Una volta all’anno, nonostante l’età che avanza inesorabile (proprio in questi giorni, tra l’altro, ricorre il suo n-esimo compleanno – Auguri vecchia canaglia!), Mauro Franzi, un tempo meglio noto come Muldox, ha una pensata geniale.
Non è che le altre sue pensate siano di poco conto, intendiamoci, ma una e una sola volta all’anno riesce a partorire un’idea che davvero ci spiazza. I maligni affermano che, trattandosi di una persona particolarmente riflessiva, la legge dei grandi numeri di tanto in tanto lo premi; altri (più che altro la mamma e la fidanzata) sostengono che si tratti di un genio incompreso.
Lascio a voi giudicare il prodotto del suo elucubrare, che, dopo un ambo di grande valore (ricordate Piz Umbrail e Rotelspitze?), ci regala per l’estate 2014 un’incredibile avventura in Val Bregaglia.
Se non lo conoscessimo da tempo, del resto, mai e poi ci saremmo lasciati convincere che versanti così impervi potessero nascondere sentieri tanto spettacolari (e ciclabili) quanto i paesaggi che li ospitano.
Chissà! Forse senza il suo guizzo cerebrale non ci saremmo mai lasciati tentare da queste vallate, e avremmo continuato a ricordarle solo per la nota discesa dal Septimer Pass, via di collegamento fra nord e sud Europa, già transitata al tempo dei Romani.
Sarebbe stato indubbiamente un peccato non conoscere la Val Maroz, che si apre subito oltre Casaccia offrendoci colori e profumi di alta quota. Pedalando, non riusciamo nemmeno a capire se è la pendenza della strada a toglierci il fiato, o se la responsabilità va data a quanto ci sta intorno: roccia chiara da stordire ed erba verde, conditi qua e là da fiori colorati e bianchi ricordi dell’inverno.
Mentre questi ed altri pensieri si affollano sotto il casco, la luna ci strega e ci guida più su, fino a Maroz Dent (2035 m), fra tratti a spinta e colpi affannosi di pedale.
“Di bikers qui non ne passano molti”, ci dice il malgaro, che scuote la testa e si allontana ridendo quando gli raccontiamo i nostri piani per la giornata.
Dello stesso avviso paiono le altre forme di vita che incontriamo lungo la via.
Del resto, come dargli torto? Ci attende ora la risalita delle ripidi pendici della Val da Cam, lungo un bel sentiero… per nulla ciclabile!
Procedendo appesantiti dalla bici in spalla, conquistiamo passo dopo passo i circa 350 m di dislivello che ci separano dalla bocchetta de la Furcela (2374 m).
Sono momenti intensi e faticosi, che ci lasciano però il tempo di guardarci intorno.
Sudando si moltiplicano le prospettive sorprendenti: mentre il lago di Silvaplana compare sullo sfondo, diventiamo ben consci che tutto ciò, in realtà, ci piace molto.
Ma le sorprese non sono certo finite, e le nostre ruote ricominciano a girare lungo una serie di morbidi ripiani, percorsi da single-track incastonati nell’erba. Una perla il laghetto che superiamo poco oltre.
Il pezzo forte, ad ogni modo, deve ancora arrivare. “Vedrete, vedrete!” continua a borbottare Mauro mentre procede con slancio, superando l’ultimo dosso prima della discesa.
Noi puliamo gli occhiali e ci guardiamo attorno, pensando che già così non sembra che a questa gita manchi proprio nulla perché diventi un gran classico estivo.
Ma come al solito aveva ragione: il piatto forte, servito appena dietro l’angolo, è l’incredibile balconata che ci si para davanti.
Il gruppo delle Sciore, il Cengalo e la nord-est del Badile sono lì immobili ad aspettarci, con le loro ripide e sorprendenti pareti di granito e i ghiacciai di contorno.
Mete culto per gli alpinisti di mezzo mondo, queste spettacolari montagne non sono state, con ogni probabilità, progettate per gratificare noi ciclisti. O almeno così pensavamo prima di trovarci lì di fronte…
Chissà però che terreno troveranno le nostre ruote, lungo i 1.400 m di dislivello che ancora ci separano dal fondovalle. Un po’ di inquietudine sale, ma dura pochissimo: il terreno già dai primi metri ci piace. Pietre fisse e passaggi tecnici mai da brivido ci fanno scorrere veloci, in un crescendo di soddisfazione.
Difficile fermarsi, ma guardarsi intorno riempie gli occhi, ritempra ed esalta.
Anche qui siamo confusi: come stabilire se il senso di esaltazione deriva più dalla discesa, che divoriamo famelici (in effetti, il mio pranzo questa mattina è rimasto sul tavolo di cucina..), o dallo scenario che la accompagna?
Superato il primo tratto, si attraversano pascoli, seguendo una traccia che scende decisa e netta fra l’erba, prima di entrare nel bosco.
Poi forse la sezione più esaltante: il bosco nasconde un lunghissimo nastro di terra e radici, lievi contropendenze e curve a ripetizione. Ormai non siamo più in grado di fermarci.
Proseguiamo increduli e senza sosta, dominati da una incontenibile voglia di scoprire cosa ancora questa discesa possa mai regalarci.
Emergiamo, quasi a fondovalle, senza più molto fiato per parlare e scivoliamo fra l’erba per gli ultimi facili metri di sentiero. Lanciamo un ultimo sguardo di soddisfazione e poi sono Calande e sorrisi per tutti. Bisogna festeggiare!
Bravo Mauro: ma dobbiamo proprio attendere un anno per fare quaterna?!
Itinerario: http://itinerari.mtb-forum.it/tours/view/12848
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