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Dopo le 7 bici trail da 27.5, è venuta la volta delle 29 pollici. Vi rimandiamo a quell’articolo per la spiegazione dello svolgimento del test, sottolineando che la location è identica, cioè i sentieri delle Bandite di Scarlino presso Punta Ala. Troverete una 27.5+, la Scott Genius, dato che, al contrario della Ibis Mojo 3, monta tutta componentistica da 29, e cerchi specifici per il formato maggiorato.
Anche in questo caso le bici sono state provate “out of the box”, ovvero come ci sono state mandate. Tutte le aziende sapevano che si trattava di una comparativa di bici da trail, dove la pedalata in salita ha un ruolo importante tale e quale la discesa.
Vi auguriamo una buona lettura, consigliandovi di non prendervela se la vostra bici del cuore non ha ottenuto i risultati che speravate. Dovete infatti considerare il vostro ambito di utilizzo preferito, come spiegato bene qui.
La Ripley è una delle bici che più sono piaciute, sia grazie ad un montaggio di alto livello e ben ragionato (con prezzo di conseguenza) che per le prestazioni rilevate sul campo. Efficacissima in salita, sia scorrevole che tecnica, peso contenuto e set ruote in carbonio ne fanno un’autentica saetta in fase di rilancio.
Queste doti di reattività le sono valse una valutazione molto alta anche alla voce discesa scorrevole e nel guidato, dove le geometrie equilibrate ed il movimento centrale particolarmente basso rendono i cambi di direzione fulminei. Sul tecnico il parere dei tester non è stato unanime: alcuni ne hanno apprezzato la reattività anche in questo frangente definendola “una bici di carattere che vuole essere guidata”, altri l’hanno trovata un filo nervosa e più impegnativa rispetto ad altri modelli.
Seppure favorita dal montaggio al top, la valutazione finale parla chiaro: una bici la cui spiccata personalità ha fatto breccia.
Dalla The Following francamente ci saremmo attesi qualcosina di più, soprattuttto sulle salite più impegnative. Quasi tutti i tester hanno patito la posizione troppo seduta imputabile alla forcella da 140 mm combinata con l’abbondante sag (30%) richiesto dalla sospensione posteriore per lavorare al meglio in discesa (le specifiche Evil prevedono forcelle da 120 o al più da 130 mm). Il risultato è che, proprio sulle salite più ripide e tecniche, la gestione dell’avantreno diventa difficoltosa a causa del peso troppo arretrato. Dopo mesi di prova, Ian Collins ha per esempio trovato l’escursione ideale della forcella essere quella da 120mm, sia per le geometrie che per avere una bici scattante e reattiva.
Sulle discese sconnesse l’assorbimento del carro è ottimo, la bici è stabile ed invoglia a mollare i freni. Nel guidato con curve in appoggio riemerge però l’impressione di un assetto troppo seduto e la reattività non entusiasma. A livello di cura costruttiva e dei dettagli è da segnalare la scomodità di accesso all’ammortizzatore, “incassato” nel telaio a ridosso del movimento centrale. I vantaggi in termini di abbassamento del baricentro sono innegabili e per la determinazione del sag si può fare affidamento sull’apposito registro, ma l’accesso alla levetta di regolazione della compressione è poco agevole a bici in corsa.
Una bici che meriterebbe una seconda possibilità montata con una forcella dall’escursione minore.
Unica bici con telaio in alluminio della comparativa ed unica a montare una guarnitura doppia assieme alla Trek Fuel, a dispetto di un prezzo estremamente concorrenziale la Rose Root Miller sfoggia un montaggio ben curato anche nei dettagli. In salita i tester hanno apprezzato l’azzeccata posizione in sella, ma il peso più elevato della media l’ha leggermente penalizzata sullo scorrevole.
Bene invece sul tecnico, dove il tubo sella verticale, il carro lungo ed il buon sostegno della sospensione posteriore le permettono di ben figurare anche in confronto alle concorrenti più leggere. In discesa ha brillato in particolare sui fondi più impegnativi, dove si è guadagnata il punteggio più alto di tutte, mentre nel guidato la lunghezza del carro e l’altezza del movimento centrale la relegano fra le meno agili.
Assieme alla Hightower è la bici maggiormente orientata alla discesa tecnica, quindi ha pagato qualcosa sul fronte della polivalenza.
La Hightower vanta un telaio ben realizzato e dalla linea gradevole, ma il prezzo è alto in rapporto al montaggio ed il peso il più elevato della comparativa. Il telaio è in carbonio C, quindi quello meno “pregiato” della casa californiana. In grado di cavarsela più che discretamente in salita, è però in discesa che sono emerse le qualità migliori, in particolare nel tecnico veloce dove ha mostrato doti ben superiori a quelle richieste ad una bici di questa tipologia.
Da questo punto di vista è emersa una doppia scuola di pensiero: alcuni tester l’hanno ritenuta persino “eccessiva” ed avrebbero preferito una maggiore polivalenza, altri hanno apprezzato la possibilità di affrontare a ritmo elevato discese di un certo impegno con una bici la cui pedalabilità resta comunque quella di una trailbike. Ottimo il comportamento della sospensione posteriore, sensibile e dalla progressività pressochè perfetta.
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La valutazione della Genius 710 + è stata inevitabilmente condizionata dalle ruote in formato plus. La gestione delle sospensioni da remoto è stata molto apprezzata, ma un routing un po’ approssimativo sotto il movimento centrale ed una posizione in sella un po’ allungata le hanno impedito di stare fra le prime alla voce “cura costruttiva”.
A livello di prestazioni sono confermate le caratteristiche di questo formato ruota, quindi bene nelle situazioni più tecniche, sia in salita che in discesa, ma scarsa vivacità e minore precisione rispetto alle concorrenti nel guidato. Questo ha determinato una valutazione che non è andata oltre la sufficienza alla voce polivalenza. Il voto finale non tragga però in inganno: se la velocità non è il vostro obiettivo principale e cercate la sicurezza che il grip del formato plus sa garantire in ogni frangente, questa potrebbe essere la vostra bici.
Polivalenza e cura costruttiva sono le voci che hanno permesso alla Specialized Stumpjumper di staccare tutte le concorrenti ed ottenere il punteggio finale più alto. Qui nulla è fuori posto o lasciato al caso, a partire da un cockpit impeccabile per arrivare al sistema SWAT, l’uovo di Colombo che cambia la vita nelle uscite veloci e leggere.
Sul campo i tester sono rimasti impressionati dalla facilità ed intuitività di questa bici, tanto in salita quanto in discesa. Sia chiaro che la Stumpjumper non è il top in ogni situazione: la reattività non è ai livelli della Ripley e le doti di incassatrice non sono quelle della Hightower o della Root Miller. Tiene però il fiato sul collo alle migliori concorrenti in ogni frangente, e lo fa mettendo il biker a suo agio da subito, caratteristica a nostro giudizio vincente per una trailbike.
Volete il pelo nell’uovo? La velocità di salita del telescopico richiede un po’ di adattamento e l’accesso alla valvola dell’autosag è scomodo.
“Da una bici di oltre 5000 Euro mi attendo un cockpit perfetto”, queste le parole di uno dei tester commentando l’infelice posizione del comando del Reverb sulla Trek Fuel. Essendo montata con una doppia Shimano, il problema è il solito: i due comandi fanno a pugni e quello del telescopico finisce inesorabilmente troppo lontano. Questo dettaglio ha penalizzato la Fuel alla voce cura costruttiva, mentre le prestazioni rilevate sul campo hanno stupito tutti in positivo.
Redditizia sulle salite scorrevoli nonostante un leggero bobbing, sul tecnico ha evidenziato grandi doti di trazione. In discesa è risultata una delle più divertenti, agili e reattive, mentre sui fondi rotti alcuni tester hanno patito la forcella dalla minore escursione del lotto combinata con geometrie fra le più chiuse. Ciò non ha impedito alla Fuel di essere seconda in polivalenza solamente alla Stumpjumper e fra le preferite di più di un tester. Sempre eccellente il lavoro della sospensione ABP quando la ruota anteriore è rivolta verso il basso.
Nella tabella qui sotto trovate tutti i numeri della comparativa. Per ogni bici sono indicati, nella rispettiva colonna dei parametri, i voti ottenuti dalla media dei voti di ciascun tester. In rosso sono indicati i valori dei coefficienti con i quali questi voti sono stati in seguito moltiplicati per ottenere i risultati complessivi, riportati in grassetto nella colonna verde, che determinano la classifica finale (il voto massimo è 10). Seguono i pesi da noi rilevati e i prezzi di ciascuna bici nell’allestimento che abbiamo testato.
La nostra valutazione si basa su una serie di voci, per ognuna delle quali viene espresso un voto da 1 a 10. Ognuno di questi voti viene moltiplicato per un determinato coefficiente in base all’importanza che si vuole attribuire a quella voce. Il risultato finale è la media di questi voti pesata sui coefficienti. Al di là dei numeri, e soprattutto della classifica finale, quel che non ci stancheremo mai di ripetere è che la tabella va letta con una certa elasticità: inutile stizzirsi perchè la propria bici del cuore non è quella con la valutazione globale più alta, quando magari eccelle proprio negli ambiti soggettivamente ritenuti più importanti.
Partendo dal presupposto che una buona trailbike dovrebbe essere polivalente, i coefficienti sono stati studiati in modo da non premiare o penalizzare troppo pesantemente una specifica situazione. Credendo però che la maggior parte degli utilizzatori di queste bici ha un occhio di riguardo per il divertimento e la sicurezza in discesa, abbiamo attribuito un peso lievemente maggiore in questo ambito. Un coefficiente un po’ più alto è stato poi assegnato alle prestazioni nel guidato, quindi agilità e reattività, doti che dovrebbero caratterizzare questa tipologia di bici.
Passando alla salita, alla resa sul tecnico viene dato un peso lievemente maggiore rispetto al comportamento sullo scorrevole, questo per premiare le geometrie ed il comportamento della sospensione più che la leggerezza (fortemente legata al prezzo) o la scorrevolezza dei pneumatici. Per evitare che modelli dalla resa molto sbilanciata nelle diverse situazioni potessero ottenere una valutazione finale allineata a quella di mezzi più equilibrati, abbiamo introdotto la voce “polivalenza”, premiando così la caratteristica regina per una trailbike.
Con “cura costruttiva” abbiamo valutato non solo la cura realizzativa generale, ma anche coerenza ed adeguatezza del montaggio. Questo secondo punto è abbastanza importante: l’intento non è stato premiare i montaggi più pregiati e leggeri in senso assoluto, cosa fortemente dipendente dal prezzo, ma piuttosto quelli meglio “ragionati” ed adeguati al prezzo stesso.
Se volete andare sui sentieri del test, sappiate che il Punta Ala Camping Resort apre l’11 marzo 2016.
Cogliamo l’occasione per ringraziare Thomas, Roberto, Maria Luisa e tutto lo staff del Punta Ala Camping resort per l’accoglienza e il supporto, Davide Brugnoli per il tanto lavoro di cui si è preso carico, Davide e Alessandro Bagnoli per l’aiuto “a distanza” e tutte le aziende che hanno messo a disposizione le bici.
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