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– Cima Verosso 2444 (Val Bognanco), 7 dicembre 2015 –
Le ghette. Con l’arrivo di ottobre le ghette abitano nel mio enorme zaino da bici. Il più dei biciclettari non sa nemmeno cosa siano… A loro rispondo che io non so cosa siano “gli attacchini”, dato che mai e poi mai camminerei per i monti con delle piastre sotto le suole delle scarpe.
Comunque quest’anno l’autunno è talmente anomalo che sto lasciando a casa anche le ghette. Non c’è fretta: le montagne senza neve svelano colori e limpidezze rare… e per “svelano” intendo letteralmente “le montagne senza veli”.
Abitando sotto la coltre di nebbie grigie e puzzolenti milanesi, la (mia) “Regola N.1” dice di stare ALTI. Stare alti, al confine delle nuvole (se ci sono) o delle nevi. Qualora, infatti, sopra i 2000 m slm sia tutto bianco, la medesima “Regola N.1” impone di svegliare scarponi, pelli e sci, per scavare nella neve le tracce di “sentiero”.
L’arrovellamento è il venerdì nella ricerca di un ennesimo giro che sia “all’altezza” (cfr. Regola N.1). Con le gambe che scalciano e gli occhi intrisi di 5 giorni di PC, il dito comincia a percorrere (sulle cartine) tutti i sentieri alpini esposti a Sud. Dalla fascia dei faggi in giù ci sono troppe troppe (dico troppe) foglie…
Ma quando arriva sta neve??
La nudità invernale della montagna, quando dovrebbe essere sepolta dalla neve… E con questa immagine che ritrae una magia d’arte suprema, concludo il racconto di un giro che sto pensando di inserire nel “libretto dei giri da non rifare” (a causa di tratti di “portage-spinto” persino negativi). Il racconto della gita termina in un fitto buio in un fitto bosco di abeti, tra i quali scivolammo in giù dritto-per-dritto, con la “calda” speranza di incontrare (al più presto) l’asfalto…
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