[Report] Megavalanche experience 2012: Alpe d’Huez

Di Daniel Naftali

“La Mega è come la droga: quando cominci, non riesci più a smettere” diceva un ragazzo che ho conosciuto all’Alpe d’Huez… Ed effettivamente non riesco a dargli torto: sono tornato da pochi giorni e non vedo l’ora che arrivi l’anno prossimo!



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D’altronde se una gara riesce a raccogliere più di 2000 rider da tutto il mondo un motivo ci dovrà pur essere?

Domenica, sette giorni alla gara. Sotto un cielo che promette tempesta arriviamo alle 3 di notte all’Alpe d’Huez, dopo ben 7 ore di viaggio… Partiti direttamente da Madesimo, dove abbiamo corso la 4° PRO del circuito Superenduro, ci spostiamo direttamente all’Alpe dove ci aspettano due amici partiti il giorno prima. Saranno felicissimi di svegliarsi, nel cuore della notte, per farci entrare in casa!

Quest’anno siamo in 5: Io, lo Skap (Freerider86), Gabriele (Hero) ed Andrea. Prima di partire la prima defezione, Diego Sabato mattina si è fatto male, per lui quest’anno niente Mega…

Il Lunedì prima della gara l’Alpe ha un aspetto spettrale. La quiete prima della tempesta, c’è un clima di strana tranquillità. I riders cominciano ad arrivare: furgoni, camper, auto cariche all’inverosimile. Tutti con targhe di ogni paese, tutti pronti a sfidarsi testa a testa sul ghiacciaio del Pic Blanche.

L’alpe si riempe giorno dopo giorno, i riders sui tracciati aumentano: la Mega si sta avvicinando! In una settimana, tempo per provare ne abbiamo… Proviamo il ghiacciaio un po’ di volte, proviamo la qualifica ed ogni tanto ci concediamo anche una divagazione nelle piste del bike park: in fondo Alpe d’Huez non è solo la Mega!


Tanta gente a provare ed anche tante ragazze, molte delle quali van più forte di molti uomini presenti sul tracciato!

I giorni passano in fretta, senza neanche accorgercene arriviamo a giovedì: ultime prove del tracciato della qualifica, ultimo ripasso per capire cosa è cambiato, com’è il fondo e se c’è qualche nuovo taglio. 2000 riders che girano ininterrottamente sui tracciati non sono pochi: il percorso cambia radicalmente dal lunedì al venerdì, giorno delle qualifiche.

Le qualifiche

Venerdì sveglia con comodo: leggendo l’opuscolo devo essere alle 11.20 in cima. Abbondante colazione, la bici l’avevo controllata la sera prima. Gomma nuova davanti, revisione della forcella che perdeva olio, ultima controllata al cambio: dovrebbe essere tutto in ordine.

Salgo tranquillo, cercando di riscaldarmi lungo il trasferimento pedalato ed arrivo alle 10.30 alla partenza dell’ultima funivia. Supero i numeri più alti di me (chi ha il numero più basso ha la precedenza) ed alle 10.50 sono in cabinovia.


Stipati come sardine si sale ai 2700m della partenza delle qualifiche

Arrivo in cima e subito un amara sopresa: stanno già posizionando le prime file… Sono in ritardo… Mi posizionano in 4° fila perché davanti sono già tutti schierati: che carogna! Sarei dovuto essere in prima ed ora sono dietro… La gara comincia molto male!
Per fortuna ad un certo punto un tizio mi dice “Hai sbagliato, tu devi stare davanti!” Mi apre la strada tra i riders e mi mette in prima fila, in pieno centro, in mezzo alla bolgia. Vabbè meglio prima fila centrale che 4° laterale…

L’adrenalina è a mille: non sono mai partito così avanti! Di fianco a me ci sono riders del calibro di Karim Amour, Sam Blankinsop… Dietro invece 200 riders assatanati, che come me, cercheranno in ogni modo di qualificarsi per la mega. La musica sale, arriva l’elicottero: il cuore è a mille, manca ormai pochissimo alla partenza!


“Liberate le belve”

Alarmaaaaaa… El ritmo fatal… La bomba! Alarmaaaaaaa! Le fettucce si alzano, si scatena l’inferno. La partenza è letteralmente a razzo: tutti schizzano come schegge per piazzarsi davanti, io cerco di non essere da meno. Gomitate, spallate, manubriate: qui davanti non vanno per la leggera! Obiettivo principale è non cadere: una caduta davanti al gruppo significherebbe la morte… Difficile uscire indenni con 200 riders che ti travolgono!

Inizia lo stradone, non sono tra i primi ma sono poco dietro la testa del gruppo. Un po’ di gente mi ha passato, cerco di recuperare posizioni prendendo larghe le curve: la tattica paga, ma appena la gente mi intravede con la coda dell’occhio cerca di chiudermi verso il precipizio. Sportellate, gomitate di nuovo: chi l’ha dura la vince. Recupero alcune posizioni ed arrivo ai placconi di roccia abbastanza ben piazzato: sono nel trenino di testa!

Forse è colpa dell’adrenalina, forse della stanchezza, forse del poco ossigeno dovuto alla quota, fattostà che certe volte il cervello si spegne e ti fa prendere delle decisioni di cui, quando ci ragioni a freddo, ti viene da pensare “ma come cavolo ho fatto anche solo a pensarci”… Sono nel gruppo di testa, si scende belli scorrevoli senza intoppi e cosa vado a pensare? “Adesso faccio li frego tutti con la linea che mi sono studiato!” Sorpassare chi? Top riders del calibro di Karim o Blankinsop? Se tutti passano di la un motivo ci sarà… Accontentarsi del già ottimo piazzamento ed andare di conserva sarebbe troppo facile…

Fattostà che esco dal gruppo, puntando ad un taglio sul nevaio che avevo visto il giorno prima. L’idea di per se non sarebbe così sbagliata, se non fosse che sbaglio riferimento ed invece che la rampa di roccia che porta sul nevaio, mi trovo davanti un salto di un paio di metri di roccia e pietroni: è la fine… Tiro i freni, mi fermo. Scendo dalla bici e la carico in spalla, saltando da una roccia all’altra, scendo sul nevaio: il tempo scorre inesorabile… Con la coda dell’occhio intravedo l’intero gruppone di riders che mi sorpassano sulla linea principale… Decine di persone, che prima erano dietro ora sono davanti: sono un emerito idiota! Come buttare al vento un’ottima qualifica…


Ecco le due linee del primo nevaio: sembrebbe difficile sbagliare, ma sono riuscito a finire proprio dove non dovevo…

Supero il nevaio e riparto, stavolta mi butto nel gruppo per non ripetere errori simili ma sono abbastanza indietro: ci sono parecchi tappi, molti vanno a piedi. A questo punto il cervello dev’essere ripartito e mi viene una brillante idea: c’è un secondo taglio, provato la sera prima, che consente di passare lateralmente il secondo nevaio. Qui son tutti fermi, a piedi, per quello che ho da perdere mi butto!

Incrocio il gruppo, evito alcuni riders kamikaze che, cercando di tagliare, si buttano giù da un salto di roccia di 1,5-2m… Impensabile uscirne vivi, infatti dopo un violento atterraggio sulle rocce, finiscono in mezzo al gruppo di gente a piedi, esplodendo e travolgendo gli altri: sembrano i criceti che vanno a suicidarsi in massa giù da un dirupo! Sono fuori di testa, ma l’adrenalina e la foga agonistica non ti fanno ragionare quando sei in gara…

Percorro la mia linea e con sorpresa scopro che non c’è nessuno: posso scendere liberamente! Dietro di me alcuni riders che vedendomi prendere una traiettoria alternativa decidono di seguirmi. Con la coda dell’occhio vedo che sto sorpassando decine di persone: un sorriso a 32 denti si disegna sulla mia faccia!


Pedala, pedala! Tutti danno 100% non appena il sentiero si allarga: sono pochi i punti dove sorpassare agevolmente e vanno sfruttati il più possibile

Sono morto, nel primo pezzo di strada cerco di riprendere fiato: la traiettoria pulita è una, uscire per sorpassare non è impossibile, ma si sprecano un sacco di energie. Cerco di rifiatare per poi dare il tutto per tutto sul liscio stradone. La tattica paga: sullo stradone mi alzo in piedi sui pedali e ci do dentro come un disperato. La gente mi chiude, uno cerca di buttarmi nel precipizio con una spallata: ma cos’hanno tutti oggi? Mi sembra di avere un bersaglio disegnato sulla maglietta e tutti cercano di farmi fuori!

Sorpasso, sorpasso: devo dare tutto prima del sentiero… Ormai la strada sta finendo, mancano 50m all’inizio del singletrack, dove passare è difficile. Beh, un po’ ho recuperato! Ultimo rettilineo, decido di fare un ultimo sorpasso, in staccata. Ed ecco quello che non doveva accadre… Qualcosa dal fianco destro colpisce la mia ruota posteriore… Probabilmente un calcio: il tizio che stavo sorpassando ha deciso di giocare sporco. Posso fare ben poco, la bici si scompone ed esplodo in mezzo allo sfasciume di alta montagna: è finita, se non mi faccio male io la bici comunque è andata, penso mentre sto volando ed intravedo una leva freno strisciare nella ghiaia…

Sante protezioni! La caduta è abbastanza rovinosa, ma per fortuna striscio su gomiti e ginocchia che sono ben protetti. Le pietre sono aguzze, ma le protezioni rigide fanno il loro lavoro: riesco a rialzarmi! Recupero la bici ed altra piacevole sorpresa: la leva freno che davo per spacciata è ancora intera. Il manubrio è dritto, il cambio c’è: posso ripartire!

Riparto, in modalità seek and destroy: voglio cercare quello schifoso che mi ha fatto cadere e riservargli lo stesso trattamento. Peccato mi abbia colpito da dietro e non abbia visto chi era e peccato che oramai tra me e lui ci saranno almeno 10-15 riders.

Sono di nuovo nel gruppone… Sono abbastanza davanti, ma la gente sui passaggi tecnici tentenna ed il gruppo rallenta, ogni tanto ci si pianta: devo fare molta attenzione alle passerelle… Se non ci arrivi in velocità è la fine, la facciata tra le rocce è assicurata!


Le passerelle sono insidiose… La foto non rende molto, ma vi assicuro che sono ripide!

Primo taglio, tutti lo prendono. Il gruppo tentenna… Uno cade, io non cedo e passo in sella. Un calvario… Davanti la gente frena, si scende a passo d’uomo, troppo piano per passare in sicurezza. Lascio un pelo di spazio, me ne frego di quelli dietro di me, anzi spero che cadano, così ho un po’ di respiro! Affronto quindi le passerelle deciso, evito un rider disteso per terra per un soffio e supero indenne l’ultima difficoltà.


Video del tratto delle passerelle ripreso da Federico Chiappino, che purtroppo a causa di una frattura al polso durante le prove non ha potuto correre. La batteria ripresa è la n°5. Guardate cose succede nelle retrovie…

Il grosso è ormai fatto… La qualifica è lunga, ma il peggio è passato. Cerco di sorpassare il più possibile, ma il tracciato è veramente stretto: o si rischia o non si passa… Davanti a me vanno piano e mi rallentano, provo diversi tagli per sorpassare, ma si rivelano inefficaci: i tagli buoni sono stati tutti chiusi, quelli rimasti aperti sono inutili.


Il percorso è stretto, sorpassare è difficile

Pedalo pedalo, ma passo veramente poca gente… Arrivo all’alpe, davanti a me un trenino lunghissimo di riders: ci dev’essere qualcuno lento e gli altri non riescono a passarlo. Provo tutte le linee, ma quello davanti a me chiude ogni passaggio.

Poco da fare insomma, sono stremato, non vale la pena tentare sorpassi azzardati, mi accodo fino al traguardo anche sono sono il 7° o l’8° del trenino. Se li passassi non sarebbe male, ma dove? Spazio non ce n’è…

Arrivo, non riesco a vedere il piazzamento, ma tanto quest’anno non ce l’ho fatta: troppi imprevisti, prima il nevaio, poi la caduta… E con così tanta gente davanti a rallentarmi figurati che sono nei primi 35…

Mangio il panino, sono dolorante… La mano a seguito della caduta è diventata blu ed è gonfia, sono graffiato e stanco morto! Guardo le classifiche, con il panino in mano: sono 29°! Incredibile, dopo tutto quello che è successo sono qualificato!

La gara

La domenica sono ancora esaltato per la qualificazione in extremis… Neanche tanto poi in extremis, anche perché seppur dietro sono comunque in fila J (10° fila). L’importante è comunque prendere parte alla Megavalanche, anche partendo dietro. La mano è ancora piuttosto dolorante, ma riesco a tenere il manubrio quindi decido di partire.

Sono le 6.30 di mattina, esco di casa in direzione della cabinovia. L’imbarco della mia fila è previsto alle 7, ma bisogna essere puntuali se arrivi in ritardo non sali ed addio Mega. La temperatura è gelida: la notte ha fatto freddissimo, è andata sotto zero. Sul ghiacciaio siamo a -5 ma splende il sole ed il cielo è terso!


La mattina della gara c’è fermento all’Alpe d’Huez: i 350 rider salgono al ghiacciaio e gli elicotteri si preparano a spiccare il volo per riprendere dall’alto quella che è la gara di fr marathon più importante del mondo!

Ci schieriamo e cominciamo a tastare la neve: è ghiaccio! Il freddo della notte ha trasformato la neve, fresata, in ghiaccio vivo: non si sta in piedi… Mi posiziono sulla sinistra, la mia idea è di buttarmi sul lato sinistro per evitare lo sfasciume sulla destra. C’è il ghiaccio, ma appena finisce la rete ci si può buttare giù sulla massima pendenza evitando la massa. Mai tattica di partenza si rivelerà più sbagliata…

Si alzano gli elicotteri, la musica rimbomba sul ghiacciaio: cuore a mille, ci si scalda saltellando sul posto. 1 minuto alla partenza… 30 secondi.. 10… Si alzano le fettucce ed i 350 riders partono, giù a capofitto sul ghiacciaio.


350 riders non sono pochi, la partenza occupa un’intera pista da sci!

Pochi metri e la tragedia… Avete presente quando nei videogiochi venite uccisi da qualcosa che non vi aspettavate e compare la scritta “fatality” con quello vocina rauca che vi sfotte? La scena è stata molto simile… Pochi metri dopo lo start ed inizia l’inferno: il gruppo, sulla prima lastra di neve/ghiaccio cade. I riders sembrano birilli colpiti da una palla da bowling… Non si capisce bene il motivo e l’entità della caduta, si vede solo gente che dal lato destro (leggermente rialzato) si sdraia, scivola portata dalla gravità verso il lato sinistro e falcia, con una reazione a catena, tutti i riders presenti sul percorso. La classica scena da film di guerra in cui la mitragliatrice falcia l’intero plotone…

Lo spettacolare video della caduta

Poco da fare: quando ti trovi davanti un muro di gente caduta, bici e riders aggrovigliati gli uni agli altri, e ti trovi per di più su di una ripida lastra di ghiaccio, l’unica cosa che puoi fare è prepararti alla botta, sperando di non farti troppo male. Così è stato, travolgo anch’io il gruppo, atterrando per fortuna sul morbido, probabilmente su qualcuno che mi attutisce la caduta. Purtroppo però non è finita qui… Tutti i riders dietro non possono fare nulla ed uno dopo l’altro si schiantano sul gruppo. Vengo schiacciato, una bici mi volta in testa. Istintivamente cerco di proteggermi e proteggere la bici il più possibile, tendendola vicino a me. Un manubrio si pianta nei raggi, uno aggancia il cambio. Una ruota mi coplisce il torace, non ricordo bene cosa sia successo… Ho una bici sulla schiena, ma con una mano afferro il manubrio piantato nel cambio: è una lotta! Da un lato io che cerco di salvare il mio deragliatore, dall’altro il proprietario della bici che vuole ripartire al più presto. Me ne frego e non mollo… Riesco a sganciare il manubrio, quando sono sicuro che non mi strappa il cambio lo lascio e l’altro rider riparte. Cerco di liberarmi dal groviglio in fretta, ma sono incastrato.


La parte iniziale della caduta: il fiume di gente che si vede dietro travolgerà i riders rimasti a terra sul ghiaccio, senza alcuna possibilità di evitarli.

Mi rialzo, la bici è impigliata nelle altre. La libero, ma il manubrio è storto, la leva freno girata malamente… Così non posso ripartire. Decido quindi di fermarmi, raddrizzare il manubrio, la leva freno e rimettermi in sella. Perdo tantissimo tempo, molti sono già ripartiti ma non ho scelta.

Faccio un rapido ceck-up: le braccia e gambe sono ancora attaccate al corpo, i piedi si muovono e le mani pure. Non ho forti dolori, a parte una botta alle costole. Forse sono ancora intero! La bici sembra abbastanza a posto… Il cambio c’è, i dischi non sembrano malamente piegati e le ruote girano. Raggi rotti non ci sono e le leve freno sembrano in ordine. Insomma la bici non mi si dovrebbe aprire in due mentre scendo sul ghiacciaio: posso ripartire!

Inutile dire quanto sono indietro… Ormai sono nella coda del gruppo, l’unica cosa da fare è arrivare fin giù e cercare di passare più gente che posso!

Il ghiacciaio passa in fretta… La neve è ghiaccio ma si scorre benissimo: si pedalata tutto, a velocità fotoniche. Ogni tanto qualcuno davanti a te cade, devi fare attenzione ad evitarlo… Poi ci sono le lastre di ghiaccio vivo, da evitare come la peste, ed i tratti di neve marcia in cui devi entrare in manual, pena un ribaltone epico con annessa facciata. Molti esplodono nelle curve, si scontrano, impuntano nella neve marcia. Devi guardare bene quello che succede davanti: se travolgi qualcuno a quella velocità è la fine.


Velocità fotoniche sul ghiaccio!

Ad un tratto un rider mi sorpassa a velocità warp: mi accodo, sarà la mia lepre. Lo seguo, ormai sono troppo veloce per pedalare: sto mulinellando con il 32-11! Mi metto ad uovo, l’adrenalina è al massimo: non sono abituato a scendere così veloce!

Finisce il ghiacciaio ed inizia il calvario… Sono nel bel mezzo del gruppo, anzi più che nel mezzo direi in coda… Alla prima salita sono tutti a piedi, com’è naturale che sia… Devo passarne più che posso. Ad un certo punto c’è un bivio: il gruppone va a sinistra, sulla linea facile. A destra c’è la “pro line”: dopo un muro di roccia praticamente a 90°, si rimane alti seguendo una traccia battuta e su cui non c’è nessuno. Devo rischiare, se tutto va bene recupero tantissime posizioni. Arrivo sul ripido, mi butto, peso indietro. Lascio correre la bici. Tutto fila perfettamente liscio: il ripido mi spara a tutta velocità sul sentiero alto, completamente vuoto: non c’è nessuno davanti a me per 200m. Sotto di me il trenino di riders a passo d’uomo. Ne passo a decine, come godo! Arriva lo stretto ponticello su cui le due tracce si riuniscono. Son quasi tutti fermi… Mi infilo nella massa, il gruppo non lascia spazi. Rischio di essere spinto di sotto, ma contrattacco: quello di fianco cede, per non cadere di sotto mi fa passare. Un po’ di aggressività ogni tanto ci vuole!


Primo strappo in salita subito dopo il ghiacciaio: i primi passano, gli altri si accodano e vanno a piedi

Avrò recuperato posizioni, ma comunque anche qui il gioco non cambia. In salita si va comunque a piedi, troppa gente davanti a me: l’effetto worm ci impedisce di procedere con fluidità. Qui non si sorpassa, devo aspettare la salita.

Lunghissimo tratto di sentiero che sembra non finire mai. Sono rallentato da quelli davanti ma non ci posso fare niente: qui non c’è modo di passare. Arriva la salita, non aspettavo altro. La prima salita è una delle più dure: due rampe assassine, la prima più corta, la seconda infinita. Parto come un razzo sulla prima, cerco di spingere più che posso per passare quanta più gente riesco. Arrivo in cima e sono morto… Ora c’è la seconda. “…ma quanto è lunga? Azz me la ricordavo più corta”, sono morto, già fuori soglia. Non posso mollare, devo continuare a spingere. Alzo il reggisella, pedalo da seduto. Sento il cuore in testa, le vene pompano sangue a manetta. Mi manca il fiato, siamo comunque a 2500m, mi sento svenire… Arriva la nausea, ma non posso mollare: devo dare tutto! Arriva la cima, la salvezza… Pensavo di fare un pochettino meglio, in realtà la tattica di partire a tutta per poi scoppiare dopo la prima rampa non ha pagato molto… Ne ho passata di gente, ma meno di quelli che pensassi. Per di più sono stremato…


Verso “terre rosse” la polvere è insopportabile!

Proseguo in discesa, gambe rigide per recuperare e cercando di riprendere fiato. E’ dura guidare in queste condizioni. Arrivano prima le insidiose terre rosse, con la loro polvere e le loro inaspettate buche, poi salita e tratto tecnico dei roccioni. Qui ci sono i miei amici a guardare e ad incitarmi, oltre a loro è pieno di pubblico. Esaltati dai miei amici tutti mi incitano: salto giù dai pietroni, ma davanti a me il tappo… Faccio quello che posso, ma non posso fare altro che accodarmi: sorpassare qui è impossibile.

Arriva il paese, secondo GPM in salita: una lunga strada ci porta in cima ad una collina. Si pedala, testa bassa, incitati dal pubblico. Soprasso anche qui un po’ di gente e mi porto finalmente davanti al gruppo che mi ha rallentato fin’ora.


Tantissimo pubblico ad incitare i riders sul lungo tratti di salita sopra il paese

Scollino, davanti a me strada libera a perdita d’occhio! Finalmente, ora si può guidare liberamente, senza nessuno che ti rallenta. Dietro di me diversi assatanati premono: mi hanno usato come lepre in salita, dopo avermi sfruttato ora vogliono liberarsi di me. Parto tranquillo, dietro mi urlano, ma mi servono 20-30 secondi per far riposare le gambe. Appena sento che le gambe si rilassano, i battiti scendono, riparto: adesso vi faccio vedere io come si guida! “Follow me, if you can…”

Secondo bene, molto veloce. Quelli dietro sfruttano la scia e le linee, ma dopo un po’ li stacco. In pochi minuti però recuperiamo il gruppetto davanti… “Azz, pensavo di avere più strada libera, invece gli ho ripresi subito” Poco da fare, ci si accoda. Sono morto, il pezzo di radici è devastante… La leva freno stortata nella caduta mi sta distruggendo la mano: è posizionata male, ma non posso fermarmi a raddrizzarla.


Curve, sponde e controcurve: prima delle radici un bellissimo tratto flow permette ai riders di riposare

Finiscono le radici, inizia il tanto atteso stradone dove riposare mani e gambe e fare qualche sorpasso, oppure farsi sorpassare, dipende chi c’è dietro!

Inizia quindi il bosco, ma sono morto… Guido male, per inerzia… Sbaglio le linee, c’è polvere, non vedo assolutamente nulla! La cosa brutta dell’essere a trenino quando è così polveroso è che non vedi nulla, guidi alla cieca…
La polvere è così profonda da sembrare fango, le curve sono insidiose. Ad un certo punto non ce la faccio più, lo sterzo si chiude e sbam, volo faccia a terra. Che male! Manubriata secca nello stomaco, impiego un attimo a rialzarmi… Riparto, ma mi devo rifermare per il male… Almeno in 10 mi passano…

Devo arrivare in fondo. Proseguo e riprendo quelli che mi han passato, recuperando anche alcune posizioni. Siamo quasi alla fine, mancano pochi metri. Ultima chicane tra i paletti prima di risalire brevemente su asfalto. Prendo male le misure, colpisco un paletto e di nuovo facciata per terra… Per fortuna qui è stretto, in due non si passa e quelli dietro devono fermarsi. Mi rialzo senza che nessuno riesco a sorpassarmi, prendendomi però una discreta dose di insulti!


Stremati, ma ancora con i gomiti larghi per difendere la posizione duramente conquistata!

Ormai è la fine… Rettilineo finale, cerco di riprendere quello davanti a me. E’ una posizione, ma lo spirito agonistico ci fa ingaggiare in una volata verso il traguardo. Lo passo, lui si mette dietro sfruttando la scia… Ultima curva stretta a SX, azz han cambiato il percorso. La faccio al limite, sfioro il muro di lamiera con il manubrio. L’altro, dietro, ha meno fortuna ed allarga troppo la curva… Da davanti sento solo un rumore di rider che finisce contro la lamiera: si è schiantato contro il muro. Buahahahaha!

Arrivo al traguardo, ma nelle classifiche non ci sono… Mi han dimenticato, meno male che il chip è infallibile! Ricostruirò poi il piazzamento grazie al numero di quello davanti a me: sono 183°, sotto l’ora con un tempo di 55 minuti. Solo 55 minuti… In gara sembravano molti di più!
Non male comunque su 350 partenti, considerato quello che è successo poteva andare molto ma molto peggio. E poi è stato un 183° posto sudato, guadagnato all’ultimo in volata: se no sarei arrivato 184°, sapete che smacco?


A fine gara anche i big sono distrutti…

Riprendo fiato, tolgo il casco e la mascherina: mi manca l’aria… Ho male da ogni parte, ho lividi ed escoriazioni su braccia e gambe, la mano fa malissimo ma sono arrivato alla fine! Incontro Gabriele Tarsia Incuria: lui partiva in 2° fila, ma è stato coinvolto nella caduta di massa… Anche lui è distrutto, travolto da decine di bikers ed è messo peggio di me.

Torno a casa a pezzi: la Mega quest’anno è stata distruttiva, ma non vedo l’ora che arrivi l’anno prossimo per la rivincita!

 

 

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