E il 1° aprile 2014 la gobba se ne andò.
Con questa frase si possono riassumere i commenti all’articolo di presentazione della nuova Santa Cruz Nomad. Sembra che la questione estetica venga prima di quella tecnica, quando invece é proprio quest’ultima a distinguere la nuova creazione del marchio californiano da quelle già presenti sul mercato. Basta un breve riassunto delle caratteristiche tecniche per scoprire le carte:
– 165mm escursione posteriore.
– 160mm escursione anteriore.
– Ruote da 27.5″.
– Angolo sterzo di 65°
– Telaio in carbonio, senza attacco per il deragliatore anteriore.
Il telaio é totalmente in carbonio, per un peso che si aggira sui 2.8 kg compreso di ammortizzatore. I link del VPP sono nascosti nel telaio, dotato di un carro posteriore che ricorda quello di un V10, “chiuso” su tutti i lati per aumentarne la rigidità. Come da tradizione Santa Cruz, anche le bielle del Nomad hanno i grease ports, in cui inserire il grasso lubrificante senza dover smontare nulla. Il passaggio cavi previsto per il reggisella telescopico é solo interno (stealth).
È soprattutto l’angolo di sterzo da 65° che tradisce la vera natura della Nomad: quella discesistica. Ma prima andiamo nei dettagli del montaggio della bici in test, dataci da DSB Bonandrini e quindi con molta componentistica che trovate nel suo catalogo.
Il reparto sospensioni é affidato interamente a Rock Shox, con una Pike Solo Air RCT3 e il nuovo ammortizzatore Monarch Plus DebonAir. Santa Cruz ha lavorato a stretto contatto con gli ingegneri Rock Shox per trovare il set-up ideale, ne abbiamo avuto conferma durante la visita a SRAM in quel di Colorado Springs. Anche la trasmissione é di casa SRAM, con un XX1 dotato però di guarnitura Race Face Next con corona da 30 denti. I freni sono degli Hope Tech 3 E4 a quattro pistoni con dischi da 200mm all’anteriore e 180mm al posteriore, mentre le ruote sono delle Industry Nine Trail Carbon con mozzi omonimi. Le gomme usate per il test sono le nuove Kenda Honey Badger, qui le vedete solo nelle foto di azione e non in quella statica di apertura.
In tinta la serie sterzo Chris King, con manubrio Race Face Sixc e attacco Race Face Atlas. Le manopole sono della Lizard Skins, special edition “Davide Desaster”, dove la parola “desaster” si riferisce a qualche lamentela di Davide Bonandrini per i tempi di consegna dei fornitori. Reggisella telescopico Thomson, per ora ancora con passaggio cavi esterno.
Il peso senza pedali, con le Maxxis Highroller 2 2.35″ Exo è di 12.5 kg senza pedali. Con le Kenda Honey Badger il peso sale di circa 400 grammi in totale.
Parlavamo dei 65° di sterzo, una misura che fino a poco tempo fa si trovava sulle bici da DH. Altrettanto interessante é la lunghezza dei foderi posteriori, pari a 433mm. Per farvi un paragone su cui torneremo a fine articolo, la lunghezza dei foderi della Bronson é di 439mm. La bici risulta piuttosto compatta anche guardando la misura del tubo orizzontale, identica a quella della Bronson.
La bici in test é una taglia M.
1700 metri di dislivello in salita in un giorno, è possibile con la nuova Nomad?
Con questa domanda in testa siamo partiti per un classico del Garda: Riva-Pregasina-Passo Rocchetta-Passo Nota- Corna Vecchia-Val Pura-Limone. A cui va aggiunta la salita per tornare a Nago. Questo percorso, oltre a tratti ad essere piuttosto ripido, contiene un singletrack in salita con tornantini stretti, una vera prova del nove per una bici con un angolo di sterzo così aperto.
La notizia positiva: sul ripido la Nomad si arrampica bene, l’anteriore non tende ad alzarsi. Coadiuvato da un blocco in compressione del Monarch Plus DebonAir ben percepibile, il carro posteriore non tende ad insaccarsi e si lascia pedalare bene anche su rampe ripide, a lungo. La rapportatura 30/10-42 é quella che chi scrive usa di solito, e che su una 27.5″ é il giusto mezzo per arrivare in cima dappertutto, data un discreto allenamento.
Abbiamo regolato l’ammo posteriore in modo da avere 30% di sag (210 PSI), mentre la Pike aveva una pressione di 65 PSI.
I 1700 metri di dislivello sono stati pedalati senza particolari fatiche. Si sale con calma, aiutati anche dalla leggerezza complessiva della bici in test, ma si sale. Certo, non é la bici che sceglieremmo se i nostri percorsi fossero prettamente all mountain, ma se amate guadagnarvi le salite pedalando per poi dare il meglio di voi stessi in discesa, la Nomad non vi sarà di intralcio.
I problemi arrivano nelle salite tecniche tortuose, come é ovvio aspettarsi dalle quote geometriche. Lo sterzo diventa nervoso, é difficile dare direzionalità al mezzo. Stiamo parlando dei famosi tornantini in salita accennati poco fa e dei passaggi tecnici ripid. La Nomad non é una Trailbike, se ci fosse mai stato bisogno di una conferma.
Abbiamo usato diverse risalite con lo shuttle per potervi dire fino in fondo come va la Nomad in discesa. Potremmo ridurre questo capitolo ad una frase: sorriso a trentadue denti. Innanzitutto il carro posteriore, con il Monarch Plus DebonAir, é di una sensibilità mostruosa, molto vicina a quella di una bici da DH. La collaborazione fra Santa Cruz e Rock Shox ha dato vita ad uno dei carri più piacevoli da guidare in discesa che abbiamo messo sotto prova.
Questo si abbina molto bene all’ormai ubiqua Pike, famosa per la sua sensibilità ai piccoli urti e per essere ben sostenuta sul ripido. Su una bici così aggressiva in discesa come la Nomad consigliamo però di mettere almeno uno o due Token, per aumentarne la progressività, come descritto in questo articolo del Tech Corner. Infatti, date le velocità di crociera e la sicurezza in velocità conferite dalla Nomad, la linearità della Pike senza Token porta ad arrivare a fine corsa troppo velocemente. È comunque un’operazione veloce, e i Token sono nella confezione di acquisto.
Nelle discese filanti l’angolo sterzo di 65° si fa molto apprezzare: la Nomad diventa uno schiacciasassi che non si ferma davanti a niente, previa la giusta impostazione di guida del rider: se non si carica l’anteriore, questa bici non si doma.
I foderi posteriori corti permettono di alzare l’anteriore con facilità, malgrado la sua lunghezza effettiva data dall’angolo aperto. Allo stesso tempo conferiscono agilità nello stretto, con la prerogativa, anche qui, che il rider carichi bene l’anteriore in curva. È richiesta dunque una guida piuttosto aggressiva, altrimenti si finisce fuori traettoria.
Lo stesso discorso vale sul tecnico lento: girare la bici con un nosepress ci é risultato facile, sempre tenendo il peso ben in avanti. Ci sono comunque bici più agili in questi frangenti, ma il grande funzionamento delle sospensioni premia la maggior fatica per portare la bici nello stretto.
Sui rilanci si sentono i 165mm di escursione, nel senso che non é così scattante come tante bici che si trovano sui campi di gara dei circuiti enduro, a cominciare dalla sorella minore Bronson. Nei salti l’unica limite é chi sta in sella. Anche gli atterraggi più scassati e smossi non hanno dato problemi, complici anche le nuove Kenda Honey Badger di cui vi parleremo in un articolo apposito.
La nuova Nomad avrà anche perso la gobba, ma é diventata una bici con un carattere ben preciso: andare forte in discesa, pur rimanendo agile quanto basta per cavarsela molto bene sui tortuosi sentieri alpini, grazie ad un bell’equilibrio fra lunghezza totale della bici e angolo sterzo. La salita diventa di seconda importanza, anche se la Nomad non rappresenta un ostacolo per guadagnarsela con le proprie gambe, purché non si tratti di stretti sentieri tecnici.
Prezzo: 3.499 Euro per il telaio con Monarch Plus DebonAir.
Bici completa: kit X01 + RS Pike 6799,00
Bici completa: kit XX1 + RS Pike 7999,00
Distributore per l’Italia: DSB Bonandrini
Foto di azione di Markus Greber
In tanti si domanderanno adesso: quale delle due fa per me? Rimandandovi al nostro test, ecco il nostro paragone.
Uno sguardo alle geometrie della Bronson svela il suo diverso carattere:
Angolo sterzo di 67°, foderi posteriori più lunghi. La Bronson in salita si trova a suo agio anche sui sentieri tortuosi, d’altro canto in discesa sul veloce risulta più nervosa. Non solo, l’escursione posteriore é di “soli” 150mm. Anche se tanti ci montano una forcella da 160mm, la Bronson é più una bici da all mountain che da enduro.
Bisogna anche dire che l’ammortizzatore Fox CTD (montato di serie) non le rende molta giustizia, perché il comportamento della bici in discesa migliora nettamente con un Fox Float X, giusto per citarne uno dello stesso marchio.
In definitiva la Bronson é un mezzo più polivalente della Nomad. Se cercate una bici tuttofare, la Bronson é quella giusta. Se ne cercate una per divertirvi prevalentemente in discesa senza badare troppo alla reattività nei rilanci, puntate sulla Nomad e non sbaglierete, sempre se la vostra guida é sufficientemente aggressiva per schiacciare per bene l’anteriore in curva.
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