Samarathon, prologo: la famosa pioggia nel deserto

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Un saluto a tutti da Timna Park! Siamo presso la miniera di rame più antica del mondo, vecchia di 6.000 anni, nel sud di Israele, ad un passo dal confine con la Giordania e l’Egitto, fra montagne che ricordano quelle dello Utah, se non altro perché ci troviamo nel deserto per correre la Samarathon 2017.

Timna park. Chi ha la tenda, e chi dorme in una tenda beduina come noi. Una specie di camerata con tappeti per terra, riscaldata.

Si tratta di una gara a tappe di 3 giorni, a coppie, il cui motto é “the desert race”, cosa che fa pensare a temperature estive e cammelli vaganti. I cammelli ci sono, la temperatura ricorda di più quella delle Alpi, visto che stamattina c’erano 4° e nuvole minacciose all’orizzonte.



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Ma cominciamo dall’inizio. Ieri io e il prode Andrea Sicilia siamo arrivati in quel di Tel Aviv da Roma e Milano, con due voli diversi. È all’aeroporto israeliano che lo incontro, con la sua borsa rigida da bitumaro in cui è riuscito a farci stare una full.

Ci imbarchiamo su uno shuttle guidato da un simpatico russo che si è trasferito in Israele 25 anni fa, e ci fa venire il mal di mare per la guida, per raggiungere Mizpe Ramon, dove ci accoglie un’enorme stufa. Fuori tira un vento da 60 km7h e ci sono 5°. Manca solo la grolla dell’amicizia e potremmo essere in Valle d’Aosta (fa buio, i monti non si vedrebbero lo stesso).

Mangiamo, e ci piazziamo in un corridoio vicino alla reception per montare le bici. I controlli puntigliosi alla partenza dall’Italia non hanno risparmiato le nostre bici, rimesse nelle borse senza troppa cura. Andrea trova un raggio della ruota posteriore rotto. Lo lega a quello vicino, sperando che tenga.

Il mattino dopo ci uniamo ad altri 10 giornalisti europei per raggiungere il punto di partenza del prologo, situato da qualche parte nel deserto (qui trovate la traccia). Saremo sui 10°, ma il vento comincia a tirare con forza, e le nuvole si avvicinano. Ritiriamo i pettorali e ci mettiamo al riparo dall’aria dietro le borse per le bici, in attesa del nostro orario di partenza.

Per fare il riscaldamento giriamo in zona e troviamo un bel singletrack che si inerpica sui cucuzzoli qui intorno. Scopriamo così che i local hanno costruito decine e decine di km di percorsi per le MTB, e oggi ne percorreremo una decina in gara.

Il prologo è lungo solo 22km per 200 metri di dislivello, ma sia io che Andrea dobbiamo prendere confidenza con il terreno secco e sdrucciolevole, quindi… partiamo a tutta! Non abbiamo foto della gara, anche perché fermarsi sudati con quel freddo non è esattamente una cosa furba, inoltre Andrea tira come un bue nei tratti in pianura controvento, esattamente quelli che io odio di più (è anche il motivo per cui gli ho chiesto di venire con me, haha).

Superiamo diverse coppie, nessuna ci raggiunge. Il percorso è divertente, a parte quando comincia a piovere (!), ma il terreno rimane asciutto. Pioverà 1 volta all’anno qui, dunque ce ne vuole prima che non riesca più ad accogliere acqua. Noi abbiamo beccato quella 1 volta. Non male.

Il percorso è filante, anche su singletrack, ma in certi tratti è molto suggestivo perché si passa in canyon in cui si vede solo la linea del sentiero sparire all’orizzonte. Spingiamo per un breve tratto dove la risalita da uno dei suddetti canyon si inerpica per delle rocce non fattibili in sella, per il resto pestiamo quanto possiamo. Io mi sono portato dietro un simpatico raffreddore con un po’ di febbre, non è la mia giornata migliore, quindi lascio che Andrea si diverta a spezzare il vento del deserto.

Traguardo, ci cambiamo e mangiamo due ciotole con lenticchie e riso (anche in previsione della notte fredda, almeno abbiamo il gas). Anzi Andrea se ne fa tre, di lenticchie pure. Non gli piace il riso…

La bici di Andrea

Non sappiamo ancora i risultati, ve li diremo dopo la cerimonia serale quando verranno comunicati. Intanto eccovi le nostre bici. Io sono uno dei pochi con una front, e oggi ho anche capito perché: il terreno è duro e pieno di sobbalzi. Niente di massacrante, ma in certi frangenti una full avrebbe fatto comodo.

La mia bici. Le ruote Noxon Nitro sono in test, a breve la prova.

Ho montato delle Maxxis Ikon 2.2 così che scorrano bene su questi tracciati veloci, oggi mi sono trovato davvero bene, anche in termini di grip. Il reggisella telescopico è stato praticamente inutile.

Andiamo quindi ad un kibbutz dove domani partirà la seconda tappa, per lasciare le bici in custodia. Il cielo è da giudizio universale.

Il kibbutz è uno spettacolo, tutto ecologico. Pensate che i muri che vedete in foto sono fatti di fango (o qualcosa di simile).

Ci sono diversi partecipanti che girano su semifat, e addirittura uno con una fat e SRAM Eagle. Meritava una foto.

Il kibbutz è pensato anche per le famiglie, con un parco giochi fatto con materiali riciclati, fra cui un vecchio maggiolone e tutto assolutamente ecologico.

Ancora 30 min di autobus e arriviamo a Timna. Fra poco è pronta la cena (lenticchie?), di sicuro ci saranno datteri a volontà, visto che tutte le palme nella vallata sono da dattero. Sono molto buoni, bisogna ammetterlo.

Più tardi vi diciamo in che posizione siamo arrivati. Domani ci attende la tappa regina di 80 km e 1100 metri di dislivello. Dovrebbe esserci il sole, sul vento non so, ma tanto metto davanti Andrea!

EDIT: primi di categoria (master) e noni assoluti!

Commenti

  1. Ciao Marco, nella quarta foto partendo dal basso (quella delle bici nel paddock generale) sembra di vedere molte selle di una stessa tipologia. Potresti fornirci ulteriori dettagli eventualmente?
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