Questa volta saliamo su una Bianchi. Fausto Coppi e Marco Pantani hanno legato il loro nome a questo marchio. Nel mondo del ciclismo dire Bianchi, è come nell’automobilismo dire Ferrari. Un marchio italiano di cui poter comunque andare fieri.
Il test ha come oggetto la Bianchi Methanol Fs 29.2, una full, modello 2013, con ruote da 29 pollici, escursione anteriore e posteriore da 100 mm.
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Una bici presentata ad Eurobike 2012 , progettata e costruita per fornire un mezzo vincente nelle competizioni xc/gf/marathon. Quasi il modello top della gamma Methanol da 29”, con un costo di listino di 5.290 euro, senza upgrade opzionabili già in acquisto e un prezzo per il solo telaio (1970 gr. dichiarati, ammo escluso) pari a 3.990 euro.
La Methanol Fs 29.2 avuta in test è montata sostanzialmente come da catalogo, che potete vedere qui, con l’eccezione di entrambi i copertoni che sono Hutchinson Black Mamba 2.0 tubeless ready (peso dichiarato 495 gr. l’uno) e delle ruote, delle Fulcrum Red Metal 29 XL (peso dichiarato 1750 gr.), fornibili quale optional dalla Bianchi con un sovrapprezzo di listino di 250 euro. Peso della bici da me rilevato pari a 11.65 kg in taglia 48, inclusi pedali (Shimano pdm 520 da 374 gr. non forniti con la bici) e porta borraccia Elite Paron (peso rilevato 36 gr.) fornito di serie con la bici.
Passiamo ad analizzare le caratteristiche costruttive e componentistiche attraverso le quali Bianchi si prefigge di ottenere un mezzo performante ai massimi livelli. Iniziamo dal cuore della bici, il telaio, simbolo del brand Bianchi. Il telaio Methanol Fs, è composto da 3 tipi di fibre di carbonio unidirezionali Toray 40T, 30T e T700. Attraverso le nervature di rinforzo ERS (Embedded Reinforcement Construction) particolarmente nella zona sterzo, nel downtube basso e nel retrotreno e con un tubo obliquo TWT (Triple Wall Tube), rivestito nella parte centrale di un foglio di carbonio supplementare, cerca di garantire resistenza e rigidità torsionale (riuscendovi pienamente!!) molto apprezzate in quelle competizioni ove ad un uso intenso necessario di affidabilità (quindi resistenza), si unisce l’esigenza di non disperdere watt preziosi da convogliare nella trasmissione.
Concludono le caratteristiche telaistiche un brevetto Bianchi, il Ti-Net, utile a proteggere il downtube nella sua parte inferiore dagli urti delle pietre attraverso l’inserimento di una lamina a rete di titanio, dei foderi tra i più corti sul mercato (442 mm) disegnati secondo un concetto di carro posteriore ARS (Asymmetrical Rear Stays) utile ad ottenere un triangolo più compatto maggiormente rigido e reattivo, e un angolo di sterzo di 70.5 gradi con un tubo sterzo conico e il giunto Horst (snodo sui foderi bassi del telaio, in prossimità del cambio), per un comportamento neutro in frenata.
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Completano l’allestimento della bici, una Magura TS8 RL con steli da 32mm ed escursione da 100mm e un ammortizzatore posteriore Magura TS RL 165/38mm, entrambi regolati da comandi remoti sul manubrio indipendenti e selezionabili solo su bloccato/sbloccato, senza posizione intermedia propedal per l’ammo, cambio e posteriore e deragliatore entrambi sram XO a 10v, comandi sram X9 , impianto frenante Magura Mt4 con dischi Magura Storm a sei fori (180a/160p), guarnitura doppia 38/24 FSA Afterburner Compact PF con movimento centrale press fit 30 da 73 mm, e ruote Fulcrum Red Metal 29 XL con perni passanti anteriori e posteriori da 15 e 12 mm.
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Peso rilevato delle ruote, pari a 1602 gr. l’anteriore e 2067 gr. il posteriore, compresi i copertoni, i dischi Magura da 180/160 (peso dichiarato rispettivamente 146 e 114 gr.) e il pacco pignoni Sram Pc1070 11-36.
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Il test si è svolto in 8 uscite diverse per un totale di 318 km, cercando i diversi frangenti di utilizzo che si possono trovare in una competizione, pedalando percorsi e situazioni comunque ben noti, per poter cogliere al meglio le peculiarità specifiche di questa bici in confronto con altre utilizzate nei medesimi frangenti. Tratti scorrevoli, lisci o sconnessi cambi di pendenza repentini, salite pedalabili, discese lente tortuose e guidate, sono state le situazioni in cui la Methanol 29 Fs è stata messa alla prova. Purtroppo la stagione non ha fornito un terreno adatto alle caratteristiche dei copertoni. Gli Hutchinson Black Mamba 2.0 tubeless ready, sono infatti copertoni semislick da utilizzare per fondi asciutti e compatti e se al posteriore, possono a mio parere essere relativamente penalizzanti, al limite solo nelle fasi lente di trazione, potendosi invece gestire la frenata, all’anteriore, usati in condizione di viscido, bagnato e fangoso, pregiudicano nettamente la tenuta laterale e la decelerazione a ruota dritta, non permettendo alcuna confidenza né errori di sorta.
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Personalmente, almeno all’anteriore, prediligo in ogni caso, copertoni che pur pagando qualcosina in termini di scorrevolezza, forniscano il giusto grip in frenata e in curva e che siano un minimo versatili, adattandosi a condizioni diverse (tratti sassosi, tratti umidi, tratti scorrevoli), che in una gara si possono sempre trovare, anche nel corso dello stesso tracciato, piuttosto di utilizzare soluzioni monouso che vanno subito in crisi in frangenti diversi da quelli per cui son pensati.
Un peccato veramente non aver potuto azzardare un pò, perché la Methanol, dimostra come Bianchi abbia pienamente indovinato tutte le soluzioni tecniche adottate per fornire ai racer un mezzo scattante, rigido e reattivo. Ad ammortizzatori bloccati, sembra veramente di guidare una front, cosa tutto sommato inconsueta anche per le full più corsaiole, che solitamente mantengono sempre un minimo di assorbimento. Anche con ammortizzatori aperti, la Methanol, rimane un mezzo piacevole da guidare, non eccessivamente comodo e rilassante, ma sempre bello “nervoso” e tutto sommato divertente, ma comunque impegnativo nella ricerca del controllo del mezzo, della scelta della piega e della traiettoria migliore.
In tal senso la Rocky Mountain Element 970 Rsl di pari livello e costo, sempre con ruote da 29” recentemente avuta in test, appare ben più morbida e permissiva. Tutto sommato, forse, nei tratti particolarmente tecnici, la Element poteva risultare anche più efficiente in termini cronometrici, certamente più “morbida”, dando una sensazione che dove non arriva il manico, magari rallentato nei riflessi dalla fatica, ci pensa lei.
La Methanol non sembra così. E’ una vera bici da gara, e anche se in qualche frangente può non fare sconti, in diverse altre situazioni, quali rilanci dopo curve secche, cambi di direzione imposti da single track flow ma tortuosi, cambi di ritmo portati da repentini cambi di pendenza, evidenzia quelle doti che fanno sentire al racer, che il mezzo risponde prontamente ad ogni input che sia nella pedalata come nella guida. In particolare in questo ultimo frangente, pur essendo un sostenitore di manubri non eccessivamente larghi e comunque flat (la mia spark 26 ha un 600mm), trovo che l’Fsa Afterburner Flat Wide in alluminio Al7050 triplo spessore da 670 mm con 9° di angolo, sia il perfetto compromesso per un’ottima maneggevolezza e guidabilità.
Certo, sullo strettissimo può capitare di urtare e/o agganciarsi a rami sporgenti e rischiare una repentina rotazione dello sterzo, ma si tratta di situazioni comunque molto sporadiche, all’occorrere delle quali, basta porre un po’ di attenzione, magari impugnando la manopola in maniera da frapporre polso o avambraccio similmente a come gli sciatori abbattono i pali snodabili nelle gare di sci.
Nei tratti con ostacoli e cunette, anche su pendenze negative pronunciate, la Methanol non dà la sensazione di impuntamento in avanti, nonostante un angolo di sterzo piuttosto aperto (70.5°) e un attacco da 100 montato con inclinazione negativa (-6°), grazie alla ruota da 29” ed alla forcella, la Magura TS8 RL da 100mm, progressiva nella compressione al punto giusto, che non la fa affondare troppo (a condizione di regolarla e gonfiarla nella corretta misura).
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Non molto soddisfacente la risposta dell’impianto frenante Magura Mt4 con dischi da 180a/160p, scarsamente modulabile e troppo brusco nella frenata che porta ad un bloccaggio delle ruote un po’ troppo facile, mentre nell’uso prolungato su discese lunghe, le pastiglie metalliche appena scaldate, mantengono una buona efficienza. In condizioni bagnate diventano rumorosissime, peggio ancora delle Shimano metalliche di qualche anno fa. Sufficiente direi la scelta di un disco da 160 mm al posteriore.
Una piacevole sorpresa sono i comandi remoti delle due sospensioni separati sul manubrio in prossimità dei comandi della trasmissione (a sx la forcella, a dx l’ammo), che, pur avendo solo due posizioni, bloccato e sbloccato, senza quindi la posizione intermedia del propedal per l’ammortizzatore, si dimostrano una eccellente soluzione per tutte quelle situazioni in cui, stando seduti e pedalando, si può sbloccare l’ammortizzatore per un miglior comfort e assorbimento delle asperità, mentre la forcella può rimanere totalmente bloccata (eventuali ostacoli li supera la ruota da 29”), mentre, in una situazione contingente quale magari un dosso da affrontare di slancio alzandosi sui pedali, una forcella che affonda sarebbe oltremodo fastidiosa. Le levette dei due comandi, in plastica (almeno esternamente), non sembrano particolarmente resistenti, specie in caso di malaugurata caduta. I due comandi, montati vicino alle manopole, intralciano la presa sul manubrio. Ho risolto invertendoli con i comandi della trasmissione spostando questi ultimi più internamente.
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I comandi X9 a 10 velocità, seppur precisi e immediati nella cambiata, e probabilmente più leggeri dei pari gamma Shimano XT, (Shimano ha sempre qualche grammo in più della concorrenza in ogni prodotto), sono a mio modo di vedere meno comodi. La funzione push/pull della leva piccola del deragliatore posteriore della gamma xt e xtr, quella per capirci che riporta la catena sui pignoni più piccoli, rimane molto più comoda per azionarla anche con l’indice da davanti. Il vantaggio in una soluzione del genere è che consente sia una rotazione in avanti del comando, per avere meno ingombro dalla leva più grande e sia la possibilità di deragliata multipla anche verso il basso che con gli X9 e X0 rimane possibile solo con la leva più grande di alleggerimento del rapporto. Nei cambi di pendenza dalla salita alla discesa o alla pianura, una deragliata multipla che indurisce è piuttosto comoda.
La rapportatura (38-24 e 11/36), anche a fronte di pendenze importanti, appare sufficiente, a condizione di avere comunque una buona gamba, così come non ci son mai stati problemi di impennarsi dell’anteriore su pendenze importanti, segno che le ruote da 29, unite ad una posizione racing molto caricata sull’anteriore, rendono la Methanol immune da problemi in tal senso.
I principali punti deboli della Methanol avuta in test sono nell’ordine: copertoni, peso del mezzo e perni passanti delle ruote. Riguardo ai copertoni, oltre alla già accennata inadeguatezza in condizioni viscide, c’è da rimarcarne il peso: 495 gr. per un tubeless ready da 29” son pochi pochi. Mi vien da pensare che per risparmiare peso, si pregiudichi l’affidabilità. Una soluzione che in una xc, in cui il ripetersi di un tracciato breve (solitamente 5/6/7/8 km), potrebbe anche essere azzardata (se squarci male che va lo fai a metà percorso, quindi devi percorrere metà giro per arrivare al traguardo), anche perché son gare molto brevi e tirate. Ma una Gf o peggio ancora una Marathon, non l’affronterei mai adottando una soluzione così rischiosa.
Per la questione del peso della bici, ritengo che per essere competitivi, 11.3 kg, senza pedali, siano troppi per una bici da gara, se ci si trova a misurarsi con concorrenti che han bici 1.5/2 kg più leggere. Una tal differenza, soprattutto in salite impegnative, è troppo penalizzante. E’ vero che qualcosa si può limare upgradando il trittico, la sella (una San Marco Concor del peso dichiarato di 190gr.) e le ruote, montando le top proposte da Bianchi come optional (cerchi Crest su mozzi Carbon-Ti, + 600 euro sul prezzo di listino), ma su una bici che parte da un prezzo di listino di 5.290, dover upgradare troppo, non so quanto sia ragionevole. I perni passanti delle ruote, infine. Sono sprovvisti del quick release. L’anteriore si svita con una torque, incastrata nel foro opposto a dove si svita il perno. Una torque utile anche per agire su pastiglie e dischi freno.
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Il perno passante posteriore, richiede invece una chiave torque di misura più grande che andrebbe, quindi, portata con sè. In una gara può essere importante avere invece dei quick release, per smontare prontamente le ruote. Vero è che smontare una ruota di norma significa un intervento di manutenzione piuttosto lungo (mettere su un copertone tagliato, una camera d’aria ad esempio), quindi un risultato di classifica pesantemente penalizzato. Ma non è ragionevole doversi portare dietro ulteriore peso per attrezzi che potrebbero essere evitati adottando soluzione diverse e non è raro in certe situazioni, che un compagno di squadra, o anche, l’assistenza dell’organizzazione, possano fornire una ruota al volo per non perdere troppo tempo. In ottica competizioni contro il tempo, quindi meglio avere, a mio giudizio, dei quick release.
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Il comando remoto della forcella, forse a causa di un giro di cavo e guaina un po’ tortuoso, stenta a rilasciare il cavo per sbloccare prontamente la forcella. Inconveniente probabilmente risolvibile accorciando il filo in manieria che vada più diretto.
La Bianchi Methanol 29 Fs può essere una ottima bici da gara, che sul pedalato dimostra reattività e rigidità che danno un senso di efficacia della pedalata, ma è al contempo un mezzo pienamente aderente a quelle che sono le difficoltà tecniche delle gare, anche per chi è meno bravo tecnicamente.
Potendo ridurre il peso di almeno 1 kg, tenendo presente la questione di non usare copertoni troppo leggeri tali da pregiudicare l’affidabilità, può rientrare nel range di bici competitive a livello amatoriale. Pur pensata in ottica agonistica, sarebbe una bici, a mio modo di vedere, idonea anche per un uso trail, specie su giri lunghi e impegnativi, in virtù di un peso in tale ottica piuttosto ridotto, consentendo, comunque, anche qualche passaggio tecnico non eccessivamente impegnativo (questione peraltro soggettiva e molto difficilmente parametrabile).
Anche in questo caso, rimango dell’idea che il miglior compromesso, tenendo presente, peso/prezzo/difficoltà tecniche delle competizioni pedalate, rimangano le front 29 o le “vecchie” full 26.
Prezzo bici completa: 5.290 Euro
Prezzo telaio: 3.990 EUR
Distributore per l’Italia: Bianchi.it
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