Per chi si orienta verso una front da enduro l’opzione acciaio è tutt’altro che una stranezza, basta scorrere le vincitrici della rubrica “bici della settimana” per rendersene conto. Se per una front l’utilizzo di questo materiale ha un preciso senso, si può dire altrettanto quando si parla di full? Soppesando con approccio strettamente tecnico pro e contro è difficile poter dare risposta affermativa, ma non tutti ragionano solamente in termini di numeri e diagrammi. Per quei biker che non vogliono rinuncire al feeling trasmesso dall’acciaio, o semplicemente all’idea di possedere qualcosa di alternativo ai soliti alluminio e carbonio, ecco quindi che un manipolo di costruttori continua a proporre questa soluzione anche in ambito full. Fra questi uno dei più noti è Production Privée, piccola factory con sede ad Andorra che a partire dallo scorso anno ha avviato la produzione di della full oggetto di questo test, la Shan N°5
I ragazzi di Production Privée adducono precise motivazioni tecniche alla base della scelta dell’acciaio, da loro preferito per le doti di robustezza, resistenza a fatica ed elasticità. Quest’ultimo caratteristica, in particolare, attraverso il giusto grado di flessione del telaio, sarebbe in grado di garantire l’assorbimento delle microasperità ad alta frequenza molto meglio dei telai in alluminio o carbonio. All’atto pratico questo si traduce non solo in maggiore confort, ma anche in un maggiore grip in curva. Per ottenere tutto ciò la Shan N°5 si affida a tubazioni triple-butted di produzione giapponese.
Anche se non credete che una Shan potrà mai trovare spazio nel vostro garage, vi consiglio una visita al sito Production Privée: non immediatissimo nella navigazione, ma ricco di interessanti informazioni sulla filosofia che ispira i due giovani fondatori del marchio.
La Shan N°5 è proposta in tre allestimenti denominati Factory, Factory GTR e GTR. Sono inoltre proposti due kit (Rolling Chassis), denominati Factory e GTR, composti di telaio completo di ammortizzatore, forcella, ruote con pneumatici, cockpit e reggisella telescopico. Il fine è quello di permettere la libera scelta di trasmissione, freni e sella, i tre componenti dove le preferenze soggettive assumono maggiore rilievo.
Per il nostro test abbiamo ricevuto la bici completa (per fortuna) in allestimento Factory GTR, quindi quello intermedio.
Scorrendo i valori geometrici viene da chiedersi quando finirà la corsa verso telai sempre più bassi, lunghi e dagli angoli aperti. Nel caso della Shan N°5 lo si può dire a maggior ragione, avendo rilevato un angolo sterzo circa un grado più aperto rispetto al valore dichiarato di 65.6°. Praticamente l’angolo di una DH di qualche anno fa!
Una discrepanza di circa 25 mm l’abbiamo rilevata anche sull’interasse, con circa 1245 mm misurati a fronte dei 1220 mm dichiarati. Chainstay corto, altezza del movimento centrale inferiore a 340 mm ed angolo sella bello verticale conpletano il quadro, permettendo di annoverare la Shan N°5 fra i modelli che maggiormente seguono il trend dominante.
Abituati alle forme ed ai dimensionamenti tipici dell’alluminio e del carbonio, la Shan N°5 attira subito l’attenzione. Vista lateralmente, i tubi dritti e sottili abbinati le conferiscono infatti un certo “effetto retro”, mentre il corto seat tube e l’angolo sterzo molto aperto la fanno apparire ancora più lunga di quanto sia realmente.
L’effetto vintage viene enfatizzato dalla livrea, ispirata a quella di famose auto sportive del passato. Quella della bici in test, cromaticamente discreta con il suo abbinamento fra nero e grigio, prende spunto dalla Porsche 911 Singer Switzerland Edition. Le altre due colorazioni disponibili sono un giallo Porsche 911 Singer UK Edition e l’inconfondibile nero-giallo John Player Special.
A livello di dettagli e finiture non si trovano particolari chicche, ma piuttosto la ricerca di funzionalità e concretezza. Fa eccezione l‘attacco per il portaborraccia, ricavato sotto l’obliquo a ridosso del movimento centrale. Non il posto migliore per afferrare la borraccia mentre si pedala, ma soprattutto non il posto migliore per una cosa che deve essere messa in bocca.
Chi ha letto con attenzone la tabella riassuntiva delle specifiche avrà notato i 15.3 kg di peso per la bici senza pedali. Se da un lato la Shan N°5 presenta caratteristiche che la collocano in un segmento superiore rispetto alla stragrande maggioranza delle bici con pari escursione, resta il fatto che i 3890 g di peso dichiarati per il telaio privo di ammortizzatore costituiscono una base di partenza con la quale bisogna fare i conti. Da notare che la bici ricevuta in test montava coperture più pesanti rispetto a quelle di serie.
La Shan N.5 è stata concepita con un occhio di riguardo per l’affidabilità e praticità di manutenzione. Anche da qui, probabilmente, la scelta di affidarsi al più semplice degli schemi di sospensione, vale a dire un monocross privo di leveraggi di rinvio. Va però detto che la presenza dello Shock Extender comporta uno snodo supplementare rispetto ad un monocross “puro” (stile Orange, per capirci).
Lo shock extender è una sorta di prolunga dell’ammortizzatore che consente una più ottimale gestione della curva di compressione. Il posizionamento verticale della boccola è stato adottato per ridurre le tensioni che si scaricano sullo stelo dell’ammortizzatore in seguito alle flessioni del carro, permettendo quidi una maggiore fluidità di funzionamento.
Interessante la scelta di adottare per il main pivot un sistema pressfit analogo a quello del movimento centrale. Il perno è da 24 mm di diametro ed i cuscinetti sono coperti da una garanzia di due anni.
Ad incrementare la rigidità del carro contribuiscono uno yoke di collegamento fra i foderi inferiori ed un ulteriore ponticello avvitato fra i due lati corti, anche se dubitiamo che quest’ultimo possa avere una rilevante funzione strutturale.
La piastra di fissaggio dell’ammortizzatore imbullonata al telaio renderebbe relativamente semplice implementare una slitta che permetta la variazione delle geometrie (vedere il sistema adottato da Liteville sulla 601, per capirci). Peccato non sia stato fatto, visto che la possibilità di “addolcire” delle geometrie così spinte aumenterebbe la polivalenza della Shan N°5.
Routing cavi interno od esterno? Pulizia estetica o velocità e praticità in caso di manutenzione? Sulla Shan N.5 si è privilegiata la funzionalità senza compromessi, optando per il “tutto esterno” (alcune case propongono l’intelligente soluzione mista, lasciando all’esterno il solo tubo freno). Una ulteriore placchetta di fissaggio a metà obliquo avrebbe reso il tutto un po’ più ordinato e non costringerebbe a fascettare i cavi alla piastra di fissaggio dell’ammortizzatore.
In linea teorica il telaio dovrebbe ospitare pneumatici fino a 2.8”, quindi formato plus. Non avendo a disposizione coperture di quella dimensione non abbiamo potuto verificare, ma vedendo la luce lasciata dalle Continental da 2.4” è facile prevedere che il passaggio ruota sarebbe piuttosto risicato.
L’invito a farsi duramente schiaffeggiare è simpatico, ma nel 2018 è lecito attendersi qualcosa di più moderno ed integrato di un batticatena in neoprene.
Lo stesso dicasi per l’attacco del freno, ancora di tipo International Standard. La massiccia piastrina dove trova alloggiamento il perno passante, sul lato trasmissione forma un tutt’uno con il forcellino.
Cosa piuttosto singolare per una 27.5”, ma inevitabile per un telaio dichiarato compatibile con il formato plus, la forcella Fox Float FIT4 Factory è in versione per ruote 29”/27.5”+. Superato l’impatto visivo (soprattutto una volta in sella, la ruota appare lontana e piccola), la cosa non comporta particolari inconvenienti e geometricamente ben si sposa con le quote del telaio (una forcella per ruote 27.5” abbassarebbe troppo il già basso movimento centrale e verticalizzerebbe in modo eccessivo l’angolo sella).
Nell’ammortizzatore DPX2, sempre della serie Factory di Fox, era installato un riduttore di volume dall’aspetto “home made”: un dischetto di circa 3mm di spessore rifinito in modo grossolano. Home made o meno, la progressività della sospensione posteriore ci è parsa adeguata. Chi ama abbondanti valori di sag (personalmente mi sono trovato bene con il valore consigliato del 25%) e ne fa un utilizzo particolarmente pesante potrebbe valutare l’utilizzo di un ridutore di volume maggiore. Piuttosto sostenuto il tuning in compressione, tanto che raramente è stato necessario settare il registro oltre i tre/quattro click dal tutto aperto.
Ineccepibile il comportamento di entrambe le sospensioni, fra il meglio che si possa desiderare per una bici di questo tipo.
Da specifiche la Factory GTR dovrebbe montare dei freni SRAM Guide R. Sulla bici inviataci abbiamo invece trovato la versione RS, della quale abbiamo apprezzato l’affidabilità e l’ottima modulabilità. Non così positivo il giudizio sulla potenza, adeguata ma non impressionante, e soprattutto sull’eccessiva corsa delle leve quando le pastiglie raggiungono un certo livello di usura.
Le ruote Stan’s Flow MK3 hanno cerchi da 29 mm di canale interno e da specifiche possono ospitare coperture dalla sezione massima di 2.8” (la stessa consentita dal telaio). I puristi del formato plus probabilmente preferirebbero cerchi di sezione maggiore, ma di fatto questo è un buon compromesso che permette di montare anche coperture di sezione tradizionale senza dover ricorrere ad un secondo set. Interessante il profilo molto basso dei cerchi, che visivamente li fa apparire più larghi di quanto realmente sono. Profilo basso e stondato che dovrebbe inoltre limitare il problema delle pizzicature, uno dei talloni d’Achille dei cerchi larghi.
Con oltre 1800 g dichiarati le MK3 non sono fra le ruote più leggere in circolazione, così come non lo sono le coperture Continental Der Kaiser Projekt ProTection Apex da 2.4”, le quali superano abbondantemente la soglia del kilogrammo. Se non amate scendere a compromessi in quanto a solidità e tenuta, sia in piega che in frenata, questa è una delle migliori scelte che si possano fare. Se invece volete dare alla Shan N°5 una connotazione più trail il consiglio è di optare per pneumatici più leggeri e scorrevoli.
Passando alla trasmissione, la singola da 32 denti con gruppo Eagle GX e ruote da 27.5” non richiede le gambe di Hulk per affrontare anche le salite più ripide. Se su altre bici questa rapportatura sarebbe fin troppo “conservativa”, sulle rampe più lunghe, o affrontate quando la birra sta finendo, il peso della Shan ci ha invece fatto apprezzare quella vera e propria ridotta che è il 32-50.
Ottimo il cockpit firmato Production Privée, con i componenti dotati di indicazioni grafiche per un set-up preciso e veloce. Piega da 780 mm e stem da 50 mm sono indovinati per una bici di questo tipo. Segnaliamo che questi componenti sono disponibili in svariate misure ed acquistabili online sul sito Production Privée.
Il telescopico Bike Yoke Revive da 160 mm di corsa è stato una bella sorpresa: buona fluidità di funzionamento, gioco verticale praticamente nullo e laterale molto contenuto, ottima ergonomia del comando remoto e zero problemi di affidabilità. Comoda la sella SDG Duster.
La leggerezza non basta a fare di una bici una buona scalatrice, ma in fin dei conti è un po’ come i soldi nella vita: non fanno la felicità, ma se ci sono molte cose diventano più facili. Nel caso della Shan N°5 il peso si fa sentire, a maggior ragione perchè una discreta fetta di chili stanno sulle ruote ed i pneumatici non sono fra i più scorrevoli in circolazione. Un peccato, perché la posizione di pedalata è efficace e poco stancante anche sulle lunghe salite, mentre la distribuzione dei pesi è sorprendentemente ben bilanciata per una bici con queste caratteristiche geometriche. Ottimo anche il comportamento del carro, il cui bobbing è contenuto ad ammo aperto e totalmente annullato agendo sul registro della compressione del Float.
Se sullo scorrevole la Shan fatica a tenere il passo delle concorrenti più leggere, nel superamento delle sezioni tecniche il gap si riduce notevolmente. L’angolo sella bello verticale, la sospensione ottimamente sostenuta ed il grip delle Continental ne fanno un’ottima scalatrice, performante sia nel superamento degli ostacoli che delle sezioni ripide, dove non richiede acrobazie per tenere a terra la ruota anteriore o per evitare di colpire il terreno con i pedali. In definitiva una bici che vi permetterà di andare ovunque, a patto di avere una buona gamba, non pretendere i ritmi di una trailbike e neppure quelli dei modelli da enduro più leggeri e votati alla salita.
Se i 140 mm di corsa posteriore e ruote da 27.5” vi fanno pensare ad una agile trailbike, vivace e reattiva ma con i limiti tipici di questa tipologia di bici quando il gioco si fa duro, preparatevi a cambiare radicalmente idea. La Shan N°5 è un lupo travestito da agnello, stabile quanto una moderna enduro in velocità, totalmente a suo agio sul ripido e letteralmente incollata al terreno quando buttata in piega. Chi ha dimestichezza con l’analisi dei dati geometrici avrà già intuito da dove derivano stabilità e sicurezza sul ripido, mentre per quanto riguarda il grip in curva è plausibile credere che la risposta “morbida” dell’acciaio ci metta del suo. A completare il quadro troviamo sospensioni impeccabili e coperture il cui grip fa presto dimenticare il supplemento di fatica richiesto in salita.
Preparatevi a cambiare opinione anche se pensate che a causa dell’angolo sterzo molto aperto sia necessario “mordere il manubrio” in curva: grazie all’azzeccata alchimia delle quote geometriche – movimento centrale basso e chainstay corto in primis – la Shan N°5 è meno impegnativa di quanto si possa supporre, per cui basta non rimanere troppo “appesi” per trovarsi a proprio agio anche su raggi di curva che non siano chilometrici.
Va in ogni caso detto che è quando i ritmi salgono o la discesa si fa ripida ed impegnativa che arrivano le soddisfazioni maggiori, mentre sui terreni d’elezione di una trailbike la Shan N°5 è fisicamente più impegnativa di molte concorrenti che, a pari escursione, hanno geometrie meno estreme e pesi più contenuti. Nonostante il corto chainstay, la Shan non è particolarmente sensibile ai trasferimenti di carico e per alzare l’anteriore serve decisione. Discorso bunny hop a parte, si tratta comunque di un’azione richiesta con minore frequenza rispetto ad altre bici di pari escursione, visto l’elevatissimo limite di ribaltamento.
Sfatando il mito che vuole i monocross inefficaci in fase di pedalata, la sospensione posteriore conferma le sensazioni avute in salita comportandosi molto bene sui rilanci ad ammo aperto, con un bobbing contenuto e poca tendenza ad insaccare. Sposando alla perfezione l’impostazione generale della bici, entrambe le sospensioni sono ben sostenute, lavorano al meglio sugli urti di una certa entità e garantiscono una progressività finale che permette di staccarsi da terra senza tante remore. Per contro, i più tranquilli le potrebbero trovare sin troppo “corpose” e stancanti rispetto ad unità meno rigide e meno controllate idraulicamente in compressione.
Limite di ribaltamento molto alto, eccellente libertà di movimento grazie alle quote di seat tube e standover molto contenute, forcella e ruote rigide e precise, coperture dal grip ineccepibile: con queste caratteristiche la Shan N°5 è un’arma micidiale sulle cosiddette discese “vert”, forse la migliore bici che abbia mai provato su questo genere di terreni.
Acciaio, estetica, geometrie e comportamento sul campo fanno della Shan N°5 una bici particolare, e come spesso avviene per ciò che esce dal coro, probabilmente dividerà il mondo dei biker fra entusiasti e scettici. A voi la scelta di quale partito sposare, con la consapevolezza che se la Shan N°5 è il vostro tipo ve la potete portare a casa ad un prezzo più che onesto.
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