Telaio in carbonio, componentistica di alta gamma, sistema di gestione delle sospensioni esclusivo, geometrie variabili e prezzo che oltrepassa la barriera dei 7000 Euro: la Genius 900 Premium, trail bike della svizzera Scott da 130+130 mm di travel e ruote da 29″, ha tutte le carte in regola per non lasciare indifferenti.
Esteticamente la bici è molto elegante, sia per il bel colore nero opaco con gli inserti color oro che si ripetono in varie parti che per le linee morbide e ben raccordate. Nonostante ciò, l’interasse di 1180 mm (tg.L) abbinato alle ruote da 29″ rendono la Genius 900 visivamente piuttosto imponente. I numeri raccontano però una storia diversa, dato che le quote di seat tube, standover ed altezza del movimento centrale sono tutte contenute. In altre parole la bici è sì lunga, ma in linea con le attuali tendenze è anche bassa e filante. Nella norma per il segmento di appartenenza sono gli angoli sterzo e sella, mentre la quota di chainstay da noi rilevata è abbastanza elevata (455 mm).
Analizzando la sospensione posteriore – un monocross assistito come in tutti gli altri modelli della casa svizzera – colpisce la sagomatura ricercata della biella di rinvio dell’ammortizzatore, la quale “avvolge” il tubo sella fino quasi a scomparire nella vista laterale della bicicletta.
Grazie ad una placchetta dotata di un foro decentrato, è inoltre possibile variare il punto di attacco dell’ammortizzatore ottenendo lo stesso effetto che si avrebbe montando ammortizzatori di diversa lunghezza. A livello geometrico ciò si traduce nella possibilità di scegliere fra due diversi assetti, a seconda che si vogliano privilegiare stabilità e prestazioni discesistiche oppure le doti di arrampicatrice. Passando dall’assetto “low” a quello “high”, l’altezza del movimento centrale sale infatti di 7 mm e gli angoli di sterzo e seat tube si verticalizzano di mezzo grado, passando rispettivamente da 69° a 69.5° e da 74° a 74.5°. Cambiare configurazione è abbastanza semplice: si svita il perno tramite una chiave Torx, si estraggono le due placchette (una per lato), le si gira e si rimonta il tutto. Nonostante l’operazione non richieda più di un paio di minuti, la tecnologia Twin Loc di cui vi andremo a parlare a breve mette in un certo in senso “in ombra” questa possibilità, per cui è molto probabile che una volta identificata la configurazione a voi più congeniale (per quanto ci riguarda la “low”), quella rimanga per lungo tempo.
Il Twin Loc
Twin Loc è il nome dato da Scott alla tecnologia che permette la gestione simultanea da remoto di forcella ed ammortizzatore. Il tutto avviene grazie ad un comando remotizzato al manubrio, ovviamente collegato alle due unità ammortizzanti, settabile su tre posizioni.
_In posizione “Open” (levette allineate) entrambe le sospensioni sono “aperte”.
_In “Traction mode” (levetta superiore avanti di uno scatto) la forcella resta aperta, mentre l’ammortizzatore varia la curva di compressione. Non si tratta quindi di una reale variazione di travel dell’ammortizzatore, come fatto intendere sul sito Scott, ma solamente di una maggiore difficoltà ad utilizzare la corsa (più avanti valuteremo gli effetti dal punto di vista geometrico e dell’assorbimento).
_Nella posizione “Lock” (levetta superiore avanti di due scatti) entrambe le sospensioni sono sostanzialmente bloccate, anche se tecnicamente non si tratta di un blocco vero e proprio ma di una frenatura estremamente marcata della compressione.
Mentre la leva superiore permette eventualmente di passare dalla posizione “open” alla posizione “lock” con un singolo azionamento, la leva inferiore di rilascio scala una singola posizione ad ogni pressione (esercitare due pressioni consecutive è in ogni caso questione di un secondo).
Salvo che nel passaggio dalla posizione “traction” alla posizione “open”, il quale richiedeva una pressione decisa sulla leva di rilascio pena il bloccarsi a metà, il funzionamento del comando è sempre stato impeccabile. L’impressione è comunque stata di un piccolo problema al singolo esemplare, e non di un difetto di progetto.
Lasciata alle spalle l’esperienza con DT Swiss, Scott ha affidato a Fox lo sviluppo del Nude, un ammortizzatore la cui peculiarità è quella di ridurre il volume della camera dell’aria quando si passa in modalità Traction o Climb (oltre ad aumentare fortemente la frenatura idraulica in compressione). Torneremo su questo discorso nel capitolo salita, mentre qui vi anticipiamo che in modalità Descent il Nude rivela la sua parentela con il Float: molto fluido nel funzionamento e, per quanto abbiamo potuto constatare nel tempo in cui l’abbiamo usato, affidabile. La levetta rossa per il controllo del rebound, incastrata fra top tube ed attuatore del comando remoto, è però un po’ scomoda da azionare.
La forcella è una Fox 32 Float Factory CTD da 130 mm di corsa (noi abbiamo rilevato 134 mm). Come abbiamo visto nella descrizione del Twin Loc, rispetto ad una classica forcella con registro CTD viene a mancare il livello di frenatura intermedio (Trail). Non si può dire che la forcella si comporti male, ma sul ripido e sconnesso manca un po’ di sostegno nella parte centrale della corsa. La mancanza della regolazione della compressione non aiuta.
Come consueto quando i comandi sono numerosi, c’è voluta un po’ di pazienza per trovare il posizionamento ottimale. Il risultato finale è stato abbastanza soddisfacente, anche se non ci sarebbe dispiaciuto poter spostare un po’ più esternamente la leva del freno sinistro, cosa fattibile solamente a prezzo di una eccessiva inclinazione verso il basso della stessa o verso l’alto del Twin Loc. Si tratta in ogni caso di un problema abbastanza relativo, che probabilmente verrà avvertito solamente da chi è abituato ad impugnare le manopole piuttosto esternamente.
Piega, stem, manopole e sella sono della Syncros, marchio acquisito da Scott Sports un paio di stagioni fa. Le quote dei primi due componenti confermano quanto già rilevato analizzando le geometrie della bici, vale a dire una certa attenzione nei confronti delle prestazioni in salita e della pedalabilità in generale. Troviamo infatti una piega non eccessivamente larga (720 mm) dal rise contenuto, ed uno stem piuttosto lungo montato con rise negativo (80 mm/- 6°). Entrambi appartengono alle serie carbon di Syncros, anche se per quanto riguarda lo stem il carbonio è utilizzato solamente come fasciatura di un’anima in alluminio.
Comoda e ben rifinita la sella, anch’essa costruita con parti in carbonio e montata su di un reggi telescopico Rock Shox Reverb in versione Stealth da 125 mm di corsa. A proposito di quest’ultimo: vista la taglia della bici ed il seat tube corto, la versione con 150 mm di abbassamento sarebbe stata preferibile.
Le ruote Syncros TR1.5 (sostanzialmente delle DT Swiss) non hanno mai dato problemi ed hanno tenuto bene la centratura. Visto il livello generale della componentistica ed il prezzo della bici, un bel set in carbonio sarebbe tuttavia stata la ciliegina sulla torta che avrebbe permesso di limare un po’ di peso dove più conta e di guadagnare le 5 stelle alla voce “componentistica” della nostra pagella.
Dimensioni generose, un peso di circa 900 g, tassellatura discretamente aggressiva e mescola morbida: che senso hanno le coperture Geax Goma da 2.4″ su una trail bike come questa? Non le conoscevamo e ci ha fatto piacere provarle, ma le Schwalbe Nobby Nic da 2.25″ che secondo specifiche Scott avremmo dovuto trovare sarebbero state decisamente più adeguate. Ancora più adeguate se montate senza camera, visto che le ruote sono “tubeless ready”.
Freno anteriore, freno posteriore, deragliatore, cambio, reggisella telescopico, ammortizzatore e forcella: fra idraulici e meccanici, in totale sono sette i cavi che si dirigono ai vari distretti della bici permettendone la totale gestione senza virtualmente dover mai staccare le mani dalle manopole.
Per quanto riguarda il routing dei cavi è stata scelta una soluzione “ibrida” fra interno ed esterno. E’ infatti totalmente esterno il tubo del freno posteriore (oltre ovviamente a quello del freno anteriore e del comando CTD della forcella), mentre gli altri cavi corrono almeno parzialmente all’interno del telaio. Al di là di dove passano, aspetto in fin dei conti prevalentemente estetico, le curvature sono ben realizzate e tutti i comandi hanno un funzionamento fluido.
La cura costruttiva e dei dettagli è in generale ottima, ma il batticatena tenuto in sede con delle fascette ed i cavi fascettati sotto il movimento centrale non sono il massimo dell’eleganza. Sono piccolezze che non compromettono in alcun modo la funzionalità, ma su una bici di questo livello di prezzo è legittimo cercare anche il pelo nell’uovo.
La guarnitura XTR di Shimano fa sempre la sua bella figura, ma la scelta di montare una tripla 24/32/42 presenta luci ed ombre. Se negli sterratoni in discesa e nei veloci trasferimenti in pianura il 42T si è fatto spesso apprezzare, è anche vero che nelle discese tecniche cosituisce un limite ed è inevitabile che prima o poi qualche dente venga immolato sulle rocce (non a caso la bici ci è arrivata con un dente la cui parte sommitale era piegata praticamente di 90°). In fin dei conti una doppia con opportuna rapportatura permetterebbe di sviluppare discrete velocità salvando capra e cavoli.
Regolando il finecorsa interno del deragliatore in modo da garantire una cambiata ottimale, la grossa Geax Goma da 2.4″ (59-62 mm) arriva a lambirne la gabbia. Con un po’ di pazienza siamo riusciti a trovare una efficace regolazione di compromesso, anche se la luce disponibile è comunque rimasta molto ridotta e la situazione critica in caso di fango o di perdita anche lieve della centratura della ruota. Non possiamo che ribadire il consiglio di montare una copertura di sezione inferiore.
I freni Shimano XTR sono fra i nostri preferiti per la capacità di coniugare eccellenti prestazioni ed affidabilità. Non altrettanto entusiasmante è invece il fissaggio dei dischi di tipo Center Lock, tipicamente affetto da gioco angolare. E’ pur vero che all’atto pratico la cosa non determina particolari inconvenienti, ma è sempre poco piacevole sentire la ruota che “ciocca” e cigola spingendo avanti ed indietro la bici a freni pinzati.
I collarini privi di quick release sono una discreta scocciatura per chi non trova sufficiente l’abbassamento sella garantito dal telescopico (magari sulle discese più tecniche), se poi vengono adottati bulloni di chiusura con testa di tipo Torx la scocciatura è anche maggiore. Anche da questo punto di vista il Reverb Stealth con 150 mm di abbassamento sarebbe stato preferibile.
Il settaggio delle sospensioni è semplice, non essendo presenti camere secondarie o registri della compressione esterni al Twin Loc. Caricata la giusta quantità d’aria e rogolati i registri del ritorno, il gioco è fatto e la bici è pronta per partire…
Peso relativamente contenuto, posizione in sella che favorisce l’efficienza in pedalata, sospensioni sostanzialmente bloccabili e coperture tutto sommato più scorrevoli di quel che ci saremmo attesi. Una bici con queste caratteristiche può comportarsi in un solo modo sulle salite scorrevoli, e cioè molto bene. Con il Twin Loc in posizione “open” il carro bobba in modo abbastanza percepibile, ma come recita un famoso adagio “chi è causa del suo mal pianga se stesso”, dato che il comando Twin Loc è azionabile con un colpo di pollice e non c’è motivo per non chiudere le sospensioni. Molto buona è anche la risposta alla pedalata in fuorisella, tanto che spesso ci siamo trovati ad affrontare certe rampette che solitamente suggeriscono un approccio “cauto” alzandoci sui pedali con una rapportatura più spavalda del solito.
Altro colpo di pollice ed il Twin Loc passa in “traction mode”, settaggio ideale per affrontare le salite sconnesse. Prima di analizzare il comportamento della bici apriamo una breve parentesi: sul sito Scott si parla a più riprese di riduzione di travel da 130 mm a 90 mm, ma in realtà le cose non stanno proprio così. Ciò che realmente varia è infatti la curva di compressione dell’ammortizzatore, che diventando molto più sostenuta limita di fatto la possibilità di utilizzare più di un tot di corsa (stiamo sempre parlando dell’uso in salita o al più in pianura). Sul fatto che questo tot corrisponda sempre ed esattamente a 90 mm ci sarebbe da discutere, ma diciamo che ci è parso un valore abbastanza plausibile. L’effetto della maggior frenatura idraulica si traduce ovviamente in una minor sensibilità della sospensione, ma a nostro giudizio la cosa può essere considerata abbastanza trascurabile in salita.
Riduzione di travel o effetto analogo che sia, la Genius 900 è una eccellente scalatrice che non teme nè gli ostacoli più ostici nè le pendenze molto forti. Nella prima situazione, oltre ai vantaggi offerti dal Traction Mode, un bel contributo è dato dalla possibilità di mantenere andature regolari grazie alla capacità di scavalcamento delle ruote da 29″ ed alle ottime doti di trazione delle Geax Goma. Sul ripido è invece il carro lungo (ricordate l’elevata quota di chainstay?) a venire in aiuto, evitando che l’anteriore si alleggerisca. Il settaggio low, quindi angoli più distesi e movimento centrale più basso, grazie al contenimento della compressione della sospensione in Traction Mode consente di cavarsela piuttosto bene anche sullo sconnesso. In caso di necessità si può tuttavia giocare la carta del settaggio high, quindi angoli più verticali ed altezza del movimento centrale di 343 mm.
Se le ottime prestazioni sin qui evidenziate erano tutto sommato prevedibili, molto meno scontato era che la Genius 900 se la sarebbe cavata benissimo anche quando è richiesta agilità. La ricetta è semplice: basta non aver timore nello scalare i rapporti finchè non si riesce a mantenere un’andatura abbastanza regolare, dopodichè la motricità che non viene quasi mai a mancare e la direzionalità dell’anteriore fanno il resto.
L’abbiamo già scritto e vale la pena ribadirlo qui: ruote nel loro insieme più leggere sarebbero state un perfetto “overboost” per questa ottima scalatrice.
La Genius 900 è una bici che in discesa ama andare veloce, o più precisamente ama andare veloce a patto che pendenza e sconnessione del fondo si mantengano entro certi limiti. L’attitudine alla velocità non ci ha sorpresi, viste le caratteristiche geometriche, mentre più sorprendente è stato constatare che nei cambi di direzione è molto più efficace di quanto ci saremmo attesi. Sempre a patto che la velocità non scenda al di sotto di un certo limite però, o che quanto meno sia possibile curvare andando in appoggio. Nel lento e tortuoso la Genius è infatti piuttosto impacciata e richiede concentrazione per non trovarsi larghi con le linee.
Un’azione decisa è richiesta anche per sollevare l’anteriore, data la distribuzione dei pesi piuttosto avanzata ed il carro lungo. Conviene quindi lasciar correre sfruttando la propensione a guadagnare e mantenere velocità delle ruote da 29″, piuttosto che affaticarsi con una guida troppo nervosa.
Premesso che le discese molto ripide o rotte non sono il terreno d’elezione per una trail bike, è proprio in queste situazioni che la Genius 900 convince meno e costringe ad una guida sulla difensiva. Alla posizione di guida avanzata, si somma infatti un avantreno che nel suo insieme non è un mostro di precisione e rigidità. Lo stem da 80 mm e la piega relativamente stretta non aiutano, così come non aiuta lo scarso sostegno dato dalla Fox 32 Float priva di controllo sulla compressione e la sospensione posteriore che in frenata tende ad irrigidirsi.
Sospensione posteriore che, quando lasciata lavorare liberamente, risponde invece bene abbinando una buona sensibilità ad una curva di compressione ben studiata. Impostando un SAG del 20%, i finecorsa sono infatti stati rarissimi anche quando ci siamo spinti un po’ oltre l’ambito di utilizzo tipico per una bici di questa categoria. Ciò significa che sarebbe possibile adottare anche settaggi leggermente più comfortevoli senza rischi di eccessivo stress per il telaio e, grazie al Twin Loc, senza perdita di efficacia in fase di pedalata.
Qualche puntatina ce la siamo concessa anche su discese particolarmente lente e tecniche. Nonostante si percepisca l’ingombro nei passaggi più angusti, abbiamo apprezzato la sicurezza conferita dalle ruote da 29″ e dal lungo interasse nel superamento degli ostacoli. La tripla è però molto limitante, per cui è d’obbligo sostituire il 42T con un bash nel caso in cui ci si cimenti frequentemente su questo genere di discese.
Sempre parlando di discesa, una considerazione finale sugli assetti “low” ed “high”: a nostro giudizio l’impostazione da preferirsi è la prima, i quanto in grado di mitigare i limiti riscontrati sul ripido e sconnesso. E’ pur vero che in assetto “high” gli angoli più chiusi potrebbero dare qualche vantaggio nel lento e stretto, ma sull’altro piatto della bilancia va comunque messo l’innalzamento del movimento centrale, fattore che non gioca in favore della maneggevolezza. Avere la possibilità di scegliere è comunque un vantaggio, e ci può tranquillamente stare che stili di guida piuttosto che tracciati diversi possano portare a conclusioni differenti dalle nostre.
Con i dovuti accorgimenti molte bici sono in grado di adattarsi ai vari tipi di terreno, ma quelle che permettono di farlo nel tempo di un click senza lasciare il manubrio si contano sulle dita delle mani. La Genius 900 Premium è una di quelle, il che la rende una bici perfetta le lunghe escursioni dove si incontrano le più disparate pendenze e tipi di terreno. A patto di non esagerare in discesa, dove emergono dei limiti quando il gioco si fa duro.
Interasse: 1180 mm
Angolo sterzo: 69°-69.5°
Corsa anteriore: 134 mm
Corsa posteriore (valore dichiarato): 130 mm
Interasse/corsa ammortizzatore: 190 x 51 mm
Altezza movimento centrale: 337-343 mm
Peso senza pedali: 12.6 kg
Peso ruota ant completa*: 2060 g
Peso ruota post completa*: 2480 g
* = ruota in ordine di marcia, quindi incluse coperture, dischi e pacco pignoni. Sono esclusi i perni di fissaggio.
Prezzo di listino: 7017 Euro
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