[Test] MDE Carve 29: downcountry o light enduro?

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Lo scorso settembre, MDE ha presentato la nuova Carve, ultima versione dello storico modello da all mountain del marchio artigianale torinese che negli ultimi anni era stato un po’ messo in ombra, all’interno della gamma MDE, dalla versione AM della Damper. Per questo motivo la Carve è stata reinventata in una nuova configurazione da trail aggressivo, in linea con gli attuali trend, che le hanno dato una nuova linfa vitale. Dopo una lunga attesa dovuta alla produzione del telaio e soprattutto alla reperibilità dei componenti con cui montarlo, finalmente ho potuto iniziare a mettere alla prova la nuova Carve e dopo 4 mesi di test è il momento di farvela scoprire in ogni dettaglio.



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Il titolo non vuole essere una provocazione ma allude appunto alla polivalenza della Carve, che scopriremo nel corso di questo articolo. L’escursione e l’allestimento sono quelli di una trail bike mentre le geometrie aggressive consentono di spingersi ben oltre e il robusto telaio in alluminio, che discende da quello della Damper, sopporta ogni tipo di maltrattamento a discapito del peso, solo una manciata di grammi inferiore a quello della Damper e quindi un po’ sopra la media per una trail bike ma comunque adeguato alla destinazione d’uso, per una bici che, così montata, ferma la bilancia a 13,4kg.

Dettagli

  • Materiale telaio: lega di alluminio 7005 T6
  • Formato ruote: 29″ (disponibile anche mullet e 27.5″)
  • Geometrie variabili: no
  • Escursione posteriore: 127mm
  • Escursione anteriore: 140mm
  • Interasse ammortizzatore: 190x45mm
  • Mozzo posteriore: Boost 148×12mm
  • Movimento centrale: BSA 73mm filettato
  • Tubo sella: ∅ 30.9mm
  • Attacco ISCG: sì
  • Attacco portaborraccia: sì
  • Attacco portaoggetti: sì
  • Disponibilità del solo frameset: sì
  • Peso della bici completa del test in taglia M: 13,4kg
  • Peso verificato del telaio in taglia M, senza ammo, con calotte serie sterzo, perni e accessori: 3.465g

Il telaio è realizzato nelle officine MDE di Reano, in provincia di Torino, partendo da tubazioni e parti lavorate a CNC in lega di alluminio 7005 con trattamento T6. Le linee riprendono quelle delle altre bici attualmente in gamma come Damper e Push3r. La verniciatura trasparente, solo una delle numerose opzioni messe a disposizione da MDE, protegge il telaio lasciando a vista la finitura spazzolata e le saldature curate. Le decals, disponibili in diverse colorazioni, sono stampate su pellicola Crystal quindi oltre al lato estetico forniscono anche protezione al telaio.

Il sistema di sospensione è il nuovo i-Link 2.0 che abbiamo apprezzato sulla Damper 2020, con la quale condivide il medesimo carro mentre la posizione dei punti di influcro delle bielle sono ottimizzati per la curva di compressione e l’attacco dell’ammortizzatore sul telaio è in posizione totalmente differente, ancorato al top tube invece che all’obliquo per ottenere una curva di compressione adeguata alla differente escursione di cui dispone la Carve e alla differente destinazione d’uso.

Curva di compressione fondamentalmente progressiva che mantiene la filosofia che MDE adotta già da diverso tempo e che sposa il concetto, ormai universalmente riconosciuto come il più efficace per le sospensioni delle MTB, di offrire una prima parte di escursione particolarmente sensibile, una parte centrale molto sostenuta e una parte conclusiva spiccatamente progressiva. Le bielle ruotano su perni da 15mm di diametro e su cuscinetti Enduro Bearings a doppia fila di sfere, realizzati su specifiche di MDE.

L’ammortizzatore che ho utilizzato per il test non è quello che avrei scelto, ma in periodo di “carestia” di componenti disponibili, mi sono dovuto adeguare, quindi al posto del RockShox Deluxe che avevo richiesto ho montato un Super Deluxe Ultimate, con i pro che ne derivano a livello di prestazioni in discesa e i relativi contro in termini di peso e di ingombro. Tuttavia devo ammettere che si sposa molto bene con il carattere aggressivo della Carve. Con ammortizzatori metrici da 190x45mm, come quello del test, il sistema di sospensione della Carve genera 127mm di escursione mentre utilizzando ammortizzatori imperial da 190x51mm, l’escursione alla ruota sale a 135mm.

La Carve accetta forcelle da 120, 130, 140 e 150mm di escursione. Ho optato per una RockShox Pike Ultimate da 140mm con offset da 42mm, una delle poche forcelle sviluppate effettivamente per il segmento trail anziché come forcella da enduro con escursione ridotta o come forcella da XC con corsa maggiorata. Unico neo, soprattutto considerando la destinazione d’uso, l’assenza di un blocco o comunque di una posizione dedicata alla salita sulla cartuccia idraulica Rc2, enfatizzata dalla stabilità della sospensione posteriore della Carve e dall’efficacia del blocco dell’ammortizzatore.

La Carve monta il nuovo drop-out posteriore con attacco PM180 che consente di montare la pinza del freno direttamente sul supporto senza bisogno di adattatori se si monta un disco da 180mm di diametro al posteriore. Per chi volesse invece montare un disco da 160mm, sono comunque disponibili i forcellini con attacco standard PM160.

I drop-out, così come le bielle, il collarino sella e le calotte della serie sterzo, sono disponibili in diverse colorazioni anodizzate. La serie sterzo semi-integrata infatti è realizzata direttamente da MDE ed è disponibile come optional al momento dell’acquisto del telaio o della bici completa, ma comunque il tubo di sterzo del telaio ha misure standard quindi non preclude l’utilizzo di una qualsiasi serie sterzo in commercio. Sul tubo di sterzo, accanto al logo MDE finemente lavorato, troviamo il foro di entrata della guaina del telescopico. Un dettaglio già presente sugli altri telai della gamma ma decisamente migliorabile in termini sia di estetica che di funzionalità, che non rende giustizia al livello delle lavorazioni dei telai di MDE, generalmente molto curato.

Il resto del ruoting dei cavi è esterno e, a scelta per il cliente, fa affidamento sui classici fermacavi saldati sul telaio oppure su di un sistema con clip fermacavi in plastica stampate a 3D che vengono avvitate al telaio. Se si sceglie la seconda opzione, i fermacavi sfruttano le due coppie di fori del portaborraccia e del portaoggetti che restano ugualmente utilizzabili, quindi di fatto vengono aggiunti solo due fori. Per praticità di montaggio del portaborraccia, le due clip collocate su quei fori sono realizzate in un pezzo unico. Nel mio caso purtroppo non ho potuto montare un portaborraccia a causa del serbatoio separato dell’ammortizzatore… a proposito dei suddetti “contro” in termini di ingombro.

MDE sta sviluppando anche un’ulteriore opzione per quanto riguarda il passaggio cavi, ossia una cover che utilizza gli stessi fori e viti del sistema a clip, ma che copre interamente i cavi così da nasconderli alla vista e al fango, tenendoli ovviamente saldi in posizione. Anche in questo caso i fori per il portaborraccia e per il portaoggetti restano facilmente utilizzabili. Come le clip fermacavi, la cover per i cavi viene realizzata con stampa in 3D. Per il momento non è ancora disponibile ma, quando lo sarà, potrà essere utilizzata come ricambio su tutti i telai MDE che utilizzano il sistema di fissaggio dei cavi a clip.

Realizzate “in-house” da MDE anche le protezioni per il telaio, sempre per mezzo di stampanti 3D ma in gomma dura invece che in plastica. Il carro ha tre gusci preformati e incollati al telaio, due sul fodero inferiore e uno all’interno del fodero superiore, nella zona limitrofa alla cassetta. Potrebbero essere più efficaci nello smorzare il rumore ma sono decisamente robusti e duraturi e non evidenziano alcun segno di usura.

A proposito di fodero basso e di protezione del carro, occorre segnalare un particolare. La forma del carro lascia poca luce quando si utilizzano pedivelle dal fattore Q particolarmente stretto e quindi con una distanza interna delle pedivelle ridotta. Per esempio con le XX1 mi sono trovato a sfregare la protezione della pedivella contro la protezione del carro quando spingevo sui pedali tanto da torcere le pedivelle, mentre in condizioni statiche non c’era alcun contatto. Per risolvere il problema ho semplicemente aggiunto 1mm di spessore sul lato drive del movimento centrale. Si potrebbe risolvere anche sagomando diversamente la parte laterale della protezione del carro oppure togliendo la protezione delle pedivelle, ma ritengo che aggiungere un semplice spacer sia la soluzione migliore.

Con lo stesso materiale utilizzato per la protezione del carro e sempre tramite stampa in 3D, MDE ha realizzato una protezione per la parte bassa del tubo obliquo, fissata tramite adesivo, che mette al riparo il telaio nella zona più esposta a urti contro pietre fisse o alzate dalla ruota anteriore, mentre la restante lunghezza dell’obliquo è coperta dalla grafica in Crystal che la protegge sia dagli urti che dallo sfregamento contro la sponda dei pick-up.

Geometrie

A differenza della Damper, per la quale avevo richiesto delle modifiche geometriche, per la Carve ho optato per una taglia M standard dato che ho trovato le quote scelte da MDE particolarmente equilibrate e ben ragionate. In ogni caso, per chi volesse personalizzare le geometrie, anche sulla Carve è attivo il programma Rider Tuned Geometry. Di seguito la tabella delle geometrie della Carve 29 con forcella da 140mm. In calce alla tabella le quote che si otterrebbero con forcella da 150mm oppure da 130mm.

In azione

Appena salito in sella alla nuova Carve mi sono immediatamente sentito a mio agio, merito del concetto “family feeling” per il quale MDE mantiene le principali caratteristiche fortemente simili tra tutte le bici della gamma, quindi ho trovato una posizione in sella e un bilanciamento accomunabili a quelli della Damper che ho utilizzato a lungo e che utilizzo tuttora per i test dei componenti da enduro. In salita il sistema di sospensione i-Link 2.0, già ottimo sulla Damper, diventa eccellente sulla Carve dove è pressoché superfluo inserire il blocco dell’ammortizzatore anche sulle salite scorrevoli grazie alla notevole stabilità del cinematismo.

Sulle salite dal fondo sconnesso la sospensione assorbe bene e si stabilizza subito dopo aver superato l’ostacolo, facilitando la guida e soprattutto consentendo di ottimizzare le energie. La maneggevolezza sul tecnico, anche quando la salita diventa ripida, è ottima grazie a geometrie veramente molto equilibrate tra angoli di sella e di sterzo, altezza del movimento centrale e lunghezza del carro. La Carve si fa condurre bene mantenendo una posizione centrale sulla bici che carica adeguatamente il peso sull’anteriore restituendo agilità e tanta precisione di guida e al contempo garantisce stabilità e trazione al retrotreno.

In discesa questa maneggevolezza diventa ulteriormente piacevole con una facilità di guida apprezzabile semplicemente mantenendo una posizione di riding centrale, neutra e intuitiva che non richiede alcun particolare adeguamento da parte del rider per sfruttare al meglio il grip su entrambe le ruote, sia in curva che nelle compressioni e nelle contropendenze. La stabilità è molto buona ma non ruba spazio alla vivacità della bici che permette di giocare con le traiettorie e con gli ostacoli che si incontrano sul percorso.

L’escursione a disposizione effettivamente non è molta se relazionata alle capacità discesistiche della Carve ma è comunque sufficiente grazie alla curva di compressione ben gestita, a patto comunque di saper lavorare con le gambe quando si guida nello sconnesso, anche se la forcella, ben piantata a terra grazie alle geometrie aggressive e alla maggiore escursione, svolge il grosso del lavoro. Trovandomi spesso a percorrere tracciati impegnativi nel Finalese, ho trovato il giusto setting con il 25% di sag e 3 Token all’interno dell’ammortizzatore, così da avere una buona resistenza ai fondocorsa e un buon compromesso tra assorbimento e reattività.

Quando i percorsi si fanno tortuosi e tecnici la Carve tira fuori il meglio di sé e si rivela per ciò che è, una trail bike pura, nata per i sentieri alpini. La maneggevolezza e la precisione di guida si dimostrano vincenti anche nei passaggi ripidi e lenti, dove bisogna gestire con attenzione la linea da affrontare, così come in quelli prettamente trialistici o nei tornantini impiccati che richiedono un nose press. Tutte situazioni dove la Carve è a proprio agio grazie all’avantreno ben piantato a terra che infonde sicurezza e si mantiene sempre preciso e facilmente direzionabile in virtù del fatto che anche nelle situazioni più impegnative si riesce sempre a stare centrali e bilanciati sulla bici.

Conclusioni

La nuova Carve si è distinta per maneggevolezza, vivacità e capacità di divertire sia in salita che in discesa. Mi auspicavo un peso di qualche etto inferiore, considerato l’allestimento piuttosto attento al risultato della bilancia, ma non si può dire che le prestazioni in salita siano per questo penalizzate. Si può scendere ulteriormente con il peso se ci si vuole orientare verso un utilizzo puramente trail o “downcountry” così come si possono scegliere componenti più robusti per un indirizzo prevalentemente AM e light enduro, quindi la Carve si configura decisamente come una bici versatile ed eclettica, in grado di soddisfare diverse tipologie di rider.

Prezzi

I telai MDE sono acquistabili su ordinazione direttamente tramite il sito ufficiale di MDE Bikes con un tempo di consegna di 60 giorni dalla conferma dell’ordine.

Prezzo del telaio a partire da 1.950 euro.

MDE Bikes

 

Commenti

  1. Se posso, anche perchè una delle mie bici è stesso segmento (Santa Cruz HT 2018 con pike ultimate uguale solo da 150) e quindi - pur non avendo mai provato questa - credo di avere un'idea precisa...

    Downcountry è un'altra cosa: è una marathon reattiva con un po' più di escursione e cerchi/canali un po' più larghi. Cioè una bici che ferma l'ago della bilancia a 11-11.5 e che ha le sospensioni bloccabili (e probabilmente anche un altro schema sospensivo).
    ho paura che anche montandola superleggera non raggiungi quei pesi e soprattutto non c'è verso di raggiungere una certa reattività.
    Ma magari mi sbaglio, il tester mi dirà.

    Come bici AM/enduro leggero/trail (che poi è abbastanza sovrapponibile) invece secondo me è una bomba.
    Prima o poi ci faccio un pensiero, anche perchè vivo a 5 km dalla sede di MDE. :mrgreen:
  2. Bellissima bici con un solo piccolo neo.. Del tutto estetico e del tutto personale (anche se molto di voi l'hanno ribadito.. ). Il passaggio cavo del telescopico, in quella posizione è proprio inguardabile. Sempre imho
  3. lorenzom89:

    poi in base a cosa si fa le puoi montare più da discesa o più da salita anche solo cambiando ruote e gomme.
    È proprio il concetto che ho espresso sia nell'articolo che nei precedenti commenti... ma devi tenere in considerazione una piccola ma sostanziale differenza. A chi fa il mio lavoro, queste definizioni, servono per sintetizzare un concetto in una sola parola senza dover ripetere concetti già espressi numerose volte. Chiaramente non ritengo, come nessun altro nel bike business, che "downcountry", "light enduro" etc. siano categorie, sono semplicemente definizioni per rendere alcuni concetti come quello che hai citato tu, "anche solo cambiando ruote e gomme", facilmente comprensibili in una parola sola. Occorre semplicemente un po' di elasticità... ;-)
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