L’estate scorsa Rose Italia ci aveva dato l’opportunità per un First Ride con la allora nuova nata Pikes Peak, la full carbon del brand teutonico disponibile sia in versione enduro (EN) che all mountain (AM). Due giorni di risalite meccanizzate ci avevano permesso di accumulare oltre 10000 metri di dislivello negativo, ma alla fine ci era rimasta la curiosità di un test più approfondito. L’opportunità ci è stata data ad inizio dicembre, quando abbiamo ricevuto una Pikes Peak 1 EN, quindi la versione “base” fra i tre allestimenti proposti (nel first ride avevamo invece provato la top di gamma). Ricordiamo per l’ennesima volta che Rose permette una totale personalizzazione del montaggio, sia attraverso il configuratore online che, nel caso di richieste particolari, contattando via mail il servizio clienti.
Materiale telaio: full carbon
Formato ruote: 27.5”
Schema sospensione: quadrilatero con giunto Horst
Geometrie variabili: sì
Corsa ant/post: 160/165 mm
Boost posteriore: sì
Forcella boost: sì
Ammortizzatore metrico: sì (205×65 mm) – Trunnion mount
Ruote e coperture tubeless ready: sì
Trasmissione: 1×11 (32T ant / 11-46 post)
Attacco per deragliatore: no
Attacco ISCG 05: sì
Attacco portaborraccia: sì
Garanzia telaio: 6 anni con 5 anni di crash replacement (telaio a metà prezzo se danneggiato in un incidente)
Peso rilevato tg.L: 13.53 kg
Prezzo: 3484 Euro
Con la nuova arrivata Rose cambia registro rispetto a quanto proposto in passato con la Uncle Jimbo (che rimane comunque a catalogo) e sposa a tutto campo la filosofia delle geometrie basse, aperte e lunghe, tanto che fra i due modelli ci scappa tranquillamente una taglia (per capirci, una M della Pikes Peak è sostanzialmente equivalente alla L della Uncle Jimbo).
Per quanto in tabella non avrete notato nessun valore estremo, reach ed orizzontale virtuale sono infatti abbondanti, il seat tube finalmente accorciato e la quota di chainstay contenuta. Può sembrare un bisticcio di parole, ma geometricamente la Pikes Peak può essere definita “bilanciatamente spinta”.
Se avete dato un’occhiata alla tabella avrete notato che alcuni valori sono doppi, infatti un dispositivo denominato Progeo consente di scegliere fra due diversi assetti geometrici (e come vedremo fra poco fra diverse curve di compressione della sospensione). Le considerazioni fatte sino ad ora si riferiscono alla posizione low, quella di logica deputata alla discesa e sulla carta di maggiore interesse per chi è interessato a bici di questo tipo. Passando alla posizione high la bici rimane “lunga”, ma gli angoli si verticalizzano ed il movimento centrale sale di ben 12 mm.
Progeo è il nome che Rose ha dato al dispositivo che, variando la posizione del punto di ancoraggio dell’ammortizzatore al telaio, permette di variare le geometrie e la curva di compressione della sospensione posteriore. I due assetti geometrici previsti variano gli angoli sella e sterzo di un grado, mentre l’altezza del movimento centrale cambia di 12 mm. Discretamente significativa è anche la variazione del reach di 10 mm, mentre le altre quote cambiano in modo meno incisivo. Ognuno dei due assetti geometrici consente poi di scegliere fra due diversi livelli di progressività della sospensione, per un totale quindi di quattro diversi set-up.
Per passare da una posizione all’altra tutto ciò che serve è una chiave esagonale da 6 mm e e non va rimosso alcun componente, quindi zero rischi di sprecare delle mezz’ore per ritrovare qualche maledetta vite o nottolino caduti fra le foglie. Si tratta solamente di svitare il dispositivo e, una volta che le due piastrine sono uscite dalle loro sedi (un molla agevola l’operazione), continuare a ruotare la chiave sino a che la piastrina non si troverà in corrispondenza della posizione desiderata. A questo punto si spinge in sede la piastrina e si riavvita il tutto. Una volta presa la mano l’operazione è molto veloce e tranquillamente effettuabile anche più volte nel corso di un’uscita. E’ però fattibile solamente a bici ferma, quindi manca quella flessibilità estrema consentita da altri sistemi azionabili con un click da comando remoto. Il video che vedete qua sotto, girato durante il first ride estivo, è più esplicativo di mille parole.
A riguardo dell’affidabilità nel tempo, per quanto lo abbia frequentemente utilizzato in condizioni di terreno bagnato e fangoso, la durata del test non è sufficiente per un giudizio definitivo. Diciamo che sulla carta non vi sono motivi per cui debba dare dei problemi, considerato che non ci sono di mezzo meccanismi particolarmente delicati o parti idrauliche. E’ comunque consigliabile non fare entrare dello sporco a meccanismo aperto e possibilmente evitare di lasciarlo per lunghi periodi inutilizzato, così da evitare il rischio di grippaggi.
Analiziamo ora nel dettaglio le quattro posizioni disponibili:
Pro High/Geo Steep
In questa posizione le geometrie sono più verticali e la progressività maggiore. E’ quindi il setting ideale per la salita, a maggior ragione se ripida e tecnica, dato che all’assetto geometrico favorevole si abbina un maggiore sostegno da parte della sospensione posteriore.
Pro Mid/Geo Steep
L’assetto rimane quello più verticale (steep), ma la sospensione perde un po’ di progressività permettendo di sfruttare meglio la corsa. Questo setting viene consigliato per le discese tecniche e tortuose, dove l’agilità ha maggiore importanza della stabilità sul veloce (potrebbe ad asempio essere il caso di sentieri alpini lenti e tortuosi).
Pro Mid/Geo Slack
Questa è una delle due posizioni ottimizzate per la discesa, dato che gli angoli si aprono di circa un grado ed il movimento centrale scende di 12 mm rispetto alle posizioni steep. La progressività mid garantisce però maggiore resistenza al finecorsa e sostegno rispetto all’ultimo setting che vedremo fra poco. E’ perciò consigliata in caso di drop di una certa entità, sui tracciati con forti compressioni ed in generale se si desidera una sospensione un po’ più “piena” e reattiva.
Pro Low/Geo Slack
Eccoci al set-up in un certo senso più discesistico ed in grado di garantire la maggiore stabilità sul veloce, dato che alle geometrie aperte si accompagna una progressività della sospensione ancora inferiore e quindi in grado di utilizzare buona parte della corsa anche su sequenze di ostacoli di medie dimensioni. E’ infatti consigliata proprio per discese rotte e veloci, dove la stabilità assume la massima priorità.
A questo punto è lecito chiedersi come regolare il valore di sag, visto che a diversi assetti geometrici e curve di compressione corrispondono diverse risposte della sospensione. Intanto va premesso che il valore di sag rimane pressochè costante al variare delle posizioni del Progeo (il rapporto di compressione, più alto in zona di sag nelle posizioni High, compensa il maggiore carico sull’anteriore determinato da questo assetto geometrico), cosa che permette di vericarne il corretto valore senza dover ogni volta posizionare il dispositivo su uno specifico setting. Ciò detto, il modo di procedere più corretto è quello di tarare il sag in modo da utilizzare al meglio la corsa su discese rotte e veloci con il settaggio Pro Low/Geo Slack. Così facendo, passando al settaggio Pro Mid/Geo Slack si otterrà quel po’ di supporto e resistenza al finecorsa in più richiesto sui salti o quando si desidera maggiore reattività. Non dimentichiamo poi che si può ulteriormente lavorare sulla progressività aggiungendo o togliendo riduttori di volume dall’ammortizzatore.
Le caratteristiche geometriche delle attuali enduro determinano solitamente delle linee basse e filanti, regola alla quale la Pikes Peak non si sottrae. La colorazione proposta è unica, un abbinamento nero opaco/verde con finiture carbon a vista. Per quanto riguarda le grafiche, come da tradizione della casa di Bocholt restano minimali. Tutto ciò che si trova è infatti il nome del modello sul lato destro dell’obliquo, la R di Rose sul tubo sterzo e le scritte necessarie ad identificare le quattro posizioni del Proge. Va segnalato che proprio in questi giorni Rose ha rinnovato loghi e grafiche, ma non sappiamo se e quando saranno applicati alla Pikes Peak. Insomma, se amate la discrezione tutto perfetto, se invece avete uno spirito più tamarro armatevi di adesivi.
Passando a questioni più concrete, la Pikes Peak può contare su 165 mm di escursione posteriore che in tutti e tre gli allestimenti vengono abbinati a forcelle da 160 mm. Il peso totale della bici da noi rilevato è di 13.53 kg per la taglia L, quindi in linea con i 13.5 kg +/- 5% dichiarati per la taglia M.
Il telaio della Pikes Peak è lo stesso per tutti gli allestimenti, un full carbon con giunto Horst dall’interessante peso dichiarato di 2.4 kg. L’ammortizzatore di tipo Trunnion è vincolato inferiormente in un incavo posto davanti alla scatola del movimento centrale. Incavo che sui due lati presenta delle ampie feritoie per l’evacuazione di acqua e sporcizia.
A differenza di altri marchi, i progettisti Rose hanno deciso di utilizzare il carbonio per tutte le parti del telaio, biella di rinvio dell’ammortizzatore compresa. Il Trunnion mount rende possibile l’adozione di ammortizzatori da 65 mm di corsa, ottenendo in questo modo un basso rapporto di compressione.
Nonostante il peso contenuto ed uno schema non fra i più favorevoli da questo punto di vista, cuscinetti di dimensioni generose ed un ponticello di collegamento fra i foderi posteriori conferiscono al carro una buona rigidità torsionale.
I dettagli sono estremamente curati, con un paio di chicche tipo gli incavi per l’alloggiamento dei cavi ricavati in entrambi i foderi bassi. Il fodero destro è inoltre dotato di una placca metallica a ridosso del movimento centrale come protezione per il fodero stesso in caso di risucchio della catena. Per prevenirne la caduta, l’attacco ISCG consente invece il montaggio di un guidacatena. Tornando al tema cavi, il routing interno è totalmente guidato a vantaggio di facilità di manutenzione e di silenziosità di marcia. La ricercata sagomatura a ridosso della scatola del movimento centrale presenta una feritoia per l’uscita del cavo del cambio e del tubo freno, in posizione totalmente protetta da eventuali sassate.
Il portaborraccia trova spazio nella classica posizione all’interno del triangolo principale. Lo spazio disponibile consente di ospitare borracce di dimensioni decenti (quella in foto è da 750 ml).
Protezioni integrate sono presenti sia sulla parte inferiore dell’obliquo che sul fodero inferiore lato trasmissione, mentre il fodero superiore è protetto dallo sbattimento della catena da un film gommoso trasparente. Altra piccola novità per Rose è l’abbandono del collarino reggisella dotato di quick release: lotta al grammo o necessità di un serraggio più preciso richiesto dal carbonio?
Come di consuetudine Rose, ed in generale per i marchi che fanno vendita online, troviamo un montaggio di tutto rispetto in rapporto al costo della bici.
Cominciamo con il reparto sospensioni, che su questo allestimento è affidato a Rock Shox.
Per una bici di questo tipo la Lyrik RC da 160 mm di corsa ha una struttura adeguata, ma ci è stata consegnata con un solo token ed il comportamento era troppo lineare. Fatto salvo che la cosa è soggettiva, una buona progressività finale è stata ottenuta aggiungendone altri due. A livello di controllo idraulico non ha però impressionato, soprattutto nella gestione della frenatura in compressione. Anche con tre token, il sostegno a metà corsa non era infatti esaltante, tanto che sulle discese più ripide l’ho spesso utilizzata con l’idraulica quasi totalmente chiusa. Il sospetto è che avesse qualche problema (magari una semplice mancanza di olio), visto che comprimendola a bici ferma si avvertiva un piccolo “scalino” dopo i primi millimetri di corsa. Solo una visita presso un centro di manutenzione potrebbe dare la risposta, ma nel dubbio diciamo che gli 88 Euro extra richiesti per montare la versione con idraulica RCT3 potrebbero essere un ottimo investimento.
Molto buono invece il comportamento del SuperDeluxe RC3, che non fa rimpiangere più di tanto il più sofisticato Fox Float X2 montato sulla top di gamma provata a suo tempo. Anche in questo caso abbiamo trovato la progressività finale vicina al limite per un utilizzo aggressivo, quindi se siete biker molto veloci o amate saltare è probabile che sentirete la necessità di aggiungere dei riduttori di volume. Comoda l’indicazione del finecorsa sullo stelo e positivo il fatto che l’ammo lavori a pressioni piuttosto basse (150-160 psi per un sag del 30% e biker di 75-80 kg in ordine di marcia).
Piega e stem appartengono alla serie Spike di Spank. Gli 800 mm di larghezza della piega consentono tutto il controllo necessario anche ad andatura sostenuta sui fondi molto rotti. Piccola nota riguardante la piega: le grafiche erano terribilmente decentrate, quindi non fidatevi e fate la centratura utilizzando il metro.
La bici ci è stata consegnata con il cannotto della forcella tagliato in modo da consentire un massimo di 10 mm di spacer sotto lo stem, e personalmente avrei preferito una posizione un po’ più alta. Il consiglio è di far lasciare la massima lunghezza consentita (possibile in fase d’ordine), per accorciare c’è sempre tempo.
Che i freni Shimano SLX avessero poco da invidiare in termini di prestazioni a molti impianti top di gamma lo sapevamo già. Durante il test ne abbiamo avuto conferma: potenti quanto serve, modulabili e zero problemi di affidabilità.
Il seat tube corto permette anche a chi non ha il cavallo alto di montare telescopici dall’elevato travel senza correre il rischio di trovarsi tropp alti a reggisella esteso. Di serie è proposto un Reverb da 125 mm di travel, ma sulla bici in test abbiamo chiesto ed è stato montato la versione da 170 mm. Per un ritardo nelle consegne da parte di RS la bici ci è stata fornita con il comando classico, ma in realtà è previsto il comando a leva specifico per trasmissioni monocorona.
Le ruote DT Swiss solitamente sono una garanzia. Le E1900 montate sulla Pikes Peak 1 non hanno fatto eccezione, girando per tutta la durata del test come orologi svizzeri (e che altro?). I cerchi da 25 mm di canale interno sono un buon compromesso fra solidità e capacità di ospitare coperture di discrete dimensioni. Proprio alla scelta in termini di coperture va invece una critica, in particolare per quanto riguarda il posteriore. Le Maxxis Minion DHR da 2.3” sono infatti piuttosto strette in relazione alla sezione dichiarata, ma con poco più di 800 g di peso sono soprattutto troppo fragili per una bici di questo tipo. Sui terreni più “tranquilli” possono andare, ma sul roccioso si è costretti a pressioni troppo alte se non si vogliono mettere a rischio coperture e ruote. Abituato a pneumatici anteriori più larghi, davanti ho montato una Magic Mary da 2.35”.
La trasmissione è un misto SLX/XT di Shimano. Si può tifare Giappone o Stati Uniti, ma l’affidabilità di questi componenti è fuori discussione. La rapportatura proposta di serie è più adatta ad un utilizzo all mountain che alle competizioni enduro (guarnitura da 32T con pacco pignoni 11-46T), ma anche in questo caso il configuratore online permette di sbizzarrirsi alla ricerca della propria soluzione ideale. Il guidacatena con bash E13 TRS+ non trasmette una grande sensazione di solidità, specie per quanto riguarda il lato guidacatena. All’atto pratico si è però rivelato sufficientemente solido.
Per quanto se ne possa dire, un peso contenuto è sempre un buon punto di partenza quando si tratta di accumulare metri di dislivello in salita. In rapporto alla tipologia di bici (ed al prezzo) la Pikes Peak parte quindi con il piede giusto. Un altro punto a favore è il Progeo, che posizionato in posizione high offre una posizione di pedalata ben bilanciata e poco stancante anche sulle salite lunghe e ripide.
Sullo scorrevole è necessario ricorrere alla posizione Lock del Super Deluxe, che però è piuttosto lontana dall’essere un blocco vero e proprio e quindi annulla totalmente le oscillazioni solamente pedalando in sella, mentre in fuorisella si rileva ancora una minima oscillazione. Stiamo comunque parlando di una bici da enduro, quindi la cosa ci può stare. La frenatura relativamemte contenuta della compressione ripaga inoltre in termini di motricità e confort di marcia sulle salite tecniche, con le posizioni Lock e Pedal entrambe ben spendibili. Sul tecnico è inoltre apprezzabile l’elevata luce da terra e, nel tortuoso, la precisione e reattività data dall’angolo sterzo bello verticale per una bici di questo tipo. Tirando le somme, in questo assetto la Pikes Peak è una buona scalatrice e trasmette un feeling simile a quello di un modello all mountain.
E con il Progeo sulle posizioni low? Qui va fatto un distinguo fra chi utilizza poco fuorisella e chi (come il sottoscritto) ne ha molto. Per i primi è probabile che la differenza rispetto alle posizioni high non sia drammatica, mentre personalmente l’ho trovata percepibilmente più stancante. La spiegazione è da cercare nel tubo sella piuttosto inclinato, che con molto fuorisella determina una posizione parecchio arretrata ed alla lunga più stancante.
Posizionato il Progeo su una delle due posizioni low, come detto la Pikes Peak entra a pieno titolo nella categoria delle enduro lunghe ed aperte. Questo si ripercuote inevitabilmente nell’approccio richiesto per sfruttarne al meglio le potenzialità discesistiche, quindi posizione e condotta di guida sufficientemente aggressive.
Prese le giuste misure, la Pikes Peak riesce a ben coniugare agilità e stabilità, con la seconda a prevalere facendo segnare prestazioni da top di categoria. Considerato che le geometrie sono ben aperte ma senza particolari esagerazioni, il merito è attribuibile al comportamento della sospensione posteriore. Oltre che su una grande sensibilità, si può infatti contare su una progressività ben calibrata su tutto il range della corsa, senza improvvise impennate e relativo effetto muro o “buchi”. Durante il first ride dell’estate scorsa avevo imputato gran parte del merito al Fox Float X2, ma bisogna riconoscere che anche con il Super Deluxe i limiti sullo sconnesso veloce sono estremamente alti, indipendentemente che si tratti di inccassare grossi impatti o ostacoli in veloce sequenza. Sorprendente è anche la capacità del carro di rimanere attivo sul ripido ed in frenata, condizioni tipicamente critiche da questo punto di vista. Al di sopra delle aspettative per un carro tanto plush anche la capacità di mantenere velocità sulle sequenze di compressioni.
La perfezione però non è di questo mondo, e nonostante con una guida suffcientemnte aggressiva non vi siano problemi a districarsi fra le curve in veloce sequenza, sul fronte della reattività si paga qualcosa. La Pikes Peak non è una di quelle bici che schizza via da sotto il sedere in uscita di curva, ma soprattutto non vi farà spuntare il tempone sui rilanci ad ammo aperto. Per migliorarla sotto questo punto di vista si potrebbero aggiungere degli air spacer nel Super Deluxe incrementandone la progressività. La bici è consegnata con un solo riduttore, quindi il margine di intervento è ampio.
Lo stesso consiglio vale per chi intendesse ottenere una protezione extra su salti e drop, considerato che anche con valori di sag relativamente contenuti non è troppo difficile arrivare a ridosso del finecorsa pur senza stare troppo in aria. Altra opzione, per chi si volesse concedere un bel regalo, è quella di effettuare l’upgrade al Fox Float X2, che con i controlli separati della compressione high e low speed permette una taratura molto più fine della sospensione.
Chi ha letto con attenzione il capitolo sul Progeo si starà forse chiedendo a quale delle due curve di compressione sono riferite le considerazioni fatte sino ad ora. Senza troppi giri di parole: a livello di feeling di guida la differenza è difficilmente percepibile, e l’indole della bici rimane quella della schiacciasassi indipendentemente dalla posizione scelta. Ciò detto, personalmente ho avuto l’impressione di trovarmi meglio con la posizione che offre maggiore progressività, ma la scelta è stata dettata anche dalla logica (se un pizzico in più di progressività e reattività non inficia le doti di stabilità, per quale motivo si dovrebbe scegliere la posizione più “plush”?).
Se fra le due posizioni low non cambia il mondo, diverso è il discorso passando ad uno dei due assetti high. Confesso che ero abbastanza scettico sulla possibilità che verticalizzare le geometrie potesse avere un senso in discesa, non fosse altro che la maggior agilità promessa dagli angoli più chiusi – pensavo – sarebbe stata parzialmente compromessa dall’innalzamento del movimento centrale. I fatti mi hanno smentito, e devo ammettere che per chi cerca un feeling da all mountain, magari sui sentieri più guidati e tortuosi, anche le posizioni high hanno un senso. La perdita di stabilità è comunque percepibile, e chi è in grado di condurre la bici in modo sufficientemente aggressivo difficilmente sarà disposto a sacrificare la stabilità e sicurezza data dagli angoli più aperti in cambio di un po’ più di agilità.
Spesso le moderne enduro sono descritte come bici specialistiche, molto performanti in discesa ma impegnative da condurre in salita e nel guidato. In queste affermazioni c’è del vero, ma pur sapendo mostrare i denti quando necessario, grazie alla flessibilità concessa dal Progeo la Pikes Peak riesce a dire la sua anche se utilizzata per lunghi giri in stile all mountain. Il tutto offerto ad un prezzo molto concorrenziale.
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