La mtb ha una serie di discipline molto variegate. All’interno di queste si noterà facilmente come elementi di tecnica di guida e allenamento fisico vengano a pesare in percentuali diverse sulla buona riuscita di una prestazione, gara o uscita che sia.

Nella NEWS che ho postato questa settimana vediamo due ragazzi allenarsi duramente su una disciplina che di fisico ha poco, come detto nella descrizione della news stessa è, a mio avviso, tecnica pura. Nel freestyle la coordinazione e la gestione dei movimenti, nonché la percezione del proprio corpo nello spazio valgono mille volte una miglior forza, resistenza, potenza. Come è ovvio che sia le due cose non possono essere separate del tutto, quindi, in un ottica di gara, anche la preparazione fisica va assolutamente valutata.

 

Video Dan Atherton

 

All’estremo opposto nella mtb abbiamo l’escursionismo, inteso come l’andare in giro con la mtb per strade bianche, single track e percorsi senza addentrarsi in zone montane particolarmente difficili o pericolose. Una pedalata tipo “tour enogastronomico delle cascine” rientra perfettamente in questo tipo di descrizione, tanto per capirci. Questo tipo di approccio alla mtb non richiede particolari accortezze tecniche m magari può richiedere un livello minimo (ma proprio misero) di allenamento.

Nel mezzo ovviamente sta tutto il resto. Partiamo dall’all-mountain, disciplina in cui la tecnica di guida è fondamentale per la sicurezza e il divertimento, così come un buon allenamento che ci eviti di perdere lucidità o di non riuscire a completare il giro previsto. Passiamo subito all’enduro, che non è altro che la versione “race” dell’all-mountain. La richiesta in termine di energie, forza, potenza è decisamente maggiore, così come la resistenza necessaria a fare al massimo tutte le speciali. Dovrà esserci quindi una cura maggiore nell’allenamento fisico, oltre che in quello tecnico.

Passiamo al freeride, se così vogliamo chiamare chi fa discesa utilizzando risalite meccanizzate.

 

Video Danny Hart

 

Qui ovviamente i ritmi possono essere anche blandi e la salita non è un problema poiché è assistita meccanicamente. Per questo motivo, come per lo sci d’inverno, non c’è bisogno di essere atleticamente dei fenomeni, basterà un minimo di resistenza e di forza per evitare, come avveniva prima, di perdere lucidità o di trovarsi in situazioni in cui il fisico e i muscoli non riescano a seguire la testa. Insomma qui la tecnica vale più dell’allenamento. Nella Dh, intesa come gare, il livello tencnico di guida richiesto è elevatissimo, e di pari passo è richiesto un grande allenamento, molto più che nel freeride. Insomma, per fare le gare di dh bisogna sì ricercare una tecnica perfetta, ma bisogna lavorare tantissimo anche sul fisico, proprio per poter fare la differenza con il nostro acerrimo nemico che di solito ci supera di un centesimo di secondo.

Chi fa gare di DH spesso si concentra sul girare molto in freeride, privilegiando l’allenamento della tecnica a sfavore di quello fisico. Può funzionare fino ad un certo punto, poi entra in gioco il fatto che il nostro fisico non riesce a star dietro alla nostra tecnica, e a quel punto ci blocchiamo.

 

Video Schurter

 

Nell’Xc (inteso come gare su anelli tipo xc classico e granfondo) il discorso è un po’ più complesso. Ci sono numerose gare nelle quali, a conti fatti, la tecnica vale veramente poco. L’allenamento fisico, la resistenza, la gestione di gara la fanno da padroni. Ecco che si vedono stradisti conquistare podi con relativa facilità. Negli ultimi anni però, proprio per evitare questo fastidioso fenomeno, le gare stanno diventando sempre più tecniche, sia in salita che in discesa. In questo modo si rimescolano decisamente le carte in tavola. Nei video che trovate in questo articolo, Manuel Fumic, M.A. Fontana e Schurter vi dimostrano in pochi minuti come, anche per campioni come loro, la tecnica di guida sia ormai da valutare alla stregua dell’allenamento. Analizzando un po’ quelli che sono i loro comportamenti potremmo anche evidenziare il fatto che loro, ad oggi, ritengano più soddisfacente, e quindi più stimolante, curare la tecnica che non l’allenamento fisico (che comunque, come ovvio, curano tantissimo da anni).

Il video di Fumic è stato preso dalla sua pagina facebook personale. Sulla medesima pagina non troverete esclamazioni tipo “oggi ho fatto 150km alla media dei 40 all’h”, oppure “oggi 300 squat con 100 kg sulle spalle e nemmeno li sento”. Insomma difficilmente troverete video, foto, stati, accenni agli allenamenti a cui giornalmente si sottopongono.

Per lo stesso motivo Fontana per il suo video di presentazione non ha scelto strade bianche o pezzi di asfalto da fare a tutta, ma zone molto tecniche che mettessero in risalto la sua tecnica di guida.

Dal lato opposto abbiamo probabilità maggiori che le frasi sopracitate arrivino da campioni della Dh, abituati da sempre ad allenare la tecnica e che trovano nuovi obiettivi e grossi miglioramenti nell’allenamento fisico.

Insomma, in ambito race sembra che le carte si stiano rimescolando e che sia fondamentale gestire entrambi gli allenamenti al meglio.

 

Per quanto riguarda l’allenamento fisico vi rimando al collega Federico Frulloni e alla sua rubrica. Per quanto riguarda la tecnica di guida vediamo come andare a lavorare in maniera mirata per migliorare il proprio livello tecnico. Attenzione che non sempre migliorare significa divertirsi. Così come immagino che molti di voi non amino stare sui rulli per ore e ore a sudare in casa nella stagione invernale, anche per quanto riguarda la tecnica di guida ci sono da fare dei sacrifici (dal mio punto di vista decisamente minori rispetto a quello che serve per l’allenamento fisico).

 

Video Manuel Fumic

 

 

Andare per gradi e con consapevolezza

Sembra paradossale doverlo dire, ma spesso mi capita di sentire riders che affermano di essere migliorati nella guida perchè “prima non facevo quel passaggio, oggi l’ho fatto”. Ok, va bene, ma bisogna sempre vedere come è stato fatto il passaggio. C’era controllo durante la percorrenza? In che margini di sicurezza è stato fatto il passaggio? Ma soprattutto, sarebbe in grado di dirmi che cosa ha messo in pratica durante quel passaggio, come ha spostato i pesi, se ha frenato o dove ha pedalato di più o di meno. In pratica, il rider in questione, sa cosa ha fatto durante quel passaggio o gli è riuscito per caso.

Andare su percorsi molto difficili senza il giusto grado di preparazione tecnica è molto rischioso. Quando non sappiamo come affrontare un ostacolo e partiamo “sperando”, il rischio di cadere è ai massimi livelli. La tensione tende infatti a predominare la concentrazione, e il gesto più naturale del mondo diventa una serie di scatti che portano solo a far perdere grip alle ruote.

Nel mentre il cervello è impegnato e pronto a salvarci in caso di caduta, guidandoci subito in uno stato di apprensione permanente tipico di chi sa che sta per cadere. Non da escludere la presenza di movimenti inconsulti e non del tutto volontari che il nostro cervello ci ordina di fare per salvarci, e che spesso portano alla caduta

Per fare un esempio pratico immaginiamoci quante volte ci troviamo a sentire l’anteriore che scivola e per paura tendiamo ad arretrare o a frenare, mentre invece l’ideale sarebbe fare proprio il contrario.

Ovviamente in questo stato mentale e fisico, il nostro corpo non è in grado di imparare qualcosa, di assimilare dei movimenti. Arriveremo perciò alla fine del nostro passaggio, della nostra salita, della nostra discesa; stressati,stanchi, affaticati mentalmente e decisamente meno confidenti di prima (articolo sulla confidenza QUI). Insomma, non avremo imparato un bel niente. Tutto questo però viene spesso ripagato dall’adrenalina del post “roulette russa”, e via che partono le urla di gioia perché si è ancora tutti interi.

Per avere un miglioramento sensibile nella guida, bisogna valutare sempre attentamente i passaggi che andiamo a fare, farli ad una velocità moderata per le nostre capacità e soprattutto dobbiamo sempre essere concentrati e consapevoli di cosa abbiamo fatto, stiamo facendo, dovremo fare. Quindi per prima cosa dobbiamo valutare che impareremo meglio su un percorso alla nostra portata, o su passaggi che, vedendoli dalla prospettiva in cui dovremo affrontarli, ci sembrano ampiamente alla nostra portata. Per migliorare dovremo quindi girare su un sentiero per noi tranquillo, dovremo badare bene alla posizione in sella, a dove, quanto e quando abbiamo frenato o pedalato, ad analizzare il comportamento della bici in base allo stimolo che le viene dato. Solo in questo modo avremo la possibilità di immagazzinare informazioni, di conoscere il nostro mezzo e il nostro corpo. Soprattutto però, solo in questo modo avremo la possibilità di autocorregerci e quindi di migliorare davvero in modo consapevole.

 

Video Fontana

 

Col tempo questo tipo di approccio porterà risultati duraturi. La tecnica infatti non scappa via come l’allenamento, ma se ben curata rimane molto più a lungo radicata nella nostra testa. Del resto l’espressione gergale “è come andare in bicicletta”, usata per descrivere degli automatismi che una persona non sa di avere, non è stata inventata a caso.

Ecco però che nasce un bel dilemma. Come riesco a valutare quali passaggi sono alla mia portata e sono utili a me per imparare, quale è la velocità giusta per me e soprattutto quando sono pronto per lo step successivo?

Per quanto riguarda le prime due domande la risposta è stata già trattata in un articolo precedente, il concetto di comfort zone. (LINK)

In pratica per imparare dovremo stare all’interno della comfort zone, e avere ancora un po’ di margine. Diciamo che se il livello di tranquillità potesse essere misurato in percentuale, nel quale al 100% io sono ancora tranquillo e rilassato, non sto tirando o rischiando su passaggi azzardati. Oltre al 100% inizio ad essere in difficoltà ma per un po’ ancora me la cavo, magari aumentando il numero di errorini all’aumentare della difficoltà. Ecco, per imparare al meglio fate conto di dover andare all’80%. Questo semplicemente perché in caso di errore, potrò avere quel 20% di cuscinetto, che mi permetterà di continuare a ragionare e non mi proietterà in una dimensione di paura e inconsapevolezza, descritta in precedenza.

Come per allenare il fondo lungo io non devo andare al massimo della soglia, ma stare in un range, allo stesso modo vale per la tecnica.

Quando invece posso aumentare la difficoltà dei miei passaggi? Attenzione, con difficoltà nei passaggi intendo sia la presenza sul percorso di passaggi tecnici più ostici, sia il solo aumento di velocità di percorrenza del medesimo percorso.

Ebbene potrò aumentare la difficoltà nel momento in cui il “livello”, se così vogliamo chiamarlo, precedente è diventato ormai un automatismo. Nel momento in cui voi non dovrete più pensare a dove state frenando, a dove state cambiando marcia, a quando dovete spostare il carico più avanti o più indietro, ma lo fate solamente; ecco che il passaggio è diventato “automatico”.

Per raggiungere questo tipo di automatismo dobbiamo valutare la ripetibilità del gesto. Per ciascuno un gesto diventa automatico dopo un tot numero di volte che viene effettuato. Per quanto mi riguarda mi sono dato come regola, quando giravo in dirt. Nella mia testa una data manovra era assimilata e automatica nel momento in cui riuscivo a ripeterla identica per tre volte di seguito. E anche dopo, negli allenamenti dopo un periodo di fermo o nel quale avevo un po’ perso la confidenza col mezzo, vi era la ricorrenza delle tre volte. Fatte queste la manovra diventa per me “naturale” e non ho più pensieri a riproporla al bisogno.

Come già detto ciascuno dovrà trovare un proprio numero per la ripetibilità. E attenzione che ripetibilità non significa fare tre/quattro/venti volte un passaggio, ma essere in grado di farlo un tot numero di volte in modo identico, prendendo la medesima linea, alla medesima velocità ecc ecc.

 

Come è ovvio non sempre possiamo, o vogliamo, allenarci sulla tecnica. Spesso vogliamo solo divertirci e mollare il gas. Il mio consiglio è però quello di valutare bene un periodo di allenamento anche per la tecnica, come avviene per il fisico. Del resto anche lì vorremo solo andare fortissimo, ma sappiamo bene che cercare di andare sempre al massimo non è la strada giusta per migliorare.

 

Ingrediente segreto. Imparare a conoscersi.

Tutte queste elucubrazioni non sono altro che un approccio consapevole e mirato ad un miglioramento in bici. Quello che però non è così intuitivo da vedere è come questo tipo di approccio possa legarci a conoscerci, nel senso dello scambio continuo che c’è tra reazione del nostro corpo e stimoli esterni. Un po’ come la ginnastica propriocettiva insegna al corpo a reagire autonomamente a degli stimoli di perdita di equilibrio, il processo di tecniche spiegato poc’anzi insegna al nostro cervello a lavorare e leggerci sempre, anche nei momenti di difficoltà, per reagire sì di istinto, ma con l’istinto giusto.

 

 

Raida come Mangi vi saluta e vi ringrazia per tutto l’apprezzamento che ci dimostrate. La prossima settimana saremo in vacanza e non pubblicheremo la puntata settimanale. Dopo un’estate piena di camp, articoli, eventi, sentiamo davvero il bisogno di ristorarci un attimo per tornare poi in pista più energici che mai!!!

 

A prestissimo, continuate a seguirci anche su FB!!!

 

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