Dopo il primissimo contatto, eccovi in anteprima il test di durata sulla grande novità del 2015: il gruppo elettronico Shimano Xtr Di2, in collaborazione con Bianchi che ci ha fornito telaio e componenti. Il gruppo è stato montato su un telaio Bianchi Methanol SL da 27.5″. Trovate questo montaggio di serie sul modello 27.0 SL (la livrea del test è invece quella del 27.1)
La Methanol in test, colorazione a parte, è montata esattamente come da catalogo, con l’unica variante della guarnitura che ci è stata fornita con corone 36/26 anzichè in 38/28. Per le caratteristiche costruttive del telaio Methanol da 27.5, vi rimandiamo alla descrizione fatta in occasione del test della 27.1 SL Team Replica. Peso dichiarato del telaio, con reggisella integrato non tagliato: 1185 gr. Peso rilevato della bici in test, senza pedali: 9,255 kg.
La trasmissione è una Shimano XTR Di2 a 11 velocità, con guarnitura doppia 36/26, pacco pignoni 11/40 e deragliatore e cambio elettronici, azionati da un unico comando che li gestisce entrambi, completo di display indicatore al manubrio. La batteria è posizionata nel piantone sottosella. Freni XTR con dischi Ice Technology da 180/160 mm di diametro (130 e 116 gr.). Ci È stato fornito anche il caricabatterie.
La forcella è una Fox 32 Float iCD 27.5 con steli Kashima e comando elettronico di sblocco coordinato col display indicatore del gruppo elettronico e display indicatore di cambiata posizionato sul tubo del freno.
Manubrio da 670 mm e attacco da 110 mm entrambi FSA K-force light e sella Fizik Tundra M1 (peso rilevato 162 gr.).
Ruote Crank Brothers Cobalt 11 da 27.5″ con perni passanti anteriori e posteriori da 15 e 12 mm, con nipples integrati nei raggi a testa dritta e cerchi in fibra di carbonio compatibili Ust, di larghezza di 21 mm. Peso rilevato delle ruote: 1842 gr. (802 gr. l’anteriore e 1040 gr. il posteriore), cui vanno aggiunti i copertoni Hutchinson Black Mamba 2.0 (peso 470 gr).
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Il test si è svolto in 11 uscite diverse per un totale di oltre 500 km, inclusa una Granfondo, vera prova del fuoco per apprezzare il funzionamento e scovare i limiti di una bici nata per gareggiare. La Methanon SL nel suo complesso si è dimostrata all’altezza delle aspettative, molto alte visto il suo valore economico e tecnico. Ha confermato in pieno le caratteristiche apprezzate già nel test della SL1 Team Replica dello scorso anno, in particolare l’estrema precisione nella guida, molto importante, specie nel caso di front da gara, per seguire le traiettorie migliori e più pulite, unita ad una eccezionale maneggevolezza di guida sullo stretto e nei cambi di direzione tanto da sembrare, pur essendo della taglia giusta alle misure del tester, con il reggisella integrato tagliato appositamente alla quota stabilita, una bici di taglia inferiore al dovuto.
La sensazione è di avere perfetta centralità e pieno controllo del mezzo, che esso sia una naturale continuazione del biker, rendendo veramente divertente, oltre che facile, ogni tratto tortuoso e guidato. La forcella, ancor più della Magura elettronica montata sul precedente modello, conferma in pieno tutte le doti di casa Fox: una progressività nell’affondamento e nel ritorno con pochi eguali nel campo delle sospensioni da mtb. Come quasi tutte le sospensioni attualmente sul mercato, il blocco non è granitico, ma rimane tutto sommato tollerabile, avvertendo un leggero affondamento solo “pompando” con le braccia in piedi sui pedali. Una operazione comunque dispersiva di energia che non andrebbe mai eseguita. Poco percettibile la differenza fra la posizione Trail e la Descend. Molto pratico il comando di blocco/sblocco posto in prossimità della manopola sx, comprensivo di led che si illumina alla cambiata sul filo del freno, nonché di freccia che ne indica la posizione (alto/climb, orizzontale/trail, basso/descend), posta sul display del gruppo Xtr Di2.
In discesa, dove sullo sconnesso rimane abbastanza impegnativa, e sul guidato la Methanol ha confermato livelli di eccellenza assoluta, con l’unico limite dei copertoni Hutchinson Black Mamba, che pur leggeri e scorrevoli, sul viscido, soprattutto all’anteriore, consigliano di evitare azzardi in frenata e curve in piega troppo spavalda.
In salita, sul pedalato e nei rilanci, è apparsa altrettanto efficiente, pronta allo scatto, ma mai eccessivamente nervosa sullo sconnesso.
Ottima la resa delle ruote in carbonio per risposta alle sollecitazioni e in termini di rigidità. Da valutarne attentamente un montaggio in rapporto al costo molto alto, (intorno ai 2000 euro). Nulla da dire sulla loro resistenza, hanno subito sassate e urti senza apprezzabili conseguenze, seppur siamo stati attenti a non scendere troppo con la pressione dei copertoni. Non ci sembra, tuttavia, che la differenza di prezzo e di peso con altre ruote in alluminio precedentemente testate su altre bici, valgano un investimento così importante.
Eccoci finalmente a parlare della trasmissione. Lo Shimano Xtr Di2 elettronico. Ce lo hanno magnificato nelle varie presentazioni come il non plus ultra nella precisione, facilità ed immediatezza di cambiata. Tutto vero! Una lieve pressione su una delle leve dell’unico comando montato, un ronzio robotico che fa tanto salto nel futuro e voilà la catena scivola senza indugio sul rapporto desiderato. Non c’è sottosforzo che tenga, la cambiata è sempre fluida e immediata anche con la catena in trazione massima o molto sporca e secca.
Tenendo premuta la leva, il cambio scala in sequenza i rapporti fermandosi solo quando si allenta la pressione con il dito, quindi va dall’11 al 40 o viceversa, senza soluzione di continuità e senza problema. Le leve molto ravvicinate e minimali del comando, sebbene leggermente allungabili, risultano un filino meno pratiche se azionate con guanti invernali. L’attivazione del meccanismo di ritenzione della catena, posto sulla gabbia, non influisce minimamente sulla prontezza di cambiata, nemmeno di quella sotto sforzo, al contrario dell’XTR meccanico, che perde, in tale posizione, un filino di precisione.
Il gruppo, come accennato ci è stato inviato con un unico comando che aziona sia il deragliatore che il cambio posteriore. Ci sono tre modalità di utilizzo. Modalità M, ossia manuale, prevista con entrambi i comandi, che non abbiamo potuto quindi provare, ma che non dovrebbe essere diverso rispetto ai gruppi meccanici che tutti conosciamo.
Poi ci sono le mappature Syncro Shift 1 e 2 (S1 ed S2), ovvero quelle che prevedono l’uso di un solo comando e che a seconda del loro settaggio, quando la catena si viene a trovare su un determinato pignone, si avverte un bip ed al pignone successivo il deragliatore automaticamente si aziona cambiando corona, mentre in rapida sequenza, una frazione di secondo, il cambio posteriore cambia pignone sulla base delle preferenze impostate.
Esemplificando: di base l’opzione S1, quando la catena è sul 36 davanti, arrivata sul pignone 35 (il penultimo) emette un bip ed alla successiva cambiata, invece di andare sull’ultimo (il 40) scende di uno (sul 31) e in rapidissima sequenza, senza incastrarsi né indugiare (mai successo) scende anche sulla corona piccola, il 26. Analogamente, quando arriva sul 4° pignone, azionando il comando torna sulla corona grande, scendendo invece al terzo pignone (il 31). Questa doppia cambiata è utile per limitare un salto di denti e dunque di lunghezza di rapporto tra le due corone che tante volte si è costretti a fare con i gruppi meccanici per trovare subito la cadenza giusta.
La modalità S2 funziona nella stessa maniera, cambiando solo il punto in cui la catena passa da una all’atra corona quando arriva sul pignone di cambiata o cambiando il pignone di destinazione al momento del cambio di corone. Troviamo molto utile alle questa doppia impostazione S1 ed S2, facilmente selezionabile anche in gara, mediante un tastino posto sul display attaccato sul manubrio, specie se queste due mappature vengono personalizzate, prevedendo tratti più nervosi ed altri più scorrevoli.
Per chi avesse dubbi sul funzionamento del cambio in condizioni di bagnato: gli abbiamo spruzzato contro tutta l’acqua possibile con secchiate e tubo di lavaggio. Senza asciugarlo né altro, l’uso è sempre stato esattamente efficace come nulla fosse successo. La batteria, nascosta sotto l’attacco della sella, non ha mai dato problemi di durata. Caricata al massimo, dopo un’uscita di 4 ore e mezza, non era andata giù di nessuna delle 5 tacche di carica. Non caricandola per due/tre uscite, dopo un uso di circa 10 ore, più una serie di azionamenti vari di prova, sono scomparse due tacche su 5. La carica avviene collegando l’alimentatore al display posto sul manubrio, e quest’ultimo con un normale cavo con presa mini usb da un lato e normale usb dall’altro al pc, oppure collegando all’alimentatore Shimano un normale caricabatteria da smartphone da attaccare alla presa della corrente. Questo non è fornito col gruppo.
In caso di batteria totalmente scarica (non abbiamo provato) le istruzioni descrivono come la trasmissione si fermi sull’ultimo rapporto selezionato prima dello spegnimento. Un piccolo accumulatore portatile, similare a quelli in commercio per gli attuali smartphone, potrebbe essere una bella trovata per una ricarica minimale idonea almeno a qualche minuto di funzionamento in maniera da selezionare un rapporto idoneo a terminare il giro.
Resta da menzionare dal punto di vista “hardware” il display attaccato sulla parte posteriore del manubrio. Sul display sono indicati lo stato di carica della batteria, la corona su cui è posizionata la catena (lettera T corona grande, L piccola), il numero di pignone impegnato, la freccia di posizionamento della forcella, e il setting che si sta usando della trasmissione (M, S1, S2). Vi è lateralmente a dx l’attacco per il caricabatterie, chiuso e isolato da un classico tappino in gomma. Nella parte posteriore vi è il tasto di selezione del setting, che avviene mediante una pressione veloce. Tenendolo premuto a lungo, si accede alla regolazione del cambio. Quello che nelle trasmissioni manuali si fa con i registri del cavo azionati in senso orario e antiorario, con l’xtr elettronico lo si fa spingendo le due levette del comando che corrispondono a un clic per un totale di 16 microspostamenti del cambio. Oltre che per la regolazione iniziale, una tal funzione può tornare utile per allineare il cambio in caso di sregolazione dovuta magari ad urto o caduta. Il display è ben visibile anche in condizioni di luce intensa. In momenti concitati come in una gara, posizionato anteriormente al manubrio, piuttosto che posteriormente, sarebbe forse di più immediata visualizzazione. Da valutare se una scelta del genere possa esporlo maggiormente ad urti.
Detto della parte hardware della trasmissione resta da dire dell’aspetto software. Mediante il caricabatterie collegato al display, se lo si collega al pc, oltre a ricaricare la batteria, si può settare ogni opzione della trasmissione tramite il software E-tube, scaricabile gratuitamente dal sito Shimano. Regolare cambio e deragliatore all’atto dell’istallazione, scegliere quali leve dei comandi devono azionare in un senso o nell’altro i rapporti, impostare la durata di accensione del display dopo ogni comando, regolare la cambiata multipla sequenziale del cambio posteriore rendendola singola anche con pressione prolungata della leva, ovvero tripla o come di default totale per 11 rapporti e regolare anche la velocità in cui questa deve avvenire. Sullo schermo del pc appaiono anche pregi e controindicazioni di una sequenzialità troppo lenta o troppo veloce. Noi troviamo che una cambiata veloce, ma non al massimo, sia l’opzione da preferire.
Il setting a nostro avviso più importante, rimane comunque quello delle modalità Syncroshift. Conoscendo il percorso che si andrà affrontare, una corretta impostazione del punto di cambiata della corona e del numero di pignoni che sequenzialmente il cambio posteriore deve eseguire potrà essere vantaggiosa nelle fasi concitate di gara per trovare subito e sempre la giusta cadenza. Extragara, i due settaggi base reimpostati da Shimano, sulla scorta di 20.000 km di test, sono più che idonei ad assolvere ad ogni necessità. Rimane da dire che ogni settaggio creato dall’utente può essere riepilogato in un file da salvare sul pc, in maniera da ritrovarsi il file, nominato a dovere, pronto da caricare sulla bici, quando ci si troverà ad affrontare lo stesso o analogo percorso a distanza di tempo, magari modificando il file dopo il primo uso o dopo la ricognizione, sulla base degli aspetti che si riterrà di poter migliorare.
Qui trovate le 94 pagine di istruzioni per installazione, settaggio e opzioni del gruppo.
Nessuno.
Pensare di migliorare o di trovare inconvenienti e difetti ad una bici come la Bianchi Methanol 27.0 SL in test è cosa ardua. Ha semplicemente il meglio di ogni componente attualmente sul mercato. Si può discutere se sia opportuno un investimento così cospicuo sulle ruote. Secondo noi no, ma ciò non vuol dire che non ci abbiano soddisfatto. Sono sicuramente rivedibili i copertoni, non adatti a tutti gli usi, così come le corone 36/26 che, soprattutto su una 27.5″, sono eccessivamente corte nei tratti in velocità, tanto che dai 35 km/h in su col 36/11 si mulina a vuoto. Un 26/40 è veramente troppo agile per ogni salita. A piedi si è più veloci, se si è costretti ad un rapporto del genere. Non dimenticando che una bici di questo livello sarebbe ben sfruttata appieno da chi abbia una gamba sicuramente ben allenata. Su ruote da 27.5″ vediamo bene almeno un 38/28, o un 40/28, per abbracciare uno spettro maggiore di utilizzi. Altrimenti meglio puntare direttamente su un monocorona. Peraltro, il 36/26 è la configurazione fornitaci da Shimano. Di serie la Methanol 27.0 SL monta già il 38/28.
Riguardo agli usi in cui riteniamo possano emergere maggiormente le qualità della 27.0, sicuramente vi sono da menzionare i percorsi tortuosi e molto tirati, tipici di cross country e granfondo medie o brevi. Per gare molto lunghe, che sovente presentano tratti veloci e scorrevoli, e meno tratti guidati o con frequenti rilanci, una soluzione con ruote da 29″ potrebbe lasciarsi preferire. In ogni caso l’abbiamo utilizzata anche per lunghi tragitti (oltre 4h e 30 per 92 km e 2000 mt di dislivello d+) senza poterla definire eccessivamente impegnativa e quindi stancante alla distanza.
Il futuro sarà elettronico? Si.
Spesso si pensa che la complessità di un sistema elettronico si faccia sentire durante l’uso sul campo, ma non è così. Il Di2 è un prodotto complesso dal punto di vista tecnico, così come lo sono un computer o uno smartphone, ma il risultato finale è la semplificazione di un’azione, in questo caso la cambiata.
Scrivemmo due anni fa che il bello del monocorona SRAM XX1 era il fatto che rendeva la cambiata più semplice ed intuitiva, perché veniva a mancare il deragliatore anteriore e relativo manettino. Il Di2 fa un ulteriore passo in avanti, ampliando il range di rapporti e semplificando alla grande il settaggio e fine tuning della trasmissione. Senza cavi meccanici, infatti, regolare il deragliatore posteriore e anteriore diventa un fastidio d’altri tempi, e l’efficienza del Synchro Shifting, unita alla sua velocità nello scalare più marce in un colpo, convincerà anche il biker più scettico.
La vera battaglia che vedremo in tempi non tanto lontani sarà quella di riuscire ad abbassare i prezzi per rendere il cambio elettronico alla portata di tutti.
Prezzo bici completa: 9.990 Euro
Prezzo telaio: 1.990 EUR
Prezzi gruppo Shimano Xtr Di2
Foto di Federico Vinci
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