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SRAM aveva presentato la seconda generazione delle ruote Rise 60 circa un anno fa. A marzo 2015 ho potuto montarle su una front da XC, la Cube Elite C68 che trovate in questo test. Sei mesi di test dunque, con due gare piuttosto impegnative come la Ronda Extrema di Riva del Garda e la Sellaronda Hero. Diametro di 29 pollici, mozzo anteriore Predictive Steering per poterci montare la Rock Shox RS-1, e tante legnate. Prima di vedere come si sono comportate, analizziamole nel dettaglio.
Le SRAM Rise 60 sono ruote assemblate con cerchi in carbonio, dalla larghezza interna di 21mm. La loro destinazione è il cross country e il trail riding e, dato che ho montato a lungo il modello precedente su una Ibis Ripley con cui ho corso anche la Swiss Epic Flow, riescono a sostenere utilizzi piuttosto gravosi. Presentano diverse tecnologie care al marchio americano, quali il Solo Spoke, cioè tutti i 24 raggi per ruota sono lunghi uguali, e il cosiddetto Double Time, che vedete spiegato nell’immagine qui sotto.
Il mozzo posteriore ha 56 punti di ingaggio, cosa che lo rende molto pratico nelle ripartenze o nei colpi di pedale “al limite”, tipo quelli che ti permettono di arrivare in cima ad una rampa ripida e tecnica.
I cuscinetti sono industriali e sigillati.
Sono tubeless native, e arrivano già nastrate e con la valvola montata. Per riparare un raggio rotto bisogna togliere il nastro ed infilare il raggio in uno dei buchi presenti all’interno del cerchio.
Come potete vedere dall’immagine qui sotto, la parete del cerchio non presenta la classica J rovesciata, cosa pensata sia per alleggerire il cerchio che per renderlo più robusto agli impatti.
Come accennato ad inizio articolo, le nuove Rise 60 hanno preso un sacco di botte e sono state usate per 6 mesi sia in fase di allenamento che di gara. Innanzitutto è diventato facile montare gomme tubeless ready. La forma interna del cerchio aiuta molto in questo processo, che era invece molto laborioso sul modello precedente di Rise 60 a causa della forma molto concava. Anche con una pompa manuale, non ho avuto problemi a far tallonare delle Schwalbe o delle Onza.
Se si fa girare la ruota posteriore si nota poi l’altra novità importante: i mozzi non sono più DT-Swiss con calotta personalizzata SRAM, ma sono un prodotto interamente progettato dalla casa americana. Lo si deduce subito dal ticchettio costante, mentre sulle DT-Swiss è “altalenante”. Lo so, sembra una cosa da maniaco, ma c’è una spiegazione tecnica dietro, legata agli interni DT. Dopo sei mesi di utilizzo in tutte le condizioni possibili ed immaginabili, i mozzi scorrono ancora come nuovi pur non avendo ricevuto alcun tipo di manutenzione.
Il canale più largo di 2mm rispetto alle Rise 2013 ben si addice a delle gomme di 2.3″ di sezione. Gonfiando il posteriore a 2.1 bar la tenuta laterale in curva del sistema cerchio + gomma è ottima. Ricordo che stiamo parlando di gomme da XC quali le Racing Ralph, montate su una front suspension, e che quindi la tenuta della spalla non è quella di una gomma da enduro, e che gli impatti col terreno non vengono attutiti da un sistema di sospensione.
Parlando di rigidità, SRAM ha colto nel segno producendo un paio di ruote che si posizionano nel mezzo: non sono delle putrelle che trasmettono tutte le vibrazioni e gli impatti direttamente al rider, ma non sono neanche degli spaghetti scotti come qualche volta capita di avere in ambito XC. Il peso totale di 1520 grammi nastrate non è da record ma, anche qui, si è badato molto alla sostanza: il cerchio è molto ma molto resistente e sa incassare impatti molto duri senza battere ciglio. Più di una volta mi è capitato di andare a “fine corsa” con la gomma (vuoi perché un po’ sgonfia, vuoi per dei sassi assassini) e tagliarla, ma le ruote sono ancora perfettamente centrate e i segni sul cerchio sono veramente pochi. Confrontando i graffi con quelli di altri marchi di ruote in carbonio, devo dire che il materiale usato da SRAM è veramente ottimo.
La caratteristica che più mi piace delle Rise 60 è la loro affidabilità. Come ho già detto, nel 2014 ho usato moltissimo il modello precedente su una bici da trail, quest’anno è stata la volta delle ruote in test per ben sei mesi, ed è rassicurante essere in gara con un prodotto che sai che non ti lascerà per strada. Chi ha fatto la Ronda Extrema del Garda conoscerà l’ultima discesa: un torrente in secca, praticamente. Proprio in frangenti come quello, quando le otturazioni dei denti sembrano staccarsi, potersi affidare a delle ruote così robuste permette di non temere di arrivare al (proprio) limite.
Le SRAM Rise 60 sono delle ruote in carbonio che badano molto alla sostanza: robuste, rigide il giusto, con dei mozzi che funzionano nel tempo senza doverci fare manutenzione. Il loro ambito di utilizzo esce dal mero cross country e sconfina nel trail riding. È uno di quei prodotti che non creano mai problemi: funzionano. Il prezzo, per un paio di ruote in carbonio, è accettabile, e diventa giustificabile vista l’affidabilità e la durabilità del prodotto nel tempo. Promosse a pieni voti.
Configurazione: 29 pollici, mozzo anteriore Predictive Steering, perno posteriore 142x12mm (vale anche per il modello precedente).
Posteriore: 800 grammi (versione precedente: 840 gr.), nastrata.
Anteriore: 720 grammi (versione precedente: 750 gr.), nastrata.
Pesi rilevati da MTB MAG.
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