Dopo la prova della FS-i Limited Edition, Cannondale ci ha mandato il telaio della sua biammortizzata da XC, la Scalpel S-i: dal 2016, anno della sua presentazione, ad oggi, il telaio è rimasto immutato, ma è cambiata la forcella Lefty, che dal 2018 è la Ocho, vale a dire una monopiastra al posto della iconica doppia piastra (qui i dettagli). La buona notizia: anche quest’anno rimarrà invariata.
Durante il lancio 3 anni fa avevo scritto che si trattava di una geometria moderna, ed infatti non sfigura neanche nel 2019, anche se non ci troviamo di fronte a delle misure rivoluzionarie (per il cross country) come la BMC Fourstroke. Per ovviare al reach corto ho preso un telaio in taglia L, per me che sono alto 179cm ed ho un’altezza sella di 75cm dal movimento centrale, e vi ho messo un attacco manubrio di 5cm. Angolo sella di 73.5° e angolo sterzo di 69.5° sono piuttosto conservativi, come d’altronde un po’ tutto l’ambiente XC. Immagino già in quanti storcano il naso nel vedere un reggisella telescopico Yep Uptimizer da 125mm di escursione, ma considerate che la Scalpel ha il passaggio cavi interno predisposto.
Escursione anteriore e posteriore da 100mm, gestite da un ammortizzatore Fox Float Kashima e dalla forcella Lefty Ocho, entrambi con blocco a manubrio. Visto che, a causa del remoto del reggisella telescopico, mi trovavo con il comando delle sospensioni in mezzo al manubrio, ho optato per il Twistloc di Rock Shox, con il quale ho potuto fare pulizia sul manubrio e soprattutto ho reso più facile attivarle/bloccarle. Il manubrio in carbonio è un Truvativ Descendant da 760mm di larghezza.
La trasmissione è una SRAM Eagle 1×12, per i patiti della doppia c’è la possibilità di montare il deragliatore anteriore, anche se credo che sulla Scalpel fosse stato predisposto ai tempi per lo Shimano Di2. Il passaggio dei cavi è interno, non guidato. Malgrado ciò la bici è silenziosa e i cavi non sbatacchiano all’interno del telaio perché sono fissati bene dall’hardware. In fase di montaggio bisogna fare attenzione a non farlo cadere nel telaio, visto che bisogna spingerlo dentro per poi fissarlo con la vite presente all’esterno. Di base i dettagli sono ben curati, forse l’unica cosa migliorabile è il bumper per la Ocho sul tubo obliquo, la cui colla non ha tenuto molto con conseguente perdita del pezzo sui sentieri. Poco male, perché comunque la Ocho non va a sbatterci contro.
Il cavo del remoto che va all’ammortizzatore non è molto bello da vedere, ma non c’è altra soluzione che posizionarlo con quella curva.
Parlando della trasmissione bisogna ricordare che le due lettere S-i stanno per System Integration, il cui nocciolo sta proprio nell’offset della ruota posteriore e quindi della corona. Il carro viene di fatto decentrato di 6mm verso il lato drive consentendo la campanatura bilanciata della ruota e di conseguenza una maggiore rigidità complessiva. Anche la corona viene spinta in fuori di 6mm per mantenere la corretta linea catena. Per consentire ciò SRAM ha sviluppato una serie speciale di guarniture per Cannondale. L’obiettivo a dir degli ingegneri di Cannondale è di poter usare un carro più corto pur consentendo l’utilizzo di gomme di sezione relativamente generosa senza sacrificare il necessario spazio in zona movimento centrale, necessario in caso di fango.
Il lavoro di centratura sulle ruote è stato fatto da Cyp Wheels, marchio italiano che da quest’anno fornisce anche il team di coppa del mondo BMC. Si tratta di cerchi in alluminio con canale interno di 24mm e mozzi Bitex. Si abbinano bene alle nuove Schwalbe Racing Ralph al posteriore e Racing Ray all’anteriore, entrambe da 2.25″. La mescola dietro è la Speed (rossa), vale a dire la più dura della gamma Addix, mentre davanti è la Speedgrip, quella blu. Si tratta di gomme da XC, con tassellatura abbastanza minimalista e dalla carcassa piuttosto debole. Non per niente sono riuscito a bucare l’anteriore con una roccia appuntita, foratura riparata velocemente con un vermicello.
Tornando sui dettagli, bello il link completamente in carbonio a vista, così come la vernice del top tube, piacevole al tatto.
La forcella Ocho non passa inosservata, ed è uno dei tratti distintivi della gamma da XC di Cannondale. Rispetto al passato, quando la Lefty aveva la doppia piastra, si è persa un po’ di rigidità, in compenso il funzionamento è migliorato, con una migliore gestione dell’affondamento a metà del travel e una bella progressività a fine corsa.
Così montata, senza pedali, la Scalpel pesa 10.50 kg.
L’ho usata per circa quattro mesi su sentieri a bassa quota prima, successivamente sempre più in alto, concludendo con la mitica traversata di San Lucio. Per essere una bici con 100mm di escursione anteriore e posteriore, si è rivelata piuttosto polivalente, anche se non la definirei una trailbike. Andiamo con ordine.
10 kg e mezzo, gomme scorrevoli e blocco completo delle sospensioni. Difficile non volare in salita con un mezzo del genere, sia su asfalto che sugli sterrati, una volta aperte le sospensioni. Il carro è molto “sportivo”, nel senso che è più improntato a trasmettere la potenza di pedalata sul terreno che non a copiarlo in ogni frangente, infatti mi sono trovato a combattere su alcune rampe tecniche per cercare la trazione che con bici da trail o da enduro non ho difficoltà a trovare. Complice la gommatura molto racing, certo, ma non ci si possono aspettare miracoli da un carro posteriore senza snodo all’altezza dell’incrocio fra foderi alti e bassi, dove quindi la flessione del fodero alto sopperisce a questa mancanza.
Bella la posizione in sella, molto centrale, che permette di gestire bene il peso del corpo quando la salita diventa ripida. Non ho mai avuto problemi a tenere la ruota anteriore attaccata al terreno, cosa che invece mi succedeva con la vecchia Lefty, alta di suo (chi si ricorda gli attachi manubrio negativi di Leonardi?). L’angolo sterzo piuttosto chiuso è utile quando si deve girare sullo stretto, coadiuvato dal carro corto.
Quando si rilancia la bici, alzandosi sui pedali, si nota la rigidità complessiva della Scalpel. Come dicevo prima, sembra che gli ingegneri abbiano speso molto tempo per trovare la migliore trasmissione di potenza possibile, e direi che ci sono riusciti bene. Il Twistloc è una manna per quando si vogliono bloccare le sospensioni, perché non bisogna staccare il pollice dalla manipola: il bottone è lì, molto vicino alla mano. Per sbloccarle bisogna invece girare la parte mobile della manopola.
Mettiamola così: con gomme diverse, e soprattutto più robuste, avrei raggiunto velocità vicine a quelle di una trailbike. In gran parte il merito va alla Ocho, perché mi ha dato molto confidenza sia perché incassa bene i grandi colpi senza andare a fine corsa, sia perché sul veloce facile assorbe bene le piccole asperità. Non per niente l’ingegnere che l’ha sviluppata è Jeremiah Boobar, lo stesso che ha progettato la Pike. Da Rock Shox è passato a Cannondale e la Ocho è stato il suo primo grande progetto.
La tassellatura, ma soprattutto la carcassa leggera delle due Schwalbe, mi hanno frenato nei tratti rocciosi, più che altro perché avevo paura di sfasciare tutto. Sul bagnato, un po’ come tutte le gomme da XC, diventano difficili da gestire, in particolare il posteriore con la sua mescola Speed tende a scappare via in fretta. Robuste invece le ruote, perfettamente centrate anche alla fine del test, malgrado una foratura all’anteriore che mi ha portato a sbattere il cerchio su un paio di rocce. Si adattano bene al discorso “compliance” di cui ho parlato molto ultimamente, vale a dire non avere ruote troppo rigide che trasmettono tutte le vibrazioni al rider e che, sulle lunghe distanze, diventano molto scomode. La tensionatura identica sui due lati, al posteriore, aiuta a rendere la ruota più rigida e robusta, d’altro canto però diventa complicato trovare un set di ricambio con questa campanatura, e con il mozzo della Lefty all’anteriore.
Questo è un discorso che vale anche per la guarnitura, e che invece ha smesso di valere per la Lefty (mozzo a parte), che ora presenta un cannotto conico al posto di quello da 1 pollice e 1/2 della versione a doppia piastra. L’integrazione del sistema è una caratteristica a cui Cannondale ha sempre puntato molto, e che può piacere o meno. Posso dire però che l’insieme della bici è molto robusto e preciso, dato dalla somma di tanti dettagli quali il sistema interno a cuscinetti della Ocho, la campanatura simmetrica delle ruote e la scatola del movimento centrale massiccia. Alla fine ci si sente in sella ad un mezzo agile, al tempo stesso preciso in curva e reattivo.
Viste queste premesse, un reggisella telescopico è la famosa ciliegina sulla torta per tirare fuori tutto dall’anima di questa bici, in discesa, potendosi muovere liberamente avanti e indietro senza venire impediti da una sella alta. Non è un caso se, già nel 2016, Cannondale aveva previsto un passaggio interno proprio per il telescopico.
La Cannondale S-i è una biammortizzata da XC che ben si presta alle lunghe distanze tipiche di una marathon ma che ben si fa apprezzare anche su percorsi tecnici e pieni di scatti e rilanci. Il fatto che rimanga immutata anche nel 2019 la dice lunga sulla bontà del progetto, presentato nel 2016, e la prova sul campo non fa altro che confermarlo.
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