[Test] Genesis Caribou Fatbike

Dato che in questo inverno si parla tanto di fat bike, abbiamo deciso di provarne una. Grazie al distributore italiano di Genesis, Backcountry.it, siamo potuti salire in sella ad una Caribou.

Analisi statica

Si tratta di una bici in acciaio Double-Butted Cr-Mo, rigida, cioè senza sospensioni. La scelta del materiale dice molto sulla filosofia della Caribou, pensata per essere indistruttibile e/o facilmente riparabile anche se uno si trova in viaggio. L’acciaio, infatti, è saldabile piuttosto facilmente. Il perno passante posteriore è largo 170mm, mentre quello anteriore 135mm. Anche il movimento centrale é, con i suoi 100mm, sovradimensionato. E qui arriviamo alla prerogativa di una fatbike: le ruote e le gomme. La Caribou è dotata di due coperture Surly Nate da 4 pollici di larghezza montate su due cerchi Surly Rolling Darryl da 26 pollici, misura, quest’ultima, che non deve trarre in inganno: una volta gonfiate le massicce gomme, il diametro ruota è molto simile a quello di una 29 pollici. Non sono latticizzate.

La mescola delle gomme è molto morbida. Va unita ai circa 9 kg che le due ruote portano sulla bilancia per capire che in salita vi vorrá un po’ più di pazienza del solito.

L’indole viaggiatrice della Caribou si può notare dal resto dell’allestimento, e soprattutto dai freni, dei Shimano BR-M395 con dischi da 160mm di diametro. Più che per discese a manetta su qualche ripido sentiero alpino, questa bici è stata pensata per un bel viaggio in Islanda.  Anche la rapportatura si muove in questa direzione: un monocorona da 32 denti abbinato ad un pacco pignoni 11-36 limitano la pedalabitá su salite ripide. Per questo motivo abbiamo aggiunto una corona da 42 al pacco pignoni, si tratta del 42T di OneUp Components di cui abbiamo parlato qui.

Anche la scelta dei perni delle ruote denota una particolare attenzione alla semplicità: il posteriore è un normalissimo quick release, mentre l’anteriore ha lo stesso spessore, ma viene serrato con due viti a brugola.

Sul telaio e sulla forcella sono predisposti diversi attacchi per portapacchi e portaborraccia che vengono utili nel caso uno si voglia portare con sé tenda e viveri. La bici senza pedali pesa 15.8 kg.

 

La bici in test è una 17.5″. La geometria è piuttosto equilibrata, nel senso che è nel giusto mezzo per garantire guidabilità in discesa e buona spinta sui pedali in salita/piano. Ovviamente la lunghezza totale della bici risente delle gomme sovradimensionate.

In salita

Oltre 16 kg con i  pedali, gomme da 4 pollici con mescola molto morbida, gonfiate a 0.7 bar. Questi numeri parlano da sé e fanno capire subito che la Caribou è una bici con cui le salite vanno affrontate in modo tranquillo e con ritmo costante. La pressione così bassa è necessaria per poter sfruttare tutta la trazione delle gomme quando ci si muove sul tecnico o su terreni soffici come sabbia o neve, ma penalizza la resa in salita se ci si trova su asfalto o su sterrati duri.

Si potrebbe giocare sulla pressione mentre si é in giro, gonfiando e sgonfiando le gomme a seconda del terreno, ma questa è un’operazione piuttosto fastidiosa, soprattutto se si tratta di rigonfiare dei mostri da 4 pollici, a meno che non si vogliano allenare per bene i muscoli delle braccia. Visto che chi scrive non ci tiene particolarmente a dei bicipiti da spiaggia, dopo alcuni esperimenti ad inizio test, terminati con gomme in stile gommosi Haribo sul tratto in asfalto per ritornare al punto di partenza, abbiamo trovato la nostra pressione ideale fra i 0.7 e 0.8 bar, e non l’abbiamo più toccata.

Su asfalto si soffre. Non nel senso fisico del termine, ma pensando all’energia in più necessaria per muovere la Caribou rispetto ad una bici con gommatura tradizionale. Bisogna anche dire che una fat bike è stata pensata per tutto, tranne che per muoversi su bitume. Non vivendo in Alaska, ma in una regione molto antropizzata come le Alpi, è praticamente impossibile evitarlo del tutto. A meno che non sia ricoperto di neve, e allora lì si cominciano ad apprezzare le caratteristiche che prima erano di impaccio.

La trazione su neve è di un altro pianeta rispetto alle bici tradizionali. La differenza la fanno le gomme. Non solo la mescola morbida, la loro dimensione e la bassa pressione, ma anche la tassellatura. Questa, infatti, è molto spaziata, impedendo il formarsi di grumi che prima o poi bloccherebbero le ruote contro il telaio.

Le gambe rimangono il motore, e muoversi su fondi morbidi come neve o sabbia richiede molta energia, anche se la Caribou ci ha permesso di arrivare dove altrimenti avremmo spinto. È dunque essenziale avere una rapportatura molto agile per non dover arrendersi prima del necessario. Con il 32×42 siamo riusciti a salire praticamente dappertutto, fin quando il fondo ce lo ha permesso. Già, perché anche una fat bike arriva al suo limite se la neve è bagnata o troppo profonda. Non fosse altro per i pedali che ad un certo punto mulinano e poi si impiantano nella neve. Il monocorona da 32 con pacco pignoni 11-36 è troppo duro se si usa la Caribou sui monti. Ricordiamo che si tratta in fondo da una bici da 29 pollici effettivi. Consigliamo un upgrade come quello fatto da noi con il 42T di OneUp Components.

Abbiamo apprezzato il generoso slooping del tubo orizzontale quando dovevamo risalire in sella nella neve e dare i primi colpi di pedali a velocità molto ridotta.

Non sarebbe giusto dire che la Caribou va bene in salita solo nella neve. La sua ottima trazione si fa apprezzare in altri due frangenti: il bagnato e il tecnico. Nel primo caso, si notano a malepena le rocce bagnate, perché le gomme si incollano come ventose dappertutto. Sul tecnico vale lo stesso discorso, aumentato dal fatto che si pedala su una rigida, dove non ci sono sospensioni che si mangiano via preziosi watt quando uno si trova al limite. Stiamo parlando di tecnico lento. Sul veloce, come uno strappo tecnico in salita preceduto da una discesa (da cui uno porta una buona dose di velocità), si sente la mancanza di una sospensione, o perlomeno della regolazione del ritorno, che i gommoni non hanno. Il posteriore saltella e la trazione va a farsi benedire fin quando non si torna a velocità da salita lenta.

Un’ultima cosa che necessita di adattamento è la larghezza del movimento centrale. I due cm in più si sentono nella posizione di pedalata, dato che i piedi sono leggermente più larghi rispetto al solito. Alla lunga questo potrebbe portare dei dolori alle ginocchia ad alcuni rider. Non è stato il nostro caso, ma non abbiamo mai fatto giri estremamente lunghi con la Caribou. Abbiamo invece notato come alcuni sentieri siano diventati improvvisamente “stretti”, nel senso che i pedali toccavano il pendio a monte. Niente di drammatico, ma abbiamo dovuto prendere le misure là dove prima passavamo senza problemi.

In discesa

In discesa il divertimento è relativo al tipo di fondo su cui ci si muove. Sulla quantità giusta di neve (10-25 cm) la Caribou ci ha fatto apprezzare il fatto di essere in sella a una bici in pieno inverno e di aver lasciato gli sci in garage. La bici galleggia bene ed è veramente bello poter percorrere i soliti sentieri, impraticabili con una MTB normale. È un altro modo di andare in mountain bike, più volto all’esperienza di essere nella natura in pieno inverno, più rilassato, molto escursionistico. Dal punto di vista tecnico non ci hanno convinto i freni Shimano BR-M395 con i dischi da 160mm, troppo sottodotati, soprattutto se bagnati. Ci siamo trovati a dover tirare le leve con due dita per riuscire a rallentare.
La sella si lascia abbassare a sufficienza per affrontare ogni ripidone in sicurezza. L’abitudine al reggisella telescopico si è fatta sentire quando, durante la discesa, c’erano dei tratti pedalati, ma per una bici di questa fascia di prezzo é del tutto ok non averne uno di serie.

Se la neve è troppa, anche una fat bike si blocca e non rimane altro che spingere.

Spesso l’itinerario finisce in fondovalle, dove la neve può scarseggiare, e allora ci si trova sui fondi “duri” con una rigida. Già, va bene avere i gommoni, ma questi non rimpiazzano le sospensioni. Ci siamo trovati a lavorare con gambe e braccia come non facevamo da almeno 15 anni, e a rallentare l’andatura. Se ci sono delle linee da scegliere, la migliore è sempre stata la più semplice, quella con meno asperità e gradoni. Si potrebbero sgonfiare le gomme a 0.4 bar per aumentare il comfort di guida sul lento, ma appena si aumenta la velocità la bici diventa piuttosto ingestibile a causa delle coperture.

Il problema principale è dato dalla semplicità delle “sospensioni”, cioè le gomme. Queste assorbono gli urti, ma non sono dotate di ritorno, e tendono a rendere la bici nervosa. L’unico modo per porci rimedio è lavorare il più possibile con gambe e braccia.

Questo discorso si amplifica sul veloce a cui si aggiunge il fatto che le ruotone hanno un effetto volano marcato che rende l’entrata in curva molto impegnativa. Bisogna “buttarsi dentro” con tutto il corpo. Stesso discorso sui rilanci: accelerare con un 9 kg di ruote non è semplice o forse bisogna onestamente dire che la Caribou non è stata pensata per questo scopo. La vediamo meglio su sentieri scorrevoli, nel caso mancassero neve e sabbia nei vostri paraggi.

Una nota la merita la trasmissione: con un semplice guidacatena e un deragliatore posteriore Deore Shadow Plus la catena è sempre rimasta al suo posto e piuttosto in tensione, evitando di andare a sbattere contro il telaio.

Conclusioni

La Genesis Caribou rispecchia in pieno la filosofia originale delle fat bike: una bici robusta e praticamente indistruttibile fatta per esplorare e viaggiare su terreni dove altre bici alzano bandiera bianca. Terreni che, in un mondo ideale, non dovrebbero essere troppo ripidi. In questo caso la rapportatura, il peso e i freni limitano la sua polivalenza. In discesa i gommoni non sono sufficienti a non farvi sentire la mancanza delle vostre sospensioni, se volete compararla ad una MTB classica.

Prezzo:  1999 € la bici completa come quella del test con pedali (non in foto), collarino per il deragliatore, e vernice.  499 € il solo telaio con forcella, collarino reggisella, collarino per il deragliatore ma senza serie sterzo.

Importatore per l’Italia: Backcountry.it

Genesis Bikes

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