In Austria abbiamo avuto modo di provare alcuni modelli della nuova gamma di Rose, mettendoli alla prova sui viscidi e fangosi singletrack tirolesi. Le sessioni di test sono state piuttosto brevi visto il poco tempo a disposizione, ma comunque sufficienti a darci una prima impressione.
La Uncle Jimbo è stata completamente rivista per il 2015 con nuovo telaio e nuove ruote 27,5″.
Come detto, il tempo a disposizione era poco, quindi abbiamo fatto una sola lunga discesa con la bici, veramente poco per dare una valutazione approfondita.
Ad ogni modo il feeling è stato sin da subito ottimo. La bici è una bella endurona, molto stabile e sicura sullo scassato, ti invoglia a prendere a tutta radici e salti, mantenendo un’ottima guidabilità e maneggevolezza.
Nonostante il bagnato ed il viscido ci siamo veramente divertiti, grazie anche all’ottimo carro posteriore, veramente plush e progressivo, che trasmette molta sicurezza sullo scassato.
Non ci ha entusiasmati la Talas 34 davanti, crediamo che su una bici del genere serva la nuova 36 o la Pike, per meglio godere delle ottime prestazioni discesistiche del mezzo. Niente pedalato, se non un paio di rilanci, quindi nessuna valutazione sulla salita. Sui rilanci ci è parsa piuttosto efficiente, ma servirebbe una prova più approfondita.
Come tipologia di bici, la Uncle Jimbo è da inserire nella grande famiglia delle “endurone”, le nuove bici da enduro 160-160mm come la Santacruz Nomad o la DeVinci Spartan, che stanno facendo la loro comparsa nella gamma 2015. E’ decisamente più discesistica rispetto alle enduro da 27,5″ che si sono viste quest’anno (tipo la Bronson per intenderci), ma comunque sembra avere una buona pedalabilità. Una bici che siamo convinti sarà molto apprezzata sia dagli agonisti che dagli enduristi che girano solo per divertimento.
Sorellina inferiore della Uncle Jimbo, la Granite Chief è una bici da AM a tutti gli effetti. Rivista per il 2015 con un nuovo telaio, mantiene sempre le ruote da 27,5″, come l’anno scorso.
Abbiamo avuto modo di provare la Granite Chief sullo stesso percorso della Uncle Jimbo, una lunghissima discesa da quasi 1 ora di percorrenza. Il montaggio era molto simile, con ammortizzatore posteriore Monarch e Talas 34 davanti.
La prima cosa che si sente passando dalla Uncle Jimbo alla Granite Chief è una maggior reattività del posteriore. La bici è molto meno plush della sorella maggiore, complice sicuramente la minor escursione. Questo è d’altronde prevedibile, trattandosi di una bici pensata per un utilizzo più tranquillo.
Se da un lato il retrotreno è più nervoso, dall’altro non si può però dire che la Granite Chief vada male in discesa. Il carro lavora bene, è bello indipendente in frenata e mangia gli ostacoli senza scomporsi più di tanto, anche se non è burrosa coma la Uncle. Una differenza che si percepisce sono le geometrie un pochettino più chiuse, legate anche alla forcella più bassa. Ottima l’efficienza in pedalata invece, sui rilanci la bici schizza via che è un piacere anche con ammortizzatore aperto.
Uncle Jimbo o Granite Chief? Quale prendere? Dipende. La Uncle Jimbo è sicuramente più performante in discesa, conferendo una sensazione di sicurezza e di burrosità superiore alla Granite Chief. La Granite sembra invece più propensa alla pedalata, situazione in cui ci è sembrata più performante. A voi la scelta!
Il primo giorno, dopo la presentazione avevamo un’oretta e mezza prima di cena. L’ideale per provare una bici come la Dr. Z, una marathon perfetta per i singletrack di fondovalle molto XC oriented. Ci cambiamo i vestiti “civili” con quelli da bici, indossiamo casco e partiamo, niente zaino, niente ginocchiere in pieno assetto XC.
La prima impressione della Dr. Z è di un’ottima pedalabilità. Specialmente con le sospensioni bloccate la bici è bella rigida e reattiva, soprattutto sulle salite con fondo compatto. Non sarà una scheggia sui rilanci (non è quello l’obiettivo di una marathon), ma come efficienza in pedalata nulla da dire.
Dopo aver gironzolato sui sentieri di fondovalle, vediamo un itinerario ad anello con circa 500m di dislivello, in parte asfaltato in parte sterrato. Non abbiamo più molto tempo (circa un oretta), ma decidiamo di provare lo stesso. Tanto la bici va forte, quindi si sale in fretta.
Il primo tratto di salita è molto ripido, ma la posizione distesa della Dr. Z è perfetta: con il busto così disteso si ha un’ottima efficienza in pedalata e la bici non si impenna neanche a tirare il manubrio apposta verso l’alto. Su sterrato, con l’ammortizzatore e la forcella in posizione intermedia, si ha un ottimo compromesso tra comfort e performance in pedalata. Lo sterrato e la salita finiscono in un batter d’occhio, siamo saliti in molto meno tempo di quello che avevamo previsto, a dimostrazione che la bici va forte in salita. E non siamo neppure tanto stanchi, perchè tutto sommato è anche comoda.
Arrivati in cima, vediamo le piste del bike park. Non abbiamo certo bici adatte a quest’uso, ma non conosciamo altri sentieri, quindi decidiamo di tentare la fortuna sulla prima pista che troviamo. Solo dopo scopriremo essere la più difficile.
All’inizio la posizione molto distesa ci lascia un po’ titubanti: sembra di essere sempre al limite del ribaltamento. In realtà è però solo un’impressione perchè far impuntare le ruote da 29″ è veramente molto difficile. Se lasci correre la bici senza frenare, le ruote passano su tutto. La Dr Z è molto leggera e reattiva ovviamente, ma ci ha permesso di affrontare in sella anche una discesa molto impegnativa. Questo è un segnale che oltre a salire bene se la cava anche in discesa. Unico problema sono state le gomme, per niente adatte alle viscide radici del tracciato.
Un mezzo interessante insomma, pensato per andare bene in salita ma che ci ha sorpreso anche in discesa.
Sebbene ancora allo stato di prototipo, con telaio grezzo e nome scritto con il pennarello indelebile sopra, abbiamo avuto modo di provare anche la Root Miller Supertrail.
La Supertrail è una versione incattivita della Root Miller tradizionale, una trail bike da 130mm con ruote da 29″. Invece di una forcella con steli da 32mm e 130mm di escursione, la Supertrail monta una solidissima Pike da 140mm, configurandosi quindi come una AM a tutti gli effetti.
Abbiamo provato la Root Miller su due percorsi, più corti dei precedenti. Il primo è un tortuoso singletrack in discesa tutto curve a gomito. Il secondo un tracciato più discesistico con un paio di salti, diversi tratti ripidi e numerose radici.
Partendo dal singletrack più tortuoso non possiamo che notare subito una certa pigrizia nella bici nell’affrontare le strette curve a gomito del tracciato. Non credo esista percorso peggiore per una 29″: il sentiero è costituito da decine di curve piuttosto strette senza appoggio e da affrontare a medio alta velocità facendo correre la bici. Il responso è inesorabile: rispetto alla Uncle Jimbo ed alla Granite Chief, la Root Miller è più impacciata in questa situazione.
Quando però passiamo al tracciato più discesistico, le carte in tavola cambia. Sulle radici e sullo scassato le ruotone, che prima erano di impiccio, agevolano rendendo molto fluida e sicura la marcia. Basta solo tirare dritto, la ruota anteriore da 29″ assistita dalla Pike passa su tutto.
Nonostante la limitata escursione la bici ci è piaciuta. Sebbene abbia solo 130mm al posteriore, non ci ha mai deluso in discesa, neanche nei tratti più impegnativi. Ovviamente non è una bici da enduro, ma nella sua categoria (trail-all mountain) è sicuramente un mezzo interessante.
Da provare sicuramente in salita: ha tutte le carte in regola per essere un’arrampicatrice da 10 e lode, specialmente sulle salite più tecniche e scassate.
PHOTO: Irmo Keizer
TESTO: Daniel Naftali
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