Siamo ormai ad inizio ottobre, ma le giornate sono ancora calde e la voglia di salire ancora una volta oltre i 3000 metri è tanta. Guardo le previsioni, venerdì ancora tempo perfetto, mentre per sabato è previsto un peggioramento con possibili piogge. Sto facendo dei lavori di ristrutturazione in casa, ho già saltato la consueta uscita del mercoledi, ma almeno un giorno vorrei proprio prendermelo. Approfitto del fatto che il venerdi la discarica è chiusa e avverto mia moglie che sabato dovrò andare a buttare un sacco di materiale, perciò andrò a farmi una pedalata venerdì anzichè  sabato. Avverto anche Roberto che questa volta gli darò buca per la nostra consueta uscita del sabato.

Bene, la giornata perfetta, forse l’ultima di questa caldissima estate, anzi caldissimo inizio di autunno, è prenotata. Ma dove andare però, per fare un bel giro oltre i tremila metri? Consulto allora la mia to do list, come sempre troppo piena di itinerari che vorrei fare, e subito mi salta all’occhio un giro segnato ormai da tanti anni: salire al passo dello Stelvio fuori asfalto, poi salire oltre i tremila metri, e fare una fantastica discesa sul Tibet trail, quest’ultimo già fatto ma bellissimo, sia per il sentiero che per il panorama!

Per salire allo Stelvio fuori asfalto non c’è che una strada abbastanza pedalabile, ovverosia il famoso Goldseeweg, il sentiero del lago d’Oro, che ho percorso ormai tanti anni fa in discesa e ormai sfruttatissimo dalle migliaia di biker che salgono con gli shuttle per poi tornare in bici a Glorenza o Prato dello Stelvio. Banale perciò farlo in discesa, invece il fatto di farlo al contrario mi incuriosisce di più.

Il Goldseeweg è vietato alle bici dalle 9 alle 16, per non creare conflitto con i numerosissimi escursionisti che ci passano, ma prima delle 9 non riuscirò certo ad essere su, e comunque ormai siamo ad ottobre e i turisti sono molto pochi. In ogni caso cerco di partire presto, alle 6.15 ancora col buio parto in auto da casa e alle 7.15 sono pronto a partire da Gomagoi, a 1250 metri. La giornata è splendida, ma parto con 5°. Non mi vesto lo stesso molto, sia perché si parte subito in decisa salita e sia perché so che, appena il sole mi darà il buongiorno, l’aria si scalderà in pochissimo tempo. Comincio a pedalare e mentre salgo i primi raggi di sole tagliano orizzontalmente la val Venosta.

Sotto di me la bella chiesetta isolata di San Martino e dietro la valle di Solda.

Mentre pedalo con calma sulla bella forestale che sale al rifugio Forcola, ecco che il sole comincia ad illuminare il bosco, con i suoi colori ormai autunnali.

È più di un’ora che pedalo all’ombra e al fresco e devo dire che aspettavo il sole con impazienza per riscaldarmi un po’.

Dopo quasi due ore sono al rifugio Forcola a 2150 metri, l’aria comincia ad essere più calda e mi concedo un bel cappuccino sulla terrazza, in effetti una delle colazioni con il panorama più bello che si possa avere, proprio di fronte all’Ortles.

Per esperienza so che il caffè mi darà un’ora buona di “sprint”, perciò faccio acqua e riparto subito, in modo da sfruttarne al massimo l’effetto benefico. Da qui comincia subito il Goldseeweg, la prima parte è abbastanza pedalabile, ma dopo un quarto d’ora il sentiero si impenna e non resta che caricarsi la bici in spalla, salendo con un panorama sempre più autunnale, con l’erba ormai bruciata che fa da contrasto al bianco del ghiacciaio.

Ogni tanto il sentiero spiana un po’ e si riesce a pedalare, sempre al cospetto del “re” Ortles.

Dopo una curva ecco il ghiacciaio dello Stelvio e vedo il punto dove dovrò arrivare.

Comincio ad incrociare i primi biker partiti dal passo, che mi guardano in modo strano, sia perché sto andando, per loro, alla rovescia, sia per la fat bike con la quale sto salendo e mi chiedono se sto facendo tanta fatica. Quando però prendono in mano la mia bici, e notano che è più leggera delle loro all mountain-enduro, fanno delle facce ancora più strane, ormai ci sono abituato e mi diverto un mondo. Circa ai 2600 metri finisce il portage e inizia il tratto più bello, un sentiero con pendenze ridotte pedalabile per la maggior parte.

Improvvisamente un forte rumore invade la valle, è un elicottero che sta partendo un centinaio di metri sotto al sentiero e riconosco i colori del pronto soccorso alpino. Il giorno dopo leggerò sul giornale che un biker è caduto in un tratto esposto ed è stato ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Merano.

Sono ormai a 2700 metri, e nelle parti esposte a nord non si è ancora sciolta la neve caduta qualche giorno prima.

Più si sale, più il sentiero diventa flow e più aumenta il divertimento.

Un ultimo tratto innevato e sono al rifugio Garibaldi a 2850 metri, ormai chiuso, ma la vista della strada dello Stelvio dall’alto è particolare.

Subito dopo, invece, arrivo al passo dello Stelvio con le sue orrende costruzioni, e dopo 5 ore passate da solo in mezzo alla natura, non è certo un bel vedere. Subito sopra, la strada con pendenze micidiali che dovrò affrontare per arrivare oltre i tremila.

Scendo al passo sul sentiero, breve ma tecnico, scappo veloce dall’invasione di motociclisti, botteghini di futili ricordi e sgorbi architettonici e salgo molto lentamente sulla strada ripidissima e fangosa. Sono costretto a fare varie soste per riprendere fiato, ma ormai non manca tanto e in breve passo la Baita Ortler e raggiungo la fine della strada a 3020 metri. Da qui il panorama è formidabile sulle alpi di confine e l’Ortles.

La temperatura è incredibilmente calda a questa quota per essere ottobre, mi cambio con calma mentre mangio un panino, indosso le protezioni e sono pronto per una delle discese più tecniche, divertenti e panoramiche delle alpi, oltre che delle più lunghe con i suoi 1700 metri di dislivello!

La prima parte non la conosco, si scende infatti fino al rifugio Tibet  lungo una pietraia micidiale su un sentiero non segnato (per fortuna ho la traccia gps, anche se con il bel tempo, come oggi, si può navigare a vista). Da sopra al Tibet in poi comincia il vero sentiero, ed è veramente godurioso, con tante curve su pietraia sempre di fronte all’Ortles.

Si può scendere veloci, questa è la parte più spettacolare, grande divertimento e grandi panorami!

Più si scende e più il sentiero diventa tecnico, con stretti tornanti dove il nose press è obbligatorio, fino all’albergo Franzenshohe, dove invece è d’obbligo riprendersi un attimo dal grande impegno della discesa con una birra e uno strudel!

Riprendo e entro nel bosco, il sentiero è scorrevole e divertente e si scende veloci, sembra disegnato apposta per le bici. Poi la pendenza aumenta e i tornanti si infittiscono, inizia un tratto molto impegnativo fino a raggiungere il rio Trafoi. Un tratto di strada e poi ancora il sentiero che corre lungo il rio, con qualche su e giù che, dopo la giornata intensa, risulta impegnativo. Il sentiero prosegue fino a Trafoi e alla fine del paese esce sulla strada. Cinque minuti di discesa sulla statale e arrivo a Gomagoi, al parcheggio vicino al vecchio forte.

Che giornata, sentieri in abbondanza, e di quelli tosti come piacciono a me, sia in salita che in discesa. E poi il tempo perfetto, poca gente in giro e un panorama che non ha eguali sulle Alpi!

Mentre torno verso casa, le prime nuvole cominciano ad imbiancare il cielo, domani sarà brutto tempo ed io penso a quanto sono stato fortunato a godere di questa fantastica giornata.

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