di Daniel Naftali

Quando si parla di una bicicletta, la prima cosa di cui si discute sono i mm di escursione. 80, 150, 200 spesso si tende anche a classificare le bici in base a questo parametro. Alla fine però, è veramente così importante? L’escursione influenza in modo così determinante il comportamento della bicicletta o ci sono anche altri aspetti da tenere in considerazione? E’ vero che tanta escursione ci fa andare più forte in discesa?

L’escursione alla ruota

Cominciamo dalle basi, che cos’è l’escursione?

L’escursione alla ruota è la lunghezza che la ruota è in grado di coprire quando la sospensione arriva a fine corsa. Quanto più la ruota è in grado di muoversi verso l’alto, quanti più saranno i millimetri di escursione.

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Per prima cosa partiamo dall’avantreno. L’escursione alla ruota in questo caso coincide direttamente con l’escursione (o corsa) della forcella. I 180mm di escursione della Talas 36 in foto significano che la ruota può muoversi, in direzione parallela alla forcella, di 180mm.

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Nel caso invece della sospensione posteriore, il discorso è più complicato. La ruota non è fissata direttamente all’ammortizzatore, ma tra di loro c’è un sistema di aste e bielle che moltiplica il movimento. Solitamente il movimento della ruota è maggiore rispetto a quello dell’ammortizzatore di 2-3,5 volte. Questo permette agli ammortizzatori di essere più piccoli e più leggeri. Si distinguono due parametri quindi: l’escursione posteriore (misurata alla ruota) e la corsa dell’ammortizzatore. Facendo il rapporto tra il primo ed il secondo si ottiene il rapporto medio di compressione del carro, caratteristica importante per capire quanto è “stressato” l’ammortizzatore.

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Vediamo ora di capire in che modo può una sospensione aiutarci nella guida fuoristrada. Nella MTB i percorsi sono per loro natura accidentati ed irregolari. La presenza di una sospensione permette alla ruota di muoversi liberamente rispetto al resto del telaio ed al biker. Questo comporta molteplici vantaggi:

  • La ruota rimane attaccata al terreno, non rimbalzando da un ostacolo all’altro. Tende insomma a seguire il contorno degli ostacoli assicurando quindi sempre il grip necessario per pedalare, curvare o frenare. Il controllo della bici migliora notevolmente rispetto ad una ruota che passa buona parte del suo tempo per aria, proprio perché quando non c’è contatto con il terreno non c’è grip.
  • La sospensione è in grado di assorbire gli ostacoli, filtrando le sollecitazioni che vengono trasmesse al biker. La sensazione è quella di percorrere un terreno più liscio e regolare. Anche quando si salta la sospensione riesce a rendere più morbido e delicato l’atterraggio, stressando meno il biker ed il telaio.
  • Il fatto che la sospensione assorba le sollecitazioni indotte dal terreno (che tenderebbero a far variare la direzione del moto del biker) fa si che si disperda meno energia sugli ostacoli e si possa mantenere la propria velocità senza subire eccessivo rallentamento, anche quando si affrontano tratti sconnessi. Questo è però vero solo a condizione che la sospensione sia correttamente tarata, sia in ritorno che soprattutto in compressione. Un setup sbagliato può ottenere l’effetto esattamente contrario: la bici rallenta.

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Risulta a questo punto piuttosto scontato che una sospensione con più corsa è in grado di assorbire meglio gli ostacoli. Sugli ostacoli più piccoli infatti l’assorbimento sarà migliore perché avendo a disposizione una maggior corsa, la sospensione potrà risultare più morbida nella prima parte. Sugli ostacoli medio-grossi i centimetri in più fanno ovviamente la differenza, permettendo di assorbire completamente ostacoli anche grossi. Se abbiamo 200mm di escursione ed in contriamo un sasso da 17cm la nostra bici lo assorbirà (quasi) completamente, se invece abbiamo 150mm a disposizione solo in parte.

In pedalata

Abbiamo insomma scoperto l’acqua calda: una bici con maggior escursione assorbe meglio gli ostacoli. Che novità: non a caso le bici da DH hanno escursioni anche al di sopra dei 200mm.

Se per la discesa pura avere anche 220mm comporta molti vantaggi, quando si pedala l’escursione gioca invece un ruolo negativo.

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Come prima cosa, quando si pedala una full ci sono alcuni fastidiosi fenomeni di dissipazione di energia quali il bobbing e lo squat. Non scendieremo nei dettagli. Diciamo solo che, quando spingiamo sui pedali, una parte dell’energia che noi forniamo viene dissipata tramite movimenti indesiderati della sospensione che limitano l’efficienza della pedalata.

Risulta facilmente comprensibile che, minore è l’escursione della sospensione, minori saranno questi movimenti indesiderati e minore di conseguenza sarà l’energia dissipata. Esisono ovviamente soluzioni tecniche per limitare questi fenomeni, ma a parità di schema di sospensione, una minor escursione determina una miglior resa in pedalata.

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Un secondo problema molto grave dei telai “long travel” è quello dell’aumento di sag in salita. Quando aumenta la pendenza, il baricentro tende a spostarsi all’indietro, caricando quindi la sospensione posteriore. Il risultato è che, essendo caricata maggiormente, la sospensione affonda di più, ovvero aumenta il sag. Questo implica delle importanti variazioni geometriche: l’angolo sterzo si apre, l’angolo sella risulta più disteso. Il risultato è che la bici tende ad impennarsi, costringendo il rider ad abbassare il busto assumendo una posizione non molto comoda per pedalare.

Naturalmente maggiore è l’escursione, maggiore sarà l’abbassamento dovuto al trasferimento del peso, per cui biciclette con tanta escursione tenderanno a “sedersi” maggiormente in salita, creando non pochi problemi di pedalabilità.

Se su squat e bobbing si può intervenire con apposite soluzioni nella cinematica della sospensione o con le piattaforme stabili, la variazione di carico in salita è un fenomeno contro cui si può fare ben poco. L’unica soluzione è quella adottata da Cannondale e Scott: limitare la corsa dell’ammortizzatore.

Escursione e geometrie

Un errore molto comune quando si analizza una bici è di valutare solo l’escursione, senza considerare le geometrie. “Ha 160mm, quindi è un enduro”. Il ragionamento di per se non è sbagliato: si tratta di un buon parametro per stilare una prima classificazione, ma non è sufficiente…

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L’escursione da sola infatti non ci dice molto della bicicletta. Oltre agli effettivi mm alla ruota, il comportamento complessivo della bici è fortemente influenzato da:

  • Come l’escursione viene effettivamente gestita e quindi dalle caratteristiche cinematiche dello schema di sospensione. 150mm lineari sono molto diversi da 150mm progressivi, così come un carro con elevato anti squat risulta più reattivo, più nervoso di uno con un basso anti squat.
  • Le geometrie della bici: angolo sterzo, angolo sella, altezza del movimento centrale, passo, ecc sono più influenti di qualche mm di escursione e possono fare la differenza.
  • Le caratteristiche del telaio e la componentistica: un telaio resistente, rigido, montato con componentistica gravity, è sicuramente più performante in discesa di un telaio leggero, montato con componenti extralight, il quale si esprimerà meglio in salita.

Insomma l’escursione di una bici non è sempre sufficiente per stabilirne con precisione le caratteristiche e la destinazione d’uso. Il modo migliore per capire una bici resta sempre provarla.

Quanta escursione serve veramente?

Negli ultimi anni si è vista una continua corsa ad escursioni sempre maggiori. Se fino a qualche anno fa 130mm andavano bene per freeride, oggi li troviamo su bici da marathon-trail. Quello che ci viene naturale chiederci è: abbiamo veramente bisogno di così tanta escursione?

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Gestire una bici da DH con più di 200mm non è da tutti. L’escursione aiuta a superare gli ostacoli, ma richiede una guida attiva ed una buona padronanza della tecnica. Se una pietraia può essere affrontata a 50 con una bici da enduro, con una DH può essere affrontata a 100, anzi deve essere afrontata a 100 perché altrimenti la bici si insacca, ma bisogna essere in grado di gestire questa velocità.

Allo stesso tempo biciclette con abbondante escursione richiedono percorsi molto sconnessi ed impegnativi. Non giriamo tutti sulla DH di Champery, ed una bici da DH è sprecata se usata in un percorso liscio, come quello della maggior parte dei bike park nostrani.

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Se in un bike park italiano la difficoltà di un sentiero non è neanche lentamente paragonabile a quella di un tracciato di coppa del mondo, perché vediamo girare cosi tante DH? Lo stesso ragionamento possiamo farlo in ambito enduro/all mountain: quanti sono i riders che pedalano biciclette da 160 e più mm di escursione, ma poi scendono su sentieri in terra battuta ed al primo passaggio tecnico vanno a piedi?

Servono veramente tutti questi millimetri di escursione, o è solo una moda?

Due problemi comune a molti riders sono la mancanza di tecnica e la paura di cadere. Spesso investiamo tantissimi soldi per avere biciclette super performanti, leggere e con tantissima escursione, ma ci dimentichiamo di lavorare sulla tecnica di guida. Anzi, spesso se ci sentiamo meno bravi degli altri cerchiamo di compensare con il mezzo quello che in realtà è una nostra carenza. La bici performante basta comprarla, la tecnica e la bravura purtroppo non sono in vendita… Si ottengono con l’impegno a migliorarsi e con il tempo. La bici da sola non basta, il rischio è di ritrovarci su biciclettoni di cui in realtà non siamo in grado di sfruttare neanche il 30% delle potenzialità.

Insomma è un profondo controsenso. Sappiamo tutti che per sfruttare appieno bici con grandi escursioni si deve andare forte, ma per andare forte bisogna esserne capaci. Lo stesso passaggio per essere divertente con una bici più cattiva va affrontato più forte. Maggior veloctà però richiede un miglior controllo del mezzo, visto che i tempi di reazione sono più bassi, senza contare che un’eventuale caduta avrebbe quasi sicuramente conseguenze peggiori. Cosa ci servono quindi tutti questi millimetri?

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“Eh, ma in coppa del mondo usano queste bici: un motivo ci sarà!” Noi però non siamo pro, ed il gap tecnico tra un rider professionista e chi va in bici solo per divertirsi è enorme. Per quanto uno pensi di andare forte e possa essere anche bravino, non sarà mai neanche lontanamente a livello di chi con la bici ci vive e passa le giornate ad allenarsi e migliorare tecnicamente. Abbiamo quindi le stesse esigenze? La bici che è ideale per un pro lo sarà anche per noi? Direi proprio di no…

In quest’ottica è così importante avere n-mila millimetri di escursione?

Chi fa gare ha un solo obiettivo: arrivare prima degli altri. Chi gira il weekend con gli amici ha invece come obiettivo il divertimento, il godere appieno del giro, della compagnia e della discesa. Due esigenze profondamente diverse…

Una bici con meno escursione alla fine può essere anche più divertente da guidare. Quando il mezzo mangia gli ostacoli con facilità, spesso si tende a guidare grazie alla velocità. E’ la velocità che ci aiuta a superare gli ostacoli, ci basta prendere quanto più abbrivio possibile e poi al resto ci pensano le sospensioni. La famosa tecnica “molla i freni e prega”. Una bici con meno escursione va invece guidata attivamente: sono le braccia e le gambe a dover indirizzare la bici, a farle seguire il terreno. Lo stesso passaggio che prima si affrontava semplicemente mollando i freni e lasciando correre la bici, diventa insomma qualcosa di più divertente, per quanto lo si affronti a velocità più bassa. Lo stesso sentiero, che prima era un’autostrada, diventa ora un susseguirsi di ostacoli che dobbiamo valutare, anticipare, studiare. La discesa che prima durava 5 minuti ora ne dura il doppio, è più faticosa, ma più gratificante.

Velocità più bassa significa poi minor rischio di farsi male, maggior tempo per correggere eventuali errori e quindi più margine per migliorare la tecnica. E’ infatti noto che le bici con poca escursione siano ottimi strumenti per migliorare la tecnica.

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Senza contare che avere minor escursione non vuol dire per forza andare più piano. Quando si impara a guidare attivamente, a pompare ed alleggerire la bici sugli ostacoli, i centimetri in meno di escursione diventano meno penalizzanti. Pensiamo ad esempio a molti enduristi come Jerome Clementz, Nicolas Vouilloz, Fabien Barel o anche ai nostri Andrea Bruno, Manuel Ducci o Davide Sottocornola: nonostante guidino bici da enduro, riescono a dar la paga a moltissimi pseudo downhiller.

E’ un’interessante punto su cui riflettere… Siamo veramente in grado di sfruttare al 100% la nostra bicicletta? Siamo veramente sicuri di aver bisogno di tutta quest’escursione? Forse una bici più nervosa e reattiva potrebbe farci divertire di più? Dite la vostra!

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