Un oggetto che per molti ha un fascino particolare. Indubbiamente, se anche l’occhio vuole la sua parte, questa Cannondale Trigger 29 Carbon è davvero una bici azzeccata. Nulla viene lasciato al caso e, se il nero opaco risulta davvero bello fin dalla prima occhiata, vediamo come anche l’accostamento cromatico con il verde fluo, che viene ripreso costantemente nei componenti e nelle grafiche, rende questa bici davvero gradevole alla vista. La cura nei particolari e nella grafica è insomma un qualcosa che colpisce al primo sguardo.
Se da una parte dopo aver sborsato 6499€ (ma ricordiamo che i listini sono ormai uno specchio per permettere ai rivenditori di applicare più o meno sconto) ci aspettiamo come minimo delle finiture di prestigio, non sempre queste aspettative sono confermate come invece accade su questa Cannondale.
Non riporteremo lo schema di geometrie (per altro variabile in base alla taglia come è ovvio) che è però possibile visionare facilmente a questo link cliccando sul tastone “Geometry ” sotto l’immagine sul sito originale.
Dal secondo sguardo in poi ad attirare l’attenzione sono i componenti ricercati, in particolare la forcella e l’ammortizzatore con funzionamento pull. Se da una parte è vero che la Lefty, con il suo inconfondibile monobraccio, è un elemento ormai in commercio da svariati anni, è anche vero che al neofita, o alla persona che non l’ha mai posseduta/vista, risulta un oggetto futuristico e una sfida ingegneristica non da poco.
Le linee sono decisamente new school. Il carbonio ben si presta ad essere modellato secondo le necessità e la sezione abbondante dei tubi e delle zone di raccordo è decisamente in linea con le nuove tendenze e con i gusti odierni del mercato.In poche parole una bici attuale e affascinante sia che la guardi un esperto, sia che la guardi un neofita.
Prima di continuare vi invito a riguardare, per chi non l’avesse ben impresso in mente, il test del medesimo modello in alu a cura di Mauro Franzi.
Andiamo subito al sodo vedendo in dettaglio la componentistica presente su questa trail bike. Ogni componente verrà inoltre valutato in modo rapido per avere uno schema chiaro su cosa ci è piaciuto, cosa no e per avere già un’idea di come può aver influito sul comportamento generale che andremo a proporre in seguito.
Trasmissione
La trasmissione è affidata a SRAM. Deragliatore XX1 associato a comando e cassetta X01. Pedivelle Cannondale con corona XX1. La scelta di una corona da 30 all’anteriore si è rivelata buona per un allenamento medio anche su giri dell’ordine dei 50 km e 1500m di dislivello. Per dislivelli maggiori o allenamenti “di inizio stagione”, un 28 potrebbe essere più indicato.
Stem e Manubrio
Il ponte di comando si affida a componenti Cannondale. Attacco manubrio raccolto (50mm) e manubrio in carbonio dal rise contenuto (15mm) e dalla piega decisamente comoda a nostro avviso.
La larghezza di 740 mm ci è sembrata ottima per l’indole della bici, così come la lunghezza contenuta dello stem. Avremmo invece preferito un manubrio flat.
Alzare la presa non sarebbe un problema con qualche spessore sotto lo stem e avremmo potuto beneficiare di un’anteriore più basso (che avremmo desiderato in alcune condizioni).
Sella e reggisella
La sella è una WTB Volt SL con grafiche e carrello che riprendono il verde dei componenti del telaio. Oltre a non essere la sella più leggera in commercio non eccelle nemmeno come comodità in pedalata. Ovviamente questo è un parametro totalmente soggettivo quindi non ci sentiamo di criticare la scelta Cannondale.
Per il reparto reggisella telescopico siamo di nuovo in casa SRAM con il Rock Shox Reverb Stealth. La corsa di 100mm non è la massima in commercio ma ci è parsa adeguata all’utilizzo della bici.
Ruote
Nel reparto a contatto col terreno troviamo delle Mavic Crossmax St 29 gommate Schwalbe Hans Dampf snake skin Trailstar da 2.35.
Le prime si sono rivelate resistenti anche su saltini e impatti di una certa entità. Non altrettanto rigide a flessione. La tendenza era quella di perdere precisione e direzionalità nello stretto o sugli appoggi in contropendenza. “Le ruote da 29 flettono di più” direte voi. Vero, ma pensiamo che si possa lavorare in quel senso con cerchi in carbonio e strutture più articolate. Insomma un componente affidabile e di ottima fattura che però contribuisce alla poca precisione dell’anteriore sui terreni più insidiosi e che, in effetti, può essere migliorato solo con una spesa non indifferente che, se fosse stata fatta in fase di commercializzazione, siamo sicuri avrebbe alzato ulteriormente il prezzo della bicicletta.
Le gomme, da parte loro, risultano veramente grosse, sia alla vista, che da far scorrere su terreni battuti o trasferimenti di asfalto. La trazione è ottima e il grip buono (ma niente di eccezionale). Avremmo visto gomme più esili e scorrevoli come montaggio ideale di questa bici.
Freni
I Magura MT6 con rotori da 180 non ci hanno soddisfatti nemmeno un po’. La frenata è debole. Ci siamo trovati spesso lunghi alle staccate, anche in condizioni di ottimo grip. Non crediamo che dischi più grossi possano migliorare molto la situazione perché la mancanza di potenza era veramente eccessiva.
Forse rider molto leggeri potrebbero trovare i freni appena sufficienti, per noi non lo sono stati. Anche il fenomeno del surriscaldamento si è presentato puntuale sulle discese più lunghe, forzato anche dalla necessità di rimanere per più tempo attaccati alle leve, non avendo questi potenza, e non lasciando quindi tempo e modo all’impianto di raffreddarsi.
Sospensioni
La Lefty Max, nonostante la sua struttura non lo suggerirebbe, è davvero rigida. Pensate che questa stessa forcella può essere utilizzata per 26″ e 27.5″ con corsa maggiorata a 160mm (ecco perché l’o-ring che ci indica il fine corsa non arriva in fondo allo stelo visibile ma si ferma prima come potete vedere nella foto a seguire).
La mancanza della regolazione di compressione si sente soprattutto sul ripido tipo scaloni, dove la bici tende a impuntare e bisogna gonfiare parecchio la forcella per riuscire a non guidare arretrando troppo. Parlando anche con i tecnici ci hanno consigliato di provare a tenere un settaggio più morbido e di mantenere, anche in discesa, quello che viene visto da molti, erroneamente, come il bloccaggio (il tastino blu in cima alla forcella). A tutti gli effetti questo è solo un irrigidimento della compressione che riduce sensibilmente l’assorbimento della pedalata anche in piedi.
Abbiamo provato questa configurazione ma sinceramente non abbiamo riscontrato grossi miglioramenti nella fase centrale della corsa, dove è richiesta proprio una compressione accentuata per scongiurare gli spostamenti di carico. Al contrario abbiamo riscontrato un peggioramento della sensibilità sui piccoli urti e una perdita di una regolazione apprezzatissima su terreni scorrevoli e scatti poiché a forcella morbida non risultava più così stabile e neutra quando “bloccata”.
L’ammortizzatore posteriore ci è piaciuto molto in fase di pedalata, stabile e abbastanza neutro quando settato sulla corsa di 80mm. Si apriva e diventava decisamente più plush se settato a 130. Molto bella la sensazione di irrigidimento/rilassamento nel passare da una configurazione all’altra, che rende bene l’idea di quando vada usato l’uno e quando l’altro.
Da una parte ci siamo stupiti del fatto che non ci fosse un blocco totale anche se, a tutti gli effetti, non è così penalizzante vista la buona risposta in pedalata e l’indole non racing della bici.
Abbiamo seguito le tabelle di pressioni riportate sul telaio e abbiamo avuto l’impressione di essere sul settaggio giusto (un paio di fondocorsa durante l’intero test ci stavano) anche se, in effetti, con l’ammortizzatore pull diventa davvero difficile, se non impossibile, misurare il sag e valutare quanta corsa stiamo utilizzando. Normalmente sugli altri ammortizzatori abbiamo un o-ring ed eventualmente anche una scala graduata che ci indica la percentuale di sag in atto. Qui non abbiamo né uno né l’altro, né punti di riferimento a cui affidarci.
La trazione, con il settaggio a 80mm, è davvero ottima mentre l’assorbimento risulta sufficiente per i tratti pedalati veloci, sui single track e anche in brevi passaggi tecnici. Settando il carro a 130mm la musica cambia. La maggiore escursione si fa sentire sulle discese veloci dove riesce ad aiutare la bici a passare indenne anche su ostacoli di media entità. La curva di compressione abbastanza progressiva verso la fine rende il mezzo molto agile e scattante.
Molto furbo dividere i ritorni delle due corse. In questo modo potremo avere una bici più stabile e neutra su terreni lisci (ritorno lento sul settaggio 80mm) e tararci una bicicletta più nervosa e pronta a zone scassate sul settaggio da 130mm (ritorno più veloce).
Questa è sicuramente una delle migliori bici che abbia mai provato sulle salite tecniche, arrampica ovunque e la sua leggerezza aiuta (11.9 kg senza pedali). La trazione offerta, e quindi il comportamento sul tecnico, è forse anche merito delle dimensioni delle gomme, che ricordiamo comunque essere sovradimensionate, a nostro avviso, per l’indole della bici.
Le geometrie orientate in questo senso trasmettono un senso di sicurezza e un perfetto posizionamento dei pesi. Nonostante l’attacco manubrio corto ci è capitato davvero poche volte di dover caricare molto l’anteriore per avere direzionalità. Anche quando si ha la necessità di pestare sui pedali per erogare molta potenza non si ha perdita di aderenza al posteriore ed è un piacere alzarsi sui pedali per superare ostacoli di varia entità.
Queste ottime caratteristiche sono dovute al movimento centrale incassato nei mozzi, classico delle 29, unito ad una centralità ottima dei pesi e ad una sospensione rigida al punto giusto per non infossarsi in fase di assorbimento di ostacoli in salita.
L’angolo di sterzo da 69° aiuta anche nello stretto, dove sappiamo non essere troppo a proprio agio le 29″. Un angolo più aperto avrebbe certo aiutato in discesa e sul veloce ma, considerando l’indole della bici, ci sembra un buon compromesso, o meglio uno dei fattori che rende questa trail-bike la bicicletta comoda e mansueta che si è dimostrata.
In questa fase consigliamo di non “bloccare” la forcella (volutamente tra virgolette visto che si tratta solo di un indurimento della compressione e non di un blocco totale) perché l’irrigidimento della stessa è deciso e va ad agire sul sag diminuendolo, alzando così l’anteriore anche se caricato e arretrando i pesi proprio dove non deve. Inoltre se siamo sul tecnico molto probabilmente avremo bisogno che la nostra forcella lavori al meglio per assorbire al massimo le asperità e farci filare via lisci.
Insomma come avrete capito siamo proprio sul suo terreno ideale!
La posizione in sella risulta ottima per l’uso pedalato e ci ha spinto a ipotizzare questa bici come ottima compagna di viaggio per giri lunghi o per affrontare marathon senza velleità di classifica. Siamo insomma di fronte ad una bici pronta a macinare chilometri e ad accompagnarci su lunghi giri montani o raid di più giorni, rendendo l’esperienza una comoda cavalcata piuttosto che un calvario di mal di schiena. Sicuramente in questo frangente gomme più scorrevoli potrebbero dare una grossa mano ad alzare le andature. Un set up ideale per noi prevederebbe una copertura più scorrevole al posteriore, ma senza vanificare l’ottimo lavoro di trazione. Ad ogni modo come detto le gomme sono, per noi, materiali di consumo, che sono destinati ad essere cambiati periodicamente e, se utilizzati molto, in breve tempo.
La stabilità della pedalata risulta in una buona resa che, a meno di non voler scattare in piedi sui pedali, non fa sentire tanto la mancanza di un blocco completo. Andando a paragonare il sistema con ammortizzatore DYAD ad altri modelli di altre aziende con tecnologie analoghe, forse avrebbe avuto senso avere una terza posizione di blocco completo (presente, ad esempio, sulle Scott Genius). In questo modo sarebbe aumentata ulteriormente la versatilità in ottica xc e marathon. Abbiamo apprezzato molto il funzionamento del comando remoto, azionato da una spinta della levetta per la chiusura a 80mm, e da un semplice pulsantino posto in cima alla stessa per l’apertura ai 130mm. Questo infatti permette di affrontare le prime zone di discesa, il cambio di pendenza diciamo, senza dover staccare il pollice per aumentare l’escursione, ma semplicemente cliccando con l’indice sul pulsantino all’apice della leva del bloccaggio. Così facendo l’azione può risultare più sicura e veloce, e l’apertura della sospensione può essere fatta anche in situazioni critiche come passaggi tecnici improvvisi o eventuali saliscendi, senza un rallentamento della marcia o una perdita della presa sul manubrio.
La forcella, quando bloccata, risponde bene, bobbando solo leggermente anche quando siamo in piedi sui pedali e, apparentemente, dando l’idea di essere totalmente bloccata quando invece pedaliamo costanti. Come detto dal mio collega Muldox nel test precedente il “bloccaggio” non remoto non si fa sentire poiché il comando è davvero vicino al manubrio, essendo infatti posizionato sulla parte alta della crocera.
Anche su single track in discesa, ciottolati e percorsi non troppo accidentati la bici infonde sicurezza e la posizione risulta adeguata. La reattività del carro induce inoltre a spingere nelle curve e a trovare una buona risposta da parte della bici che riesce a schizzare fuori dagli appoggi in modo davvero agile.
Alle alte velocità, l’angolo sterzo che prima ci aiutava sulla salita tecnica, diventa un piccolo limite. Se da una parte le 29″ tendono a stabilizzare per loro natura il mezzo, dall’altra un’angolo così chiuso rende l’anteriore meno preciso e, in questo senso, troviamo che l’offset di 60mm (maggiore rispetto ai concorrenti) che sul sito Cannondale viene spiegato proprio in questo senso, non dia grossi benefici. Se da una parte è vero che l’angolo reale risulta più rilassato, dall’altra è vero anche che le vibrazioni provenienti dal terreno hanno un braccio maggiore di leva da utilizzare e che per questo quando, ad alta velocità appunto, queste diventano forti, la bici risulta più difficile da gestire. La rigidità torsionale della forcella completa il quadro rendendo davvero necessario il manubrio da 740 mm per contrastare questo fenomeno. Ecco che, come vedrete anche nella descrizione del comportamento sulla discesa tecnica, con questa bici la linea migliore è spesso la più pulita. Cercare di evitare gli ostacoli diventa spesso una necessità più che una scelta, soprattutto quando l’andatura è elevata.
Lo scotto per tutto il bene di cui sopra arriva proprio quando il sentiero diventa ripido, arrivano i gradoni e il tecnico stretto. Qui la bici paga la posizione in sella simile ad una xc e trova il proprio limite. Anche l’interasse corto per una 29″ con questa escursione e l’angolo di sterzo abbastanza chiuso contribuiscono a questa difficoltà nel tecnico dove, se è vero che le 29″ aiutano a non impuntare, la distribuzione dei pesi obbliga ad una guida arretrata e perennemente sulla difensiva.
Sullo stretto trialistico la bici sarebbe anche agile nonostante le ruotone, ma l’arretramento necessario sui tratti ripidi, rende le manovre più difficili e l’azione meno incisiva. Ribadiamo il concetto che, in sella alla Trigger, la linea migliore sia spesso (quasi sempre) la più pulita, e non la più diretta. Questo diventa un grosso limite per tutti coloro, e sappiamo che qualcuno ci aveva fatto un pensierino, avessero voluto usare questo mezzo per fare qualche garetta di enduro. Se è vero che la bici non è nata per quello, sappiamo che in molti tendono a cercare in una buona trail un mezzo capace di rendere anche in gare di questo tipo, per poter avere poi il mezzo ideale nei giri quotidiani o nelle pedalate in compagnia.
In questo frangente la frenata davvero pessima non ha aiutato. Come abbiamo già anticipato la scarsampotenza ha portato a dover rivalutare tutte le staccate e ha imposto una guida passiva e difensiva. La frenata risultava inoltre imprevedibile poiché, per via della necessità di mantenere la frenata più a lungo, i freni arrivavano spesso a temperature elevate e, probabilmente, in momenti di staccata lunga, rilascio breve, altra staccata violenta, ci si trovava ad avere comportamenti assolutamente non previsti nella seconda staccata (quindi a freni caldi). Una volta la solita frenata mediocre, una volta una frenata ancor più scarsa. Dispiace sempre parlare male di un componente ma purtroppo questa volta abbiamo trovato un funzionamento davvero insufficiente.
La Cannondale Trigger Carbon si sposa bene con un rider che ama fare chilometri e godersi il giro in bici a tutto tondo, senza concentrarsi particolarmente sul passaggio tecnico, sulla performance in fase di scatto o di discesa veloce. Una bici per chi vuole divertirsi senza strafare e che vuole affrontare giri epici senza velleità agonistiche. Possibile arma per marathon se alleggerita e resa più scorrevole nel reparto ruote/gomme.
Prezzo: 6499 Euro
Cannondale.com
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