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Ogni anno in val Senales si ripete un rito antico: la transumanza. Migliaia di pecore salgono lungo la valle di Tisa e, superato il ghiacciaio, raggiungono i pascoli della valle di Vent, in Austria. Questo è possibile grazie ad un diritto risalente a molte centinaia di anni fa. Già nel 1415, infatti, un documento sancì il diritto di pascolo per gli abitanti della val Senales nella valle austriaca. Il diritto di pascolo rimase in vigore anche quando, dopo la prima guerra mondiale, il confine venne posto proprio sul passo fra le due valli. Il trasferimento delle pecore agli alpeggi avviene in giugno, la data varia a seconda della quantità di neve ancora presente sul ghiacciaio e delle condizioni meteorologiche. I pastori, per superare il ghiacciaio posto ad oltre tremila metri, utilizzano due vie, una da Vernago, attraverso il Giogo basso presso il rifugio Similaun e l’altra da Maso Corto, attraverso il Giogo alto vicino al rifugio Bellavista. Complessivamente oggi effettuano la transumanza circa 4000 fra pecore e capre, una volta molte di più.
I pastori procedono tenendo in mano alcuni agnellini, in modo che le madri seguano il belato degli agnellini e facciano muovere tutto il gregge.
Provengono dalla val Senales ma anche dalla val Venosta e salgono lungo sentieri utilizzati già dalla preistoria, come dimostra il ritrovamento di Oetzi, la famosa mummia del Similaun, nel 1991. Già all’alba si forma una interminabile fila di pastori, cani e pecore che superano con sicurezza i punti più esposti anche se ancora innevati. Una delle cose che colpisce maggiormente è la stridente differenza fra il belare e il tintinnare dei campanelli intervallati dall’abbaiare dei cani e il paesaggio brullo e spoglio di queste maestose e imponenti montagne solitamente avvolte nel silenzio. Ogni bestia è stata contrassegnata con vernice colorata in modo che il proprietario possa riconoscerla in mezzo alle altre migliaia, quando in settembre avrà luogo il ritorno a casa.
Siamo in piena estate, le pecore sono già in Austria da parecchio tempo, ma i sentieri sono sempre li. E in questo periodo sono completamente sgombri dalla neve. Quale occasione migliore per seguire la via della transumanza con le nostre mountain bike?
Roberto ultimamente si diletta ancora più di me a cercare di scoprire nuovi itinerari da percorrere in bici e si inventa allora un percorso pretenzioso ma molto affascinante: passare due ghiacciai in un giorno seguendo le vie dei pastori. La seconda parte è quella più “facile”, si tratta infatti di risalire la valle da Vent fino ai 3019 metri del rifugio Similaun, tratto che entrambi abbiamo già percorso più volte, mentre il problema più grosso sta nel salire da Maso Corto fino al rifugio Bellavista, salita che secondo me bisognerà fare per la maggior parte con la bici in spalla. Invece Roberto mi rassicura, infatti, da bravo esploratore, ha già percorso quel tratto in senso contrario e secondo lui le parti pedalate, anche se molto ripide, sono la maggior parte.
Bene, il percorso è pronto, noi anche, bisogna solo aspettare una giornata di alta pressione, perché in un giro come questo, dove si pedala oltre i tremila metri, la stabilità del tempo è fondamentale. E la giornata giusta non si fa attendere, visto che quest’anno l’anticiclone africano sembra farla da padrone.
Prima dell’alba Robi e io raggiungiamo la val Senales in auto e partiamo dal lago di Vernago , un breve riscaldamento su asfalto fino a Maso Corto e poi via, si parte con la salita vera verso il Giogo Alto. E che salita, direttamente sulla pista da sci che arriva dal ghiacciaio. Il primo pezzo si riesce a pedalare ma poi bisogna spingere, e si fa fatica anche a spingere.
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Per fortuna la penitenza dura poco e quando si scollina un gruppo di cavalli aveglinesi ci attendono curiosi.
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Costeggiamo adesso il lago del Sasso rosso e i primi raggi di sole sulle montagne creano interessanti riflessi.
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La salita riprende decisa, ma riusciamo a pedalare aiutati dalla strada di servizio ai nuovi impianti da sci. Quando questa finisce, continuiamo sul sentiero che sale verso il rifugio Bellavista.
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E qui si rivelano giuste le previsioni di Robi, infatti il sentiero si dimostra più pedalabile di quello che immaginavo, certo con molti tratti da fare a piedi,
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ma altri perfettamente ciclabili anche se con tratti tecnici.
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Tutto quello che piace a noi, insomma, e poi il panorama, salendo di quota, comincia ad essere sempre più interessante e selvaggio.
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Arriviamo cosi al rifugio Bellavista, mangiamo qualcosa, riempiamo le borracce e ripartiamo abbastanza in fretta perché sappiamo che la parte più interessante avrà inizio proprio da qui.
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E infatti è cosi, subito infatti ci appare il ghiacciaio di Grawand.
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E li in cima, a 3212 metri, vedo l’arrivo della funivia del ghiacciaio
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Quanti ricordi improvvisamente si affacciano nella mia mente….ricordi di trent’anni fa, quando passavo il mese di agosto, come maestro di sci, ad insegnare ai numerosi turisti che allora si dilettavano nello sci estivo. Maestro di sci alla mattina, animatore turistico nel pomeriggio e nella notte….beh, diciamo che ho conosciuto qualche ragazza, una di queste, una bella biondina milanese qualche anno dopo è diventata anche mia moglie!
Mi fermo un attimo a guardare il ghiacciaio, per un attimo mi intristisco, ma il ghiacciaio dov’è?
Trent’anni fa, nello stesso periodo qui era tutto bianco, in fondo a destra c’era il laghetto ghiacciato, gli impianti erano in funzione e la neve brulicava di gente. Adesso non c’è più niente. Il pianeta sta cambiando in fretta…forse troppo in fretta. Però in questo momento non posso farci niente e allora penso all’altra faccia della medaglia. Una volta sciavo, adesso invece vado in mountain bike. I sentieri in quota si sono liberati dal ghiaccio. E adesso noi ne possiamo approfittare per compiere delle escursioni in mountain bike che anni fa non si potevano neanche immaginare.
Continuiamo allora a pedalare sul panoramico sentiero e in breve arriviamo al Giogo alto, 2861 metri, dove è posto il confine fra Italia e Austria.
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Adesso il sentiero ci costringe a qualche tratto a piedi su vecchie frane, ma anche a divertenti passaggi sulle rocce variamente colorate
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Stretti ponticelli si alternano a passaggi tecnici
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Sempre con vista su quel che rimane del ghiacciaio e sulla maestosa punta di Finale, proprio li dietro venne ritrovata la mummia del Similaun
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Continuiamo lungo la valle che adesso si stringe
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E comincia a diventare più ripida
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Adesso si intravede il rifugio proprio di fronte a noi dall’altra parte della valle.
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Per fortuna non dobbiamo risalire il ripido sentiero verso il rifugio, ma possiamo prendere un sentiero che costeggia il rio in piano.
La valle si stringe ancora di più
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Cavi ancorati sulla roccia alla nostra sinistra ci ricordano che in questo punto bisogna stare particolarmente attenti
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E in effetti il sentiero è piuttosto esposto, ma resta sempre pedalabile.
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Questo tratto è abbastanza lungo ma molto divertente e alla fine la valle si allarga e ci appaiono i verdi pascoli di Vent, proprio quelli dove arrivano le pecore della val Senales.
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In bici ci siamo arrivati in qualche ora, ma a piedi deve essere veramente lungo!
Anche qui troviamo degli splendidi aveglinesi
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Ultimo tratto di discesa su forestale ed eccoci a Vent. Ormai sappiamo che in centro c’è una fontana e, mentre mangiamo un panino e ci riposiamo qualche minuto, riempiamo nuovamente le nostre borracce in vista della lunga salita verso il secondo ghiacciaio della giornata, quello del Similaun, e più precisamente verso il Giogo basso dove è situato il rifugio Similaun a 3019 metri di altitudine.
Ricominciamo a pedalare, la strada è ben battuta ma sale subito ripida, ecco li in cima, 1500 metri più in alto, la punta di Finale
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Per fortuna ogni tanto la strada spiana e si riesce a rifiatare, ed ecco dove arrivano le pecore provenienti da Vernago.
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Il prossimo mese, appena comincerà a fare più fresco, ritorneranno per la stessa strada lungo la quale stiamo salendo
Con un ultimo tratto particolarmente ripido arriviamo al rifugio Martin Busch a 2500 metri. Sia Robi che io non siamo particolarmente stanchi, perciò ci fermiamo a riposare solo qualche minuto, poi riprendiamo a pedalare verso il ghiacciaio.
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Si riesce a pedalare fino al bivio posto a 2600 metri di altitudine, da qui in avanti i tratti a spinta saranno parecchi.
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L’importante è non seguire il cartello che porta sulla destra verso il rifugio Similaun, ma proseguire diritto sulla traccia appena accennata lungo il rio.
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In questo modo si riesce a pedalare di più e si riesce a passare direttamente sul ghiaccio, che è sempre una bella esperienza. Intanto mi finisce ancora l’acqua, per fortuna che qui c’è solo l’imbarazzo della scelta.
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Si sale, si sale e sia io che Robi abbiamo l’impressione che i tratti pedalati siano aumentati rispetto a qualche anno fa, infatti siamo quasi arrivati sotto al ghiacciaio. Anche qui vale lo stesso discorso fatto prima, del ghiacciaio è rimasto veramente poco, anche solo rispetto a pochi anni fa.
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E quel che è rimasto, almeno qui nella parte bassa, è solamente un po’ di ghiaccio che si sta sciogliendo ricoperto di terriccio.
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Infatti spingiamo dove la pendenza è maggiore,
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ma appena si riesce montiamo in sella e proviamo la bella sensazione di riuscire a pedalare sul ghiaccio, sporco magari, ma sempre ghiaccio.
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Li in alto, a 3600 metri, dove il ghiacciaio ancora resiste, c’è il Similaun.
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Un ultimo tratto a spinta sulle rocce e finalmente siamo al rifugio, la giornata è splendida, fa caldo ed è arrivato il momento che non può mancare perché una giornata in montagna si possa definire perfetta: lo strudel con la panna accompagnato da una bionda birra.
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Oggi non abbiamo fretta di ritornare a casa (ci succede veramente poche volte di non avere fretta, ed è una bella sensazione) cosi ci gustiamo lo strudel con calma.
Prima di incominciare la discesa, vogliamo essere ben riposati, perché ci aspettano 1400 metri di dislivello goduriosi ma piuttosto impegnativi.
Cominciamo la discesa. L’abbiamo fatta più volte, ma siamo molto concentrati perché sappiamo che non è da prendere sottogamba.
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Specialmente la parte iniziale presenta alcuni punti esposti e ripidi che è meglio fare a piedi, ma ogni volta che passiamo di qui i tratti da fare in sella aumentano, bene, vuole dire che la nostra tecnica sta migliorando!
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Si scende con calma guardando il lago di Vernago con i suoi splendidi colori e sullo sfondo le alte cime che separano la val Senales dalla val Venosta.
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Il consiglio però è sempre quello di fermarsi per godere con calma dello splendido panorama, perché basta un attimo di distrazione e….
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Poco male, le cadute fanno parte del gioco, come si dice, se non si cade non si impara! Continuiamo lungo il divertente sentiero, ancora qualche tratto tecnico e ripido e poi la valle comincia ad addolcirsi.
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Abbiamo perso quota piuttosto rapidamente e ormai il verde dei prati prende il posto della nuda roccia
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Ormai siamo in vista del lago di Vernago, scendiamo più rilassati ripensando a tutte le emozioni di questa lunga giornata e ai tanti diversi panorami che abbiamo potuto ammirare in poche ore.
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Fra un mese, quando arriveranno i primi freddi e la prima neve, anche pecore e pastori ripasseranno da qui e il rito annuale della transumanza sarà terminato.
Noi invece il nostro giro l’abbiamo già completato.
Un giro che si potrebbe chiamare in molti modi diversi: sul ghiacciaio trent’anni dopo, il giro della punta di Finale, due ghiacciai in un giorno, l’antica via della transumanza, sulle orme di Oetzi….
Un itinerario particolare, forse il più bello mai fatto, in ogni caso molto emozionante perché creato a tavolino proprio da noi (anzi dall’amico Roberto). Quando si è i primi a fare un percorso in mtb, si prova sempre la sensazione di essere veri esploratori, forse quello che provava Oetzi, l’uomo del Similaun, 5000 anni fa in cima al ghiacciaio della val Senales.
L’itinerario: itinerari.mtb-forum.it/tours/view/8716