[Test] Ibis Mojo HD3

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Apriamo con questo articolo una serie di test di mountain bike da enduro che non hanno partecipato alla nostra comparativa di novembre 2014 per motivi di tempistica. Nel caso della Ibis Mojo HD3, il nuovo telaio della casa di Santacruz (ebbene si, anche loro provengono da lì) era stato appena presentato e non era ancora pronto per i test dei media.



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Il numero 3 sta per la terza generazione del telaio Mojo che, per l’occasione, è stato riprogettato completamente, rimanendo fedele al sistema di sospensione DW Link, dove DW sono le iniziali di Dave Weagle, solito firmare le cinematiche Ibis. Sistema molto apprezzato da chi scrive, dopo un uso intenso della Ripley durante tutta la scorsa stagione. Non solo, Ibis si affida come tradizione al carbonio per il telaio: sia il triangolo anteriore che il carro sono infatti in fibra.

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La bici è stata costruita con le ruote da 27.5″ in mente, ormai lo standard per questa escursione posteriore, 150mm. Rispetto alla vecchia Mojo, anche la geometria è stata modernizzata, con un angolo sterzo di 66.6° se si monta una forcella da 160mm come nel test, mentre i gradi sono 67° con 150mm di escursione all’anteriore. L’altezza del movimento centrale è di 344mm, mentre la lunghezza dei foderi posteriori è di  430mm.

Già dai numeri di può capire di dove si vada a parare: la Moho HD3 vuole essere una bici polivalente, distanziandosi dal trend di costruire una bici da enduro che, di fatto, diventa poi una mini DH. Qui sotto trovate le geometrie, a seconda che si monti una forcella da 150 o 160mm (quella in test è una Fox 36 da 160mm).

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Al posteriore troviamo un ammortizzatore Cane Creek DB Air InLine con le classiche quattro regolazioni esterne: rispettivamente compressione e ritorno alle alte/basse velocità, oltre che la levetta che chiude il ritorno e la compressione alle basse per quando si è in salita. Il funzionamento è del tutto simile al Double Barrel che abbiamo testato in precedenza, però con un notevole risparmio di peso ed ingombro.

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Parlando di ingombro, Ibis è stata attenta a lasciare spazio ad un portaborraccia. Anche qui, come vedremo in seguito, lo scopo ultimo è quello di rendere la bici polivalente.

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Altro dettaglio interessante è il passaggio cavi: permette di alloggiare il cavo del deragliatore posteriore e il tubo del freno (Shimano XT nel nostro caso) del tutto internamente o di farli uscire poco prima del movimento centrale, oltre al cavo del reggisella telescopico. Certo, il tubo del freno (senza adattatore quick release per staccarlo senza doverlo spurgare) che passa internamente può essere visto come una noia, ma le linee del telaio restano così pulite. Notare che nella bici test il passaggio interno si interrompe alla fine dell’obliquo.

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Generosa la protezione dell’obliquo dai sassi alzati dalla ruota anteriore.

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La trasmissione sulla bici in prova è un mix fra Shimano XTR (deragliatore posteriore, pacco pignoni 11-40, manettino e catena) e una pedivella Race Face Turbine con corona da 30 denti. Per chi ama la doppia, esiste l’attacco del deragliatore anteriore, posto sul retro del tubo sella.

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Una Fox Float 36 RC2 (qui il nostro test) si prende carico dei 160mm di escursione anteriore, mentre stranamente corto è il manubrio di serie, un Ibis Hi-Fi da 740mm. Non fate caso agli spessori, si tratta di una bici test.

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L’attacco è un Thomson da 40mm di lunghezza.

Di casa Ibis le massicce ruote 741 con canale interno di 35mm, di cui ci eravamo già occupati lo scorso anno, su cui sono montate delle Maxxis 27.5 x 2.30 Minion DHF F60 3C/EXO TR.

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Il reggisella telescopico è un KS LEV Integra da 125mm di escursione, con passaggio interno del cavo.

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Salita

Dicevo poco fa di quanto io apprezzi il DW Link, ed il motivo primo sta nella sua neutralità in fase di pedalata: anche lasciando l’ammortizzatore aperto, la HD3 non si mangia via il sag nelle rampe ripide, né soffre di bobbing. Il tutto mantenendo una sensibilità ai piccoli urti di prim’ordine, cosa che si trasforma in trazione.

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Come avrete capito, qui siamo di fronte ad una cinematica che non ha bisogno di piattaforme stabili o particolari set up dell’ammortizzatore per esprimersi al meglio, motivo per cui vedrei bene uno dei nuovi ammortizzatori Fox Float DPS al posto del cervellotico CK Inline. Sul sito Cane Creek si può trovare la cosiddetta “Base Tune” per ogni modello di bici, ma se si vuole tirare fuori il meglio dalle sue potenzialità bisognerà armarsi di pazienza e taccuino.

In salita si nota come questa sia una bici che non si può definire meramente da “enduro”. Sicuramente questa è la parola magica per vendere una mountain bike nel 2015, ma la HD3 tende di più all’all mountain: le geometrie non esasperate, così come l’escursione posteriore da 150mm, ne fanno una buona arrampicatrice, probabilmente anche più che buona se si monta una forcella con 150mm di escursione. Con la Fox 36 l’avantreno è piuttosto alto, e quando si affrontano salite ripide bisogna lavorare con il torso per tenere l’anteriore attaccato al terreno. Troppo faticoso per lunghi giri alpini, a cui invece la HD3 si presta.

Discesa

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Cerchi in carbonio con canale interno da 35mm, una delle forcelle più performanti in assoluto, sospensione supersensibile, geometria moderna: mi aspettavo grandi cose dalla HD3 in discesa e non sono rimasto deluso. In piena tradizione DW link la sospensione posteriore lavora alla grande sia sui piccoli che sui grandi urti, la sua linearità si impenna solo verso il fine corsa, ma non si mangia via il sag. All’anteriore la 36 compensa i “soli” 150mm di escursione al posteriore, non facendo una grinza neanche su impatti di grande entità.

Proprio la “limitata” escursione posteriore rende la HD3 molto agile e giocosa, complici anche i foderi posteriori piuttosto corti. Si gira molto bene bello stretto, e questa è una delle caratteristiche per cui ce la vedo molto bene sui sentieri alpini tecnici, sia in salita che in discesa.

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Le ruote necessitano di un po’ di tempo per potercisi abituare, dato che tendono a squadrare la gomma e quindi ne influenzano il comportamento in curva: se da un lato la precisione di guida è enorme, grazie allo spanciamento praticamente nullo della gomma, dall’altro quando si va in piega la gomma tende a mollare la presa con meno preavviso rispetto a quando è montata su cerchi meno larghi. Un grande vantaggio è il poter girare a pressioni più basse del solito, sopratutto quando si necessita di trazione come in caso di bagnato.

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Fra tutti questi elogi quello che stona è il manubrio: troppo stretto per una bici come la HD3, e per di più, già che si parla dell’altezza dell’anteriore in combinazione con una forcella da 160mm, anche troppo rialzato. Una scelta piuttosto difficile da capire, anche considerando che ormai si trovano manubri da 740mm sulle bici da xc, come questa.

Ne consegue che ho avuto dei problemi a schiacciare giù per bene l’anteriore in curva, sia per l’altezza dell’avantreno, sia per posizione delle mie spalle, che un manubrio più largo avrebbe portato più avanti. Chiaro, il manubrio è un componente facile da sostituire, anche direttamente al momento dell’acquisto.

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Sullo scassato ripido l’altezza dell’anteriore con forcella da 160mm è venuta molto comoda, ed entrambe le sospensioni hanno una bella dose di riserve per le situazioni di emergenza, la 36 in primis, che non si scompone praticamente mai. Se proprio vogliamo trovare il carattere enduristico della HD3, eccolo nella 36. Questa alza l’asticella del fattibile con la nuova Ibis, sempre che si sia interessati a raggiungere i propri limiti. Di base l’idea è condivisibile: se vuoi fare gare enduro monti una forcella che fa al caso, ma non tocchi la sospensione posteriore, che ha un’escursione più che sufficiente per la maggior parte dei biker. In questo modo chi propende più a giri pedalati con gli amici si trova una bici perfetta per ogni evenienza, montandoci una forcella da 150mm.

Ultimamente sono uscite molte bici con escursioni dai 165mm in su, che limitano il loro ambito di utilizzo, malgrado quello che ne dicano gli entusiasti proprietari. Ibis ha scelto un’altra via, che mi sento di condividere. Non sarà forse la più veloce in discesa in una gara enduro, ma è in un ambito all mountain che la HD3 brilla particolarmente.

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Conclusioni

Spesso mi sento chiedere quale bici da enduro comprare. Faccio fatica a consigliare la nuova generazione di enduro, votate in gran parte alla discesa, perché la maggioranza dei biker che mi fanno la domanda si guadagna la discesa con una salita pedalata, e delle volte anche tecnica. La Ibis Mojo HD3 rompe il trend delle mini DH e si posiziona nel mezzo fra una enduro ed una trailbike: si pedala bene in salita, anche sul tecnico, e fa divertire in discesa, anche se non sarà la più veloce in una gara enduro, sulla carta (Anne Caro Chausson docet). Geometrie azzeccate ed un sistema di sospensione allo stato dell’arte ne fanno una delle migliori bici da all mountain in circolazione. Probabilmente la configurazione in cui la maggior parte dei biker si troverà meglio è quella con una forcella da 150mm di escursione ed un manubrio da 780mm di larghezza.

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Peso in taglia L senza pedali: 12.7 kg

Prezzo telaio con ammortizzatore Cane Creek DB Air InLine: 3.380 Euro
Prezzo bici completa:  8.390 Euro. Per i prezzi degli altri montaggi disponibili cliccare qui.

Distributore per l’Italia: 4Guimp
Ibiscycles.com

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