Da quando ero solo un bambino sognavo di andare a visitare la Mongolia. Non avrei mai creduto di andarci….e soprattutto di andarci in MTB. Dal momento in cui ho acquistato il volo è stato un conto alla rovescia….stentavo a credere che avrei portato il mio culo fin laggiù e che avrei sentito scorrere le ruote della mia bike su terra Mongola…
Ma finalmente il giorno della partenza è arrivato, le bike inscatolate, i bagagli pronti. Ci imbarchiamo con destinazione Ulaan Bataar – Mongolia, adrenalina alle stelle; ci apprestiamo a visitare uno dei paesi più affascinanti e isolati del mondo, pensate, 4 milioni di abitanti su un territorio 5 volte l’Italia, 2 soli paesi confinanti, si può quasi dire che il Paese è “schiacciato” tra Cina e Russia, e nonostante lunghi periodi di occupazione e devastazione culturale il popolo mongolo difende ancora le sue radici e credenze.
Terra che regala emozioni pure; è la terra leggendaria di Gengis Khan, degli sciamani, dei bambini monaci che recitano gli antichi mantra in monasteri sperduti, dei nomadi legati senza compromessi ai riti antichi e ai ritmi feroci della natura. E’ MONGOLIA.
Il programma che ci siamo prefissati è di attraversare la Mongolia da Nord a Sud, dal confine Russo al confine Cinese sulle nostre 2 ruote, accompagnati da guide locali che ci fanno da supporto e da 2 bravissime cuoche mongole che, con una semplice cucina da campo, ci deliziano con la loro fantasia fatta di pochi ingredienti ma ben lavorati.
In tutto siamo 17 mountain bikers, 4 autisti, 1 guida e 2 cuoche; che dire, un bel gruppo per girovagare dalle montagne del Nord, alla steppa del centro e per finire al Sud fino al deserto del GOBI.
Arriviamo a Ulaan Battar, la capitale, alle sei del mattino, appena il tempo di montare le nostre MTB, fare un piccolo pisolo e una veloce vasca per la città e si parte, comincia l’avventura: 1200 km in 13 giorni con 14.000 metri di dislivello…. Niente male.
All’alba del primo giorno partiamo con i mitici furgoncini UAZ 4×4 per dirigerci verso il punto di partenza della prima tappa. In men che non si dica veniamo scaraventati da una città caotica ad un mondo parallelo, un’altra realtà… un mondo fermo da decenni.
Arrivati a destinazione, scarichiamo le nostre bike dai furgoni e via, in sella alla nostra MTB, alla scoperta di questa terra. Già al primo Km però veniamo assaliti dalle zanzare, dalla polvere e da un caldo intenso che secca la gola e il naso… il termometro del mio conta km segna 40°…. Quasi un monito da parte di questa terra …solo chi lo desidera intimamente può entrare e scoprire il vero cuore della Mongolia.
E infatti la seconda tappa ci stupisce per il repentino cambiamento della temperatura, più mite e gradevole e per l’intenso profumo di spezie che pizzica il nostro naso…. di zanzare neanche più l’ombra….intravediamo il vero volto della Mongolia…
1° Tappa da Ulaan bataar a Amarbayasgakant
Cominciamo a far girare le gambe sui nostri pedali appena dopo pranzo. La mente e il corpo percepiscono immediatamente l’entità dello sforzo che questo viaggio ci richiederà…Ma sicuramente il paese ci distrarrà e le emozioni supereranno la fatica. E infatti, quasi senza rendercene conto, arriviamo alla prima meta: il monastero di Amarbayasgakant, non riuscirò mai a pronunciarlo…. Ci sistemiamo presso il campo Ger che ci ospiterà per la notte situato nelle vicinanze del monastero e ci prepariamo a visitarlo. E’ quasi l’ora del tramonto e la luce riflette colori intensi e affascinanti. Ce ne stiamo in silenzio, ad ammirare questo posto carico di storia e di spiritualità, tristi al pensiero che durante l’occupazione cinese questo luogo meraviglioso e silenzioso è stato teatro di orribili trucidazioni dei monaci che vi dimoravano.
2° tappa da Amarbayasgakant a Unit vicino ad un vulcano inattivo nel parco naturale di Urantogoo.
I panorami spaziano in verdi vallate esagerate. Qui a nord non è molto diverso dai nostri territori montani e se non fosse per gli spazi sconfinati e la sensazione di solitudine, direi di trovarmi in qualche luogo vicino a casa, ma poi, in lontananza, scorgo un gruppo di puntini bianchi, e torno alla realtà; E’un gruppo di ger, la tipica tenda bianca di cotone e feltro in cui la popolazione nomade Mongola vive da sempre. Venti metri quadrati di forma circolare che contengono un universo….
3° Tappa da Unit a Hutag Ondoor
Una delle cose che mi impressiona di più della Mongolia è la quantità di animali allo stato brado che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso. Qui non esistono recinti e gli animali sono liberi di pascolare in questa verde terra infinita… penso non ci siano altri Paesi al mondo con una quantità tale di bestiame: cavalli, mucche, pecore, capre, cammelli, ovunque ti volti, ci sono gruppi di animali al pascolo. Si stima una presenza di almeno 30 milioni di capi…sicuramente una terra popolata più da animali che da uomini…
4° Tappa da Hutag Ondoor a In Uul
La giornata non inizia bene. Ci sveglia il rumore della pioggia che picchia insistente sul telo della nostra tenda. Abbiamo dormito in campeggio libero e ora dobbiamo smontare la tenda e fare colazione sotto la pioggia….fette di formaggio e pane inzuppato di acqua…purtroppo non abbiamo un campo base coperto ma solo alcuni tavolini da camping e delle sedie posizionate all’aria aperta.
La pioggia non smette ma dobbiamo muoverci comunque: l’intensa tabella di marcia non consente fermate fuori programma. Alle sette partiamo, infreddoliti e un po’ crucciati da questo amaro risveglio. Pedalare sotto la pioggia non è poi così male come sembra. Sotto i cappucci si scorge qualche sorriso e presto si sentono le solite risate e battute del gruppo. Fortunatamente dopo un paio d’ore smette e possiamo ricominciare a guardarci intorno e pedalare fino al paese dove siamo ospitati da una famiglia Mongola. Nei paesi ci sono pozzanghere ovunque. Le strade non sono asfaltate e sono sempre tappezzate di enormi pozze di acqua un po’ fangosa….che buffo vedere le ragazzine camminare per strada con i loro piedini impreziositi da sandali o ballerine occidentali facendo slalom tra le pozze per non bagnarsi…
5° Tappa da In Uul a Moron
Tappa impegnativa …più impegnativa delle altre….lunga e dal buon dislivello.
Il fondoschiena di tutti comincia a gridare pietà. All’ora di pranzo abbiamo già percorso 80 km…mentre ce ne stiamo tranquillamente seduti ad aspettare il pranzo si avvicina al campo una famiglia a cavallo, madre e figlio, probabilmente incuriosita da tante persone in una zona così sperduta. Appena la donna si rende conto che vogliamo scattarle delle fotografie si volta e se ne va. Restiamo tutti stupiti quando la rivediamo apparire dopo un po’ con i vestiti nuovi addosso e un recipiente pieno di yogurt fresco come dono per noi ospiti del suo paese. Mi ha emozionato la sua ingenuità e generosità e i sorrisi e le fotografie si sono sprecate. Ripartiamo felici di questa esperienza e dopo parecchie ore, con grande sollievo, scorgiamo in lontananza il profilo della cittadina di Moron, punto di arrivo della nostra tappa. Arrivati a destinazione ci troviamo di fronte al palazzetto dello sport nazionale mongolo, il Sumo. Davanti al palazzetto si innalzano possenti statue in onore dei più famosi lottatori mongoli.
Forse però il sollievo più grande è sapere che domani ci aspetta un’intera giornata di riposo al lago Hovsgol….. località turistica frequentata dai mongoli benestanti posta a Nord, al confine con la Russia. Il lago ha delle dimensioni considerevoli, 136 km. di lunghezza per 30 di larghezza. Durante la stagione invernale, quando il lago è ghiacciato, viene utilizzato dai mezzi pensanti per raggiungere più in fretta la Russia, fino alla primavera, quando il ghiaccio inizia a sciogliersi e qualche camion finisce a picco nel lago…Raggiungiamo il lago con un trasferimento in auto di oltre tre ore su piste di terra sconnesse e tortuose. Arriviamo in tarda serata, sfiniti dall’impegnativa giornata trascorsa in bici e dal lungo trasferimento in auto. La temperatura quassù è molto più rigida. Il paesaggio è tipicamente alpino, ricoperto di boschi di larici. Ci accoglie piacevolmente una bianca ger riscaldata dalla stufa scoppiettante che in un attimo ci fa dimenticare la fatica e dopo una cena e una doccia ristoratrice riusciamo anche a goderci una stellata mai vista, talmente vicina da poterla toccare.
6° Tappa da Moron a ….. località indefinita visto che ci siamo accampati in mezzo al nulla.
L’emozione è inspiegabile come impiegabili sono le vallate verdeggianti che si aprono continuamente davanti ai miei occhi. Penso che la Mongolia sia un prato immenso….. ma chi taglierà l’erba! A parte gli scherzi, sembra sempre appena tosata, fin lassù in cima alle montagne. Le nostre ruote scivolano veloci su piste che si perdono a vista d’occhio. Davanti a noi la lingua di terra rossa infinita su cui stiamo pedalando e intorno verdi vallate sempre perfette, come se una mano sapiente le avesse appena disegnate….quasi irreali, costellate di macchie scure, gli animali al pascolo e di piccoli puntini bianchi, le Ger, le case del popolo nomade. In questo angolo di pace e silenzio, mentre ceniamo all’aria aperta illuminati dalle nostre lampade frontali, ci raggiungono alcuni ragazzini a cavallo, forse attirati dalle nostre luci, per venderci i loro prodotti e racimolare qualche soldino per la famiglia. Ci lasciano un bel sacco di pinoli da sgranocchiare e alcune pigne ancora profumanti di resina da cui estrarre sempre i pinoli. Sbucciare e sgranocchiare i pinoli è un passa tempo molto usato dal popolo mongolo. Qui il trascorrere del tempo è lento e tranquillo. Non è per niente raro incontrare qualche persona che ha deciso di fermarsi lungo il cammino e sdraiarsi nell’erba per sonnecchiare e sgranocchiare una manciata di pinoli. Non si può certo dire che la loro esistenza sia frenetica come la nostra!.
7° Tappa Raggiungiamo il Rio de Jargalant e il suo suggestivo ponte di legno.
Anche oggi ci svegliamo all’alba, smontiamo le nostre tende, ci deliziamo con l’abbondante colazione che le nostre amiche cuoche ci hanno preparato e risaliamo in sella. Pedaliamo per 90 km con un migliaio di metri di dislivello e alla fine giungiamo nei pressi di un famoso e suggestivo ponte di legno dove ci accampiamo nuovamente per la notte. Vorrei che i nostri amministratori vedessero questo ponte… se non avessi visto con i miei stessi occhi i mezzi a motore attraversarlo con la massima disinvoltura non ci avrei mai creduto….già attraversarlo con le nostre MTB è stato un brivido perché il ponte ha ceduto in diversi punti sprofondando e creando delle grosse gobbe.
8° Tappa dal Rio de Jargalant a Tarhin Nuur ( lago Bianco )
Il lago Bianco è uno spettacolo unico. Situato a duemila metri di quota e adagiato su un letto lavico è una delle mete più visitate della Mongolia. Nei pressi del lago vi è un’altra meraviglia da visitare, il vulcano Korgo che eruttando 8 mila anni fa ha ricoperto questa zona di nera pietra lavica.
Lungo il cammino ci imbattiamo in una mandria di Yak allegramente guidata dal loro pastore che in sella alla sua moto strombetta per indirizzare i capi a destra piuttosto che a sinistra, a seconda di dove volge la pista.
In Mongolia, appena usciti dalla capitale Ulaan Battar non si trovano più molte strade asfaltate e nemmeno mezzi a motore. Le persone si spostano per lo più a cavallo o in sella a vecchie moto in cui trasportano l’intera famiglia, moglie, figli e a volte anche la pecora o il cane!
9° Tappa da Tarhin Nuur a Dongoi
Mi chiedo ancora adesso cosa sia Dongoi…1 casa che fa da bar, drogheria e punto di ristoro per chi passando desidera schiacciare un pisolino…. Il gestore dorme dietro il banco tra la merce….Dietro la casa una vallata d’oro in cui ci accampiamo per la notte.. forse questa è Dongoi!
10° Tappa da Dongoi a Tsetserleg
Pedalata dopo pedalata il paesaggio intorno a noi cambia lentamente. Le vallate si fanno più pianeggianti, anche se le salite impercettibili riescono ancora a indurire le gambe, lasciamo le foreste di larici ormai alle nostre spalle e ci immergiamo completamente nella steppa mongola.
In breve arriviamo a Tsetserleg (che in lingua mongola significa giardino) e ci fermiamo per il pranzo. Tsetserleg è un’amabile cittadina con un grazioso monastero situato sulla collina, quasi incastrato nella roccia e con una grande statua di metallo. Ci accampiamo nelle vicinanze del tempio e pranziamo all’aria aperta riscaldati da un tiepido sole. Da qui si ammira un bel paesaggio di tutta la cittadina e dei tipici tetti colorati che ormai ho scoperto esistere in tutti i Paesi mongoli.
Nel pomeriggio ci trasferiamo in auto verso il campo che ci ospiterà per la notte dove troviamo una sorgente termale abitualmente sfruttata dai locali e, incredibilmente, anche una Spa in cui, anche noi viaggiatori, possiamo tuffarci e godere dell’acqua bollente!
11° Tappa raggiungiamo Kharkhorin antica capitale dell’impero Mongolo.
Dopo appena 66km e 400 metri di dislivello, verso l’ora di pranzo, giungiamo all’antica capitale mongola. Ormai le gambe girano e sono quasi abituate alla fatica. Una tappa così è quasi come andare a bere il caffè in piazza!
Kharkhorin, “anello nero”in lingua mongola, è impregnata di un’atmosfera misteriosa. La percepiamo immediatamente appena oltrepassiamo il confine delle prime case. Non è facile immaginare che qui un tempo sorgeva splendente la capitale dell’impero più vasto di sempre. Poi fu distrutta dall’esercito cinese e qui sorse il più grande monastero buddista della Mongolia: Erdene Zuu. Si dice che al tempo del suo massimo splendore Kharkhorin ricoprisse una superficie quadrata di quattro km e che ad ogni angolo fosse posta una grande tartaruga di pietra a protezione della città. Oggi possiamo visitare solo i resti di queste grandi tartarughe e dell’antica capitale resta solo il tempio circondato da una grandiosa muraglia interrotta da 108 stupa.
12°Tappa da Kharkhorin a Salham Ovoo alle porte del deserto dei GOBI
Il trasferimento verso il deserto è lungo e un po’ noioso ma è interessante vedere la trasformazione intorno a noi. Le piste di terra rossa si fanno sempre più sassose e i verdi prati appena rasati costellati di animali sembrano aver perso il loro smalto. Nessun animale e nessuna persona all’orizzonte. Il Gobi è una delle terre più inospitali del Pianeta, pensate che in questo deserto ci sono escursioni termiche di quasi 100° tra l’estate e l’inverno…e noi scopriremo presto che montare una tenda nel bel mezzo di una tempesta di sabbia e vento non è cosa di poco conto! Dopo due ore trascorse a reggere i tiranti delle nostre tende che quasi sono state spazzate via e rase al suolo dal vento finalmente tutto si calma e noi possiamo goderci il silenzio della notte.
13° Tappa Salham Ovoo a Dalandzadgad
Al risveglio di questo giorno il Gobi ci regala un’alba spettacolare sulle sue montagne rosse…quasi a volerci salutare. Partiamo per la nostra ultima tappa con un briciolo di tristezza nel cuore perché ormai questo viaggio sta volgendo al termine. Non pedaliamo molto perché il terreno sabbioso è molto impegnativo ma dobbiamo assolutamente fare almeno qualche km per poter portare a casa il sapore e l’odore di questo posto speciale.
Il volo domani ci riporterà ad Ulaan Battar e poi a Mosca e Venezia. Porto con me tante immagini e momenti vissuti insieme a questo popolo generoso ed ingenuo, ospitale e fiero; mi rimarranno gli sguardi dei bambini, timidi ma curiosi di conoscerti, che allungano i palmi delle loro manine per accogliere ogni cosa che tu gli porgi, ringraziandoti con un timido sorriso; mi rimarrà il ricordo di un popolo che è pronto a condividere il suo poco senza chiedere niente in cambio.
Avrei mille episodi e altrettante emozioni da raccontarvi ma penso che la cosa migliore sia augurarvi di vivere un’esperienza indimenticabile come questa ed invitarvi a visitare la Mongolia come abbiamo fatto noi, con un mezzo lento che viaggia alla velocità della tranquillità e ti da il tempo di assaporare il paesaggio, l’odore delle spezie e delle erbe spontanee e di osservare con stupore la genuinità e libertà assoluta di questo popolo nomade e dei suoi animali.
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