Sarà la bici medaglia d’oro nel cross country alle Olimpiadi di Parigi fra pochi giorni? Parliamo della Pinarello Dogma XC, presentata ufficialmente qualche mese fa, quando Stefano Udeschini ha fatto un primo giro di prova sui sentieri sul Garda su quella top di gamma con la livrea che Tom Pidcock userà nella prova olimpica, potendo anche rivolgere delle domande al padre della Dogma, Stefano Scapin.
Ora l’abbiamo avuta per un test di durata per apprezzarne a fondo peculiarità, caratteristiche, pregi e difetti. Per tutti i dettagli e i prezzi vi rimandiamo all’articolo di presentazione
L’allestimento in test è quello della G160 Pure Gold che riepiloghiamo velocemente:
La corona è un 34 e i rapporti della cassetta 10-52. Peso rilevato in taglia L con 1 portaborraccia di serie: 10,70 kg.
Per oltre un mese ho girato con la Dogma XC full potendo variare il setup alla ricerca di quello migliore, avendo come riferimento sentieri ben conosciuti e sui quali avere anche riferimenti cronometrici.
Solitamente mi basta un giro al massimo per trovare quella confidenza con una bici e settare le sospensioni secondo il mio stile di guida e secondo le caratteristiche dei percorsi che vado a fare. Un setup che generalmente funziona nelle più varie condizioni. Del resto le bici “amatoriali”, se ben progettate, non sono mai troppo estreme anche se pensate in ottica gara. La Dogma XC non è così. Come ci ha anche detto Stefano Scapin, è stata progettata per le gare xc seguendo le indicazioni degli atleti di punta che la utilizzano, e dopo averla provata non faccio fatica a crederlo. Rider tecnicamente tra i migliori al mondo che volevano una bici per un uso ben preciso: le gare cross country di coppa del mondo con un focus su quella olimpica del prossimo fine luglio. Usare una moto che Ducati ha sviluppato su indicazioni di Bagnaia e sperare di trovarla “facile” è utopia. Il binomio Pinarello/Pidcock ha prodotto una cosa del genere.
La Dogma XC è stata pensata per questo, progettata per questo e pur avendo usato quella “commerciale”, quindi non con le sospensioni che avrà Pidcock in gara, bisogna ammettere che l’obiettivo è centrato. In tal ottica il setup delle sospensioni non è affatto facile da trovare, va individuato di fino e si adatterà per un range di situazioni limitate come solo una gara XC può presentare, mentre già una marathon può avere salite/discese lunghe o corte, tratti scorrevoli o scassati, frazioni di sentiero delle più asciutte a tratti boschivi super viscidi.
Quel che colpisce della Dogma è come le sospensioni, per quanto le si sgonfi al minimo possibile, risultino sempre molto dure e sostenute in compressione. È una caratteristica che ho avvertito anche su altre bici che montavano gli ultimi modelli di sospensioni Fox che in tal senso si sono un po’ “RockShoxizzate”, ma sulla Dogma, in particolare l’ammortizzatore, lo si avverte molto di più. Non può essere che lo schema sospensivo del telaio a regalare questa sensazione, sicchè al contrario di tutte le full sinora provate negli anni, in cui se non era decisamente accidentato il terreno, si lasciava preferire una marcia ad ammo bloccato, con la Dogma si viaggia bene anche con le sospensioni in posizione intermedia che non trasmettono la minima sensazione di affondamento nemmeno sul liscio, regalando in compenso comfort su tutte quelle minime imperfezioni dove una front sarebbe troppo rigida e una full ad ammo aperto troppo morbida.
Solo su asfalto ho sentito l’esigenza di bloccare del tutto, per avere una bici superbloccata che, peso e scorrevolezza dei copertoni a parte, si avvicinasse pericolosamente a una bici da corsa. Tradotto, tutto questo discorso per dire che sul pedalato, sia pianeggiante che in salita, le sospensioni lavorano egregiamente in tutte le situazioni da quella più liscia a quella più accidentata. In salita la bici va molto bene, i riferimenti sui segmenti Strava percorsi più volte lo confermano, l’accentuata inclinazione (-18°) dell’attacco manubrio sposta molto sull’anteriore il peso e solo sulle rampe più impegnative questo non compensa del tutto un angolo piantone con una inclinazione (75,3°) non delle più verticali, costringendo ad un avanzamento sulla sella che comporta una pedalata in spinta più contratta e meno distesa.
Una caratteristica che evidentemente sulle brevi rampe di una xc (e con i watt di un professionista) non è un problema, ma che su tratti più lunghi con pendenze accentuate (ho provato la Dogma anche sul percorso della Sellaronda Hero) diventa più faticoso.
Se in salita la Dogma XC è una delle migliori bici provate, in discesa è una delle più difficili e impegnative. Su trail flow è veramente molto reattiva e permette cambi di direzione in maniera molto veloce e anche divertente, mantenendo sempre il pieno controllo del mezzo. Dove il terreno diventa molto pendente e sconnesso un attacco che carica tantissimo l’anteriore e una forcella sostenuta e con soli 100 mm di corsa, fanno sì che il lavoro con le braccia diventi molto impegnativo. Scaricare troppo la forcella è controproducente perché il tanto peso impresso sull’anteriore ne renderebbe difficile il ritorno e dunque sfruttare appieno l’escursione. Di contro una pressione giusta rende la bici molto nervosa ai sobbalzi e ad un gran lavoro con le braccia, che se su una discesa di pochi secondi non è un problema, su quelle di una marathon lo diventa certamente, soprattutto se si è già stanchi.
Chi scrive, pur conoscendone i pregi, non è un sostenitore a prescindere del reggisella telescopico su bici da xc. Devo dire che in questo caso, col peso così caricato sull’anteriore dalle geometrie di telaio e attacco manubrio, tenere il telescopico abbassato anche solo per avere più confidenza, meno pressione sulle braccia e affaticarle meno, anche su pendenze negative non troppo accentuate, è stata una opzione che ho apprezzato molto, in particolar modo quando le discese duravano più di alcune decine di secondi e non solo nei classici passaggi con pendenze al limite.
Detto del comportamento in salita e in discesa rimane da dire dell’eccellente manegevolezza e guidabilità nei tratti stretti e guidati della Dogma XC.
Solitamente prediligo copertoni differenziati fra anteriore e posteriore con una maggiore scolpitura all’anteriore che pur con un aggravio di peso e una minore scorrevolezza, garantisce grip e aderenza e dunque una migliore confidenza. Questa volta devo dire che l’accoppiata Recon Race 2.25 dietro e 2.35 davanti è un’ottima soluzione che garantisce scorrevolezza, senza pregiudicare grip e tenuta anteriore per via del peso molto caricato sul davanti.
La rapportatura 34/52 su una bici da gara del genere è sicuramente l’opzione migliore su una trasmissione XX1 AXS che funziona come un orologio sottosforzo esattamente come nelle cambiate “leggere”. Volendo trovare una miglioria alla trasmissione, una cambiata multishift più rapida, sullo stile dell’elettronico Shimano da strada per chi lo conosce, sarebbe un bel plus, sempre che i grandi salti di denti (che su strada non ci sono) non creino potenziali problemi di cambiata con un multishift più veloce.
Due ultime cose da segnalare: sarebbe più comodo un comando blocco/sblocco forcella che, anche dal chiuso all’aperto, permettesse la posizione intermedia ora selezionabile solo dall’aperto, come sarebbe preferibile un blocco rotazione manubrio più ampio dei soli 60° consentiti. Sebbene nella guida normale non ho avvertito mai alcuna limitazione, nelle manovre banali come anche una semplice inversione di marcia su sentiero ampio non si riesce a curvare.
La Dogma XC è una bici da cross country ideata, progettata e prodotta per la massima espressione dell’agonismo MTB. Reattività, leggerezza e maneggevolezza fanno la differenza nelle classiche gare di XC. Per percorsi lunghi marathon è una bici impegnativa e forse troppo stancante in discesa. Per chi, cercando una bici più polivalente, non volesse rinunciare al marchio e all’allestimento, potrebbe optare per un cambio di attacco e manubrio con uno leggermente più lungo e con una gradazione negativa minore del -18° per avere un minor carico anteriore e una posizione leggermente più distesa e comoda.
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