Presentata durante il bike festival di Riva, la Manitou Mezzer ci è arrivata da provare a fine giugno. Da allora è stata montata sia sulla Mondraker Foxy 29 che sulla Canyon Strive 29 usate per i test di questa stagione. È giunto quindi il momento di tirare le somme.
Presentazione
Vi rimando al dettagliato video girato presso lo stand Manitou ad inizio maggio, dove il product manager spiega nel dettaglio le particolarità di questa forcella (sottotitoli in italiano).
A livello estetico Manitou si rifà alla sua tradizione di posizionare l’archetto dietro i foderi. Sulla Mezzer è stato limato ogni grammo possibile, come potete vedere dalla foto, oltre a creare spazio per le tre viti necessarie a fissare il parafango. A proposito del parafango, la sua forma protegge bene il rider e gli steli dagli schizzi di acqua e fango. I parapolvere ringraziano.
Si notano subito anche gli steli da 37mm, veramente massicci, così come tutto l’insieme della forcella. Un bel look aggressivo e roccioso che ben si abbina alle moderne bici da enduro.
Il perno passante HexLock SL da 15mm di diametro non è dotato di quick release e per il montaggio/smontaggio è richiesta una chiave esagonale da 6 mm.
Il perno è cavo sul lato opposto rispetto a quello di inserimento, e la cavità è filettata. Nel piedino della forcella troviamo un secondo perno, a sua volta filettato, molto più corto e non rimovibile, che tramite la chiave esagonale si avvita all’interno di quello principale. Le sezioni esagonali del perno passante, presenti su entrambi i lati, trovano alloggiamento in apposite sagomature offrendo un fissaggio bello solido che non soffre di giochi o allentamenti accidentali. La comodità non è quella di un QR, ma non è neppure molto più scomodo. Viste le generose dimensioni della filettatura, è inoltre ben difficile fare danni eccedendo con la forza di serraggio.
La valvola della camera principale si trova alla base del fodero sinistro, protetta da un cappuccio metallico che si avvita sulla valvola stessa . Quando si collega la pompa, camera positiva e negativa vengono caricate simultaneamente e si bilanciano da sole.
In cima allo stelo sinistro è presente la valvola dell’IRT, protetta da un tappo.
L’IRT funziona tramite un disco flottante il quale crea una seconda camera che lavora “in serie” a quella principale. Questa seconda camera andrà caricata con una pressione superiore rispetto a quella principale, secondo la tabella che trovate più sotto. In condizioni di riposo assumerà quindi il suo volume massimo, mentre al comprimersi della forcella, quindi all’aumentare della pressione della camera principale, andrà man mano riducendosi. In questo modo opporrà però una resistenza sempre maggiore, visto che la pressione dell’aria in essa contenuta andrà a sua volta aumentando. In sostanza è come avere un air spacer (token) il cui volume cambia al variare del travel usato: molto voluminoso inizialmente (e quindi agisce prima rispetto ad un token classico), ma che al comprimersi della forcella si riduce di dimensione evitando così un drastico incremento della progressività.
Il settaggio della Mezzer è piuttosto semplice: prima si gonfia la camera IRT, poi quella principale, infine si fanno le regolazioni di ritorno e compressione alle alte e alle basse. Personalmente mi sono trovato molto bene con i valori indicati da Manitou. Pesando 70 kg svestito ho preso i valori relativi ai rider di 73kg. Ho gonfiato la camera IRT ad 84 psi e poi quella principale a 52 psi. Questo è il setting che Manitou definische “enduro”, mentre per quello più trail consiglia di diminuire la pressione dell’IRT di 10 psi e per quello più discesistico di aumentarla di 10 psi. Giochicciando con l’IRT alla fine la regolazione che ho preferito è stata proprio quella da enduro, un buon compromesso fra sensibilità iniziale e forcella sostenuta sul ripido. Dovevo anche trovare il giusto bilanciamento con la sospensione posteriore, sia sulla Strive che sulla Foxy decisamente enduro e non trail o DH.
Il ritorno è a 5 click dal tutto chiuso, la compressione alle alte è rimasta su 1 click dal tutto aperto, quella alle basse a 4. Il sag è di circa il 25%.
Una nota: sono solito lasciare la HSC molto aperta per evitare di arrivare a fine discesa con gli avambracci gonfi. Preferisco delle sospensioni dal comportamento “compliant”, anche perché raramente giro in bike park con salti.
La Mezzer non è dotata di una chiusura rapida della compressione, perciò l’ho sempre lasciata aperta in salita. Devo anche dire di esserci ormai abituato, perché nè la Fox 36 né la Rock Shox Lyrik RC2 ne hanno una. È una questione di abitudine, alla fine, basta pedalare composti senza pretendere di fare sprint in salita su asfalto, cosa per cui le bici da enduro non sono state pensate.
La caratteristica che salta per prima all’occhio è l’alta sensibilità della Mezzer alle piccole asperità, grazie alla ridotta pressione di esercizio. Il carico di stacco iniziale è veramente basso, ed il feeling “burroso”. 52 psi per la camera principale sono proprio pochi e questo è un valore raggiungibile solo se dall’altra parte si ha un sistema come l’IRT, che si prende carico di quando sia sostenuta la forcella a metà corsa. Non solo, sempre l’IRT è il responsabile di un’elevata progressività a fine travel, tanto che non sono mai riuscito fare un vero bottom out. Ci sono arrivato vicino, ma in più di un caso la Mezzer mi ha salvato da qualche impatto troppo violento causato da traettorie sbagliate o qualche sorpresa su sentieri che non conoscevo (e dagli scherzi dei temporali estivi che trascinano via la terra).
Malgrado lo chassis della Mezzer appaia così roccioso, non ci troviamo di fronte ad una forcella che alla fine di lunghe discese fa male alle mani, anche perché spesso la “comodità” di una sospensione è comandata dalla sua idraulica e da come la compressione alle alte velocità si comporta. Parlando delle regolazioni della compressione, le ho trovate poco incisive, cioé la differenza fra tutto aperto e tutto chiuso non è facile da sentire. C’è da dire che vi ho messo raramente le mani, perché una volta regolato l’IRT ero più che soddisfatto del comportamento della Mezzer, in particolare sul ripido ed in staccata, quando il peso del rider è tutto sull’anteriore.
Parlavo della sensibilità alle piccole asperità: la sensazione di trazione e grip è veramente ottima, la ruota sta incollata al terreno ed è facile impostare e mantenere le traettorie. A ciò si aggiunge anche la rigidità complessiva della Mezzer, che contribuisce alla precisione di guida. In più di un’occasione mi sono trovato a scegliere linee dirette su rocce e gradoni, al posto di evitarli, proprio per la sensazione di sicurezza datami dalla forcella.
Durante il test l’ho usata anche per giornate in bike park, dove si è letteralmente mangiata via le braking bumps. Malgrado usi ed abusi in questi tre mesi di test, non ci sono accenni a sboccolamenti vari. Fa ancora il suo lavoro come il primo giorno.
È da qualche anno che Manitou ha introdotto il sistema IRT: sulla Mezzer questo fa veramente la differenza, permettendo alla forcella di lavorare a basse pressioni, favorendo la sensibilità alle piccole asperità e al tempo stesso prendendosi carico della curva di progressione. Le regolazioni della compressione alle alte e basse velocità non sono incisive, ma onestamente non si sente il bisogno di toccarle molto, perché proprio grazie all’IRT la Mezzer è molto sostenuta a metà corsa e molto progressiva quando ci si avvicina ad un bottom out. La sua struttura massiccia dà confidenza sullo scassato e conferisce quella rigidità che si apprezza quando si impostano le curve.
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