Forse meno noto di marchi quali Canyon, Rose o YT, Radon appartiene al sempre più folto gruppo di case che effettuano vendita secondo la formula “dal produttore al consumatore”. Nel caso di Radon questo avviene attraverso il noto shop online bike-discount, il quale detiene la proprietà del marchio.
Ufficialmente presentata a novembre 2017 e già disponibile nella versione 2019 denominata Midseason, la Jab è una enduro con ruote da 27.5″ ed i canonici 160 mm di corsa anteriore e posteriore. In test abbiamo ricevuto l’allestimento 9.0 HD 2018, il quale differisce dalla versione 2019 sia nella corsa della forcella, ora aumentata a 170 mm, che nella scelta delle unità ammortizzanti, con il passaggio da Rock Shox a Fox. Il “cuore” della Jab, vale a dire il telaio full carbon, rimane tuttavia invariato, e la versione 2018 tuttora disponibile ed acquistabile con forti sconti (il consiglio è di farci eventualmente un pensierino, visto che se proprio sentirete la mancanza di quei 10 mm di corsa in più si può rimediare con qualche decina di Euro di una cartuccia elastica).
Sia in versione 2018 che 2019 la Jab è proposta in tre livelli di allestimento, dove la sigla 9.0 HD identifica quello intermedio da noi testato.
Le geometrie della Jab potrebbero essere definite conservativamente moderne, quindi relativamente lunghe ed aperte ma prive di valori “fuori dal coro”. Vale comunque la pena notare la compattezza del carro, che con soli 428mm di lunghezza del chainstay contribuisce a contenere il valore di interasse. Considerato il formato ruota e l’ormai ampia proposta di enduro 29″ geometricamente spinte, si tratta tuttavia di valori che sulla carta collocano la Jab più sul fronte dell’agilità che della stabilità. Un dispositivo di tipo “flip-chip” consente di variare il punto di infulcro fra foderi superiori e biella di rinvio dell’ammortizzatore, di conseguenza le geometrie dell’intera bici. La variazione è tuttavia relativamente contenuta, con 0.6° di angolo sella e sterzo e circa 6 mm di altezza del movimento centrale.
Linee e colorazione della Jab richiamano concettualmente i velivoli di tipo stealth, cosa di cui Radon non fa mistero, come si può vedere nel video di presentazione proposto a suo tempo.
Filosofia a parte, linee rette e spigoli cercati in modo quasi maniacale creano un’estetica veramente particolare, di quelle che solitamente spaccano i giudizi in due partiti ben distinti. L’estetica però non si misura, quindi a voi decidere da che parte stare….
Passando a discorsi più concreti, il telaio è un full carbon realizzato con grande cura per i dettagli, nulla da invidiare a marchi di ben altro livello di prezzo. Il cinematismo della sospensione posteriore si affida ad un giunto Horst, soluzione da sempre molto diffusa fra i produttori tedeschi.
Il peso del solo telaio non viene indicato, ma considerato quello globale della bici vien da sè che anche su quel fronte i tecnici Radon hanno ottenuto ottimi risultati. Ancor di più se si considera che la rigidità non manca, evidentemente ottenuta con attente sagomature e compattezza del carro, ancor prima che con l’uso abbondante di materiale.
La parte inferiore del seat tube è sagomata in modo da ospitare il corpo principale dell’ammortizzatore. Nella parte bassa dell’obliquo è invece ricavato un incavo, simpaticamente chiamato piggy bag, per evitare che il piggy back vada a colpire l’obliquo stesso quando l’ammo si comprime oltre un certo valore.
Il dispositivo di tipo flip-chip consente di scegliere fra due diversi assetti geometrici. Come già detto la variazione è contenuta, e non trattandosi di un dispositivo azionabile “on the fly” è abbastanza probabile che si finisca con utilizzare sempre l’assetto preferito, tipicamente coincidente con quello più aperto. Nonostante la buona realizzazione e relativa facilità nell’effettuare la variazione, è esattamente ciò che è accaduto con la Jab, utilizzata quasi sempre nella configurazione più discesistica.
Non manca l’attacco per il portaborraccia, nella tradizionale posizione all’interno del triangolo principale. La presenza della borraccia rende però l’accesso al registro del SuperDeluxe piuttosto scomodo, soprattutto quando in posizione “firm” come in foto.
Molto curate anche le protezioni, integrate non solamente nei punti più classici quale parte inferiore dell’obliquo e batticatena, ma anche sul fodero superiore lato trasmissione ed esternamente su entrambi i foderi inferiori, zone abbastanza esposte in caso di caduta. Non manca una placchetta metallica per la protezione del fodero in caso di risucchio della catena, ben mimetizzata nel fodero stesso.
Il routing dei cavi è interno (purtroppo anche quello del freno), ed i punti di ingresso nel telaio sono protetti da inserti in materiale gommoso. Il cavo del telescopico fuoriesce lateralmente dall’obliquo per poi rientrare nel seat tube formando un cavallotto esterno che, in caso di necessità, permette di accompagnarne facilmente lo scorrimento. Guaina del cambio e tubo del freno posteriore fuoriescono invece a ridosso del movimento centrale prima di entrare nei foderi del carro. La posizione è potenzialmente più esposta agli urti rispetto ad altre soluzioni, ma in anni di utilizzo di bici che adottano questa soluzione non ho mai avuto problemi.
La Jab 9.0 HD vanta un montaggio di tutto rispetto, con un rapporto qualità/prezzo fra i più alti che si possano trovare in circolazione.
Cominciamo dalle sospensioni con la Lyrik RCT3, dotata di registro della compressione a tre posizioni (open/pedal/firm) e del registro per la regolazione delle low speed, oltre naturalmente al controllo del ritorno. Si tratta di una forcella che conosco piuttosto bene, quindi ho da subito inserito i tre token abituali, settato le low speed a circa 1/3 dal tutto aperto (+/- qualche click a seconda delle situazioni) e me ne sono dimenticato. L’ammortizzatore Super Deluxe RC3 è forse ancor più semplice, possedendo il solo registro a tre posizioni (qui chiamate min/mid/firm) ed il controllo del ritorno. Dopo qualche prova ho trovato che il SAG ideale si aggirava attorno al 30%, ed anche in questo caso posso dire di essermene praticamente dimenticato, a parte i soliti controlli di routine della pressione dell’aria. Pressione che, per un rider attorno ai 77 kg in ordine di marcia, è di poco superiore a 160 psi.
Veniamo ora al componente che meno ha convinto, vale a dire l’impianto frenante. Chi segue con costanza i nostri test potrà pensare che abbiamo intrapreso una sorta di crociata contro i freni Sram, ma la verità è che troppo spesso questi impianti mostrano problemi di corsa eccessiva delle leve e scarsa potenza. Con i Code R montati sulla Jab entrambi i problemi si sono manifestati principalmente con l’impianto anteriore. La gravità del problema non è stata tale da compromettere le prestazioni discesistiche, ma resta comunque inaccettabile per un impianto espressamente concepito per le discipline gravity.
Da una conferma in senso negativo ad una piacevole scoperta: il telescopico Tellis di SDG non ha mai mancato un colpo, ha un gioco laterale contenutissimo e verticale praticamente nullo. A voler fare i pignoli una molla di richiamo del comando un po’ più vigorosa non guasterebbe, ma è probabile che possa bastare un passaggio del cavo più favorevole. Sulla Jab entra infatti nel tubo sterzo dallo stesso lato del comando, formando una curva un po’ innaturale, nel caso della bici in test accentuata dalla guaina con qualche cm di troppo. Peccato non venga proposto con abbassamento superiore a 150 mm, valore su alcune taglie risicato con i seat tube corti che ormai vanno per la maggiore. Bene anche la sella, una comoda SDG FLY MTN.
Pollice su anche per stem e piega della serie Turbine di Race Face, che nelle misure di 40 mm e 800 mm permettono un perfetto controllo del mezzo. In realtà da specifiche sarebbe prevista una piega da 780 mm, ma personalmente mi sono trovato benissimo con 800 mm. Poco adatte a chi ha le mani grandi invece le manopole SDG Slater, più sottili della norma.
La trasmissione è totalmente di casa SRAM, con gruppo X01 e guarnitura Descendant Carbon. Tutto funziona come un orologio svizzero, e la corona da 32 denti abbinata al pacco pignoni Eagle 10-50T offre in caso di necessità una vera e propria ridotta con la quale affrontare le rampe al limite del ribaltamento. Ancorato all’attacco ISCG troviamo il leggero guidacatena TRS Race SL di e*thirteen. Specie sui sentieri tecnici di montagna, ambito come vedremo molto congeniale alla Jab, la versione Plus dotata di bash sarebbe preferibile.
Luci ed ombre sulle coperture. La Magic Mary montata all’anteriore è una garanzia in quanto a tenuta e la struttura Snakeskin è sufficientemente sostenuta. Struttura Snakeskin che è invece al limite sulla ruota posteriore, costringendo a pressioni che vanno a ridurre confort e tenuta. Le ruote e*thirteen TRS si sono ben comportate durante il test, ma la non eccelsa robustezza dei cerchi (verificata personalmente in più di un’occasione) è un ulteriore buon motivo per montare un pneumatico posteriore più strutturato.
Sarà una banalità e so di averlo scritto in più di un test, ma quando si parla di salita avere un mezzo leggero significa partire con il piede giusto. Con poco più di 13 kg la Jab fa decisamente bene, soprattutto se si pensa che negli ultimi tempi il trend in ambito enduro punta verso l’alto.
Meno bene invece si comporta il carro in termini di stabilità, dato che ad ammortizzatore aperto il bobbing è marcato. La buona notizia è che la posizione firm del Super Deluxe offre una frenatura ben marcata, sufficiente a smorzare qualsiasi oscillazione a meno di non pestare con decisione in fuorisella.
La posizione di pedalata resta ottimale anche per chi ha elevati valori di fuorisella, una condizione che spesso mal si abbina all’inclinazione di certi seat tube. Aggiungiamo la copertura posteriore relativamente leggera, e come avrete intuito i presupposti per ottenere buone performance in salita ci sono. La Jab infatti non delude, e chi non disdegna guadagnarsi le discese con le proprie forze si potrà prendere delle soddisfazioni come sempre più difficilmente capita con le moderne enduro.
Sul tecnico la Jab brilla soprattutto sul fronte dell’agilità, districandosi molto bene sulle salite tortuose. La direzionalità sul ripido è altrettanto buona, ed il peso contenuto permette di rilanciare con relativa facilità. Nel superamento degli ostacoli serve invece un po’ di attenzione perchè impattare il suolo con i pedali è abbastanza facile, sia per via del movimento centrale non molto alto che per via della tendenza del carro ad insaccare. In caso di lunghe salite tecniche è comunque possibile giocarsi la carta flip-chip passando all’assetto più verticale, quindi maggiore altezza da terra e scarico di peso dal posteriore.
La Jab è una enduro estremamente agile e giocosa. Facile e veloce nei cambi di direzione anche grazie all’ottima rigidità del carro, la pronta reazione ai trasferimenti di carico rende facile sollevare tanto la ruota anteriore quanto la posteriore per chiudere i tornantini più stretti.
Nel lento e tortuoso chi è poco avvezzo alla guida aggressiva può trarre grandi vantaggi da una bici come la Jab, senza la frustrazione di sentirsi perennemente “appeso” o in ritardo di linea che talvolta affligge chi, magari provenendo da bici più “facili”, decide di passare ad un modello enduro di ultima generazione. Chi è più smaliziato apprezzerà invece questa “enduro dall’anima trail” su quelle discese che consentono di sollevare frequentemente le ruote da terra e di andare a cercare linee alternative, cosa che può comunque essere fatta con la sicurezza data da un angolo sterzo sufficientemente disteso.
Rilanciando ad ammo aperto la Jab mostra luci ed ombre: sulle classiche rampette spaccacuore si apprezzano la leggerezza e l’ottima trazione, mentre nei lunghi rilanci il marcato bobbing disperde parte dell’energia e costringe ad una certa attenzione per evitare pericolosi contatti dei pedali sul terreno.
Discorso bobbing a parte, la sospensione posteriore lavora piuttosto bene, sensibile sui piccoli urti e con una progressività calibrata in modo da utilizzare gran parte della corsa anche su tracciati che non presentano grossi drop o salti. Ciò detto, a meno di non adattarsi a valori di sag contenuti per la tipologia di bici, è probabile che i più aggressivi sentiranno l’esigenza di aggiungere un riduttore di volume nel Super Deluxe.
Il trend degli ultimi anni ha portato i modelli da enduro a diventare delle mini DH, con i pro e contro del caso. Fra i primi è da annoverare la grande stabilità sui fondi impegnativi e veloci, cosa che permette di affrontare queste situazioni con sicurezza anche a chi avrebbe qualche difficoltà a gestire mezzi più “nervosi”. La Jab conferma anche da questo punto di vista di essere una voce fuori dal coro, infatti il suo principale limite è proprio il nervosismo sul veloce e sconnesso. Per spuntare il tempone su questo tipo di tracciati ci dovrete mettere del vostro, perchè la Jab richiede prontezza nel correggere qualche reazione brusca di troppo. In altre parole non è la (ormai) classica endurona spianatutto piantata a terra con la quale puntare le linee più dritte noncuranti di quel che passa sotto le ruote.
Come detto ad inizio articolo la gamma 2019 mantiene il medesimo telaio montando però forcelle da 170 mm. Un centimetro in più di corsa e di altezza forcella non portano stravolgimenti, ma è comunque un piccolo passo che sposta l’indole della bici verso il lato della stabilità.
In un periodo in cui la maggior parte dei modelli enduro sono sempre più delle DH in miniatura, Radon ha il coraggio di proporre qualcosa di diverso. La Jab si lascia infatti pedalare molto bene in salita, in discesa è facile ed intuitiva anche nelle mani di rider poco aggressivi, mentre per i più smaliziati si trasforma in un divertente giocattolo. Caratteristiche che, assieme alla leggerezza, ne fanno un mezzo ideale per i tecnici e tortuosi sentieri alpini.
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