[Test] Cannondale Jekyll HI-MOD 2

“La Superbici due-in-uno, per fare di tutto e andare dappertutto. La bici più versatile sul pianeta”. Questo è quel che dice Cannondale della Jekyll, la camaleontica all mountain (in Cannondale hanno coniugato il termine “over mountain”) in grado di variare il travel posteriore fra 90 e 150 mm con un semplice click dal manubrio.

Nel nostro caso ci occuperemo del modello HI-MOD 2, quindi telaio in BallisTec Carbon per un peso totale dichiarato di 12.3 Kg (rilevato 12.6 Kg – tg. L) ed un montaggio che nelle sue parti principali prevede una Forcella Fox 32 Talas RL FIT 1.5’’, l’Ammortizzatore Fox DYAD RT2, gruppo Sram X-9 carbon / X-7, Freni Avid Elixir CR e ruote SunRingle BlackFlag Expert No Tubes.



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Prima di passare all’analisi del mezzo spendiamo due parole per descrivere la doppia modalità di funzionamento dell’ammortizzatore Fox DYAD RT2, comune a tutte le versioni e vero e proprio quore della Jekyll.

La caratteristica principale, oltre al fatto di lavorare in estensione e non in compressione, è quella di poter variare il travel, il che si traduce in una corsa alla ruota che può essere a scelta di 90 o 150 mm. Il bello della faccenda però non si esaurisce qui, perchè alla variazione di travel corrisponde una variazione di sag e, conseguentemente, delle geometrie della bici.

In termini pratici questo significa poter salire con il movimento centrale più alto, una bici che si “siede” meno ed un angolo sterzo più verticale. In discesa, per contro, oltre ad una escursione maggiorata avremo un movimento centrale più basso ed un angolo sterzo più disteso. Cannondale dichiara una riduzione di sag del 40% in modalità Elevate, il che si traduce in 1° di variazione degli angoli sterzo e sella ed 1 cm di variazione dell’altezza del movimento centrale.

Lavorando l’ammortizzatore con due idrauliche distinte a seconda che si trovi in “Elevate mode” (90 mm) o in “Flow mode” (150 mm), è stato inoltre possibile ottimizzarne la taratura per l’utilizzo in salita ed in discesa. Se ciò non bastasse, la gestione del ritorno è separata con un registro per ognuna delle due modalità. La frenatura in compressione è invece fissa e non vi sono registri, mentre il precarico dell’aria avviene separatamente per le due camere attraverso due valvole distinte.

Troppo complicato? In realtà lo è molto meno di quel che potrebbe sembrare: per quanto riguarda il precarico basta infatti seguire la sequenza di sgonfiaggio/gonfiaggio indicata e ovviamente rispettare la corrispondenza di pressione fra le due camere (l’una e l’altra cosa sono indicate anche da una tabella posta sul telaio). Cannondale fornisce delle indicazioni di massima in base al peso del rider, ma nel caso di esigenze o gusti diversi basterà adottare i valori suggeriti per riders più o meno pesanti a seconda che si voglia una sospensione più o meno sostenuta (noi ad esempio ci siamo trovati bene con valori suggeriti per riders un po’ più pesanti).

Assolutamente nulla di nuovo o di diverso da quanto avviene con qualsiasi altro ammortizzatore in sostanza, con l’unica differenza che le camere da gonfiare sono due. Viste le elevate pressioni con cui lavora il DYAD RT2, Cannondale fornisce una pompa specifica (a titolo di esempio: per un rider di peso compreso fra 77 ed 81 Kg, viene suggerita una pressione nelle due camere di 320.5 e 269.7 psi).

       

Come facilmente intuibile dalla prima foto, il Fox DYAD RT2 lavora in estensione anzichè in compressione come invece avviene negli ammortizzatori “comuni”. Sulla testa dell’ammortizzatore è visibile il cavo di comando della valvola che, aprendosi e chiudendosi, permette il passaggio dalla modalità Elevate (90 mm di travel alla ruota) alla modalità Flow (150 mm). Condivisibile la soluzione di posizionare l’ammo davanti al tubo sella, ottenendo così il duplice vantaggio di una maggior protezione dallo sporco sollevato dalla ruota posteriore e di un seat tube con un angolo che permette anche a chi ha un elevato fuorisella di non ritrovarsi con il sedere sopra al mozzo della ruota posteriore.

Nella seconda foto sono visibili le due valvole di carico delle camere ed il registro del rebound in modalità long travel (Flow). Alla base del tubo sella una tabella riporta invece i passi da seguire per la taratura della sospensione e le pressioni da utilizzare nelle due camere in funzione del peso del rider. Ciò permette di effettuare con facilità eventuali variazioni anche nel corso dell’uscita, a patto però di non dimenticarsi a casa la pompetta dedicata!

Il comando remoto (terza foto) dell’ammortizzatore è costituito da una levetta con un pulsante sulla testa della stessa: spingendola in avanti si passa in modalità “Elevate” (90 mm), mentre schiacciando il pulsante la leva torna in posizione “di riposo” e l’escursione a 150 mm. Durante tutto il periodo di test (più di due mesi) non abbiamo mai avuto alcun tipo di problema, ed il comando ha sempre funzionato senza perdere un solo colpo.

Un’ultima considerazione per quanto riguarda l’ammortizzatore: durante il test non abbiamo mai avuto problemi di funzionamento. E’ però evidente che, nel malaugurato caso in cui ciò dovesse accadere, procurarsi un eventuale “muletto” a poco costo probabilmente non sarebbe molto semplice. Gioie e dolori delle soluzioni fuori standard, sperando nell’efficienza e velocità dell’assistenza.

 

Analisi statica e prime sensazioni

La HI-MOD 2 occupa il terzo gradino nella “scala gerarchica” della serie Jekyll ed è l’ultimo modello con telaio in carbonio prima di passare alle versioni in alluminio. Il montaggio è comunque di livello medio-alto, il che si traduce in un peso finale contenuto. La cura delle finiture non tradisce la fama della casa: tutto è al posto giusto e non abbiamo rilevato sbavature di sorta, mentre a livello estetico colpiscono le generose dimensioni e l’inusuale forma (in sezione) dell’obliquo.

La particolarità di maggior spicco della Jekyll è ovviamente la sospensione posteriore di cui abbiamo già ampiamente parlato, ma in perfetto stile Cannondale non mancano alcune altre “chicche”: il tubo sterzo da 1.5″, più unico che raro su bici di questo tipo ed un po’ “stonato” in rapporto alla (relativamente) esile Fox 32; l’adozione di doppi cuscinetti negli snodi sui foderi per garantire maggior rigidità, nonchè il link di dimensioni maggiorate ottenuto ancorandolo all’asse che passa per i cuscinetti ed esternamente a questi ultimi (vedere l’immagine, più chiara di mille parole).

La ruota posteriore adotta il sempre più diffuso standard X-12 Syntace con battuta da 142 mm, mentre un reggi telescopico comandato da remoto ce lo saremmo aspettato su una bici che ambisce ad essere “la più versatile sul pianeta”.

Spesso viene criticato l’utilizzo della tripla su mezzi di questa categoria, ma la pedalabilità di questa Jekyll è tale che molto spesso l’abbiamo utilizzata ed apprezzata.

                   

 

La posizione in sella è pensata con un occhio di riguardo alla pedalata, quindi seat tube bello verticale e peso ben caricato sull’anteriore, anche grazie allo stem da 90 mm.

Chiudiamo questo capitolo con una nota sulle coperture Nobby Nic “tubeless ready”: la bici era montata con camere d’aria, ma dopo la prima foratura abbiamo deciso di mettere alla prova il NN provando al posteriore la soluzione UST (liquido sigillante e valvole apposite sono in dotazione con la bici). L’esperimento è perfettamente riuscito sia dal punto di vista dell’affidabilità che della tenuta della pressione, dato che a parte qualche saltuario colpo di pompa ci siamo praticamente dimenticati della copertura posteriore.

 

Nel video: giornata di test per la Jekyll e la Commencal Meta 6 sui sentieri ed al MadeBike Park di Madesimo (che ringraziamo per l’ospitalità)

[VIDEO=958]Test Cannondale Jekyll e Commencal Meta 6 al Madebike[/VIDEO]

 

Salita scorrevole

La posizione in sella è favorevole, e nonostante la mancanza di quasiasi blocco o piattaforma stabile la Jekyll se la cava egregiamente grazie alla ridotta escursione posteriore che rende il bobbing praticamente impercettibile. Peso contenuto, coperture relativamente scorrevoli, forcella bloccabile ed all’occorrenza abbassabile (quasi mai sentita la necessità) fanno il resto, rendendo la Jekyll piacevole e redditizia da pedalare ed invogliando addirittura a frequenti fuorisella. Promossa!

 

Salita tecnica

La geometria ottimale garantita dall’Elevate mode e la pronta risposta alla pedalata rendono la Jekyll una capra di montagna. Grazie all’escursione posteriore ridotta la bici mantiene infatti una sufficiente capacità di assorbimento ma non insacca, con tutti i vantaggi che ciò comporta: geometria sempre ottimale, movimento centrale alto e perciò ridotto rischio di contatto dei pedali con il terreno anche sui fondi più irregolari, pedal kickback contenuto e quasi mai la necessità di abbassare la forcella (il che abbasserebbe il movimento centrale). La copertura posteriore montata tubeless ci ha inoltre permesso di viaggiare con pressioni relativamente basse a tutto vantaggio della trazione e del comfort di marcia.

Confrontando la Jekyll con delle full xc da 90 mm di escursione posteriore vi sarà probabilmente chi fa meglio, ma considerando che ci troviamo di fronte ad una all mountain che in discesa sfodera ben 150 mm di travel posteriore diventa veramente difficile figurarsi qualcosa di più performante nella sua categoria. Chissà cosa dev’essere la versione Ultimate con un peso generale – e soprattutto del set ruote – ancora inferiore!

 

Discesa sconnessa/tecnica

Il carro della Jekyll non è di quelli che si definirebbero “plush”, quindi è richiesta una guida attiva se si vuole spingere sui fondi molto sconnessi. La sospensione non pecca di sensibilità, ma la risposta è “piena” già nella prima parte di travel e conseguentemente non si ha quell’effetto cuscino che altri carri sanno dare.  L’ottima reattività ed agilità aiutano chi ama guidare piuttosto che “essere guidato”, chi invece confida nei 150 mm anteriori e posteriori affinchè la bici faccia tutto da sola potrebbe rimanere deluso. Altre bici con escursioni paragonabili ci sono parse più performanti in questo contesto.

Sul tecnico l’ottima agilità della Jekyll permette di destreggarsi con facilità anche sui sentieri più tortuosi, ma quando il gioco si fa duro (leggasi ripido e gradonato) la distribuzione dei pesi non facilita e costringe ad una guida arretrata e sulla difensiva. Avremmo volentieri provato uno stem più corto, ma non avendone da 1.5″ non è stato possibile togliersi questa curiosità.

In definitiva con la Jekyll si fa tutto ciò che è ragionevolmente richiesto ad un mezzo da all mountain, se però si pretende di spingersi oltre non è una bici facile.

 

Discesa scorrevole/guidata

Quelli che sul tecnico o fortemente sconnesso sono i limiti della Jekyll, diventano in un certo senso i suoi punti di forza sul guidato e scorrevole. La bici gira infatti con estrema facilità e risponde  molto bene in fase di rilancio, il che trasforma in divertimento allo stato puro affrontare tracciati fluidi e guidati. Superfluo dire che, anche grazie alla possibilità di ridurre il travel con un click, la Jekyll è una saetta sui sentieri in saliscendi (rinnoviamo però il rammarico per la mancanza del telescopico).

A patto di stare sui tracciati a lei consoni (ovviamente non è la bici adatta per i drop vertiginosi o per i tracciati DH), con la Jekyll ci si può tranquillamente spingere anche in bike park e staccare con tranquillità le ruote da terra senza incorrere in facili finecorsa.

 

Conclusioni

La Jekyll ha evidenziato un’ottima resa in salita ed eccezionali doti di scalatrice abbinate al comfort di 150 mm di travel in discesa. Estremamente divertente ed efficace sulle discese fluide e guidate ed in fase di rilancio, paga invece qualcosa rispetto a certe concorrenti su quelle più sconnesse e tecniche. Oltre che agli amanti delle lunghe sgroppate alpine, si tratta di un mezzo caldamente consigliato a chi, provenendo da escursioni minori, dovesse nutrire qualche timore di fronte al passaggio ad una all mountain. Bici perfetta per una settimana di scorribande sui sentieri del Livignese, non sarebbe invece la nostra prima scelta per i sentieri del Garda.

 

Problemi riscontrati nel corso del test

_Rottura della gabbia del cambio. La rottura è avvenuta impattando contro un ceppo all’inizio della prima discesa del test (che fortuna!). Non si può quindi parlare di un difetto del componente, ma l’impressione è che la gabbia abbia ceduto con estrema facilità. Non è la prima volta che abbiamo questo genere di inconvenienti con cambi SRAM in carbonio, leggeri ma evidentemente un po’ delicati.

Come vedete nella seconda foto il cambio è stato “riparato” alla meno peggio con dei mezzi di fortuna, accrocchio che però ha retto perfettamente sino alla fine del test! (Cannondale ci aveva nel frattempo mandato un cambio nuovo di zecca che non è mai stato montato).

   

 

_ Preparando la bici per la riconsegna ci siamo accorti che, presumibilmente durante l’ultima uscita o lavando la bici (comunque con getto di normale rubinetto), la piastrina di protezione posta sul fodero inferiore si stava staccando.

 

Pesi e dati geometrici rilevati

Peso senza pedali tg. L: Kg 12.60

Interasse: 1155 mm

Angolo sterzo: 67.8°

Altezza mov. centrale: 350 mm

Affondamento sella (di quanti mm il reggi può entrare nel tubo sella): 350 mm

Lunghezza stem: 90 mm

Interasse ammo “a riposo”: 156 mm

Corsa ammortizzatore in modalità “flow” (travel alla ruota 150 mm): 48 mm

Corsa ammortizzatore in modalità “elevate” (travel alla ruota 90 mm): 28 mm

Peso ruota anteriore completa* (con camera d’aria): 1770 g

Peso ruota posteriore completa* (montata tubeless con circa 100 ml di liquido sigillante): 2285 g

* = con “ruota completa” intendiamo la ruota in ordine di marcia, quindi incluse coperture, dischi e pacco pignoni. Sono esclusi i perni di fissaggio.

 

Prezzo: 4499 Euro

 

La Cannondale Jekyll analizzata da Zergio con Linkage (cliccare sulle immagini per ingrandire)

Quatro bracci no horst per Jekyll con la particolarità di un’unità ammortizzante che lavora in estensione.
Nota: dal lato teorico questo ultimo fattore non influenza i nostri grafici di seguito riportati.

La curva delle forze è una delle più lineari mai ricavate nei test del forum. Tale scelta progettuale deve essere (e per fortuna lo è) accompagnata da un progetto parallelo della sospensione. Sospensione che ha il compito di smorzare troppo frequenti fine corsa o la poca sensibilità ai leggeri urti.

 

Il rapporto di compressione è mediamente piuttosto elevato: 48 mm per 150 mm di escursione alla ruota sono forse un pò pochi.

 

Il pedal kick back è elevato se messo a confronto con bici di pari escursione alla ruota posteriorie. Fattore negativo sia in fase di pedalata su salite tecniche che in discese sconnesse, dato che le gambe devono sempre seguire i “capricci” del mezzo. Una ragione in più per utilizzare in salita la modalità di riduzione dell’escursione posteriore, essendo l’entità del pedal kickback proporzionale all’affondamento della sospensione.

       

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