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Dopo il successo della nostra comparativa di 15 bici da enduro, letta più di 200.000 volte (in italiano, inglese e spagnolo), è la volta delle mountain bike da trail, cioè di escursione posteriore compresa fra i 120 e 140mm. Una volta si chiamavano “all mountain”, oggi richiamano la parola che sta più a cuore a ogni biker che si rispetti: il sentiero (trail). È il segmento in cui più è stato fatto negli ultimi anni, sia a livello di geometrie che di performance. Una buona bici da trail vi permetterà sia di pedalarvi il giro dietro casa dopo il lavoro che quello epico estivo da 2.000 metri di dislivello, comportandosi bene sia sulle lunghe salite che sulle lunghe discese su sentiero, senza farsi influenzare troppo dalla tecnicità del percorso. Insomma, è la bici giusta per chi non fa gare, né enduro né granfondo.
Abbiamo diviso questo test in due gruppi di bici: le 27.5 e le 29 (con una 27.5 Plus), per poter andare a fondo nella nostra valutazione senza che ognuno dei 7 tester dovesse provare tutte le 14 bici a disposizione. È una scelta pratica, che non implica alcuna differenza se non quella data dallo stesso diametro. Infatti si tratta del medesimo ambito di utilizzo: il trail. Semplicemente abbiamo preferito giudicarle separatamente per non farci influenzare dalle differenti caratteristiche di ciascun diametro ruota.
La richiesta alle aziende è stata fatta senza limitare il prezzo: potevano mandarci il modello che desideravano. Per questo motivo abbiamo valutato la bici nel loro complesso, senza soffermarci sulle singole sospensioni come avevamo fatto in passato. La regola di base è: il cliente riceve la bici, ci sale in sella, e questa deve essere pronta per dare il meglio di sé sui percorsi, senza modifiche o sostituzioni di componenti.
A livello di valutazione ci siamo basati su sei parametri: cura costruttiva, salita scorrevole, salita tecnica, discesa scorrevole, discesa tecnica e polivalenza. A ognuno dei parametri è stato assegnato un coefficiente, con il quale viene moltiplicato il voto dato dai tester. Il valore di ogni coefficiente è dedicato all’importanza di ciascun parametro nel segmento trail a cui appartengono le bici del test. Trovate delle spiegazioni più approfondite sotto la tabella dei risultati.
Il parametro più importante è la polivalenza, dato che la bici da trail perfetta si deve comportare altrettanto bene sia in salita che in discesa. Le vincitrici del test fanno di questa caratteristica la loro forza, mentre le altre sono più forti in uno o nell’altro ambito. Per quanto riguarda invece la cura costruttiva, abbiamo preso come punto di riferimento la Specialized Stumpjumper FSR Expert Carbon 29 e il suo sistema SWAT, che permette di portarsi appresso gli attrezzi, camera d’aria, pompa e barrette nel telaio. Questo dettaglio rappresenta per noi lo stato dell’arte della telaistica in ambito trailriding e definisce il 10 sulla scala di valori con la quale abbiamo votato la cura costruttiva di tutte le bici in test.
Fra tutte le bici che hanno preso parte alla comparativa, la Habit è quella con l’anima più corsaiola, sia per le geometrie, con un angolo sterzo piuttosto verticale, che per la sospensione posteriore molto reattiva. Si guadagna la posizione di metà classifica nonostante disponga dell’escursione minore tra le bici in test, con 130mm davanti e 120mm dietro. Tutti i tester sono concordi nel reputarla una grande scalatrice, mentre in discesa qualcuno ha trovato delle difficoltà a condurla sulle parti tecniche, perché richiede molto al rider a livello di impegno fisico e tecnico, proprio per l’escursione limitata e le geometrie. Fondamentalmente per questo motivo ha perso punti alla voce polivalenza.
Fuori dalla scatola, pronta per il trail. Questa è la prima sensazione che si ha quando si sale in sella alla Spectral, dopo averla montata con le perfette istruzioni che si trovano nello scatolone con cui arriva al cliente.
L’ambito di utilizzo trail è stato centrato dal marchio tedesco: la bici sale e scende bene, soprattutto grazie ad un’ottima posizione in sella, molto centrale. In salita la doppia a 11v con guarnitura 26-36 e cassetta 11-42 permette di arrampicarsi agevolmente anche sul ripido e le lunghe salite alpine diventano fattibili anche per chi non è super allenato. Il tendicatena crea attrito ed è esagerato su una bici da trail. Apprezzabile il fermo di fine corsa per lo sterzo, che evita danni ai cavi o al telaio in caso di caduta.
Una possibile vincitrice della comparativa dunque, non fosse per il manubrio, su cui non si sa dove mettere il comando remoto del Reverb Stealth. Complice il comando del deragliatore sulla sinistra, le uniche due opzioni possibili erano di posizionarlo molto lontano dalla manopola (come in foto) o attaccato a essa, ma rivolto verso il basso, con conseguenti difficoltà di azionamento in entrambi i casi.
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La seconda bici più leggera del lotto in test, anche grazie all’ampio utilizzo del carbonio per i suoi componenti, aveva tutte le carte in regola per fare bene, ma ha deluso le aspettative per due motivi:
1) Il cockpit stretto e avanzato porta a un controllo dello sterzo inadeguato, dovuto al manubrio di soli 730mm di larghezza e una pipa da 7cm con 8° di inclinazione positiva. La bici diventa macchinosa da condurre a causa della conseguente posizione in sella, con perdita di aderenza e sbacchettamenti in salita e scarsa precisione in discesa.
2) La sospensione posteriore lavora prevalentemente nella parte finale della corsa e saltella alle alte velocità di affondamento. In pratica la ruota posteriore ha difficoltà a copiare il terreno e il retrotreno risulta nervoso.
Ecco la vincitrice del nostro test delle bici da trail da 27.5″. Sottolineiamo che ha vinto usando coperture normali, più sotto troverete le nostre impressioni con le gomme 27.5+.
La sospensione posteriore, gestita dal DW Link, lavora veramente bene. La posizione in sella è centrale, cosa che, unita alla tanta trazione del retrotreno, permette di arrampicarsi agevolmente sulle salite tecniche. In discesa le nostre sensazioni si possono sintetizzare con “agile, stabile, baricentro basso, facile in curva, rigida, rapida nei cambi di direzione”. Unico neo sono i cerchi, troppo larghi per una bici da trail, che condizionano il profilo della gomma rendendolo più squadrato e portano dunque a perdere aderenza all’improvviso quando si va in piega.
La Ibis Mojo 3 si trasforma in una 27.5+ semplicemente cambiando le gomme, tutto il resto rimane identico. L’abbiamo quindi data in mano a Davide Sottocornola, di cui riportiamo le sensazioni.
Si può definire un off-road per “andare piano”. La Mojo 3 Plus si comporta molto bene sul ripido a basse velocità, la gomma larga con pressione a 0,9/1,0Bar permette di superare gli ostacoli con facilità. Sulle radici e nelle piccole buche la gomma Plus ammortizza un po’ di più, mentre sulle discese veloci e scorrevoli tende sempre a torcersi e quindi perdere aderenza in inserimento e percorrenza di curva.
La pedalata è sempre abbastanza macchinosa. Le gomme Plus passano al millimetro sia presso l’archetto della forcella, sia nel carro posteriore. In caso di fango si rischia di bloccare le ruote o di rovinare la vernice del telaio. Bike mirata a un pubblico che non cerca la prestazione dalla propria bici, ma l’escursione tranquilla nel bosco, in piena sicurezza.
Una geometria azzeccata e una posizione in sella ben bilanciata non sono state sufficienti a portare la Kona Process più in alto in classifica. Le quote geometriche della Process infatti si sono fatte apprezzare sia in salita che in discesa ma la sua sospensione ha suscitato molte perplessità. L’ammortizzatore RS Monarch che vedete in foto non è quello delle specifiche, ma un modello vecchio ed evidentemente inadeguato alla bici. Nei commenti dei tester si poteva leggere “gnucco”, cioè poco sensibile. Di conseguenza la ruota posteriore non stava attaccata a terra e la trazione era insufficiente. Kona ha ammesso l’errore di montaggio e ci manderà un nuovo ammortizzatore, con cui la bici verrà testata a parte a breve.
Per il resto, questa è l’unica trail bike del gruppo in test senza un attacco per il portaborraccia. O meglio, c’è ma si trova sotto il tubo obliquo, in una posizione scomoda ed esposta allo sporco. Purtroppo si è preferito far passare i cavi, con poca cura, nella parte superiore del tubo.
Come la sorella maggiore Range, anche la Sight non delude. È molto maneggevole e reattiva, si lascia girare molto bene nello stretto, sia in salita che in discesa. È la più pesante del lotto a causa di una gommatura da enduro più che da trail (davanti monta una Schwalbe Magic Mary!), ma malgrado questa si arrampica alla grande, grazie ad una sospensione molto sensibile e vivace. È equilibrata fra salita e discesa e con delle gomme più scorrevoli lo sarebbe ancora di più. Telaio molto curato e bello da vedere.
La seconda classificata si fa subito notare per il suo peso piuma di soli 11.09 kg e per un’estetica molto accattivante, grazie alle sue forme e alla componentistica praticamente full carbon, ruote comprese. Permette di accelerare quasi come una bici da cross country e il carro posteriore senza snodo ricorda proprio una bici da gara. Non fraintendeteci: la posizione in sella ci ha fatto sentire subito a nostro agio, e si adatta bene a lunghi giri alpini, visto che il comportamento è molto intuitivo malgrado l’elevata rigidezza complessiva.
La sospensione posteriore è reattiva e ha un’ottima curva di compressione, sensibile all’inizio e progressiva alla fine. Nelle discese tecniche la Occam tende a essere nervosa, meno permissiva di altre bici presenti nel test.
Nella tabella qui sotto trovate tutti i numeri della comparativa. Per ogni bici sono indicati, nella rispettiva colonna dei parametri, i voti ottenuti dalla media dei voti di ciascun tester. In rosso sono indicati i valori dei coefficienti con i quali questi voti sono stati in seguito moltiplicati per ottenere i risultati complessivi, riportati in grassetto nella colonna gialla, che determinano la classifica finale (il voto massimo è 10). Seguono i pesi da noi rilevati e i prezzi di ciascuna bici nell’allestimento che abbiamo testato.
La nostra valutazione si basa su una serie di voci, per ognuna delle quali viene espresso un voto da 1 a 10. Ognuno di questi voti viene moltiplicato per un determinato coefficiente in base all’importanza che si vuole attribuire a quella voce. Il risultato finale è la media di questi voti pesata sui coefficienti. Al di là dei numeri, e soprattutto della classifica finale, quel che non ci stancheremo mai di ripetere è che la tabella va letta con una certa elasticità: inutile stizzirsi perchè la propria bici del cuore non è quella con la valutazione globale più alta, quando magari eccelle proprio negli ambiti soggettivamente ritenuti più importanti.
Partendo dal presupposto che una buona trailbike dovrebbe essere polivalente, i coefficienti sono stati studiati in modo da non premiare o penalizzare troppo pesantemente una specifica situazione. Credendo però che la maggior parte degli utilizzatori di queste bici ha un occhio di riguardo per il divertimento e la sicurezza in discesa, abbiamo attribuito un peso lievemente maggiore in questo ambito. Un coefficiente un po’ più alto è stato poi assegnato alle prestazioni nel guidato, quindi agilità e reattività, doti che dovrebbero caratterizzare questa tipologia di bici.
Passando alla salita, alla resa sul tecnico viene dato un peso lievemente maggiore rispetto al comportamento sullo scorrevole, questo per premiare le geometrie ed il comportamento della sospensione più che la leggerezza (fortemente legata al prezzo) o la scorrevolezza dei pneumatici. Per evitare che modelli dalla resa molto sbilanciata nelle diverse situazioni potessero ottenere una valutazione finale allineata a quella di mezzi più equilibrati, abbiamo introdotto la voce “polivalenza”, premiando così la caratteristica regina per una trailbike.
Con “cura costruttiva” abbiamo valutato non solo la cura realizzativa generale, ma anche coerenza ed adeguatezza del montaggio. Questo secondo punto è abbastanza importante: l’intento non è stato premiare i montaggi più pregiati e leggeri in senso assoluto, cosa fortemente dipendente dal prezzo, ma piuttosto quelli meglio “ragionati” ed adeguati al prezzo stesso.
State sintonizzati per la comparativa delle 7 bici da trail da 29 pollici! E se volete andare sui sentieri del test, sappiate che il Punta Ala Camping Resort apre l’11 marzo.
Cogliamo l’occasione per ringraziare Thomas, Roberto, Maria Luisa e tutto lo staff del Punta Ala Camping resort per l’accoglienza e il supporto, Davide Brugnoli per il tanto lavoro di cui si è preso carico, Davide e Alessandro Bagnoli per l’aiuto “a distanza” e tutte le aziende che hanno messo a disposizione le bici.
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