Ecco il tanto atteso test della forcella che, almeno sulla carta, quest’anno fa battere forte il cuore a tutti gli amanti dell’all mountain e dell’enduro!
Qualche mese fa vi abbiamo presentato la nuova Rock Shox Pike direttamente da Sedona (AZ). Quella volta abbiamo avuto la possibilità di usare la nuova forcella durante tre giornate sui rocciosi sentieri dell’Arizona: belli e divertenti finchè volete, ma decisamente lontani da quello che si trova alle nostre latitudini. Già allora, comunque, le prime impressioni erano state piuttosto entusiaste.
Ora abbiamo potuto provare la nuova Pike sui nostri sentieri, dove sappiamo come si comportano i prodotti della concorrenza. Questo è il risultato del nostro test. Prima di iniziare, però, vi rimandiamo a questo articolo per la spiegazione tecnica di come funziona la Pike.
– Escursione da 140, 150 o 160mm.
– Disponibile per 26, 27.5 e 29 pollici in tutte e tre le escursioni.
– Versione Solo Air (corsa fissa) o Dual Position Air (con possibilità di accorciare la corsa di 30mm).
– Perno passante disponibile solo da 15mm.
– Cannotto disponibile solo in versione conica.
– Steli da 35mm.
– 2 cartucce disponibili: RCT3 con 3 posizioni della compressione (aperta, pedalata e chiusa) e fine tuning della compressione alle basse velocità (questa attiva solo in posizione aperta del pomello della compressione) e RC, con fine tuning della compressione alle basse velocità e basta.
– Steli disponibili solo in nero anodizzato.
– Versione da 140mm per 29 pollici disponibile unicamente con Solo Air, quindi non abbassabile.
– Peso: 1838 grammi (versione più leggera, la 140mm da 26 pollici).
– Prezzo: da 878 a 949 Euro
La forcella in test è una Solo Air RCT3 da 160mm di escursione montata su una Santacruz Bronson Carbon da 27.5″.
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La prima cosa che uno nota, quando toglie la Pike dalla scatola, è la leggerezza della forcella: 1900 grammi sono veramente pochi per un prodotto pensato per l’enduro o l’all mountain.
Il setup è presto fatto: inseriamo l’aria secondo la tabella incollata sul fodero sinistro, mettiamo la regolazione della compressione alle basse velocità in posizione intermedia (6 clicks dal tutto chiuso), regoliamo il rebound a nostro piacimento (per la disquisizione sul rapid recovery vedere l’articolo di presentazione) e via, non senza aver messo la pompetta per il gonfiaggio nello zaino, visto che la tabella dà un range di pressioni a seconda del peso. Chi scrive pesa ignudo 70 kg, vestito e con zaino sui 75 kg, quindi partiamo con una pressione di 70 PSI.
Stringendo per bene il perno passante da 15mm ci ritroviamo con la leva in avanti, esposta ad eventuali sassate e/o rocce. La nuova Maxle, per fortuna, permette di spostarne l’inclinazione semplicemente spingendo sul bottone nero che vedete in foto, così troviamo la posizione migliore perché essa stia il più attaccata possibile alla forcella.
Innanzitutto va detto che la tipologia di sentieri su cui è stata provata la Pike é piuttosto enduristica, vale a dire con salite per lo più su strade sterrate e/o asfaltate e discese che vanno dal filante allo scassato veloce al lento trialistico con tante serpentine da fare in nose press. Non sono mancati i sentieri tecnici in salita, come quello che porta alla vetta del Monte Legnone, con un dislivello in un colpo di oltre 2300 metri, dove non abbiamo sentito la mancanza di una forcella abbassabile grazie alla geometria della Santacruz Bronson, adatta a forcelle da 160mm. Abbiamo tolto tutti gli spacer da sotto il manubrio proprio per aver la maggior aderenza possibile sui tratti tecnici in salita, non risentendo comunque di alcun svantaggio sul ripido in discesa.
La Pike dispone di un comando chiamato “Charger”, che regola la compressione in 3 posizioni, da completamente aperta a quasi chiusa. Teoricamente lo si dovrebbe usare a seconda del terreno, vale a dire in posizione chiusa quando si pedala su asfalto o sterrato scorrevole, in posizione Trail quando si gira su un tipico saliscendi, e il resto in discesa. In pratica abbiamo quasi sempre lasciato la Pike aperta in compressione, visto che raramente si va in fuorisella su una bici da 160mm di escursione. Infatti, anche su asfalto, il bobbing della Pike era ignorabile.
Più interessante, in ambito enduristico, l’altro pomello, quello della regolazione della compressione alle basse velocità. Questo fine tuning funziona solo quando il Charger è in posizione completamente aperta e ha la ben apprezzata (da chi scrive) caratteristica di evitare che la forcella affondi troppo sul ripido per il peso del rider, il cui baricentro tende a trovarsi più avanti in questa situazione. Siamo partiti con 6 click dalla posizione più chiusa e abbiamo trovato il nostro setup sui 5 click.
In discesa la Pike è molto sensibile, sia a livello di scorrevolezza iniziale della corsa, quindi alle piccole asperità, sia su ostacoli più grandi, dove si riesce ad usare gran parte della corsa anche senza drop di rilievo. Il feeling è immediato e la differenza con altri prodotti della concorrenza si sente subito (comparativa in fondo a questo articolo). La ruota anteriore sta attaccata al terreno, nel caso della Bronson poi, dove il carro posteriore è molto sensibile anch’esso, le due sospensioni armonizzano alla grande. Per onor di cronaca si deve dire che l’ammortizzatore è un Fox Float X.
Se cercate un paragone con qualcosa che forse conoscete, a noi è venuta in mente la mitica Marzocchi Z1, quella della prima serie, a molla e senza alcun tipo di regolazioni se non il rebound. Ovviamente parliamo solo delle sensazioni di ammortizzazione, tralasciando tutto il resto quale facilità nel setup, peso, rigidità, sezione steli, ecc, cose su cui una Z1 di dieci anni fa non può competere. Però quell’effetto “plush”, su una forcella ad aria, è veramente unico al momento. Motivo da ricercare anche nella linearità della corsa: la Pike diventa progressiva verso la fine dell’escursione, e non prima.
Per arrivare a questo tipo di comportamento è però necessario sperimentare un po’ con la pressione da inserire nella forcella. Infatti ad inizio articolo abbiamo detto che avevamo messo 70 PSI, man mano abbiamo tolto pressione fino ad arrivare a 65 PSI, quindi un po’ meno rispetto a quando scritto nella tabella di Rock Shox. La cosa bella, anche sperimentando, è che sul ripido la Pike non ne vuole sapere di affossarsi e di mangiarsi preziosi centimetri di escursione: basta aumentare la compressione alle basse velocità. Trovate l’equilibrio fra sensibilità e comportamento sul ripido, ed eccovi il vostro setup perfetto – sempre tenendo conto di dove girate.
Questo si deve anche al rapid recovery, in parole povere una risposta più veloce alle grandi sollecitazioni (= colpi). Abbiamo discusso a lungo su questo tema al momento della presentazione della Pike, in pratica la cosa porta a riestendere la forcella più velocemente, verso la parte iniziale della corsa, quella più sensibile. Un caso tipico: gradone su ripido in discesa. Se con la regolazione della compressione alle basse velocità la forcella tende ad affossarsi di meno, con il rapid recovery si torna più velocemente un po’ più in su nell’escursione, prima di trovarsi di fronte al prossimo, classico, gradone. Se nella prassi è praticamente impossibile notare il lavoro del RR, a sensazioni la Pike sul ripido lavora molto bene, come già detto prima.
Rispondiamo alla domanda che già sentiamo arrivare: il perno passante da 15 mm, rispetto ad uno da 20mm, non comporta una perdita di rigidità torsionale degna di nota. Già, in pratica nessuno si è accorto che il perno è più sottile di 5 millimetri. Piuttosto, quello che si nota è la rigidità in frenata della Pike: nelle staccate violente si vede come la forcella fletta verso il telaio. Da questo punto di vista gli steli da 35mm sono sicuramente una delle cause, insieme al peso piuma. Non crediamo che 1mm di sezione in più degli steli possano fare una grande differenza, ma qualche grammo in più nei posti giusti potrebbe aumentare la rigidità in questo frangente.
Comunque, là dove serve precisione, come nell’entrata dei tornantini con nose press, non abbiamo nulla da eccepire.
La Pike è una forcella che lavora in maniera molto sensibile in tutte le occasioni, piccoli o grandi ostacoli che siano. Grazie ad una scorrevolezza che ricorda una forcella a molla, la ruota anteriore tende a stare incollata al terreno, previo un giusto setup. Questo richiede una fase di sperimentazione, ma una volta trovato quello giusto per voi, non ci sono più scuse per andare a manetta in discesa. Il peso molto ridotto si fa sentire sulla rigidità in frenata, mentre il perno passante da 15mm non ha alcuna conseguenza pratica sulla rigidità torsionale.
Chi ci segue avrà notato che sulla Santacruz Bronson usata per il test della Pike erano state montate altre due forcelle, prima di questa: una Fox Float 2013 da 150mm e una Fox Talas 2014 da 160mm. Le differenze sostanziali con la Pike sono:
1) Scorrevolezza iniziale. Se la Talas 2014 si avvicina molto alla Pike, la Float 2013 ne è piuttosto lontana.
2) Uso della corsa: entrambe le Fox sono molto progressive verso i 3/4 di escursione. Malgrado diverse prove per migliorare questo aspetto, ci siamo trovati o ad avere troppo sag (e quindi troppo affondamento, vedere punto 3) o a non riuscire ad usare tutta la corsa. Con la Pike, di norma, rimane 1 cm inutilizzato, quando non ci sono salti sul percorso.
3) Affondamento sul ripido: con le Fox è dura trovare il setup per evitare che la forcella affondi sul ripido. Il problema è dovuto, fra le altre cose, alla mancanza della regolazione della compressione alle basse velocità, sparito sulle forcelle dotate di CTD. Gli ingegneri Fox ci hanno consigliato di usare la posizione Trail, se il sentiero è ripido e scassato. Non è sempre possibile fermarsi prima di un segmento, ragion per cui abbiamo ancor più apprezzato la semplicità della Pike sotto questo aspetto – funziona e basta, anche sul ripido.
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