Rustick alla Megavalanche di La Reunion

Quest’avventura è stata semplicemente una delle più belle della mia vita. Sono partito da solo dall’Italia e dopo pochi giorni conoscevo già metà isola, ogni momento è stato prezioso per imparare qualcosa di nuovo dagli abitanti di questo paese. Mi sono innamorato della natura e dei paesaggi e in sella alla mia bici ho sfruttato ogni occasione di puro divertimento. Ma non solo, durante questa avventura non sono mancate le occasioni per fare un altro viaggio, uno più introspettivo, dettato da dialoghi interiori. A farmi compagnia solo la mia biciletta, ah… se potesse parlare!
Un’esperienza che consiglio vivamente a tutti, non appena avete occasione, partite, buttatevi in nuove esperienze e scoprite il più possibile.
Ci sono avventure che nascono per caso, ed è proprio così che è nata questa esperienza.


Come nasce un viaggio


.

Alla fine di una stagione fantastica, ancora sull’onda dell’entusiasmo, mi reco dal mio allenatore per bere un caffè. Come previsto, dopo pochi istanti accantoniamo i convenevoli e affrontiamo argomenti più scottanti, come gare invernali e avventure fuori Europa, in poche parole la mia ragione di vita!
È sorprendente come delle idee nate causalmente davanti a un caffè si possono trasformare in occasioni da sfruttare al volo; due le opzioni discusse.

La prima idea è quella di un viaggio in direzione dell’Ile de la Reunion, isola sperduta nell’Oceano Indiano dove ogni anno viene organizzata una spettacolare Mega-Avalanche, con partenza sul vulcano del Maido e arrivo al mare: una sfida adrenalinica in stile motocross!
La seconda proposta è un viaggio verso il Cile con la partecipazione alla Andes-Pacifico, una gara di enduro dalla durata di sei giorni con un totale di oltre 10’000 metri di dislivello positivo! Una sfida mentale e fisica che mi ha sempre affascinato, per non parlare della curiosità di visitare le Ande.

Di fronte a queste due opportunità, entrambe allettanti, non è semplice fare una scelta, per cui lascio prendere la decisione al mio coach. Mi fido di lui. La sua risposta è secca e convincente: „Allora Stefano, iniziamo con l’Africa, quando rientri, se riuscirai con lavoro, soldi e allenamenti prepareremo anche il Cile…“
Poche ore più tardi mi ritrovo in palestra con un nuovo programma di allenamento.

La preparazione

Ci sono giorni che viene da piangere al pensiero di prendere la bici e uscire ad allenarsi. Non è sempre evidente trovare la giusta motivazione per affrontare lunghe sessioni di allenamento, ma è fondamentale per essere pronti il giorno della gara.
Avete idea di quanto sia faticoso tenere e guidare la bici per un’ora, in discesa, fra rocce, radici, sassi buche e rilanci?
È per questo motivo che mi preparo meticolosamente; affrontare 2500 metri di dislivello negativo non è di certo una passeggiata, sono necessarie molte sessioni in palestra e lunghi giri in bici, anche da quattro ore.
Ma la preparazione a una gara non è solo atletica, anzi, è anche la capacità di far conciliare lavoro, scuola, amici, famiglia e ragazza, preparare valige, passaporto e go pro, prenotare alberghi e biglietti aerei in base al budget a disposizione, organizzare ricambi, materiale tecnico, pensare alla logistica, non scordarsi di fare le vaccinazioni necessarie, ricordarsi i medicinali e… chi più ne ha, ne metta!
Insomma, organizzare un’avventura in Africa richiede impegno, tempo e pazienza.

Il viaggio

Decollo da Parigi alle 19.30 di venerdì sera, a farmi compagnia la musica degli AC/DC e dei Sex Pistols e tanta motivazione. Guardo fuori dal finestrino e mi sento come un bambino seduto sul sedile posteriore della macchina dei genitori in attesa di partire per le vacanze. Un mix di trepidazione ed emozione.
Mi perdo ad ammirare una Parigi illuminata, con la sua dominate tour Eiffel che diventa sempre più piccola man mano che l’aereo prende quota, mi rilasso, chiudo gli occhi e soddisfatto cado in un sonno profondo.
Al mio risveglio, guardo nuovamente fuori dal finestrino e mi ritrovo ad assistere a una bellissima alba, il sole sembra baciare le suggestive montagne africane. Mi sento fortunato.
Dopo 11 ore di volo, atterro a St. Denis, paese dove si trova l’aeroporto dell’isola e, con occhi curiosi, ammiro il vulcano che ospiterà la partenza della gara: è amore a prima vista…

Le mattine

Avete mai provato quella fantastica sensazione di alzarsi dal letto con una carica vitale e una felicità tale da condizionare l’intero universo? Le mie giornate iniziano così: felice ed emozionatissimo.
Per la prima volta nella mia vita, mi trovo nel bel mezzo dell’Oceano Indiano, alle pendici di un Vulcano, con 35 gradi a Dicembre.
Ogni santa mattina punto la sveglia alle 04:00, ma è il prezzo giusto da pagare per raggiungere in tempo la cima del vulcano e ammirare l’alba. Lo scenario è incantevole, il sole illumina lentamente tutte le creste della montagna dal cuore di lava.

Le discese

Il sentiero della gara è semplicemente spaziale, fisicamente massacrante ma mentalmente estasiante.
Casco in testa, è ora di provare per la prima volta la pista. Inizio la discesa ed è subito un mix di emozioni, da una parte mi sento come un bambino iperattivo a cavallo della sua bici, dall’altra come un turista affascinato dalla naturale bellezza del luogo che lo ospita.
La discesa che dal Vulcano porta al mare è semplicemente straordinaria in quanto presenta almeno sei tipologie di sentieri diversi, con stili di guida e terreni in continuo mutamento.

L’umidità della notte rende i lastroni di lava scivolosi, da qui nasce il soprannome “Ghiacciaio Africano”. In effetti…avete mai visto una mega-avalanche senza ghiaccio? Così, con alcune divinità nelle tasche dei miei pantaloni, affronto la discesa con il solito Rustick style. Le difficoltà sono dietro l’angolo: mantenere il controllo della bici è praticamente impossibile, la bici scivola e la sensazione è quella che “scappa via”, insomma tenerla dritta è un’impresa e in un attimo mi ritrovo a giocare qualche Jolly. Tra adrenalina e risate isteriche, mi sembra di essere davvero su un ghiacciaio! Siete liberi di pensare di avere a che fare un matto (di quelli giusti), ma vi assicuro che provare delle sensazioni così belle in bicicletta è raro. Assaporo ogni secondo, priceless.

Terminato il “Ghiacciaio Africano”, il trail continua con un sentiero da favola mai provato prima: selvaggio e immerso nella foresta tropicale, con un flow talmente naturale e suggestivo che mi sembra di vivere alcune scende di un film ambientato nella jungla.
Si tratta di un sentiero tecnicamente complesso e tosto, radici e sassi rompono ritmo e velocità e mi ritrovo ad affrontare tratti flow con saltini e sponde, alternati a tratti più lenti e tecnici su roccia. Sono trenta minuti di puro godimento e, una volta terminata questa fase, si inizia a pedalare con rilanci e picchiate in discesa da paura in mezzo alle piantagioni di canne da zucchero. Affronto drittoni che portano a raggiungere velocità folli, seguiti da curve che nascondono altri tratti di salita e così via, fino al mare. Questa seconda parte di discesa non è difficile, anzi, ma dopo trenta minuti con il cuore in gola e i muscoli sfiniti dalle vibrazioni, governare la bici non è assolutamente semplice.

Questo se si mantiene un ritmo da gara, se invece si affronta la discesa con più tranquillità, la si termina sicuramente stanchi, ma non è così impegnativa come la descrivo.
Impiego oltre cinque ore per arrivare in fondo, alterno tratti con velocità stile moto GP a momenti da turista, mi fermo infatti spesso a fotografare e filmare animali, paesaggi e vegetazione… è peccato non prendersi un attimo per ammirare lo spettacolo che madre natura ci ha donato!
La giornata non può che concludersi in bellezza, la community della mega-avalanche ha pensato a tutto, aperitivi, cene e romantiche serate in spiaggia… non resta che farmi sopraffare da un ambiente sereno e amichevole.

Les Jillet Jaune e l’annullamento della gara

Les Jillet Jaune sono un gruppo di persone che hanno dato vita a un movimento popolare apolitico, nato per protestare contro gli aumenti di tasse e carburante imposti dal presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron.
I manifestanti bloccano il porto, l’aeroporto e le principali infrastrutture. Il paese è paralizzato, ci sono pochi servizi, benzina e cibo in circolazione.
Per questo motivo i responsabili decidono di annullare la gara, non ci sono le condizioni giuste per garantire la sicurezza ai partecipanti, scarseggiano benzina e beni primari e con le infrastrutture bloccate i soccorsi sarebbero molto difficili.
Meglio non rischiare, anche se non avete idea di quanto mi piange il cuore a pensare a tutti i sacrifici, alle ore di allenamento, all’impegno economico, al tempo rubato al lavoro, agli amici, alla ragazza, alla famiglia. Non mi faccio sopraffare dallo sconforto, in fondo fa parte del gioco. Decido quindi di godermi la vacanza con un’altra prospettiva, più da turista avventuriero anziché come atleta con l’obbiettivo di fare bene.

Le prove, le qualifiche e la manche di gara (annullate)

Non è la politica a fermare la voglia di sgasare sui sentieri del vulcano e così, nonostante l’annullamento della gara, decido di salire assieme agli altri riders a provare il percorso della gara.
Durante le prove e la “finta gara”, provo quella bella sensazione che vivo quando riesco a guidare ed azzeccare tutte le linee. Quando cerco di superare un passaggio tecnico, sento la paura che sale, spengo la mente e mi butto… ed è proprio in quel momento che mi sembra di vivere un vuoto di memoria, accompagnato dalla sensazione di avere lo stomaco in gola. Poi apro gli occhi e… yeah boy, ci siamo! In un secondo mi ritrovo a passare dalla paura all’estasi! Ed è proprio questo che cerco da una gara di Downhill Marathon Mass Start!
Normalmente queste sono le sensazioni che provo durante una gara, ma quando si cerca di seguire campioni della specialità come Remy Absalon, Cedric Gracia o Nico Quere in allenamento… le emozioni sono decisamente amplificate! Povere mutande…

Il viaggio di ritorno

È ora di tornare a casa e ho il morale sotto terra, sono innamorato di questo simpatico posto selvaggio e della sua calda atmosfera. Ho trascorso otto giorni indimenticabili, ho “raidato” la mia bici per sette giorni, ho conosciuto almeno cento nuove persone, ho percorso sentieri amazing e che ho scattato 1235 foto e 168 giga di video.
Guardo fuori dal finestrino dell’aereo e ammiro l’oceano in tutta la sua ampiezza, cullato dalla tranquillità che questa visione mi trasmette, chiudo gli occhi e mi ritrovo a scorrere con la mente tutti i momenti vissuti come se fossero diapositive, i ricordi ruotano ininterrottamente pensando alle emozioni provate.
Il mio vicino di viaggio scorge un sorriso sulle mie labbra, non sa che sto già programmando un 2019 scoppiettante!

Potete seguire Stefano “Rustick” Poletti su Instagram.

Storia precedente

Bici della settimana #289: la Cannondale Scalpel di Whattis

Storia successiva

[Test] Casco Smith Forefront 2

Gli ultimi articoli in Report e interviste

L’effetto Rapha

Se penso al marchio che più ha rivoluzionato il mercato della bici negli ultimi 20 anni…