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Dopo il recente test della Mega 275, abbiamo nuovamente attinto dal catalogo Nukeproof per parlarvi della Scout 275 Comp, front da trail proposta anche in un allestimento di livello inferiore denominato Race. Non manca una versione con ruote da 29”, a sua volta proposta in due allestimenti. Rispetto alle specifiche riportate sul sito Nukeproof, a livello di componenetistica troverete alcune differenze. Il motivo è che la consegna delle bici complete stava ritardando, per cui il distributore italiano Scout (sì, stesso nome della bici!) ha provveduto ad un montaggio custom. I componenti che differiscono rispetto a quanto si trova montato sulla bici in vendita sono forcella, pneumatici e freni. Qui la Scout Comp come effettivamente proposta al pubblico.
Quello delle front nel segmento che va dal trail all’enduro è un mondo numericamente piccolo rispetto a quello delle full, ma non per questo meno vivace. L’ormai storico thread dedicato a questa categoria su mtb-forum ne è testimonianza, e leggendolo traspare come spesso sia il biker già smaliziato nell’uso delle full a cercare nuove sensazioni di guida.
Una premessa prima di passare al test vero e proprio: la mia esperienza con front di questo tipo è praticamente nulla, il che significa non avere termini di paragone con concorrenti dirette. Se per gli esperti di questo genere di bici ciò toglie qualcosa al test, chi è già conoscitore del mondo full e fosse tentato da questo mondo potrebbe invece trovare qualche spunto interessante.
Il telaio
Il materiale utilizzato per il telaio è alluminio T6 6061 idroformato. Design basso e filante, dimensionamenti ed aree di giunzione generosi, movimento centrale basso ed angolo sterzo disteso rivelano l’intento di ottenere un telaio agile e reattivo, ma che allo stesso tempo permetta di aggredire le discese senza troppi timori. Nonostante tutto ciò evidenzi l’attenzione riservata alla discesa, i valori di orizzontale virtuale, lunghezza ed inclinazione del seat tube sono perfettamente adeguati per una bici che la cima se la deve guadagnare lasciandosi pedalare. Montando in sella ci si sente infatti ben centrati, la distribuzione dei pesi è molto equilibrata ed il posizionamento degli appoggi perfetto. Raramente sulle bici in test non si sente la necessità di qualche piccolo aggiustamento secondo i propri gusti, e la Scout è proprio uno di quei casi.
Ad eccezione di quello del telescopico, il passaggio cavi è esterno. Anche a causa dell’eccessiva lunghezza, esteticamente si è visto di meglio. In compenso i meccanici ringraziano e ben venga qualche cavo a vista se ciò significa una cambiata fluida e leggera come riscontreremo sul campo! Il passaggio sotto il top tube evita che il fango si appiccichi, inconveniente che spesso si riscontra quando invece i cavi corrono sotto l’obliquo. Un ulteriore punto di fissaggio però non guasterebbe, visto che tendono a penzolare antiesteticamente fra i due presenti.
Il cavo del telescopico entra nel telaio in prossimità della congiunzione fra top tube ed obliquo, fuoriesce da quest’ultimo in zona movimento centrale e rientra nel seat tube posteriormente. Il ponticello che si viene a creare sotto la scatola del movimento centrale è piuttosto esposto alle sassate, in particolare nel punto di uscita dall’obliquo, mentre dei passacavo ben realizzati evitano che entri sporcizia nel telaio. Nel caso si voglia cambiare l’altezza del reggisella, il cavo scorre facilmente accompagnandolo sotto il movimento centrale.
Nukeproof viene dall’Irlanda, un posto dove la pioggia è quasi la norma. Il passaggio ruota particolarmente ampio non solo mette al riparo da problemi in caso di fango, ma permette di montare pneumatici di grossa sezione. Magari montati su un secondo set ruote con cerchi attorno ai 30 mm di canale, sempre più apprezzati anche in ambito trail.
La protezione del fodero basso lato trasmissione è affidata alla classica guaina in neoprene. L’efficacia è garantita, ma sui moderni telai di un certo livello le protezioni integrate sono ormai la norma. Stesso discorso per la parte inferiore dell’obliquo, uno dei punto più esposti alle sassate e privo di un’efficace protezione. Anche in questo caso si può provvedere facilmente e con poca spesa, ma vale quanto detto poco sopra.
Il montaggio
Una front è per sua natura esteticamente più pulita di una full, se poi monta una trasmissione singola lo è ancora di più. Il gruppo SRAM GX con guarnitura della serie 1000, corona da 32 denti e pacco pignoni XG-1150 10-42T ha sempre funzionato con una precisione e fluidità di cambiata eccellenti. Oltre alla bontà intrinseca del prodotto, il merito è da attribuire al percorso particolarmente lineare del cavo ottenibile grazie dall’assenza di snodi o di labirintici routing interni. Nessun problema anche a livello di stabilità della catena, ma chi volesse mettersi totalmente al riparo montando un guidacatena può contare sulla presenza dell’attacco ISCG 05.
Le Roam 30, montate tubeless, ci hanno fatto un’ottima impressione sia in termini di reattività che di affidabilità. Nonostante non sia stato effettuato alcun intervento di manutenzione, la posteriore a fine test era ancora ben centrata ed i raggi uniformemente tensionati. Su una front di questo tipo la cosa non è affatto scontata, soprattutto se si pensa che l’Ardent non ha permesso di scendere troppo con la pressione. Il perno passante posteriore da 12 mm con battuta da 142 mm è il perfetto suggello in ottica rigidità.
Le Maxxis Ardent offrono più tenuta di quanto si potrebbe pensare. All’anteriore sarebbe però preferibile una copertura dal battistrada più aggressivo, soprattutto in condizioni di terreno allentato. Al posteriore se ne apprezza la scorrevolezza, ma con una copertura dalla struttura più sostenuta si potrebbe utilizzare una pressione più bassa guadagnando qualcosa sul fronte del confort e del grip sul tecnico, sia in salita che in discesa. Il montaggio ufficiale prevede in ogni caso delle coperture WTB, con un ben tassellato Vigilante all’anteriore ed un più scorrevole Riddler al posteriore.
Il reggisella telescopico OKLO, della stessa Nukeproof, è di tipo stealth e consente un abbassamento di 125 mm. Una cartuccia ad aria fornisce la spinta necessaria, ed il movimento è controllato idraulicamente. L’attuatore è invece di tipo meccanico, quindi nessuna scocciatura in caso di rimozione, spurghi e compagnia bella. Il comando può essere posizionato indifferentemente a destra o sinistra. Per il periodo del test il reggi ha sempre funzionato a dovere, ma la qualità del funzionamento è leggermente inferiore rispetto ai modelli più noti. L’aspetto più fastidioso è l’energia richiesta per essere abbassato, ma soprattutto la lentezza con cui risale. Salendo così lentamente si fatica inoltre a percepire il classico “tloc” di finecorsa, quindi bisogna abituarsi a lasciare il tempo necessario. La situazione migliora leggermente se si tiene ben lubrificato lo stelo. Un’altro piccolo fastidio è che, se caricato pesantemente, tende a rientrare di qualche mm per poi “rimbalzare”. Per biker dal peso non eccessivo l’effetto è percepibile solamente impattando ostacoli o buche ad alta velocità, cosa che all’atto pratico può avvenire solamente in pianura. Si tratta quindi di una pecca trascurabile, così come è perdonabile il gioco laterale un po’ eccessivo, visto che una volta in sella non lo si nota.
Altra componenetistica Nukeproof sono la sella, le manopole, stem e piega. Nulla da ridire su nessuno di questi componenti: comode le prime due, azzeccati per la tipologia lo stem da 50 mm e la piega da 760 mm. L’assenza del comando deragliatore e le dimensioni contenute del comando dell’OKLO conferiscono al cockpit un aspetto pulito e “minimale”, ma soprattutto non costringono a compromessi nel posizionamento di comandi e freni.
Mentre il montaggio ufficiale prevede una Manitou Mattoc da 140 mm di corsa, sulla bici in test era montata una forcella Rock Shox Revelation da 150 mm. Differentemente da quanto si potrebbe pensare, la differenza di altezza (axle to crown) fra le due forcelle è di soli 4 mm, quindi la variazione delle quote geometriche generali è abbastanza trascurabile. Da parecchio tempo non utilizzavo una Revelation, ma il ricordo era di una buona forcella. Sono quindi rimasto sorpreso nel riscontrare un funzionamento piuttosto ruvido e conseguentemente scarsa sensibilità sui piccoli urti. Un po’ di olio lubrificante sotto i parapolvere ha migliorato la fluidità, non arrivando però ai livelli che ricordavo. In ogni caso nessuna paura: la Mattoc la sto usando da un paio di settimane in versione da 160 mm e le impressioni sono al momento ottime.
L’impianto frenante è un altro componente che sulla bici in test era diverso rispetto a quello ufficiale. Al posto degli SRAM DB5 erano infatti montati dei Formula CR3 con una coppia di dischi da 180 mm. Sia la Revelation che il telaio sono dotati di attacco post mount per dischi da 160 mm con relativo adattatore. Adattatore che invece non dovrebbe essere presente sulla Manitou Mattoc, nativa per dischi da 180 mm. L’impianto della casa toscana si è rivelato potente e ben resistente alla fatica. La modulabilità invece non è il top, e la leva dell’anteriore tendeva a ridurre la corsa durante la discesa risultando un po’ affaticante per le dita sulle discese molto lunghe.
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Salita
Per quanto su una full un ammortizzatore possa essere bloccabile ed un carro rigido, sui fondi scorrevoli le front sono un’altra storia. La Scout non fa eccezione, e pur non trasmettendo il feeling di un modello da xc, pedalare sui fondi lisci è un piacere. La totale assenza di dispersioni di potenza imputabili alla sospensione posteriore non è comunque la sola chiave di lettura, visto che troviamo anche una posizione in sella comoda e ben bilanciata, un peso contenuto e coperture scorrevoli. Abbiamo già elogiato le ruote ROAM30, ma vale la pena menzionarle nuovamente per le ottime doti di rigidità laterale ad un peso tutto sommato più che accettabile per un set di media gamma.
Sul ripido al limite della pedalabilità la Scout se la cava dignitosamente, ma anche qui bisogna ricordare che la distribuzione dei pesi non è quella di un modello da xc. E’ quindi naturale doversi spostare con decisione in punta di sella per evitare che la ruota anteriore si alleggerisca perdendo direzionalità.
I 66° di angolo sterzo potrebbero sembrare un valore critico per destreggiarsi sui tornantini più stretti, ma in compenso quelli rimangono in ogni condizione, non essendovi una sospensione posteriore che si chiude all’aumentare della pendenza. Morale della favola: sulla salita tecnica normalmente utilizzata per valutare l’agilità delle bici in test la Scout non ha affatto sfigurato, ponendosi da questo punto di vista al livello di una buona trailbike full.
Dove invece è richiesto più impegno è nel superamento dei tratti dissestati: comfort e motricità non sono quelli di una full, per cui bisogna lavorare maggiormente con il corpo e gestire con attenzione i rilanci. E’ però un piacere sentire la ruota posteriore che scavalca l’ostacolo rispondendo fedelmente ad ogni input, senza problemi di pedal kickback, insaccamenti del carro o sospensioni che fanno da filtro. Un po’ penalizzante la Ardent sui fondi dalla scarsa aderenza.
Discesa
Partiamo come di consueto dal comportamento nel guidato: la bici schizza via che è un piacere, trasformando ogni curva che offra un minimo di appoggio e le uscite di curva in un sorriso. Dove con altre bici verrebbe da lasciare correre, la Scout invoglia a sfruttare ogni metro per rilanciare, tanto è efficace la risposta e pronta l’accelerazione. Il sottobosco con cambi di pendenza, appoggi e sezioni tortuose è la situazione dove il divertimento è massimo. La bici è rigida e risponde con precisione al minimo comando, chiedendo solamente di essere guidata sfruttando al meglio la conformazione del terreno. Le ottime geometrie e le corrette dimensioni di stem e piega permettono di mantenere una posizione di guida sufficientemente aggressiva anche sul ripido o al salire della velocità. Il classico giretto sui sentieri attorno a casa rispecchia abbastanza fedelmente il tracciato ideale, e con una bici come la Scout sotto il sedere viene da chiedersi perchè mai uno si debba complicare la vita con una full.
Il discorso cambia quando ci si sposta su fondi più rocciosi e sconnessi: finchè si parla di lento e tecnico tutto ok, l’angolo sterzo ben aperto e lo standover basso danno sicurezza sul ripido e permettono di giostrare la bici fra le gambe come fosse un giocattolo. Quando la velocità sale esce invece il rovescio della medaglia, e tutto ciò che non è ollabile, o quantomeno superabile alleggerendo sull’ostacolo, deve essere assorbito con un lavoro molto attivo da parte del biker. La soperta dell’acqua calda in un certo senso, ma pur non avendo chi scrive grandi termini di paragone in questo segmento, l’impressione è che la Scout non scenda a compromessi su questo fronte, con un telaio estremamente rigido che trasmette senza filtri ogni piccola asperità che passa sotto la ruota posteriore. Se in presenza di grossi ostacoli la scelta della linea più morbida possibile ed un buon lavoro di gambe permettono di mettere una pezza, sul mediamente sconnesso e “continuo” (immaginate la classica mulattiera a fondo roccioso) il gioco si fa veramente duro. Fatto salvo che si tratta probabilmente della peggior situazione possibile per una bici di questo tipo, devo ammettere che in questi frangenti ho spesso desiderato che la discesa terminasse presto. Non vorrei con questo suscitare le ire dei possessori di questo genere di bici, ma per l’appunto bisogna veramente essere dei cultori del genere per apprezzarle anche su fondi di questo tipo. Va in ogni caso rimarcato che è principalmente sul fronte del comfort, e quindi della fatica nella conduzione, che si paga maggiormente pegno, mentre le valide geometrie riescono a garantire una stabilità superiore alle attese anche in queste situazioni. E’ già stato detto ma vale la pena ripeterlo: una copertura posteriore utilizzabile a pressioni più basse darebbe un pizzico di confort in più e renderebbe il retrotreno meno nervoso, in fin dei conti anche sulle salite tecniche. Una soluzione più radicale, ma da valutare seriamente se spesso si incontrano fondi di questo tipo, è quella di rivolgersi alla versione con ruote da 29”. Molto probabilmente si perderà qualcosa sul fronte dell’agilità e della reattività, ma come al solito si tratta di capire da che parte si vuole tirare la coperta.
Conclusioni
La Nukeproof Scout 275 è una proposta molto interessante non solamente per gli amanti delle front, ma anche per chi, magari non volendo spendere grosse cifre, è alla ricerca di una bici dal peso relativamente contenuto, affidabile ed in grado di cavarsela un po’ in tutte le situazioni. Il che, a ben vedere, è esattamente ciò che si chiede ad una trailbike.
Pesi e prezzo
Peso bici completa tg.L: 12,180 kg
Peso ruota anteriore completa*: 1755 g
Peso ruota posteriore completa*: 2350 g
* Ruote complete di pneumatici, dischi e pacco pignoni.
Prezzo bici: 2.199,99 Euro
Prezzo telaio: 450 Euro
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