Probabilmente sono pochi gli appassionati di all mountain che non conoscono la Commencal Meta 6, non fosse altro che il modello è sul mercato ormai da diversi anni ed è stato più volte sotto la luce dei riflettori in svariate competizioni di tipo enduro-marathon grazie a Monsieur Rèmy Absalon. Come ben specificato sul sito Commencal, però, la Meta 6 non è semplicemente una vincente macchina da gara, ma anche un’ottima bici per affrontare impegnative escursioni in montagna. Questo è l’utilizzo che prevalentemente ne abbiamo fatto, anche se non ci siamo fatti mancare un passaggio in bikepark e, ogni volta che se ne è presentata l’occasione, qualche bella “sprintata” su tracciati simili a quelli che si potrebbero trovare in una competizione enduro.
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Analisi statica e prime sensazioni
A livello di montaggio la Meta 6 si affida a componentistica non particolarmente ricercata ma di provata affidabilità. Se da un lato ciò permette ai costi di non lievitare e mette al riparo da sgradevoli (e costose) sorprese, non altrettanto si può dire per quanto concerne il peso. Tradotto in numeri ciò significa 15.20 Kg per la bici completa in taglia L senza pedali. Il telaio dal canto suo non aiuta, non essendo dei più leggeri, così come non aiuta la presenza del pur utile e sempre più richiesto reggi telescopico.
La Meta 6 è un monocross assistito, ed il “bananone” costituente il carro posteriore è forse la caratteristica che più di ogni altra ha reso inconfondibile nel tempo questo modello della casa di Andorra. Si diceva che il telaio non brilla per leggerezza, ma in compenso i links sono stati posizionati a ridosso del movimento centrale contenendo così l’altezza del baricentro. Se il merito sia da attribuire a questa caratteristica o ad altro è difficile dirlo, ma come vedremo la Meta 6 dimostra meno del peso reale in svariate situazioni (soprattutto in discesa).
Eccezion fatta per la possibilità di variare l’angolo sterzo di cui parleremo più approfonditamente in seguito, costruttivamente ed a livello di cura dei dettagli la Meta non sfoggia alcuna soluzione particolarmente ricercata o innovativa, ma al contempo non presta il fianco a critiche. A parte un paio di dettagli: il routing del cavo del cambio posteriore un po’ tortuoso ed il diametro dello sterzo da 1″ 1/8 (lo sterzo conico è ormai prassi su bici di questo tipo). A voler essere pignoli segnaliamo anche l’attacco del freno posteriore di tipo international standard e relativa necessità di adattatore, soluzione ormai in via di abbandono in favore di attacchi post mount direttamente sul telaio. Per il resto troviamo le asole per il fissaggio dei fermaguaina del comando remoto del reggi telescopico, il supporto ISCG 05 e la possibilità di adottare perni posteriori da 10 o 12 mm sostituendo i dropouts (la bici in test adottava un Maxle). Niente fronzoli ma tutto ciò che realmente serve, in definitiva.
A livello di geometrie la Meta in taglia L è un po’ anomala, essendo caratterizzata da un seat tube relativamente lungo in rapporto al top tube virtuale e da un valore di standover elevato (leggasi top tube poco sloopato). Da questo punto di vista la bici avrebbe bisogno di una “svecchiata”, cosa che vedendo le prime immagini della nuova Meta devono aver pensato anche in Commencal.
Cosa strana è che la taglia M, pur mantenendosi piuttosto compatta, non presenta le stesse “anomalie”, avendo un seat tube di ben 50 mm più corto ed addirittura un diverso punto di ancoraggio dell’ammo (fra il top tube ed il seat tube). Ma non è tutto, perchè mentre nelle taglie L ed XL la variazione dell’angolo sterzo è di +/- 0.5°, nelle taglie inferiori è invece di +/- 1°. Considerando che il valore di partenza è un abbondante 67.5°, poter scendere a 66.5° è sicuramente un valore aggiunto (crediamo che ben difficilmente su un mezzo come la Meta qualcuno possa desiderare valori superiori ai 67.5° di partenza). Morale della favola: se siete indecisi fra la large e media puntate senza indugio sulla seconda. Concludiamo il discorso geometrie dicendo che la variazione dell’angolo sterzo avviene in modo semplice e veloce: si allentano le due brugole sul tubo sterzo, si ruota a mano l’eccentrico posto alla base del tubo sterzo e si serra il tutto. Facile come bere un bicchier d’acqua!
Ecco le geo della Meta nelle varie taglie:
Foto 1: il posizionamento dei link a ridosso del movimento centrale mantiene basso il baricentro riducendo gli inconvenienti legati ad un telaio non fra i più leggeri. La misurazione del SAG non è però molto agevole, visto il posizionamento dell’ammo. Sempre a prosposito del posizionamento dell’ammo, notare come sulla taglia L la piastra di ancoraggio superiore sia fissata sul seat tube anzichè nel punto di congiunzione fra seat tube stesso e top tube come invece avviene nelle taglie inferiori. Circa all’altezza del link di congiunzione fra il “bananone” e la bielletta di azionamento dell’ammortizzatore, il seat tube presenta poi una strozzatura (intuibile nella nella terza foto) che limita l’inserimento max del reggi a 290 mm nel caso di reggi svasati, mentre con uno tagliato dritto si perderebbero almeno altri 20 mm . Il problema è comunque relativo, visto che il telescopico è in dotazione di serie.
Foto2: L’inconfondibile “bananone” della Meta ospita il passaggio della guaina del cambio. Come si può notare, sia nel punto di inserimento in prossimità del movimento centrale che in quello di uscita (foto 4) il routing è però un po’ tortuoso, ed infatti l’azionamento del comando era insolitamente duro (non abbiamo però avuto particolari problemi di precisione). La parte inferiore del carro è riparata dagli sbattimenti della catena tramite una protezione applicata con velcro.
Foto 1: Alla base del tubo sterzo si trova la ghiera di regolazione dell’eccentrico che permette di variare l’angolo sterzo. Parzialmente nascosta da una guaina si intuisce la scritta -0.5°, impostazione che abbiamo adottato da subito e sempre mantenuta dato il valore di partenza già elevato (67.5°). Si tratta di una soluzione interessante che permette di adattare il comportamento della bici alle proprie esigenze, ma valori “shiftati” verso il basso anche di un grado sarebbero stati secondo noi più sfruttabili. Rimarchiamo però ancora una volta che nelle taglie inferiori il range di variazione è di +/- 1°, il che permette di scendere fino a 66.5°.
Foto 2: In linea con le tendenze attuali, la Meta 6 adotta al posteriore un perno passante Maxle da 12 mm di diametro. L’attacco della pinza freno è però di tipo IS e richiede l’adattatore IS/PM per il Formula RX da 180 mm. Sempre a proposito dell’impianto frenante, gli RX si sono dimostrati all’altezza della situazione e non hanno mai dato problemi di affidabilità. Sulle discese più ripide e continue l’anteriore risulta tuttavia leggermente affaticante, problema che probabilmente verrebbe risolto da un disco di diametro maggiore (anche davanti la Meta utilizza un disco da 180 mm).
Montando in sella apprezziamo una posizione abbastanza “neutra”, nel senso che la distribuzione dei pesi appare studiata in modo da non favorire in modo particolare nè la discesa nè la salita…o di non penalizzare nessuna delle due, se vogliamo ribaltare la prospettiva. In virtù del corto TT si sta comunque piuttosto raccolti, cosa che noi non abbiamo trovato per niente fastidiosa (questione di abitudine?) ma che qualcuno potrebbe non apprezzare, specie se abituato a mezzi di categorie “inferiori” e quindi a posizioni in sella più distese. Adeguate ci sono parse anche le scelte operate in termini di cockpit, con uno stem da 70 mm di lunghezza e la piega da 710 mm (che all’atto pratico raggiunge i 730 mm grazie al tipo di manopole e relativi tappi). Il reggi telescopico permette anche ai più spilungoni un’abbondante riserva in termini di inserimento minimo, ma sono bastati pochi metri per accorgersi che sotto l’effetto del peso del biker si riabbassava lentamente (sulle salite scorrevoli, mentre su quelle sconnesse scendeva in modo ben più repentino).
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Salita scorrevole
Dal punto di vista bobbing il carro della Meta si comporta in modo soddisfacente per la tipololgia di bici, soprattutto quando la catena è posizionata sul 24 T. La leva del propedal è in ogni caso in posizione comoda e l’azione molto marcata (ricordiamo che si tratta della versione RP2, quindi due sole posizioni). Su un piatto della bilancia troviamo quindi il propedal molto efficace, la buona scorrevolezza delle coperture ed una equilibrata posizione in sella (al netto del TT un po’ corto). Sull’altro piatto un peso generale e del set ruote piuttosto elevato e la forcella non abbassabile e totalmente priva di regolazioni (la frenatura in compressione, nel caso di lunghe salite, può parzialmente sopperire al lockout). Il risultato è che sulle pendenze meno sostenute si sale meglio di quanto il peso complessivo farebbe supporre, mentre su quelle più accentuate il peso stesso e la necessità di spostarsi in punta di sella rendono la vita un po’ più complicata. La combinazione 24-34 come rapportatura più corta disponibile è più che sufficiente sulle salite “umane”, ma quando il gioco si fa duro (salita ripida, lunga e continua) richiede una buona gamba per portare su gli oltre 15 Kg della Meta.
Salita tecnica
Sul tecnico, a maggior ragione se anche ripido, la forcella non abbassabile ma forse ancor più il propedal impostabile su due sole posizioni (aperto/chiuso) sono fortemente condizionanti.
In posizione aperto, con l’aiuto delle ottime Maxxis Ardent la Meta sfoggia infatti un’ottima motricità. L’avantreno tende però ad alleggerirsi eccessivamente, così come il pedalkickback a farsi sentire. La guida diventa di conseguenza dispendiosa ed è spesso difficile mantenere la traiettoria. Chiudendo il propedal si eliminano ovviamente gli inconvenienti citati, ma essendo l’azione particolarmente marcata il retrotreno diventa troppo nervoso e non permette quella rotondità di pedalata necessaria con bici di questo genere e peso (a meno di una eccellente preparazione atletica è infatti abbastanza ottimistico pensare di poter salire come si farebbe con una reattiva e geometricamente ben diversa front da xc). E allora? Allora ci si arrabatta alle meno peggio, smanettando frequentemente con la leva del propedal in cerca della soluzione più indicata in base alla situazione contingente. Va da sè che la cosa non è particolarmente comoda e non sempre si ottiene quell’efficacia che invece sarebbe potrebbe essere garantita da un RP23 (con il quale si potrebbe trovare la giusta situazione di compromesso), magari abbinato ad una forcella abbassabile.
Discesa scorrevole/guidata
La Meta 6 sguscia via facile, veloce e divertente nelle sequenze di curve e risponde bene in fase di rilancio. L’elevata quota di standover non ci ha disturbati più di tanto neppure sui singletrack più “guidati”, ma da questo punto di vista il fatto di avere il cavallo alto ci ha sicuramente favoriti. La corona da 36 abbinata al pacco pignoni 11-34 permette di non “imballarsi” anche sulle discese più veloci e scorrevoli, mentre le coperture Maxxis Ardent sono un ottimo compromesso fra scorrevolezza e tenuta.
Sui salti la Meta sfrutta facilmente tutta la corsa disponibile. Troppo facilmente, con valori di SAG abituali su bici di questa tipologia. Quando abbiamo portato la Meta in bikepark, pur senza affrontare salti di particolare entità è stato necessario ridurre il SAG sino a valori inferiori al 20%.
Discesa veloce/sconnessa
Il carro della Meta lavora egregiamente, non facendo pagare in termini di assorbimento la buone doti di reattività di cui si è detto al capitolo “discesa scorrevole/guidata” e facendo pensare che il travel a disposizione sia persino più dei 152 mm dichiarati. Il risultato di questo ottimo equilibrio è un retrotreno che non si scompone sui tratti più sconnessi ma che al contempo garantisce reattività al mezzo e risponde bene nel caso in cui si debba rilanciare, magari in uscita dai tornanti più chiusi dove la Meta è particolarmente agile e veloce. La Lyrik R, pur priva di regolazioni in compressione, ha una risposta altrettanto soddisfacente e come le versioni più evolute si fa apprezzare per l’indovinata curva di progressività: sensibile ad inizio corsa, “piena” nella parte centrale di travel e con una progressività finale che mette al riparo da facili finecorsa. Sempre a proposito della Lyrik, una piccola curiosità: abbiamo rilevato un travel di circa 5 mm superiore ai 160 mm dichiarati.
Un po’ di nervosismo si rileva solamente alle velocità elevate sui fondi molto rotti e ripidi, dove una geometria più distesa probabilmente gioverebbe (ricordiamo ancora una volta che sulle taglie S ed M è possibile aprire lo sterzo di mezzo grado in più).
Discesa tecnica
Nonostante la Meta 6 risponda bene agli imput e l’angolo sterzo relativamente verticale aiuti nei tratti più tortuosi, sulle discese in stile “vert” le geometrie un po’ particolari presentano il conto. La bici è infatti “alta” fra le gambe, e nei frangenti in cui è richiesta molta mobilità la sella è spesso d’impaccio (complice il telescopico, anche a sella tutta giù la distanza minima fra il movimento centrale ed il piano sella è di 615 mm). Sui passaggi più difficoltosi si ha spesso la sensazione di essere troppo alti e caricati sull’anteriore, il che impone di scegliere con cura le linee dato che il mezzo non permette di giocarsi troppi jolly. Le discese molto tecniche sono in definitiva l’ambito discesistico nel quale la Meta ci ha meno convinti.
Nel video: giornata di test per la Jekyll e la Commencal Meta 6 sui sentieri ed al MadeBike Park di Madesimo (che ringraziamo per l’ospitalità)
[VIDEO=958]Test Cannondale Jekyll e Commencal Meta 6 al Madebike[/VIDEO]
Conclusioni
Se si escludono le discese in stile vert, la Meta 6 ci ha regalato le migliori soddisfazioni in discesa, dove i “soli” 152 mm di travel non fanno certo rimpiangere la più abbondante escursione di buona parte delle rivali. In salita è sostanzialmente il montaggio a penalizzarla rispetto alla concorrenza più agguerrita, sia a causa del peso che della scarsa “tunabilità” delle sospensioni. Molto interessante sarebbe poter provare la taglia M, probabilmente ancor più performante grazie alle diverse geometrie (intese anche come possibilità di variare l’angolo sterzo) di cui si è ampiamente parlato.
Problemi riscontrati nel corso del test
_La bici ci è misteriosamente arrivata con la guarnitura dotata di rasamenti per scatole movimento centrale da 73 mm mentre quella della Meta è da 68 mm. Il risultato è che la guarnitura era “ballerina”, cosa alla quale abbiamo ovviato aggiungendo due spessori (grazie Zergio!).
_Allentamento viti disco posteriore. Dopo averle serrate una prima volta l’inconveniente non si è più ripetuto.
__Il reggisella telescopico Joplin si abbassava per effetto del peso del biker. Sulle salite più lisce o su asfalto la sella scendeva lentamente e l’inconveniente era il fastidio di dover saltuariamente scaricare il peso per farla risalire. Sui fondi sconnessi il fastidio era ben maggiore, dato che la sella scendeva in modo più repentino. Quando abbiamo voluto testare seriamente la Meta sulle salite più ripide e sconnesse abbiamo perciò montato un nostro reggi.
Aggiornamento:
Alcuni possessori di Joplin ci hanno fatto notare che l’inconveniente potrebbe esser dovuto alla sella montata di serie, che flettendo nel mezzo va a toccare la levetta che libera l’abbassamento del reggisella. La bici è ormai stata restituita e non possiamo fare alcuna verifica, ma dato che più di una persona l’ha segnalato è abbastanza probabile che il problema fosse realmente quello.
Pesi e dati geometrici rilevati
Peso senza pedali tg. L: Kg 15.20
Interasse (con angolo sterzo settato a 67.0°): 1147 mm
Angolo sterzo: 67.5° (+/- 0.5°)**
Altezza mov. centrale: 352 mm
Affondamento sella (di quanti mm il reggi può entrare nel tubo sella): 290 mm con reggi tagliato svasato Ritchey WCS (con reggi tagliato “dritto” togliere circa 20 mm).
Lunghezza stem: 70 mm
Interasse / corsa ammortizzatore: 200 mm/57 mm
Peso ruota anteriore completa*: 2245 g
Peso ruota posteriore completa*: 2543 g
Prezzo bici completa = € 3.299,00
Prezzo Factory Frame Set = € 3.199,00
Prezzo Telaio + Ammortizzatore + Reggisella = € 1.749,00
* = con “ruota completa” intendiamo la ruota in ordine di marcia, quindi incluse coperture, dischi e pacco pignoni. Sono esclusi i perni di fissaggio.
**= valore dichiarato, dato che l’inclinometro è volato verso i verdi pascoli proprio durante il test della Meta.
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