[Test] Nukeproof Mega 290 Comp

La linea di mountain bike proposta da Nukeproof è tutt’altro che sconfinata e tendenzialmente focalizzata sul gravity, ma nel segmento enduro la scelta non manca. La Mega, storico modello di Nukeproof, è infatti disponibile sia in versione 27.5” che 29” per un totale di sette allestimenti. Scout, il distributore italiano, ci ha inviato la Mega 290 Comp, allestimento intermedio fra i tre proposti con ruote da 29”.



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Se fino ad un paio di stagioni fa le enduro con ruote da 29” si contavano sulle dita di una mano, è ora facile presagire una veloce espansione di questo segmento (qui il test della nuova Intense Carbine 29C, una delle ultime arrivate nel gruppo). Abbiamo parlato fin qui di enduro, tipologia di bici spesso identificata con un minimo sindacale di 160 millimetri di corsa anteriore. La Mega 290 monta una forcella di “soli” 150 mm, ed in effetti Nukeproof stessa la inquadra come all mountain/enduro. Le geometrie sono però decisamente aggressive, sarà quandi interessante vedere come si colloca questa proposta per certi aspetti un po’ fuori dal coro.

La Nukeproof Mega 290 Comp in sintesi

Materiale telaio: Alluminio T6 6061 custom idroformato
Formato ruote: 29”
Schema sospensione:
quadrilatero con giunto Horst
Geometrie variabili: no
Corsa ant/post: 150/150 mm
Compatibilità con formato 650+: no
Boost posteriore: no
Forcella boost: no
Ammortizzatore metrico: no (200×57 mm)
Ruote e coperture tubeless ready:
Trasmissione: 1×11 (30T ant / 11-42 post)
Attacco per deragliatore:
Attacco ISCG 05:
Attacco portaborraccia:
Colorazioni disponibili: giallo-rosso
Disponibilità del solo frameset:
Peso rilevato tg.L (18”): 14.42 kg

Le geometrie

Abbiamo parlato nell’introduzione di geometrie aggressive, e ciò che immediatamente colpisce  sono i ben 450 mm di chainstay, valore in controtendenza in un periodo in cui molti costruttori sembra facciano a gara a chi ce l’ha più corto. Carro a parte, la Mega è una bici lunga e bassa in generale, con valori orizzontali abbondanti e verticali contenuti. Ad elevate quote di reach ed orizzontale virtuale fanno infatti da contraltare un seat tube decisamente corto e l’altezza contenuta del movimento centrale (circa 340 mm rilevati). I 66° di angolo sterzo danno il tocco finale nel portare l’interasse a ben 1224 mm per la taglia L in test. Diciamo che non serve essere dei guru delle geometrie per capire che, disegnando questo telaio, i progettisti Nukeproof non pensavano alle curvette poco pendenti affrontate a passo d’uomo.

Analisi statica

Come abbiamo visto la Mega 290 appartiene a pieno titolo alla categoria delle bici basse e lunghe. Ad enfatizzare visivamente questa caratteristica contribuiscono le tubature di sezione contenuta, il top tube fortemente sloopato ed il corto seat tube. Il risultato è una linea molto filante ed a mio insindacabile giudizio fra le più belle in circolazione, mentre il prezzo da pagare è la mancanza di spazio per il portaborraccia all’interno del triangolo principale. Portaborraccia che trova comunque spazio sotto il tubo obliquo a ridosso della scatola del movimento centrale, ammesso che qualcuno abbia il coraggio di bere da una borraccia che si becca in continuazione schizzi di fango o peggio.

La colorazione giallo-rosso di questo allestimento (la Pro e la Race hanno colorazioni decisamente più sobrie) fa un po’ a pugni con l’eleganza delle linee, ma grazie alle tubazioni sottili risulta meno “invasiva” di quanto potrebbe essere su telai esteticamente più massicci.

A livello di standard è come se la Mega si fosse fermata uno step indietro rispetto alle ultime tendenze. Ci riferiamo al boost ed agli ammortizzatori metrici, entrambi assenti. Se da un lato ciò non toglierà il sonno a chi considera questi ennesimi stravolgimenti di standard poco più che operazioni di marketing, dall’altra si tratta di un aspetto da tenere in considerazione in ottica rivendibilità, per quanto ruote non boost ed ammo tradizionali non scompariranno certamente domani.

Per la sospensione posteriore i tecnici Nukeproof hanno deciso di affidarsi ad uno schema collaudato ed ampiamente diffuso come il giunto Horst, che dopo la scadenza del brevetto detenuto da Specialized per il mercato U.S.A. sembra riscontrare rinnovato interesse da parte di più di un costruttore.

I foderi superiori sono collegati da un ponticello, mentre quelli inferiori si congiungono a ridosso della scatola del movimento centrale tramite una bella lavorazione con foro di scarico. Assieme alla ben dimensionata biella di azionamento dell’ammortizzatore, questo conferisce al carro una rigidità torsionale molto buona.

I bikers più attenti ai dettagli estetici potrebbero  storcere il naso di fronte a qualche piccolezza che avrebbe meritato maggior cura, ad esempio la parte interna delle staffe di fisaggio dell’ammo prive di verniciatura. La sagomatura stessa delle staffe, se più ricercata, permetterebbero di posizionare più felicemente l’ammortizzatore. Ci riferiamo all’impossibilità di montarlo capovolto rispetto  a come lo vedete in foto, o con il barilotto rivolto in avanti, visto che in entrambi i casi si ha interferenza nei punti di fissaggio. Dal punto di vista del funzionamento non cambierebbe assolutamente nulla, ma l’accesso alla levetta della compressione ed al registro del ritorno sarebbe molto più comodo con l’ammo capovolto e montato al contrario.

Abbastanza ricercata ed esteticamente ben integrata è invece la biella di rinvio dell’ammortizzatore, sagomata in modo da “avvolgere” il tubo sella ed infulcrata superiormente su di una piccola staffa saldata fra seat tube e top tube.

Nel rispetto del motto “funzionalità innanzitutto”, tutti i cavi passano esternamente al telaio. Fa ovviamente eccezione quello del telescopico, esterno solamente nella parte che corre lungo l’obliquo. Gli amanti della famigerata “pulizia estetica” magari non apprezzeranno, ma comodità in caso di manutenzione e funzionalità sono fuori discussione, a maggior ragione se il percorso è lineare ed in posizione ben protetta come in questo caso.

Dei paracolpi in materiale gommoso proteggono entrambi i foderi lato trasmissione e l’obliquo, anche se su quest’ultimo non avrebbe guastato una protezione un po’ più estesa.

Insolita la scelta di adottare al posteriore un perno passante di tipo Maxle con qr ed anteriormente un perno avvitato con chiave esagonale. Solitamente avviene il contrario.

Sia le ruote Race Face Aeffect che i pneumatici WTB sono stati per chi scrive una prima esperienza. Le prime, 28 raggi piatti per ruota e canale cerchio da 25 mm, non sono particolarmente leggere (il set dovrebbe stare attorno ai 1900 g), ma al di là di quello l’impressione è stata fortemente positiva ed a fine test giravano praticamente come nuove. Giudizio positivo anche sulle coperture WTB in versione Tough, quindi strutturalmente adeguate alla tipologia di bici. Apprezzabile che non si sia ricorsi a facili escamotage per ridurre il peso a discapito di affidabilità e prestazioni. Entrando più nello specifico, il Vigilante da 2.3” montatao all’anteriore presenta una tassellatura molto simile a quello delle più conosciute Nobby Nic di Schwalbe. Tasselli più fitti e meno aggressivi invece per il Trail Boss da 2.25” montato al posteriore, del quale abbiamo apprezzato la scorrevolezza seppure con qualche limite in discesa sui fondi allentati e bagnati (tutto non si può avere).

Nel test della Slash avevamo concesso ai Guide R l’attenuante di essere un impianto già ampiamente strapazzato, bocciandoli “con riserva”. Ora la riserva viene tolta e possiamo confermare che sono freni inadeguati per bici con questo potenziale discesistico, carenti sul fronte della potenza e dal feeling alla leva spugnoso. Almeno all’anteriore un disco da 203 mm potrebbe migliorare la situazione, ed in effetti è strano che si sia optato per un 180 mm. Posteriormente l’attacco è postmount per dischi da 160 mm, quindi il disco da 180 mm richiede l’adattatore. Considerato che su una bici di questo tipo difficilmente qualcuno monterà un disco da 160 mm, valeva la pena fare un attacco direttamente per dischi da 180 mm.

Il reggisella Brand-X è stato una piacevole sorpresa dal punto di vista del funzionamento: fluido, totalmente privo di gioco verticale e molto contenuto quello laterale. Altrettanto positivo è il giudizio sul comando, ergonomicamente valido e ben integrato nel cockpit. C’è però un’ombra, vale a dire l’escursione troppo limitata (118 mm rilevati) per una bici dal seat tube particolarmente corto come la Mega. Si tratta di un inconveniente che per gli spilungoni o per chi ha il cavallo alto potrebbe andare oltre la scomodità della sella troppo alta in discesa (sulle discese più tecniche si può pur sempre recuperare qualche mm dal collarino). Rispettando l’inserzione minima indicata sul reggi, la massima altezza sella ottenibile è infatti di 79 cm, valore un po’ risicato per una taglia L. La sella Nukeproof Vector AM ha finiture in tinta con il telaio, ma soprattutto è comoda nonostante l’imbottitura non sia quella di un divano.

Il montaggio originale prevede una piega Nukeproof Warhead da 760 mm per 20mm di rise e diametro 31.8 mm. Essendo disponibile anche nella misura di 800 mm, abbiamo chiesto a Scout la possibilità di montare quella e siamo stati accontentati. Nukeproof anche le manopole Element Dual lock-on, la serie sterzo 44-56IITS e lo stem da 50 mm/zero rise, misura che abbiamo trovato perfetta.

La singola da 30 denti con pacco pignoni 11-42 è una rapportatura adeguata per un utilizzo pedalato. Perfetto il funzionamento della trasmissione, anche grazie al routing molto lineare del cavo del cambio, ed ergonomicamente ineccepibile il posizionamento del comando, fissato allo stesso collarino del freno (i vantaggi di montare componentistica della stessa “famiglia”). Ottimo anche il guidacatena MRP, tanto discreto alla vista quanto solido e funzionale. Fatto trenta si poteva però fare trentuno aggiungendo un piccolo bash.

Assieme alla bici, Scout ci ha mandato da provare un set di pedali Horizon della stessa Nukeproof. Disponibili in due versioni denominate CL e CS che differiscono nella dimensione della gabbia esterna, sono dotati di attacco compatibile SPD su entrambi i lati con tensione regolabile. Noi abbiamo provato i CL, la cui gabbia in alluminio 6061-T1 misura 105 mm X 85 mm, ha uno spessore max/min di 16.5/14 mm e presenta sei pin per lato. Per la coppia abbiamo rilevato un peso di 520 g. La rotazione è gestita da un sistema misto di cuscinetti (due per pedale) e boccole DU, disponibili come ricambi. Oltre al perno in acciaio standard, è possibile avere gli Horizon con perno in titanio. Le colorazioni sono quattro: rosso, blu, nero e color rame.

Qualche settimana di utilizzo non costituisce un test particolarmente probante per dei pedali, in ogni caso non abbiamo mai rilevato problemi. Rispetto agli Shimano XT PD-M785 che utilizzo di norma, l’operazione di sgancio e soprattutto aggancio è un po’ meno immediata ed intuitiva. La gabbia degli Horizon, dotata di pin, probabilmente non agevola la scarpa quando si tratta di farla “scivolare” sul pedale per agganciare. Dopo qualche uscita la situazione è un po’ migliorata, forse perchè inconsciamente si memorizza la posizione esatta di aggancio. Se riagganciare “in corsa” può quindi richiedere qualche istante in più rispetto ai pedali Shimano, per contro la generosa superficie di appoggio garantita dalla gabbia e la pinnatura danno più sicurezza nella fase in cui il piede poggia sul pedale alla ricerca del fatidico “clack”. Maggiore sicurezza e stabilità che ovviamente si hanno anche in quelle sezioni dove volutamente si preferisce procedere con uno dei due piedi sganciato (sganciarli entrambi con questo genere di pedali non è in genere una grande idea). In definitiva ci sono parsi dei buoni pedali, indicati soprattuto per chi ha un occhio di riguardo alla discesa, utilizza scarpe dalla suola non eccessivamente rigida e cerca la comodità e stabilità date dall’ampia base di appoggio e dalla pinnatura. Per un utilizzo più a 360°, la maggiore difficoltà nell’azione di aggancio/sgancio rispetto ai modelli Shimano potrebbe invece mettere in secondo piano i vantaggi appena descritti.

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Le sospensioni

Per la Mega 290 Nukeproof ha scelto di adottare sospensioni Rock Shox su tutti e tre gli allestimenti. Sulla versione Comp in test troviamo all’anteriore una Pike RC Solo Air da 150 mm, mentre l’ammortizzatore è un Monarch RL da 200x57mm. Se sulla prima non possiamo muovere appunti, il Monarch in versione standard (non Plus, per capirci) è al limite su una bici di questo tipo. L’ammortizzatore svolge onestamente il suo lavoro a freddo, ma i ritmi discesistici permessi dalla Mega lo mandano velocemente in crisi a causa del surriscaldamento. Nonostante spesso abbia raggiunto temperature da ustione, nel periodo del test questo non ha comportato problemi di affidabilità, ma ciò non toglie che un ammortizzatore il cui comportamento varia durante la discesa non è il top. Stranamente la versione Race, quindi l’allestimento inferiore, monta un Monarch Plus, seppure in versione R (sulla top di gamma Pro viene invece montata la versione RC3).

Salita

Per via dell’angolo sella bello verticale, sulla Mega 290 si sta meno distesi di quanto il valore di orizzontale virtuale farebbe supporre (cosa che sarà notata in particolare da chi ha tanto fuorisella). Non la posizione ideale per staccare il tempone in salita, ma in compenso naturale e comoda anche su lunghe distanze. Sul compatto l’ottima scorrevolezza della copertura posteriore e l’efficace frenatura della posizione lock del Monarch fanno dimenticare i quasi 14 kili e mezzo di bicicletta, così come il carro lungo e il tubo sella verticale consentono di superare le sezioni molto ripide senza che l’anteriore perda direzionalità.
Se sullo scorrevole la forte frenatura della posizione lock del Monarch è una manna, sullo sconnesso è persino troppo marcata. Finchè la salita non è tecnicamente impegnativa questo si traduce solamente in una leggera perdita di confort, in caso contrario anche in perdita di trazione rispetto a quanto si potrebbe ottenere con una frenatura meno marcata. La posizione open, dall’altro lato, fatica a contenere l’affondamento della sospensione sul ripido e nello scavalcamento degli ostacoli di grosse dimenioni, oltre che rendere la bici poco agile nel tortuoso. Chi cerca una bici che permetta di salire come una capra per i sentieri più tecnici difficilmente si orienterà sulla Mega 290, ma ciò non toglie che una frenatura intermedia aumenterebbe non poco le performance anche in questo ambito.

Discesa

La Mega 290 regala in discesa esattamente quello che promette sulla carta, forse anche più. La stabilità in velocità sui fondi rotti è altissima in rapporto all’escursione, così come la sicurezza ed i margini concessi nelle sezioni ripide e sconnesse. Nella classica suddivisione fra bici propense a zigzagare fra gli ostacoli e bici stabili con le quali cercare la linea più diretta, la Mega 290 sta a pieno titolo fra le seconde. Il merito non è solamente delle geometrie lunghe e distese, ma anche della sospensione posteriore molto plush e lineare su gran parte della corsa. Gli ultimi millimetri fortemente progressivi offrono poi un’eccellente protezione contro i finecorsa, cosa che permette di utilizzare un abbondante sag senza troppe preoccupazioni per i grossi impatti o drop. Per armonizzare al meglio il comportamento delle due sospensioni è però consigliabile mettere almeno tre token nella Pike (meglio ancora quattro), incrementandone la progressività altrimenti troppo bassa con il solo token con cui viene proposta. Non si può invece fare nulla per incrementare la resistenza al surriscaldamento del Monarch, mentre come già detto vale sicuramente la pena montare dischi di diametro maggiore, fermo restando che un missile come la Mega 290 meriterebbe freni ben più performanti. Veniamo ora al rovescio della medaglia: nel guidato poco pendente è vietato farsi sorprendere arretrati o in ritardo di linea, pena finire inesorabilmente larghi. Anche in questo caso la sospensione posteriore ci mette del suo, chiudendosi facilmente quando caricata e perciò determinando una ulteriore apertura delle geometrie. Un comportamento che compromette anche la reattività in uscita di curva e nei rilanci, dove ad ammo aperto il bobbing si fa sentire. Le cose si fanno paradossalmente più semplici quando la pendenza aumenta, situazione in cui l’avantreno è naturalmente più caricato e diventa più facile gestire le sezioni tortuose in modo aggressivo. Se quanto visto sino ad ora era tutto sommato prevedibile, la facilità con cui l’anteriore si alza è invece stata una bella sorpresa e non è assolutamente cosa scontata su una 29” con le caratteristiche geometriche della Mega (ricordate il chainstay di 450 mm). Nel supertecnico lento si apprezza nuovamente la grande sicurezza nel ripido e nel superamento dei gradoni, così come la maneggevolezza fra le gambe grazie alle quote contenute di standover e tubo sella. La risposta poco pronta dei freni richiede invece un po’ di attenzione nei passaggi che richiedono la massima precisione.

Conclusioni

La Mega 290 Comp è una bici con pochi fronzoli e tanta sostanza. Ben pedalabile in salita dove perde colpi solamente nelle situazioni più tecniche, un autentico razzo in discesa dove permette di aggredire i tracciati ripidi ed impegnativi grazie all’eccellente stabilità e l’ottimo lavoro della sospensione posteriore. Per chi non ha una guida veloce ed aggressiva potrebbe risultare faticosa, in particolare nel guidato poco pendente.

Prezzo: 3.300,00 Euro

nukeproof.com
scoutbike.com

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