[Test] Nuova Rose Soul Fire

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Freeride, una parola oramai andata in disuso nel mondo della mountainbike, ma che riassume al meglio l’anima della nuova Rose Soul Fire.


La Soul Fire 2 nasce infatti come bici da freeride, da enduro spinto o da bike park, una via di mezzo tra la classica bici da pedalare e la DH insomma. Una bici per girare in park, con i furgoni, tirare salti ed all’occorrenza risalire anche con le proprie forze. Una tuttofare insomma, ovviamente con forte propensione alla discesa. Con un montaggio tutto ad aria ed una trasmissione XT 1×11 con 42T posteriore però la Soul FIre 2 riesce anche ad essere portata in salita, permettendo quindi di raggiungere la discesa con le proprie gambe.

Il telaio, in alluminio come da tradizione Rose, ha 180 o 190mm di escursione regolabile ruotando un eccentrico. Dobbiamo essere sinceri, enormi differenze tra le due posizioni non ne abbiamo riscontrate, probabilmente per due motivi. Innanzitutto 1cm in più non fa un’enorme differenza quando se ne hanno già a disposizione 180, in secondo luogo la marcata progressività della sospensione posteriore rende praticamente impossibile raggiungere il fine corsa. Quello che però si sente è una differente curva di compressione, più morbida nella prima parte con la sospensione a 190mm, un effetto simile all’utilizzo di spessori dentro l’ammortizzatore. Tra le due configurazioni abbiamo preferito quella a 180mm, più bilanciata con il comportamento della forcella.

A livello geometrico la Soul Fire è piuttosto moderna: angolo sterzo bello aperto (64,5°) ed angolo sella verticale (74,5°). Il top tube è piuttosto lungo (630mm nella taglia L da noi provata) e di conseguenza il passo (1232mm), nonostante un carro piuttosto corto (433mm). Il risultato è una bici lunga, molto stabile sullo sconnesso e sul ripido, da montare con una pipa corta ed un manubrio largo.

Lo schema di sospensione è un classico quadrilatero con giunto horst. Come su altre Rose da noi testate, la prima parte dell’escursione è decisamente morbida e questo rende la bici decisamente plush e sensibile sulle piccole asperità. Mano a mano che la ruota si muove però, la sospensione diventa sempre più progressiva, rendendo la bici stabile sugli atterraggi ed evitando pericolosi fine corsa o “insaccate”.

L’ammortizzatore posteriore è un RockShox Vivid Air R2C. Un ammortizzatore più che azzeccato per questa bicicletta: più leggero di uno a molla (il tutto a favore di reattività e pedalabilità) ma comunque con un’ottima propensione discesistica. Non solo infatti lavora in maniera egregia anche sulle lunghe discese, ma grazie ad un’incredibile burrosità iniziale ed una marcata progressività, non fa rimpiangere in nessun frangente una sospensione a molla. Ci è poi molto piaciuta la possibilità di regolare in maniera indipendente il ritorno sull’ultima parte della corsa: è bastato chiudere di qualche click l’apposito registro “Ending Stroke Rebound” per rendere la bici molto stabile all’atterraggio dai salti ed eliminare il rischio di “scalciate” improvvise quando si affrontano denti o kicker ad elevata velocità.

Anche la forcella è una RockShox, per la precisione una Lyrik RC da 180mm. La cosa che più ci è piaciuta del reparto sospensioni è il bilanciamento: con un paio di Token la Lyrik si è subito mostrata progressiva e plush al punto giusto, proprio come l’ammortizzatore posteriore. Una sicurezza insomma sui salti e sui tratti sconnessi. Molto soddisfatti insomma, anche se è la versione RC la Lyrik non ci è sembrata avere quasi nulla da invidiare rispetto alla sorella maggiore RCT2.

Passiamo ora al reparto freni: una coppia di Formula T1 con dischi da 203mm. Molto potenti e più che affidabili sulle lunghe discese, non ci hanno entusiasmato per alcuni motivi. Innanzitutto, anche regolando la leva alla minima distanza, questa risulta molto lontano dal manubrio (si veda in foto).

Questo costituisce sicuramente un problema per i rider con le mani piccole o abituati a tenere la leva vicina al manubrio per stringere meglio la manopola. Inoltre la distanza disco-pastiglie è estremamente ridotta e questo crea non pochi problemi nel centrare la pinza o quando il disco diventa anche solo leggermente storto, con la conseguenza di fastidiosi rumori di sfregamento in pedalata. E’ pressochè inevitabile che su di una bici da freeride il disco possa stortarsi e se si intende pedalare la Rose, il continuo zin-zin dello sfregamento dei dischi sulle pastiglie è fastidioso.

Le ruote della Soul Fire 2 sono una coppia di DT E1700. Nulla da eccepire su questo ottimo set di ruote che, grazie anche ad un peso piuttosto ridotto, rende la bici leggera da pedalare, scattante e reattiva. Forse per un utilizzo 100% park sono un pochettino leggere, ma se si usa la Soul Fire anche per pedalare non si possono che apprezzare le ottime doti di scorrevolezza e l’elevata qualità costruttiva di questo componente. Ad ogni modo anche a fine test le ruote sono rimaste perfettamente dritte e centrate.

Nonostante il design delle Rose sia sempre piuttosto semplice e lineare, sulla Soul Fire è stata applicata un’azzeccata protezione del down tube che ripara non solo il telaio da eventuali sassate, ma anche il tubo freno ed il cavo del cambio.

Il routing di tubi e guaine è esterno, il tutto a vantaggio della facilità di riparazione e manutenzione. Con un multitool ed una tronchesina è possibile sostituire un cavo o una guaina anche sul terrazzo di casa o nel posteggio del bike park.

A livello di trasmissione la Soul Fire 2 monta un gruppo XT 1×11 con guarnitura Race Face Turbine con corona da 34T. Il pacco pignoni 11-42 è perfetto se si vuole pedalare la Rose in salita, anche se la corona da 34T è un pelino grandicella per pedalare una bici da 180mm su lunghi dislivelli. A nostro giudizio però in park il 34T è la soluzione ideale per non andare a lavorare troppo sui pignoni più piccoli nelle discese veloci.

Completano l’allestimento della Rose il manubrio e l’attacco manubrio Spank colore blu elettrico. Pipa corta, manubrio da 35mm di diametro e 785mm di larghezza dalle ottime geometrie.

Rispetto al montaggio di serie, sulla bici da noi testata è stato aggiunto il reggisella Reverb Stealth (251€ di sovrapprezzo), accessorio a nostro giudizio veramente indispensabile quando c’è da pedalare, anche solo per brevi tratti. Si potrebbe discutere sull’utilizzo del telescopico su di una bici da freeride, tuttavia, seppur si tratti di un componente in più esposto a rotture, quando il sentiero spiana o c’è uno strappo il salita, poter pedalare a sella alta fa davvero la differenza e rende la bici più fruibile e divertente anche su sentieri che non sono al 100% in discesa.

Discesa

Una bici come la Soul Fire da il suo meglio in discesa, per questo motivo l’abbiamo testata prevalentemente in quest’ambito. Dalle giornate di bike park alle furgonate su sentieri naturali, abbiamo messo sotto torchio la nuova Rose in quello che è il suo ambiente naturale: la discesa.

Sentiero artificiale

Già dalla carta, con i suoi 180mm, la Soul Fire promette di essere un vero giocattolo in bike park. Giocosa, agile, maneggevole: perfetta per tutti i sentieri new school con salti, doppi, panettoni raccordati tra loro. L’elevata progressività delle sospensioni trasmette sicurezza quando si atterra e perdona parecchio anche quelle volte in cui inevitabilmente si sbaglia qualcosa. Un ottimo mix tra maneggevolezza e stabilità, la bici ideale per chi vuole “giocare” sui tracciati.

Con i suoi ca 15kg la bici è molto leggera e su muove molto facilmente in aria. E’ facile whippare, inclinarla ed è facile farle “prendere aria”, ovvero tende facilmente a salire in alto quando la si pompa sul kick dei salti. Un vero giocattolino!

Anche sulle brake bumps o sui tratti sconnessi le sospensioni lavorano alla grande: con un’elevata sensibilità iniziale mangiano molto bene questo tipo di asperità. Ovviamente non ci si deve aspettare la stabilià di una bicicletta da DH, ma la Soul Fire è una bici da freeride ed il suo punto di forza è la maneggevolezza più che la stabilità. Ad ogni modo, grazie al passo molto lungo ed all’angolo di sterzo aperto, la bici rimane comunque molto stabile, sia sul veloce e sul ripido, sia in aria, trasmettendo sicurezza e voglia di spingere sempre di più.

Sentiero naturale

In realtà, più che in park, eravamo curiosi di testare la Soul Fire durante una “furgonata” in uno di quegli spot dove si gira su sentieri più naturali rispetto a quelli del classico bike park. Per questo motivo siamo stati a girare a Finale Ligure.

Chi è solito frequentare queste località sa benissimo che qui i sentieri sono molto diversi da quelli dei bike park. Non solo il terreno è meno liscio, spondato, meno lavorato, ma spesso ci sono anche tratti da rilanciare e pedalare. E’ proprio qui che la Soul Fire da il meglio di se: grazie alla sua leggerezza ed alle sue geometrie, la Rose è perfetta per questi sentieri. Non solo infonde sicurezza sul veloce e sul ripido, ma si rilancia perfettamente quando c’è da spingere sui pedali.  Reggisella in alto e via: la bici prende facilmente velocità e si superano strappetti in salita o tratti in piano senza troppi problemi.

Rispetto ad una bici da enduro, sui sentieri naturali la Rose paga qualcosina in termini di maneggevolezza: passo più lungo, sterzo aperto non aiutano certo nelle curve strette o nel guidato, così come quando c’è da pompare o da lavorare tanto di braccia e gambe i generosi 180mm tendono ad assorbire non poco l’energia che scarichiamo sulla bici.
Di contro quando c’è un tratto ripido basta puntare dritto e lasciar correre: la bici passa sopra qualsiasi cosa.

Quello che infatti stupisce è l’incredibile capacità delle sospensioni di mangiarsi ogni tipo di ostacolo. Ecco che quindi basta mollare i freni per prendere velocità ed ogni radice, pietra, gradone viene divorato dalle sospensioni della Soul Fire. Quella che prima era una linea azzardata diventa nient’altro che una linea dritta da prendere a cannone.

Decisamente promossa a pieni voti su questa tipologia di sentieri: chi vuole una bici orientata alla discesa che non ti costringa a scendere a piedi appena c’è uno strappetto in salita, può trovare nella Soul Fire una valida alleata.

Salita

Nonostante la generosa escursione, pesata sulla bilancia, la Soul Fire fa segnare 15kg. Un peso che non si distacca troppo da quello di una bici da enduro e che ci ha fatto venire voglia di provare a pedalarla.

Va fatta una premessa: la Soul Fire non nasce come bici da enduro, quindi non è pensata per essere pedalata per lunghi dislivelli. Ciononostante abbiamo voluto metterla alla prova anche in un contesto che non è proprio il suo.

Se da un lato l’assenza di una piattaforma stabile si fa sentire in salita, dall’altro la Soul Fire sale meglio di quello che può sembrare sulla carta. Bisogna solo chiudere la compressione al massimo per limitare un pochettino l’effetto bobbing. Va pedalata con calma, sempre da seduti, ma con la dovuta pazienza abbiamo affrontato anche giri da 1000-1500m di dislivello. Non ci si deve ovviamente aspettare la resa di una bici da all mountain o enduro, però la sospensione quando deve lavora bene: ci ha ad esempio stupito la capacità di assorbimento degli ostacoli sulle salite tecniche.

Insomma, sebbene non nasca come bici da pedalare, la Soul Fire 2 sale molto meglio di quello che ci si potrebbe aspettare ed estende notevolmente il range di utilizzo di questa bicicletta, non limitandolo alla sola discesa. Con la Soul Fire ci sentiremmo perfettamente in grado di affrontare una gara di enduro, magari una freeride marathon come la Megavalanche, ad esempio.

Conclusioni

Il freeride è morto? Assolutamente no, la nuova Soul Fire ne è la prova. Una bici giocosa, agile, maneggevole, divertente in park. Una bici per saltare, fare qualche trick e divertirsi la domenica con gli amici e giocare tra sponde, doppi, passerelle e salti. Una bici più agile e meno fisica di una DH, sicuramente più adatta di quest’ultima ai percorsi new school dei bike park moderni. E’ però sui sentieri naturali che la Soul Fire da il meglio di se: più agile e maneggevole di una DH nello stretto, più pedalabile e meno fisica da guidare, l’impostazione della Rose è perfetta per le giornate con i furgoni in spot come Finale Ligure, Sanremo, Molini e chi più ne ha più ne metta.

Una bici molto polivalente insomma, adatta non solo alla discesa ma che all’occorrenza può essere anche pedalata in giri più enduro.

Tra i punti di forza, non possiamo che evidenziare l’ottimo allestimento in relazione al prezzo: con soli 3325€ ci si porta a casa una bici montata di tutto rispetto (XT 1×11, Lyrik, Vivid, DT E1700, Reverb Stealth) e che, come dimostra il test, funziona anche bene.

A chi la consigliamo? La Soul Fire è una bici da freeride, una bici adatta a chi vuole un mezzo discesistico che sia più leggero di una bici da DH. Una mtb adatta ad ogni tipo di sentiero (naturale o artificiale), che non ti uccide se devi affrontare una salita e che permette di affrontare in tutta tranquillità tutti i rilanci che si trovano sui sentieri. Molto polivalente, adatta sia al park che alla furgonata ed all’occorrenza anche a qualche giro più enduro, a patto di prendere le salite con la dovuta calma.
Il montaggio è sicuramente votato più alla leggerezza che alla robustezza, ma è comunque adeguato alla destinazione d’uso della bici. Tutti i componenti sono di comprovata qualità ed affidabilità.

Specifiche

Modello testato: Rose Soul Fire 2, con upgrade del reggisella telescopico Reverb
Taglia testata: L (rider 183cm)
Peso: 15kg senza pedali
Prezzo: 3375€ (3075€ prezzo base +251€ ugrade reverb + 49€ spedizione)
Dove acquistare: Rose Bikes

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