti ci rendiamo conto di essere arrivati a ridosso del fondocorsa (mancano mm) allora la curva potrebbe essere troppo lineare. Viceversa se anche in caso di grossi impatti non arriviamo a fondocorsa allora la curva sarà troppo progressiva. Da un punto di vista delle sensazioni diciamo che una forcella che tende ad assorbire molto sarà tendenzialmente abbastanza lineare e dovremo valutare se non lo sia troppo con il metodo appena descritto. Viceversa una forcella molto salterina (se pur morbida nella prima fase), potrebbe indicare un’eccessiva progressività e potremo provare a rendere questa caratteristica meno spinta. Attenzione perchè questo sintomo potrebbe indicare anche che il ritorno è troppo frenato su percorsi molto accidentati. In questo caso, come detto settimana scorsa, la forcella potrebbe avere dei ritardi nel riestendersi e prepararsi al nuovo impatto.
Se invece sentite una forcella che non è sensibile ai piccoli urti, non quanto vorreste, potrete provare a renderla più progressiva e ad ammorbidirla leggermente. Contestualmente chiudete anche un filo la compressione alle basse velocità (dico contestualmente ma consiglio sempre di effettuare una modifica alla volta per capire effettivamente come reagisce alla stessa la forcella e poter tornare indietro se ad un certo punto la situazione peggiorasse invece di migliorare). Attenzione però che in questo modo avrete una sensazione maggiore di infossamento della forcella nella sua prima parte. Lì si vedrà davvero la bontà della compressione che decreterà le forcelle definite “vuote” da quelle “sostenute” nella parte centrale. Queste infatti andranno a leggere il terreno irrigidendo la forcella al momento giusto e solo in presenza di impatti grossi. Questo si tradurrà in un anteriore molto preciso e con buone capacità di assorbimento, che permetterà al rider di forzare la guida e di caricare la ruota davanti senza paura di spostare troppo il peso o di ritrovarsi con il manubrio che si tuffa verso il basso. Avremo anche quella sensazione tipica delle bici da discesa ben riuscite in cui la bici, quando ci aspettiamo che impatti e si “fermi” dentro un buco o in seguito ad un urto, esce dall’impiccio dando la sensazione di arrotondare al meglio lo spigolo: come se riuscisse a minimizzare gli effetti negativi dell’impatto restituendo in velocità la maggior parte dell’energia cinetica dell’urto. In poche parole una forcella ben settata darà l’impressione di poter spingere sempre, in ogni condizione, e che ogni spinta possa provocare un’accelerazione del rider oltre che uno smorzamento del terreno per le braccia.
Freeride-Discesa
In questo campo entrano in gioco davvero molti fattori. Si passa dalle forcelle monopiastra a lunga escursione, 180mm, ormai a dire il vero in gran ribasso, alle più comuni doppie piastre intorno ai 200 mm.
Le prime avevano, e hanno ancora, un senso in ottica freeride. Sono forcelle ottime per essere posizionate su biciclette il cui scopo è divertirsi senza pensare al cronometro. Più agili e spesso più leggere delle doppie piastra (anche se gli ultimi modelli ad aria fanno spavento, pesando come forcelle da enduro di qualche anno fa… vedi ultima release boxxer da 2.5kg) rendono la bicicletta più agile e dinamica. Ovviamente rispetto alle sorelle maggiori peccano in rigidità per via della struttura con una crociera in meno.
Gli steli delle forcelle monopiastra vanno circa dai 36 mm ai generosi 40 della totem, da sempre la forcella monopiastra con steli più grossi in commercio. Il problema della rigidità, in questo caso non è però negli steli, o meglio non totalmente. Il cannotto, anche se da 1.5 o tapered non assicura la rigidità di due piastre. Inoltre se consideriamo che molte nuove doppie piastre utilizzano anch’esse il cannotto tapered vediamo come questo sistema possa offrire una rigidità superiore. Entrambe le famiglie utilizzano perni passanti da 20 mm.
Passiamo a discutere della rigidità nella seconda famiglia. In questo caso infatti, come stiamo dicendo in questo ultimo paragrafo, la struttura offre una rigidità impareggiabile in tutta la gamma di forcelle mtb. La precisione di guida è quindi alla base di ciò che ci si aspetta da queste forcelle. Vedremo però che questa grande precisione e rigidità diventerà, salendo di grado, utile ma difficile da gestire. Per capirci al volo possiamo fare un confronto tra due forcelle al top nel mercato della mtb e nella coppa del mondo di DH. Pensiamo alla differenza strutturale tra la FOX 40 e la RS Boxxer. La prima ha steli da 40, la seconda solo da 35. La prima, anche al top di gamma con smorzamento ad aria pesa circa 2.7kg mentre la seconda pesa 200 grammi in meno. Insomma possiamo capire bene che la 40, sulla carta, è decisamente più rigida. É infatti così. Nelle piste da DH però questo si traduce in una risposta sì precisa, ma anche decisamente più stancante. L’idraulica sostenuta della 40, paragonabile a quella della boxxer come risposta in compressione, risulta molto più ardua da gestire per braccia e mani. Insomma, per capirci al volo, la 40 è una forcella che deve piacere e, in generale, più adatta ad un pubblico molto allenato e in grado di gestire la sua estrema rigidità. La boxxer per contro sarà una forcella decisamente più adattabile anche a “mani” non allenate. Meglio una, meglio l’altra? Ovviamente come in tutte le cose non c’è un meglio e un peggio, o meglio c’è ma varia da persona a persona, quindi quello che è meglio per me può essere il peggio per qualcun’altro e viceversa. Esistono anche svariate forcelle a steli rovesciati, tutte con sistemi più o meno complessi di irrigidimento. Sarò sincero nel dirvi che non ho ancora avuto il piacere di provarne qualcuna, e che non so se la minor rigidità che si riscontra sulla carta, possa essere un bene o un male per molti per i motivi spiegati poc’anzi.
Per quanto riguarda l’idraulica di compressione e ritorno vale quanto visto per le forcelle da enduro. Ovviamente dobbiamo sempre pensare che qui avremo almeno 2-4 cm di escursione in più, ma anche che le velocità con cui aggrediamo il percorso sono più alte. Il mio consiglio è quindi quello di non avere forcelle più morbide in una prima fase, anzi, se il cambio di velocità è elevato potremmo avere bisogno anche di una forcella un filo più dura fin dall’inizio. Quello che sicuramente sarà invece importante è avere una più lunga fase lineare sulla forcella per permettere alla stessa di assorbire gli urti al meglio. In questo senso qualcuno, avendo tanta escursione può avere la necessità di rendere la curva di progressione più uniforme, cioè senza un picco unico al fondo, ma che inizi già dopo metà escursione. In questo modo la forcella assorbirà meno gli urti ma rimarrà più sostenuta e scattante quando si va a spingere sulla stessa (es. bunny hop, uscita di curva).
Come al solito il Sag qui è viziato decisamente dalla velocità con cui si percorre il sentiero. Molti professionisti hanno forse il 10% di sag.. se va bene. Insomma capite bene che non è un valore a cui affidarsi perché, con escursioni così ampie e utilizzi prettamente discesistici, questo viene viziato decisamente. Quello che possiamo dire, per una prova statica, è comunque di provare a mettersi in posizione con le spalle in linea con la forcella in un pezzo di discesa, anche un po’ ripida, e controllare che così facendo il sag non sia eccessivo (non sopra il 20-25%). Le bici da freeride e discesa sono strutturate in modo tale da poter guidare sì centrali, ma attaccando in ogni curva, mettendo quindi tanto peso sul manubrio. Ecco perchè la forcella, a maggior ragione, deve essere davvero sostenuta (quindi bella dura ed eventualmente con un controllo della compressione alle basse velocità abbastanza chiuso).
Sul campo
Vedo molti, nei parcheggi dei bike park, gongolarsi del funzionamento della propria forcella al minimo sassolino presente proprio nel parcheggio, e sostenere di non sentire passare nessun urto nelle mani, mentre pedalano da seduti in piano. Non è questo l’utilizzo che dovremmo fare di una forcella da discesa, così come non è questa la risposta che vorremo da una forcella di questo tipo. La forcella deve sì filtrare le asperità del terreno, ma in una fasi di discesa, tanto più con guida attiva, deve filtrare al meglio gli impatti grossi, poi quelli medi e infine, con le forcelle più sofisticate e le idrauliche odierne, possiamo concentrarci per evitare anche gli ostacoli di bassa entità come sassolini o piccole buche. La forcella da discesa non deve mai infossarsi in frenata o in una buca ma ci deve dare la sensazione da uscire da queste situazioni come arrotondando la traiettoria del manubrio (e quindi del nostro corpo). In freeride noi guidiamo sopra il manubrio e siamo sempre in spinta per donare grip alla ruota anteriore. Ebbene vogliamo che la nostra forcella mantenga comunque una buona altezza del manubrio in modo tale da scongiurare eventuali ribaltoni e per evitare di dover arretrare oltremodo sul ripido perdendo efficacia nella guida. Con una buona forcella potremo davvero quasi sempre rimanere centrali e sul pezzo, senza esitazioni di sorta. Se la nostra forcella non ci permette quindi grandi regolazioni facciamo in modo che possa assorbire almeno gli urti più grossi. Una forcella che non ci fa sentire nulla mentre andiamo piano sul liscio si rivela inutile e deleteria nel momento in cui ci trovassimo in difficoltà. Meglio avere sempre una sicurezza in caso di errore o se ci trovassimo a viaggiare più veloci, o più sul ripido, di quanto previsto.
Ingrediente segreto: I professionisti sono alieni
Spesso ci confrontiamo con i professionisti per la scelta dei componenti. Se è vero che l’utilizzo degli stessi da parte loro in gara rappresenta sicuramente un certificato di qualità, dobbiamo sempre considerare che loro sono alieni. I professionisti utilizzano i mezzi e i componenti spremendone ogni possibile vantaggio. Non sempre per l’utente comune va bene il componente del professionista e, quasi mai, va bene il suo settaggio. Sarebbe come cercare di settare le sospensioni della nostra panda come quelle della Ferrari di formula uno…e se anche abbiamo in garage una Ferrari stradale: siamo ancora anni luce lontani dalla f1!
Come al solito ragioniamo da umani e sulle necessità nostre dando sempre, e solo, uno sguardo chiarificatore agli alieni.
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