Cannondale Trigger 29er 1
“Salire con una agile race-bike ultra-efficiente con escursione di 80 mm, scendere con una inarrestabile e precisa macchina da trail con ruote grosse e escursione di 130 mm”, queste sono le parole utilizzate da Cannondale sul proprio sito web per introdurre la Trigger 29″.
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La serie Trigger con ruote da 29″ (esiste anche la Trigger Carbon con ruote da 26″) si compone di tre modelli che si differenziano a livello di montaggio, mentre il telaio – in alluminio – rimane il medesimo. In questo test ci occuperemo della Trigger 1, top di gamma ed unica delle tre ad adottare la nuova forcella Lefty SuperMax 29 da 130 mm di travel.
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Analisi statica
Benchè per la maggioranza dei biker le ruote da 29″ e la Lefty non siano più le “stranezze” che potevano apparire alcuni anni fa, questi due elementi sommati alle linee sinuose ed alle grafiche aggressive fanno della Trigger una bici che difficilmente passa inosservata.
Da un punto di vista più tecnico, anche per questa trail bike Cannondale ha deciso di affidarsi ad uno schema di tipo monocross gestito dall’ammortizzatore Dyad RT2 a travel variabile per una corsa alla ruota di 80 mm oppure 130 mm. In configurazione “long travel”, quindi 130 mm alla ruota, abbiamo rilevato una corsa del Dyad di 48.5 mm per un rapporto di compressione che conseguentemente è di circa 2.7
Nei parametri geometrici fondamentali, o che quantomeno influenzano maggiormente il comportamento dinamico della bici, la Trigger non presenta particolari “stranezze” e si affida a valori ormai collaudati sulle 29″ di questo segmento (a fine test i valori da noi rilevati). Fra i parametri che non influenzano in modo diretto la risposta della bici, spicca invece la bassa quota di standover, ottenuta grazie al top tube curvo e fortemente “sloopato”. Un secondo tubo collega il top tube al seat tube, e proprio in prossimità della congiunzione con quest’ultimo è infulcrata la biella di rinvio dell’ammortizzatore.
Soluzione abbastanza obbligata su una full 29″ da 130 mm di travel, anche il seat tube presenta una curvatura che permette di contenere la quota di chainstay e l’interasse. Ne risulta un triangolo principale compatto e “pieno”, un design favorevole dal punto di vista della rigidità ed una distribuzione verso il basso dei pesi ottenuta anche grazie all’ammortizzatore infulcrato inferiormente in prossimità del movimento centrale.
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Sempre in tema di rigidità è da segnalare l’adozione del perno passante posteriore Syntace X-12 da 142×12 mm e l’attenzione posta nel contenere le flessioni che si generano all’altezza degli snodi. Anche sulla Trigger sono infatti adottati il sistema ECS-TC ed i doppi cuscinetti sugli snodi dei foderi superiori.
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Unità ammortizzanti a parte, la Trigger 1 non monta componentistica particolarmente ricercata. Poco male, dato che non si possono muovere critiche sul fronte dell’adeguatezza dei componeneti e sulla loro affidabilità. Qualche dubbio rimane solamente sui cerchi Stan’s ZTR Crest, visto che il produttore ne suggerisce un uso di tipo “cross country and light trail”.
Il peso della bici in taglia M senza pedali si avvicina ai 14 kg, risultato non esaltante se si considera che ci troviamo di fronte al top di gamma.
Da notare che la bici in test montava dei comandi cambio Shimano XT anzichè SRAM X7 come indicato sul sito Cannondale. Abbiamo chiesto delucidazioni a Cannondale Italia, la quale ha confermato che c’è un errore sul sito e che la bici è venduta con i comandi Shimano.
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La luce fra le tubazioni del carro e la copertura posteriore non è in nessun punto troppo risicata, mentre un punto critico per l’accumulo di fango e sporcizia è quello dove la copertura passa in prossimità del deragliatore. Le Schwalbe Hans Dampf da 2.35″ hanno un volume generoso, ma dubitiamo che coperture di sezione inferiore possano cambiare radicalmente la situazione.
Nonostante il costruttore suggerisca per questi cerchi un uso “xc/light trail”, gli ZTR Crest non hanno dato particolari problemi di affidabilità e la centratura a fine test era ancora più che accettabile su entrambe le ruote.
Passaggio cavi esterno o interno? Entrambe le soluzioni offrono vantaggi e svantaggi. Sulla Trigger i cavi passano esternamente, il routing è ben fatto e privo di curvature critiche, i fissaggi sono ben realizzati e posizionati nei punti giusti. Le guaine che corrono lungo il lato inferiore dell’obliquo costituiscono tuttavia un’altra zona dove fango e sporcizia si accumulano molto facilmente.
Ci siamo trovati molto bene con le quote di stem e piega, pensate anche per assecondare le prestazioni discesistiche. Bene anche il ponte di comando, con tutte le leve posizionate correttamente ed azionabili agevolmente. Il comando del reggisella telescopico CB Kronolog è tuttavia un “intruso”, se avrete la pazienza di proseguire nella lettura del test scoprirete come mai è finito sulla Trigger…
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Gli Shimano XT Trail con dischi da 180 mm/160 mm forniscono tutta la potenza che serve e sul fronte della modulabilità trovano pochi rivali. A fine test la corsa della leva del freno posteriore era però diventata molto irregolare e l’impianto necessitava di spurgo.
I cambi dotati di gabbia con frizione trovano il campo di utilizzo ottimale nel trail/all mountain (ma anche oltre, a meno di situazioni estreme), dato che garantiscono un’ottima stabilità della catena con un incremento di peso di poche decine di grammi. Con lo Shimano XT montato sulla Trigger non abbiamo mai avuto problemi di caduta della catena e la cambiata è sempre stata ineccepibile.
Cambiata fluida ed efficace anche anche all’anteriore, dove il deragliatore e guarnitura di casa SRAM lavorano in perfetta simbiosi. Il diametro del bash è però risicato, ed in caso di urti con angolazione sfavorevole (anche da parte di sassi sollevati dalla ruota anteriore) la catena non sarebbe protetta in modo ottimale.
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Dopo aver testato a suo tempo la Jekyll HI-MOD 2, e più recentemente la Jekyll MX, l’ammortizzatore Dyad RT2 è ormai una vecchia conoscenza. La variazione di travel (130mm/80mm nel caso della Trigger) viene gestita mediante un comando remoto posizionato sul manubrio. L’ergonomia del comando è ottima e l’azionamento agevole: spingendo la leva si riduce l’escursione ad 80 mm; premendo il pulsante color alluminio posto in cima alla leva stessa, quest’ultima viene rilasciata e l’escursione torna a 130 mm. Il dispositivo ha sempre funzionato alla perfezione, nonostante le numerose uscite con fango e neve.
Altra peculiarità del Dyad è la possibilità di settare separatamente la velocità di ritorno ai due valori di escursione, anche se a nostro avviso si tratta di una regolazione abbastanza superflua quando la corsa è settata ad 80 mm e si sta presumibilmente procedendo in salita. La regolazione avviene mediante i due registri rossi posti in cima all’ammo, facilmente azionabili anche a bici in movimento. Il Dyad non dispone invece di registri per il controllo della frenatura in compressione, ma il settaggio preimpostato ci è parso un giusto compromesso.
Per quanto riguarda le considerazioni ed i suggerimenti sulla procedura di settaggio del SAG vi rimandiamo ai citati test della Jekyll, dato che la sequenza di gonfiaggio delle due camere pneumatiche è identica. Attenzione però ai valori suggeriti sul sito Cannondale per la Trigger, perchè quelli espressi in psi sono completamente sballati!
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Salita
Forcella bloccabile (quasi, come vedremo nell’apposito capitolo), escursione posteriore riducibile a 80 mm e coperture sufficientemente scorrevoli: che si tratti di asfalto o di sterrato liscio e compatto, la Trigger permette buone andature e, grazie anche alla buona rigidità del carro, risponde efficacemente alla pedalata in fuorisella. Come si conviene ad una buona trail bike che si deve lasciar pedalare per molte ore di seguito, la posizione di guida coniuga ottimamente resa in pedalata e comodità.
Sul ripido non estremo l’anteriore resta ben incollato al terreno ed è facile mantenere la traiettoria senza dover ricorrere a faticosi equilibrismi, mentre quando la pendenza diventa elevata l’ottima motricità permette di spostarsi in punta di sella senza doversi preoccupare per improvvise perdite di aderenza della ruota posteriore. La Schwalbe Hans Dampf con mescola PaceStar – la più dura delle tre mescole proposte da Schwalbe – ci è parsa più performante sui fondi morbidi che sul roccioso compatto (notare bene che si parla di trazione, e che con temperature più elevate il grip non può che migliorare). Sulle rampe al limite, quando la pendenza è tale da rendere difficile una pedalata rotonda e regolare, il peso della Trigger si fa sentire e con esso la fatica.
Lasciati i fondi scorrevoli per quelli tecnici e tortuosi, le soddisfazioni non sono da meno. L’escursione ridotta ad 80 mm è più che sufficiente anche sui fondi sconnessi, garantisce un assetto ideale nel superamento degli ostacoli e rende praticamente impercettibile qualsiasi fenomeno di pedal kickback.
Nei tratti molto tortuosi la Trigger stupisce ulteriormente. Anche a velocità molto ridotta è infatti sufficiente mantenere un’andatura costante per superare in sicurezza i tornantini più ostici. Mantenere per quanto possibile un’andatura costante sfruttando la capacità di scavalcamento delle ruote da 29″ è in ogni caso il segreto per ottenere il meglio dalla Trigger, che se guidata a suon di rilanci richiede altrimenti un certo dispendio energetico.
Nessun evidente punto debole oltre al peso, quindi? In realtà uno l’abbiamo trovato: il portage con la bici di traverso sulle spalle e le due mani che impugnano forcella e pedale è scomodo a causa dell’ingombro del Dyad, il quale punta dolorosamente sulla spalla. Se poi siete abituati a trasportare la bici tenendo la ruota anteriore a destra è peggio che andar di notte, dato che non sarebbe possibile impugnare la forcella!
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Discesa
Mentre in quanto a stabilità anche sui fondi più difficili le impressioni sono state ottime sin dal primissimo impatto, sullo scorrevole/guidato la prima sensazione è stata che la Trigger non fosse un campione di agilità e tendesse ad allargare le linee. Le cose sono radicalmente cambiate nel momento in cui abbiamo assunto un diverso approccio, dimenticando di stare su una trail da soli 130 mm di travel e passando ad una guida più aggressiva e caricata sull’anteriore. La Trigger permette di farlo in sicurezza anche sul ripido, mentre lo richiede sulle pendenze più contenute per avere il meglio in termini di reattività e prontezza di risposta nei tratti molto guidati.
La sospensione posteriore svolge egregiamente il suo lavoro, coniugando una buona sensibilità ad una progressività che permette di staccare le ruote da terra senza incorrere in secchi finecorsa. Da notare che, nonostante Cannondale fornisca delle accoppiate di valori fra le due camere, giocando di fino con la pressione della camera positiva e negativa del Dyad è possibile privilegiare la sensibilità piuttosto che una risposta più “piena” nei primi mm di corsa. La nostra opinione è che, visto il travel relativamente ridotto e la possibilità di impostare l’escursione ad 80 mm, valga la pena privilegiare la sensibilità (che in definitiva è ciò che accade se si rispettano le accoppiate di valori suggerite).
La sensazione di stare su una bici di categoria superiore è confermata anche quando si osano linee più dirette ed efficaci. La combinazione di una corretta geometria, ruote da 29″, prestazioni della forcella e coperture adeguate (la Hans Dampf montata davanti è in mescola TrailStar) creano infatti un mix che garantisce sicurezza e precisione di guida anche sui fondi molto rotti, dove la Trigger incede con sorprendente precisione e stabilità.
Sui rilanci la bici risponde bene, a maggior ragione perchè su quelli più lunghi è possibile sfruttare la riduzione di travel, ma quanto detto fino ad ora fa capire come il modo più redditizio di condurre la Trigger in discesa ricalchi in un certo senso il copione visto in salita: meglio farla correre raddrizzando le linee il più possibile, piuttosto che affidarsi ad una guida nervosa.
Il tecnico/lento al limite del trialistico è un altro ambito dove la Trigger ci ha positivamente stupiti. Che le ruote da 29″ aiutano nello scavalcamento degli ostacoli aumentando conseguentemente il limite di ribaltamento non lo scopriamo oggi, mentre la capacità di destreggiarsi con precisione sui sentieri più tortuosi è stata la vera sorpresa. A costo di fare la figura dei fan boys – rischio ancor più concreto dopo che avrete letto il capitolo ad essa dedicato – crediamo che buona parte del merito sia da attribuire alle performance della Lefty SuperMax, sia in termini di rigidità che di risposta elastica.
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Lefty SuperMax 130
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Dovessimo indicare il componente che sulla Trigger 1 spicca su tutti, la scelta cadrebbe senza indugio sulla nuova Lefty SuperMax da 130 mm, purtroppo montata solamente su questo modello. Caratteristiche e tecnologie adottate le trovate seguendo questo link, mentre di seguito ci concentreremo sulle sensazioni ricevute sul campo.
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La prima cosa che solitamente si valuta comprimendo una forcella è la scorrevolezza. Ebbene, di fronte a questa Lefty fa sorridere il luogo comune che vuole le forcelle ad aria poco scorrevoli o comunque affette da un certo attrito di stacco. La SuperMax affonda infatti con estrema facilità e fluidità sin dai primi mm di corsa, passati i quali si fa sentire una certa progressività che, una volta sul campo, permette di sfruttare bene il travel disponibile garantendo comunque un ottimo margine contro il finecorsa. Grazie alla solida e rigida struttura, la SuperMax permette di passare con decisione e precisione anche sui fondi molto rotti e ripidi, non trasmettendo mai la sensazione di essere l’anello debole della catena. Diciamo che, mm di escursione a parte, il feeling è paragonabile a quello trasmesso da forcelle di travel superiore dotate di perno passante.
La SuperMax non è dotata di registri esterni per il controllo della compressione. Vista la corsa relativamente contenuta non si tratta tuttavia di un grosso problema, a maggior ragione perchè la frenatura impostata ci è parsa un giusto compromesso.
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Il registro denominato PBR posto sulla testa della forcella consente di bloccare sulle salite scorrevoli, anche se di fatto non si tratta di un vero e proprio blocco come indicato sul manuale della SuperMax, quanto di una forte frenatura della compressione che rende la forcella del tutto esente da bobbing finchè si pedala stando in sella. “Pestando” con decisione sui pedali in fuorisella un leggero bobbing è invece presente, ma il fenomeno è veramente ridotto.
Il fatto che il PBR non sia remotizzato al manubrio è meno penalizzante di quanto non lo sarebbe su una forcella di tipo “classico”, visto che il comando è velocemente raggiungibile con la mano sinistra. Mano che comunque deve essere staccata dal manubrio per un istante. Eccellenti anche l’ergonomia e la fluidità di funzionamento del registro, il quale non ha mai mancato un colpo: premendo il pulsante blu si attiva il blocco, premendo la ghiera rossa si sblocca.
La stessa ghiera, ruotando, consente il controllo della velocità di ritorno, regolazione che tuttavia non ci ha totalmente convinti. Su tredici posizioni disponibili, infatti, abbiamo sempre utilizzato quelle a ridosso del tutto chiuso. In altre parole, le prime dieci posizioni a partire dal “tutto aperto” determinano un ritorno troppo veloce della forcella. Il problema potrebbe essere relativo, visto che abbiamo sempre trovato il tuning desiderato, ma il timore è che con pressioni di esercizio maggiori, magari accompagnate da temperature estive, si possa faticare a trovare la sufficiente frenatura. Sempre a proposito di pressione dell’aria, da segnalare che abbiamo trovato i valori consigliati sul sito Cannondale decisamente troppo elevati (noi, ad esempio, caricavamo circa 90 psi a fronte di un valore consigliato per il nostro peso di ben 124 psi!).
Per evitare che, in caso di violenta rotazione dello sterzo verso sinistra, la forcella sbatta contro l’obliquo del telaio danneggiandolo, Cannondale raccomanda di posizionare sull’obliquo stesso l’apposita protezione in gomma denominata “bumper”. Sulla Trigger in test il bumper era regolarmente presente, ma già dopo qualche uscita si era staccato ed andato perso. Nessun problema invece con la protezione denominata “Moto”, in sostanza un piccolo carter in materiale plastico che ha la funzione di proteggere lo stelo della Lefty (la quale, ricordiamo, funziona a stelo rovesciato).
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Chiudiamo il capitolo Lefty SuperMax con un paio di considerazioni sullo smontaggio/montaggio ruota, operazione indiscutibilmente un po’ più macchinosa che con una forcella di tipo classico. Oltre a dover avvitare (o svitare) il mozzo sull’apposito perno, è infatti necessario rimuovere la pinza del freno. Per facilitare il tutto, Cannondale ha messo a punto un adattatore dotato di una particolare asola che può essere rimosso senza togliere totalmente i bulloni di fissaggio. In questo modo l’operazione è velocizzata e non si corre il rischio di smarrire i bulloni. Se tutto ciò vi sembra una scocciatura pensate al lato positivo della faccenda: sostituire camera d’aria o copertone non richiede lo smontaggio della ruota!
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Cliccare qui per scaricare il manuale della Lefty SuperMax in formato pdf
Reggisella telescopico X-Fusion Hilo
Se la Lefty SuperMax è il componente che più di tutti ci ha impressionato positivamente, a meritare il pollice verso è invece il reggisella telescopico X-Fusion Hilo.
Da specifiche la Trigger 29er 1 dovrebbe montare l’Hilo dotato di comando remoto, mentre la bici inviatoci da Cannondale montava la versione con la leva di azionamento posta sotto la sella. Ma il problema non è certamente questo, quanto il fatto che il reggisella non ha mai funzionato sin dal primo minuto (sostanzialmente non stava nè su nè giù). Segnalato l’inconveniente, Cannondale ci ha prontamente inviato un nuovo reggisella identico al primo, che però è durato mezza uscita (sì e no cinque azionamenti) prima di manifestare esattamente lo stesso problema. Da notare che entrambi i reggi erano praticamente nuovi di zecca.
Ce la siamo cavata montando il Kronolog che vedete nelle foto e che stiamo sottoponendo ad un test di durata, ma quanto accaduto con l’Hilo ci ha lasciati abbastanza…”perplessi”.
Conclusioni
Che la Trigger 1 potesse essere una brillante trailbike era nelle nostre aspettative, che ci saremmo trovati di fronte ad un mezzo tanto polivalente francamente no. Il range di utilizzo di questa bicicletta è sorprendente, tanto è vero che nel grafico relativo all’attitudine d’uso abbiamo inserito quattro voci al posto delle tre usuali. Peccato per il peso, dato che un migliore risultato avrebbe permesso di riempire maggiormente anche la casella “marathon”.
Attitudine d’uso
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Inconvenienti riscontrati nel corso del test
_Allentamento Center Lock ruota posteriore
_Scollamento e smarrimento del bumper, la protezione applicata sul telaio per prevenire danni in caso di violenta rotqzione della forcella
_A fine test la leva freno posteriore aveva una corsa molto irregolare
Pesi e geometrie rilevati
Interasse: 1155 mm
Angolo sterzo: 69.5°
Corsa anteriore: 133 mm
Corsa posteriore (valori dichiarati): 80/130 mm
Interasse/corsa ammortizzatore in posizione “long travel”: 155 x 48.5 mm
Altezza movimento centrale: 343 mm
Affondamento sella (quanti mm il reggi può essere inserito nel tubo sella): 230 mm
Peso tg. M senza pedali con reggisella telescopico CB Kronolog: 13.930 kg
Peso ruota ant completa*: 2055 g
Peso ruota post completa*: 2470 g
* = ruota in ordine di marcia, quindi incluse coperture, dischi e pacco pignoni. Sono esclusi i perni di fissaggio.
Tutte le foto d’azione sono di Marzia Fioroni (Marzia su mtb-forum)