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Dopo la comparativa fra le due 29 Specialized Enduro e Trek Slash, e dopo il test singolo della Slash, chiudiamo il cerchio con la prova della Specialized Enduro FSR Pro Carbon. Come nel caso di Trek, anche la Pro Carbon si trova nella seconda posizione dall’alto della gamma Enduro, subito dopo la S-Works.
Materiale telaio: carbonio FACT 11m, carro compreso (identico alla S-Works)
Formato ruote: 29”
Geometrie variabili: no
Corsa ant/post: 160/165 mm
Compatibilità con formato 650+: sì
Boost posteriore: sì
Forcella boost: sì
Ammortizzatore metrico: no (interasse 216mm X 57mm)
Ruote e coperture tubeless ready: sì
Trasmissione: 1×12 (30T ant / 10-50 post)
Attacco per deragliatore: no
Attacco portaborraccia: sì
Colorazioni disponibili: Rosso/Bianco – Azzurro/Nero
Disponibilità del solo frameset: no.
L’Enduro si è evoluta, rispetto al primo modello presentato al pubblico ormai 5 anni orsono, in particolare “aprendo” le geometrie secondo le tendenze del momento. Al contrario di altri marchi, Specialized è stata però un po’ più conservativa, e non ha sconvolto il carattere di una bici che si è sempre contraddistinta per la sua polivalenza. Chiaro, l’escursione posteriore di 165mm sembrava impensabile su una 29″ fino a poco tempo fa, ma andando a vedere l’angolo sterzo, 66°, e la lunghezza dei batticatena, 432mm, ci si rende conto che non si tratta di un autotreno pensato per tirare giù dritti a tuono su discese scassate. Anzi, grazie ad un angolo sella molto verticale, 76°, la posizione di pedalata è efficace e meno affaticante di altre endurone, ed il movimento centrale è rimasto piuttosto alto per non andare ad urtare il terreno con facilità con i pedali (352mm).
Quello che è cambiato molto, e che vi invitiamo a tenere presente nel caso voleste acquistare un Enduro, sono le taglie, tendenti al piccolo. Potete fare un paragone con il vecchio modello qui. Non per niente quella in prova è una L, per me che sono alto 179cm, e mi va perfetta.
A prima vista l’Enduro sembra del tutto identica al modello precedente, infatti si tratta di un affinamento di un progetto di successo a cui si è voluto lavorare sui dettagli per darne una certa continuità. Si tratta comunque di dettagli importanti, a cominciare dallo standard Boost sia per la forcella che per il carro posteriore. Standard che ha molto senso su una 29 pollici, in particolare per permettere di costruire ruote più rigide grazie ad un angolo di campanatura più aperto.
Come già accennato in precedenza, anche a livello di escursione è stato aggiunto 1 cm al posteriore, cosa che ha costretto gli ingegneri a lavorare di fino per tenere i foderi il più corti possibile, andando a giocare sullo spazio fra carro e tubo sella, ora veramente risicato. Massiccio il movimento centrale, adesso a calotte filettate invece del poco pratico, soprattutto in ambito enduro, pressfit. Sparito anche il passaggio cavi sotto il movimento centrale.
Il montaggio è un mix ben pensato, a partire dalla potente Rock Shox Lyrik RC Solo Air. Paragonandola alla Pike montata sulla precedente Enduro, è su un altro pianeta a livello di rigidità e capacità di incassare colpi, e si adatta molto bene alla disciplina. Al posteriore troviamo una novità, cioè l’ammortizzatore ad aria di casa Öhlins, l’STX22, con tuning All Mountain ed Autosag (una prerogativa Specialized questa). Ha la regolazione del ritorno (molto corta, solo 6 click), della compressione alle alte velocità tramite una leva con cui si possono scegliere 3 livelli, di cui uno per la modalità climb, e di un pomello per la regolazione della compressione alle basse velocità, con 8 click.
La trasmissione è una SRAM Eagle a 12 velocità, con corona anteriore di 30 denti e guarnitura custom in alluminio. Sempre di casa SRAM sono i freni Guide RS, con dischi da 200mm all’anteriore e 180mm al posteriore.
Il resto è di casa Specialized: ruote Roval Traverse 29 con cerchi dal canale interno di 29mm, manubrio in alluminio Specialized DH, largo 780mm, sella Henge Expert Body Geometry, reggisella telescopico Command Post IRcc meccanico, settabile su 12 posizioni e con 125mm di escursione.
Il peso della bici così montata senza pedali, rilevato da noi, è di 13.930 grammi, compreso di multitool attaccato al portaborraccia, che fa parte del progetto SWAT, portato da Specialized per la prima volta sull’Enduro. Infatti i telai in carbonio della gamma Enduro hanno il vano portaoggetti a cui si accede togliendo il portaborraccia, e dove si possono infilare pompa, camera d’aria, barrette, ecc.
Probabilmente sarete stanchi di sentire il solito discorso sulle enduro moderne che sono faticose da portare in salita. Sarete allora felici di leggere che l’Enduro 29 è un po’ un caso a parte, perché non sale così male come si potrebbe credere a prima vista. Qui mi rifaccio al discorso della polivalenza, caratteristica della vecchia Enduro 29: se con il nuovo modello non si può dire che Specialized abbia mirato ad un tuttofare (per quello esiste la Stumpjumper FSR), la nuova Enduro se la cava piuttosto bene sulle salite tecniche, grazie anche alla bella posizione in sella, centrale sulla bici, con l’avancorpo piuttosto avanzato verso l’anteriore, che rende facile tenere la ruota attaccata al terreno anche sul ripido. Le ruote da 29 fanno il resto, dando un’ottima trazione anche nei frangenti difficili.
Sullo scorrevole si nota come l’ammortizzatore Öhlins manchi di un blocco degno di tal nome. Il marchio svedese suggerisce di mettere la levetta della compressione alle basse velocità sulla posizione 3, ma la differenza dalla 2 si nota appena, e nelle salite scorrevoli la cosa dà un po’ fastidio, soprattutto quando si chiude la Lyrik magari per un lungo trasferimento su asfalto: l’anteriore non si muove, il posteriore invece tende a mangiarsi un po’ di energia. Molto buona la scorrevolezza del pneumatico posteriore Slaughter da 2.3, un po’ meno la trazione sul bagnato.
A livello di trasmissione la corona da 30 è sottodimensionata: si finisce infatti a frullare troppo se si usa la combinazione 30-50, suggerisco dunque di cambiarla almeno con un 32, ancora meglio con il 34 se si è in forma.
La prima volta che ho usato la nuova Enduro sulla solita discesa di 900 metri di dislivello, ne sono stato entusiasta da subito. Non è una bici a cui ci si deve “abituare”, o che richiede particolare attenzione nella distribuzione dei pesi, in particolare all’anteriore per evitare di fare dei dritti. La centralità della posizione in sella, e gli angoli non esasperati, fanno sentire il rider subito a suo agio.
La combinazione fra tanta escursione, ruote da 29 pollici e geometria danno una sicurezza incredibile, e diventa più facile affrontare dei passaggi che magari con altre bici (in particolare da 27.5″) non si facevano con tanta confidenza. Uno dei componenti che spiccano è di sicuro la Lyrik. Come dicevo prima, il paragone con la Pike montata sulla Enduro precedente è piuttosto impietoso. Se l’idraulica è la stessa, il fattore che la rende più adatta al segmento enduro rispetto alla sorellina è proprio la sua struttura più massiccia che, unita al mozzo da 110mm (Boost) e alla maggior rigidità della ruota, dà all’avantreno un che di roccioso e robusto, cosa che si trasforma in precisione di guida e facilità di mangiarsi via i grossi impatti senza battere ciglio.
Visto che qualche giorno fa ho smontato la forcella per passare ad un prodotto test, l’ho anche pesata, e l’ago della bilancia si è fermato sui 2.050 grammi. Piccolo dunque l’aggravio di peso rispetto alla Pike (un centinaio di grammi), ma prestazioni molto diverse che condizionano il comportamento di tutta la bici.
Il movimento centrale abbastanza alto si sente in curva, nel senso che non è così godurioso “buttarla dentro” nelle curve veloci come altre bici con il baricentro più basso (ma difficili da pedalare sul tecnico in salita), mentre il carattere complessivo della bici è piuttosto giocoso. Pur essendo una 29, infatti, l’Enduro è agile, facile da girare, e divertente nel tecnico scassato lento proprio per la sicurezza che dà al rider.
Il binomio ruote/gomme è molto buono: anche qui, si è cercato una via di mezzo fra trazione e scorrevolezza, quindi non aspettatevi miracoli dalla Butcher 2.3, soprattutto sul bagnato, visto che poi al posteriore troviamo una gomma poco tassellata. Se si cercano prestazioni discesistiche, le gomme sono probabilmente la prima cosa da cambiare, alla ricerca di qualcosa con più grip (ma più pesanti). A proposito di peso, il set di ruote tubeless ready ha fermato l’ago della bilancia sui 1.890 grammi, segno che Roval ha puntato più sulla robustezza che sulla leggerezza. Non per niente ho rotto un raggio della ruota posteriore durante il secondo giorno di test e la Traverse non ha fatto una piega neanche dopo due giorni sui sentieri liguri per il test comparativo.
Parlavo prima del carro posteriore, tenuto il più corto possibile. Il rovescio della medaglia lo potete vedere nella foto qui sopra: fango, sassi e ghiaino vanno ad accumularsi fra carro e triangolo anteriore, rovinando la vernice, proprio come accade alla Pivot Firebird testata due settimane fa. Visto che il trend di “accorciare” mi pare chiaro, non sarebbe male che le case trovassero una soluzione per evitare di rovinare i telai dopo poche uscite, magari con una pellicola protettiva rinforzata.
Due anni fa avevo provato a fondo il modello precedente della Enduro, di cui riporto una parte delle conclusioni:
Grazie a delle geometrie azzeccate, al peso contenuto e alla posizione in sella molto centrale questa bici si trova a suo agio nella maggior parte delle situazioni, a cominciare a quella salita in cui, lo ripetiamo spesso, di solito le enduro fanno fatica.
Se togliamo la voce peso, infatti la bici è ingrassata di 800 grammi pur avendo il carro in carbonio al posto di quello in alluminio, il resto dei risultati é piuttosto simile. Non si può negare che ci sia stato un travaso di punti positivi dalla salita alla discesa: la nuova in discesa è più performante della vecchia, e anche più divertente da guidare. Si può dire che l’evoluzione dell’Enduro (la bici) segue quella dell’enduro (la disciplina), proprio come il primo modello fu presentato a Finale Ligure quando l’EWS non esisteva ancora e la parte pedalata contava di più, mentre la nuova è stata fatta vedere al pubblico a Whistler, dove le risalite meccanizzate giocano un ruolo più grande.
Inoltre la componentistica è diventata più robusta: Lyrik, mozzi Boost, ammortizzatore con piggy back, manubrio più largo. Insomma, dite addio a quella che era un’ottima all mountain, ora ci troviamo di fronte ad un enduro che mostra il meglio di sé in discesa. L’all mountain di casa Specialized è la Stumpjumper.
La Specialized Enduro 29 è diventata “grande”, sia in termini di affinamento del progetto, sia in quelli di crescita di escursione e capacità discesistiche. Non è più l’all mountain polivalente che conoscevamo, ma una vera e propria enduro che, al contrario di tante altre, mantiene ancora un carattere giocoso, ed è facile da guidare in ogni frangente, grazie ad una geometria non estremizzata. In salita si comporta bene, vista la tipologia di bici, in particolare per la posizione in sella centrale sul mezzo.
Occhio alle taglie, vanno piuttosto strette!
Prezzo: 6.290 Euro
Specialized
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